Agadir

Agadir
comune
ⴰⴳⴰⴷⵉⵔ / Agadir
أڭادير
Agadir – Stemma
Agadir – Veduta
Agadir – Veduta
Localizzazione
StatoBandiera del Marocco Marocco
RegioneSouss-Massa
PrefetturaAgadir-Ida ou Tanane
Amministrazione
SindacoSalah El Malouki
Territorio
Coordinate30°25′01″N 9°36′00″W / 30.416944°N 9.6°W30.416944; -9.6 (Agadir)
Altitudine74 m s.l.m.
Abitanti487 954[2] (2014)
Altre informazioni
Fuso orarioUTC+0
Cartografia
Mappa di localizzazione: Marocco
Agadir
Agadir
Sito istituzionale

Agadir (in berbero: ⴰⴳⴰⴷⵉⵔ, Agadir, che significa granaio fortificato; in arabo أڭادير?, Agādīr) è una città e porto del Marocco, capoluogo della prefettura di Agadir-Ida ou Tanane e della regione di Souss-Massa.

Si affaccia sull'Oceano Atlantico, ai piedi dei monti dell'Atlante poco a nord rispetto a dove il fiume Sous sfocia nell'oceano.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Fu fondata da marinai portoghesi nel 1505 col nome di Santa Cruz do Cabo de Gué. Nel 1541 divenne territorio del Marocco e nel 1911 al culmine della tensione franco-tedesca la Germania inviò la nave da guerra Panther ad Agadir. L'incidente (noto come la crisi di Agadir) rischiò di scatenare la guerra tra i due paesi e fece sì che la Francia con il trattato di Fez nel 1912 dichiarasse il Marocco suo protettorato, mentre la Germania ottenne parte del Congo francese come compensazione.

Il 29 febbraio 1960 la città venne distrutta da un forte terremoto, nel quale circa 15 000 persone persero la vita. La città attuale venne ricostruita 2 km a sud dell'epicentro ed ora è un porto e località marina con un'ampia spiaggia sabbiosa.

Geografia fisica[modifica | modifica wikitesto]

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

Clima[modifica | modifica wikitesto]

Agadir sperimenta un clima subtropicale semiarido, mite e temperato durante tutto l'anno (l'escursione termica annuale è intorno ai 6 gradi), tipico delle coste oceaniche occidentali a latitudini subtropicali e del tutto simile, infatti, a quello di altre aree del globo come la Bassa California o le coste della regione cilena di Atacama. Le estati sono asciutte e gradevolmente calde, con una temperatura massima mediamente intorno ai 26 °C.

Le giornate sono spesso accompagnate da brezza marina e foschie mattutine, che tengono la temperatura piuttosto bassa. Tuttavia il vento di ricaduta proveniente dal Sahara, chiamato Chergui, può innalzare la temperatura oltre i 40 °C (il record assoluto è di 50,4 °C registrati l'11 agosto 2003; si tratta, assieme ai 50,2 °C registrati lo stesso giorno sempre ad Agadir ma da con un'altra rilevazione termometrica, dell'unica temperatura superiore a 50 °C mai misurata in Marocco da una stazione meteo ufficiale). Gli inverni sono brevi e miti, con temperature massime intorno ai 20 °C e moderato apporto pluviometrico (sulla città cade una media di appena 290 mm di pioggia all'anno, tutti concentrati fra ottobre e aprile). La temperatura più bassa mai registrata è di -2,6 °C.

Agadir[3] Mesi Stagioni Anno
Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic InvPriEst Aut
T. max. media (°C) 20,421,022,421,923,224,026,126,126,425,323,520,720,722,525,425,123,4
T. media (°C) 14,115,216,717,018,720,222,022,221,920,317,914,614,617,521,520,018,4
T. min. media (°C) 7,99,410,912,014,216,418,018,217,315,212,38,58,612,417,514,913,4
Precipitazioni (mm) 45,542,431,125,93,51,10,10,23,025,852,660,7148,660,51,481,4291,9
Giorni di pioggia 5,45,65,13,71,41,30,20,41,64,15,35,316,310,21,911,039,4
Ore di soleggiamento mensili 229,4232,0269,7282,0294,5270,0269,7254,2243,0244,9219,0229,4690,8846,2793,9706,93 037,8

Società[modifica | modifica wikitesto]

