Ōmoto

Con il termine ōmoto (大本?) oppure ōmotokyō (大本教?), si indica una corrente religiosa facente parte delle cosiddette Shinshūkyō, le nuove religioni giapponesi. Tale culto fu fondato nel 1892 in Giappone, da una donna chiamata Nao Deguchi (1837-1918). La religione ōmoto è da considerarsi frutto del sincretismo tra credenze popolari della cultura giapponese, shintoismo, buddhismo, dottrina kokugaku, konkokyo e altre forme di spiritualità.[1]

Santuario ōmoto di Ayabe

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La fondatrice Nao Deguchi nel 1916

La fondatrice Nao Deguchi era una donna di umili origini, che viveva ad Ayabe nella Prefettura di Kyoto. Fin da piccola sentiva voci interiori che la portavano a isolarsi e praticare meditazione in Montagna. Aveva da sempre condotto un'esistenza tormentata e colma di difficoltà. In giovane età la sua famiglia venne decimata da una terribile carestia che colpì il Paese e così la ragazza fu adottata da sua zia, la quale però morì suicida pochi anni più tardi. Una volta sposata, suo marito che era solito ubriacarsi, divenne invalido e perse il lavoro. L'evento che diede una svolta alla sua vita si verificò durante la notte di capodanno del 1892. In quella data la donna affermò di essere stata posseduta da Konjin.[2] Trattasi di una divinità dell'Onmyōdō, una forma di occultismo sviluppatasi nel Giappone del VI secolo, attingendo da componenti tradizionali della filosofia cinese come i cinque elementi e il principio di yin e yang. Ritenuta pazza, l'anno seguente Nao venne confinata all'interno di una stanza. Fu in quel luogo che la donna iniziò a scrivere l'Ofudaseki, testo sacro dell'ōmoto. Essendo tuttavia Deguchi analfabeta e priva di istruzione, secondo tradizione la stesura del manoscritto sarebbe avvenuta mentre la donna si trovava sotto il controllo della divinità.[3]

Nel 1898 la fondatrice fece conoscenza con Kisaburō Ueda, amante dell'arte e studioso di fenomeni paranormali. Due anni più tardi l'uomo sposò la quintogenita figlia di Nao e cambiò il proprio nome in Onisaburō Deguchi. Nao e Onisaburō divennero quindi i due capi religiosi dell'ōmotokyō, dedicandosi nel diffondere i principi del loro credo e trovando nuovi adepti.[4] Tuttavia in quel periodo non era affatto semplice fare proselitismo in Giappone, poiché il governo Meiji aveva istituito la politica dello shintoismo di Stato e i culti non ufficiali erano soggetti a limitazioni. Infatti i Deguchi perfezionarono una tecnica di meditazione chiamata Chinkon kishin, la cui pratica era in grado di collegare l'individuo con la divinità e indurlo in un profondo stato di trance[5], tuttavia tale attività fu bandita dal culto a causa delle continue pressioni esercitate dalla polizia giapponese. Nel 1918 Nao morì all'età di ottantuno anni, Onisaburō era perciò rimasto l'unico leader spirituale del movimento. Intanto la repressione governativa si fece ancor più forte. L'Impero del Giappone fomentava il kokutai, l'identità nazionale alla base del patriottismo nipponico e pertanto il diffondersi della religione ōmoto era ritenuto un pericolo. Così le autorità accusarono il culto di lesa maestà per aver eclissato la religione di Stato, la quale legittimava il potere dell'imperatore, ritenendolo discendente della dea Amaterasu. Di conseguenza nel maggio del 1921 la sede dell'ōmotokyō fu rasa al suolo e Onisaburō venne arrestato. Egli rimase in carcere per oltre quattro mesi e fu rilasciato soltanto su cauzione, tuttavia il governo tramava per imprigionarlo nuovamente, ma in seguito alla morte dell'Imperatore Taisho gli fu concessa l'amnistia. L'evento è passato alla storia come il "primo incidente ōmoto".[6] Malgrado l'oppressione subita l'anno seguente Deguchi scrisse il Reikai Monogatari, altro pilastro dell'ōmoto in cui l'autore racconta dei viaggi mistici che intraprese presso la montagna sacra di Takakuma.[3] Secondo quanto affermato dal capo religioso, grazie a quel pellegrinaggio egli ottenne poteri magici come guarigione e chiaroveggenza. Affermò inoltre che il ritiro spirituale in montagna è necessario per risvegliare a pieno i poteri interiori di un individuo. Da ciò emerge l'influenza che la dottrina dello Shugendo ebbe sul suo pensiero religioso, il quale propendeva verso l'universalismo. A tal proposito Onisaburō Degcuhi si impegnò nello studio dell'esperanto, un idioma artificiale creato per essere usato come lingua franca internazionale.[7] In quel periodo Deguchi incontrò Morihei Ueshiba, fondatore dell'aikido. Il maestro di arti marziali rimase affascinato dalla nuova religione e di conseguenza vendette tutti i suoi beni e si trasferì ad Ayabe per studiarne la dottrina. Ueshiba rimase nel quartier generale del culto per ben otto anni, servendo la famiglia Deguchi come loro guardia del corpo.[8] Nel 1924 alcuni membri della Società del Drago Nero, invitarono Onisaburō a compiere un viaggio in Mongolia, Paese che stava lottando per ottenere l'indipendenza dalla Repubblica di Cina. Il leader spirituale accettò la proposta e portò con sé anche Ueshiba e altri seguaci. La spedizione venne tuttavia interrotta quando nei pressi di Tongliao in Manciuria, il gruppo venne scambiato per una compagine di briganti e fu catturato dalle truppe armate di Zhang Zuolin, un locale capo militare. Deguchi e i suoi discepoli furono liberati non appena le autorità mancesi si resero conto di aver imprigionato dei cittadini giapponesi.[9] All'epoca infatti il Giappone era considerato la superpotenza dell'Estremo oriente e Zhang voleva evitare problemi diplomatici con il governo nipponico. Basti pensare che pochi anni più tardi, la regione venne chiamata Manciukuò e trasformata in uno stato fantoccio sotto il controllo dell'Impero giapponese.

