Adaequatio rei et intellectus

La formula filosofica Adaequatio rei et intellectus, che significa «corrispondenza tra realtà ed intelletto», secondo Tommaso d'Aquino (1225–1274) era stata usata per la prima volta da Isaac Israeli ben Solomon, (ca. 855-955)[1] filosofo e medico egiziano di cultura ebraica, per indicare che la verità consiste nella corrispondenza, o nell'accordo, tra la realtà e la sua rappresentazione linguistica concettuale.[2] Secondo altri autori l'origine dell'espressione era invece in Avicenna (980-1037) [3]

Ascendenza aristotelica dell'espressione[modifica | modifica wikitesto]

L'espressione usata da Isaac Israeli era la sintesi della concezione aristotelica della verità:

«Questo risulta evidente non appena si sia definito che cosa è il vero e il falso: falso è dire che l'essere non è o che il non-essere è; vero, invece, è dire che l'essere è e che il non-essere non è. Di conseguenza, colui che dice di una cosa che è oppure che non è, o dirà il vero o dirà il falso[4]»

Questa concezione si ritrova ampiamente nella filosofia medioevale, specialmente in Tommaso d'Aquino, seguace della dottrina corrispondentista di Aristotele attenuata con l'osservazione che «cognitum est in cognoscente per modum cognoscentis» («il conosciuto si presenta in chi conosce attraverso modalità particolari di chi conosce»).

«La concezione della verità come corrispondenza (adaequatio) oltre che da Tommaso d'Aquino è condivisa da tutti coloro che hanno una concezione realistica della conoscenza, sia nella versione platonica (Platone, Agostino, Popper), sia in quella aristotelica (Aristotele, Tommaso d'Aquino, Tarski), oppure una concezione fenomenistica (Kant).»

È presente anche con significati alternativi nelle filosofie razionaliste della età moderna, come in Leibniz e Hegel. Nell'età contemporanea è al centro della filosofia analitica basata sulla corrispondenza tra il linguaggio e la realtà.

In particolare il filosofo e matematico contemporaneo Alfred Tarski (19021983), uno dei massimi esponenti della Scuola logica polacca, ha fondato la concezione semantica della verità[5] partendo dalla formulazione aristotelica.[6]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ A. Altmann, The Encyclopaedia of Islam, s.v..
  2. ^ Enciclopedia Garzanti di Filosofia alla voce corrispondente.
  3. ^ Tommaso d'Aquino, La Somma contro i Gentili: Libro primo e secondo, Edizioni Studio Domenicano, 2000 p.46
  4. ^ Aristotele, Metafisica, Libro Gamma, capitolo 7, 1011b 25-27, traduzione di Giovanni Reale, p. 179.
  5. ^ Nel suo saggio "Der Wahrheitsbegriff in den formalisierten Sprachen." (traduzione di un testo pubblicato in polacco nel 1933.) Studia philosophica, vol. I, 1935, pp. 261-405.
  6. ^ Enciclopedia Treccani alla voce "Alfred Tarski"

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Jan A. Aertsen, Medieval Reflections on Truth: adaequatio rei et intellectus, Amsterdam : VU Boekhandel, 1984.
  • Aristotele, Metafisica, a cura di Giovanni Reale, Rusconi, Milano 1978; poi Bompiani, Milano 2000.
  • Gudrun Schulz, Veritas est adaequatio intellectus et rei: Untersuchungen zur Wahrheitslehre des Thomas von Aquin und zur Kritik Kants an einem überlieferten Wahrheitsbegriff, Leiden, Brill, 1993.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]