Acciaio Damasco

Voce principale: Storia della siderurgia.

Con la denominazione Acciaio Damasco si intendono due prodotti di siderurgia ben distinti:

  1. Il Damasco saldato o acciaio a pacchetto;
  2. L'Acciaio Wootz o acciaio al crogiolo.

Il nome "Damasco" ha due possibili origini: la prima è dalla città siriana di Damasco; la seconda, invece, nega la connessione etimologica con la città e si rifà alla parola araba damas che significa acquoso, in riferimento ad alcune strutture ricordanti una superficie acquosa che si formavano sulla superficie dell'acciaio.

Tipologie[modifica | modifica wikitesto]

Damasco saldato[modifica | modifica wikitesto]

Lama di coltello in "Damasco saldato" odierno

Il damasco saldato è antichissimo ed è la prima tecnica di siderurgia usata dall'uomo.
Dai forni estrattivi primitivi si otteneva un ammasso di ferro-acciaio disomogeneo e pieno di scorie di fusione e carboniose. L'unico modo per utilizzare questo prodotto era quello di forgiarlo, allungandolo e ripiegandolo su se stesso svariate volte. Questo lavoro d'impasto permetteva la riduzione delle inclusioni nocive[non chiaro] e la diffusione del carbonio in modo uniforme nel pacchetto. Fu questa la tecnica utilizzata sicuramente in alcune lame etrusche del IV secolo a.C. in cui due tipi di acciaio-ferro più ferro meteorico vennero saldati insieme: l'acciaio (o ferro carburato) per il tagliente; il ferro e il ferro meteorico per i lati della lama, più morbidi e resilienti, ottenendo volutamente un notevole effetto estetico.

Oggi la tecnica del Damasco saldato è utilizzata per la produzione artigianale di coltelleria artistica. Si preparano pacchetti di diversi acciai guardando sia al contrasto cromatico sia alla funzionalità meccanica, i pacchetti si portano a temperatura di "bollitura", 1200-1300° Celsius a seconda degli acciai utilizzati, e battuti con martello e incudine o maglio o presse apposite. Con la battitura a caldo si ottiene una saldatura autogena dei vari strati d'acciaio, il pacchetto allungato, ripiegato, ritorto, inciso e ribattuto con le più svariate tecniche di forgiatura permette d'ottenere variazioni estetiche quasi infinite mantenendo la funzionalità della lama.

Acciaio Wootz[modifica | modifica wikitesto]

Daga indiana del XVII-XVIII secolo: lama in "Acciaio Wootz" frapposto a oro; elsa in giada; fodero in acciaio con decorazioni incise, incavi e rilievi.

Il Wootz o acciaio al crogiolo è una tecnica metallurgica ben attestata in India già nel 300 ma probabilmente già diffusa in epoca anteriore (si arriva a parlare del III secolo a.C.). Consiste nel mettere il ferro spezzettato, ottenuto dai forni fusori primari, in piccoli crogioli in argilla refrattaria insieme a carbone di legna e vari tipi di foglie. Il crogiolo così riempito veniva sigillato e messo in una fornace per 24 ore ad una temperatura di circa 1200 gradi.
Nel crogiolo, il ferro si arricchiva di carbonio per diffusione. Ogni tanto il fabbro scuoteva i crogioli, infatti quando il tenore di carbonio cominciava ad avvicinarsi al 2% il ferro diveniva ghisa e fondeva. Agitando il crogiolo si sentiva lo "sguazzo" del ferro-acciaio nella ghisa appena fusa. A questo punto la fornace non era più alimentata e i crogioli venivano tenuti a raffreddare lentamente nella stessa per altre 12-24 ore. Il carbonio passava sempre per diffusione dalla ghisa fusa alla restante massa metallica ottenendo un acciaio con un tenore di carbonio del 1,5%, a causa del lentissimo raffreddamento nel blocco si formava un macroreticolo di cementite (carburo di ferro). Il panetto d'acciaio così ottenuto veniva tagliato e forgiato. Durante la forgiatura non si dovevano superare i 750 gradi pena la dissoluzione della cementite (principale fonte della damaschinatura), le martellature localizzate e locali asportazioni di materiale davano origine alle caratteristiche marezzature. Stesso discorso per la tempratura da farsi sempre a bassa temperatura di austenitizzazione.

Con l'operazione di levigatura si mettono in evidenza i diversi strati (la cosiddetta damaschinatura), che somigliano a quelli che si avevano nelle spade Damasco (l'effetto è simile alle striature del legno). A fine lavorazione, la trama poteva essere ulteriormente evidenziata immergendo l'oggetto in acido, onde corrodere in modo differenziato i diversi strati.

Recenti studi hanno evidenziato la presenza di nanotubi di carbonio (creati ovviamente in modo inconsapevole dai fabbri dell'epoca) nell'acciaio Wootz che potrebbero spiegare le sue notevoli[non chiaro] proprietà meccaniche.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Bottega di fabbricanti di spade - Damasco (Siria), ca. 1900

Intorno alla seconda metà del XVIII secolo (circa 1750), la tecnica di realizzazione dell'acciaio Damasco scomparve. Le cause e le tappe di questo drastico processo di impoverimento del bagaglio artigianal-siderurgico dell'umanità sono ad oggi poco chiare. La gravità e la drastica evidenza del dato di fatto furono invece ben evidenti sin dai primordi del XIX secolo. Diversi studiosi, foraggiati e spronati da potentati e sovrani europei, investigarono le cause di questa "calamità". Un generale dell'Impero russo, Pavel Anosov (1796-1851), promosse l'invio di una missione tecnologica nel Caucaso per permettere agli occidentali di riappropriarsi del "segreto del Damasco" ma l'esperimento fallì perché anche i fabbri caucasici avevano ormai esaurito le loro scorte del prezioso materiale[1].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Panseri, Carlo (1965), Damascus steel in legend and in reality, in Gladius, ISSN 0436-029X, v. IV. a. 1965, pp. 17-18.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Leo S. Figiel, On Damascus Steel, Atlantis Arts Press, 1991, ISBN 978-0-9628711-0-8.
  • Carlo Panseri, Damascus steel in legend and in reality, in Gladius, ISSN 0436-029X (WC · ACNP), v. IV., 1965, pp. 5–66.
  • J.D. Verhoeven, A review of microsegregation induced banding phenomena in steels, in Journal of Materials Engineering and Performance, v. 9 (3), 2000, pp. 286–296.
  • Oleg D. Sherby e Jeffrey Wadsworth, Gli acciai di Damasco, n° 200 Le Scienze (aprile 1985) pp. 50–58.
  • Ivano Comi, Acciaio damasco: la tradizione orale nella pratica di forgia, Milano, Editore Ulrico Hoepli, 1996, ISBN 978-88-203-2297-7.
  • Ivano Comi, Scienza e mistica del damasco contemporaneo, Lecco, IC Editore, 1994, SBN IT\ICCU\RAVV\097833.
  • Ivano Comi, Armi bianche corte contemporanee a lama fissa e a lama mobile, guida ai componenti strutturali, Milano, Editore Ulrico Hoepli, 1992. ISBN 978-88-203-2001-0

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