Il gruppo ōmoto durante l'arresto in Manciuria. Onisaburō e Morihei sono rispettivamente il secondo e il terzo a partire da sinistra.

Il "secondo incidente ōmoto" si verificò nel 1935, durante il periodo del fascismo giapponese. L'8 dicembre infatti il governo militare fece nuovamente irruzione nella sede del movimento religioso, distruggendo la proprietà e catturando i principali esponenti del clan Deguchi, con l'ennesima accusa di lesa maestà e disturbo dell'ordine pubblico.[10] In tutto il Giappone i luoghi di culto gestiti dall'ōmotokyō vennero fatti brillare con la dinamite, mentre ben sedici fedeli morirono durante la prigionia, a causa delle vessazioni subite e delle condizioni precarie nelle strutture in cui erano detenuti. Il fatto che l'ōmoto fosse una religione pacifista e contraria allo shintoismo di Stato, costituiva un problema per il governo centrale, impegnato a propagandare militarismo e razzismo tra i sudditi dell'impero.[10] Deguchi e tutti i fedeli dell'ōmoto furono dichiarati innocenti soltanto l'8 settembre 1945, quando in seguito alla resa del Giappone nella Seconda guerra mondiale, lo shintoismo di Stato iniziò a essere smantellato. Dopo la sua riabilitazione nella società, nel 1948 Onisaburō Deguchi morì e un anno più tardi il culto ōmoto aderì al World Federalist Movement, un'organizzazione globalista che si prefigge lo scopo di formare un'unica federazione mondiale.

Dal dopoguerra l'ōmotokyō si è impegnato a difendere la nuova Costituzione del Giappone, salvaguardare la laicità dello Stato e promuovere la pace e la cooperazione tra le nazioni e i popoli. Nel 1992 per celebrare il centenario della fondazione della nuova religione, è stata completata la costruzione di un santuario chiamato Chosei-den (Sala dell'Immortalità). Attualmente questa religione conta circa 170 000 aderenti ufficiali e può vantare una certa diffusione anche all'estero, mediante il dialogo interreligioso e umanitario. La sua sede più grande al di fuori del Giappone si trova in Brasile, dove è ormai presente una numerosa comunità di origine giapponese, i nippo-brasiliani.[11] A partire dal 29 aprile 2001, il quinto leader religioso dell'ōmoto è Kurenai Deguchi.

Dottrina[modifica | modifica wikitesto]

I fedeli dell'ōmoto credono in una moltitudine di kami, tra i più importanti ci sono: Kunitokotachi-no-Mikoto , Ushitora e Hitsujisaru. Malgrado ciò il credo afferma che queste divinità siano aspetti di un unico Dio che pervade l'intero universo. L'essere umano è invece il fulcro del funzionamento del cielo e della terra. Quando Dio e l’uomo diventeranno tutt'uno, il potere infinito si manifesterà.[12]

I quattro insegnamenti[modifica | modifica wikitesto]

  1. Allineamento armonioso con la vita e l’universo
  2. Rivelazione della verità celeste e le sue lezioni
  3. Modelli innati di comportamento per l’uomo, la società e il cosmo
  4. Impulsi creativi istintivi

I quattro principi[modifica | modifica wikitesto]

  1. Purezza, purificazione della mente e del corpo
  2. Ottimismo, fede nella bontà della Divina Volontà
  3. Progressismo, via di miglioramento sociale
  4. Unificazione, riconciliazione di tutte le dicotomie

Luoghi di culto[modifica | modifica wikitesto]

La sede ōmoto di Kameoka

I maggiori centri di devozione dell'ōmotokyō sono il Baisho-en di Ayabe e il Ten'on-kyo di Kameoka. Le due strutture sono entrambe dislocate nella prefettura di Kyoto e distano pressappoco cinquanta chilometri l'una dall'altra. Il Baisho-en è stato edificato a breve distanza dal fiume Yura, presso il luogo di nascita del culto e da sempre funge da quartier generale per l'organizzazione religiosa che lo amministra. Ad Ayabe i fedeli celebrano le feste di primavera e d'autunno, oltre al grande festival Setsubun. Si eseguono inoltre cerimonie mensili la prima domenica di ogni mese, matrimoni e riti funebri. Il giardino che circonda l'area sacra è colmo di piante d'acero e ciliegio, le quali rendono tale complesso uno dei migliori luoghi di Ayabe in cui ammirare Hanami e Momijigari.[13] Il Ten'on-kyo è invece situato nella città natale di Onisaburō e svolge il ruolo di centro amministrativo e didattico della confessione.[14] La sua storia cominciò nel 1919, quando il leader spirituale acquistò i terreni che ospitavano le rovine dell'antico Castello di Kameoka e in quel luogo fece erigere l'attuale santuario. Andò distrutto in occasione del secondo incidente, quando la polizia demolì completamente le sue strutture, inclusa la sala di culto. Un decennio più tardi con il termine della persecuzione religiosa l’intero impianto fu ricostruito da zero.

Note[modifica | modifica wikitesto]

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