I più antichi abitanti della zona sono gli Aït Ouguerram, discendenti del marabutto Sidi Boulknadel. La città attrasse poi numerose famiglie dalle colline circostanti a partire dal XVI secolo, in occasione della presenza portoghese. Nel XVIII secolo, la popolazione di Agadir (Ahl Agadir), composta fino ad allora da frazioni di tribù differenti, fu deportata dal sultano Muhammad III a Mogador. La popolazione della casba fu sostituita da gruppi di Ihahan Aït Tamer, maggioritari in molti dei villaggi vicini, mentre Founti accolse Mesguina, Ksima e Ida Ou Tanan. Oltre a questi si stabilirono in città numerose famiglie ebraiche. Nel 1927, la popolazione della casba e di Founti comprendeva circa un migliaio di abitanti. Nello stesso anno, ad Agadir risiedevano poi oltre 1.500 europei, che comprendevano funzionari e militari. Le attività principali, sia tra gli autoctoni che tra gli europei, erano legate alla pesca.[4]

La città di Agadir fu nel corso degli anni del protettorato un centro cosmopolita. Prima del terremoto, su 40.000 abitanti un quarto erano europei. La componente marocchina della popolazione cittadina era anch'essa variegata e comprendeva una comunità ebraica.[5]

Dopo il terremoto del 1960, lo sviluppo industriale e il ruolo amministrativo conferito alla città favorirono un vasto flusso migratorio da tutto il Marocco, in particolare dalle regioni rurali del resto del Sous. Numerosi immigrati giunsero dalle città centrali come Fès e Rabat per impegnarsi nel settore burocratico e numerosi imprenditori e lavoratori dalla regione dell'Al Haouz si integrarono nel settore agroalimentare.[6]

Lingue e dialetti[modifica | modifica wikitesto]

La città è linguisticamente mista e comprende una componente maggioritaria berberofona ed una cospicua componente arabofona.

La lingua berbera è parlata nella variante tachelhit, mentre l'arabo parlato ad Agadir è caratterizzato da un livellamento quasi completo alla koinè araba marocchina parlata nelle città principali del resto del Marocco e dalla quasi assenza di tratti dialettali propri a causa delle origini eterogenee degli abitanti arabofoni della città, originari da tutto il Marocco.[6]

Comunità ebraica[modifica | modifica wikitesto]

Agadir è sede di un'antica comunità ebraica che accolse nel XVI secolo numerosi sefarditi. La comunità dette i natali ad importanti rabbini, tra i quali Khlifa Ben Malka, Schlomo Pinto e Haïm Pinto. Nel 1774, dopo che il sultano ebbe sottomesso la città, la maggior parte dei suoi abitanti, circa 2.000 persone, sia musulmani che ebrei, furono deportati dalla città e costretti a stabilirsi a Mogador.[7] Tra le principali famiglie ebraiche di Agadir che si stabilirono a Mogador si citano i Guedalla, gli Aflalo e i Pénia, che stringendo stretti rapporti con il sultano, entrarono a far parte del makhzen, divenendone tra i massimi rappresentanti in città.[8]

La comunità si rigenerò nei secoli seguenti, distribuita tra il mellah, situato nella casba, e l'insediamento di Founti. Tra le principali antiche famiglie ebraiche di Agadir si citano gli Edery, i Zafrany, gli Abitbol, i Serraf, i Knafo, i Khalifa, gli Abisror, i Cohen, i Lévy, i Mazzaltarim e gli Abdelhaq. La comunità era costituita per lo più da artigiani, calzolai e piccoli negozianti. Il mellah disponeva di una piccola sinagoga, oltre ad essere sede della tomba di un marabutto. A partire dall'inizio del XX secolo, gli ebrei cominciarono ad abbandonare la casba per trasferirsi nei quartieri nuovi della città, in particolare a Talborjt. Negli anni 1950 gli ebrei avevano completamente abbandonato la casba.[7] La comunità contava 503 membri nel 1936 e 1.500 nel 1951.[9] In seguito al terremoto del 1960, dei 2.300 ebrei, centinaia rimasero vittime; in contemporanea, molte famiglie, parallelamente a quanto avveniva nel resto del Marocco, cominciarono ad emigrare. Molte famiglie ebraiche di Agadir si stabilirono principalmente in Canada, precisamente a Montréal e a Toronto; molti invece emigrarono verso Israele, Francia e Casablanca. Oggi rimangono in città alcune decine di famiglie ebraiche che gestiscono una sinagoga e un cimitero ebraico.[5][10]

Cultura[modifica | modifica wikitesto]

Tradizioni e folclore[modifica | modifica wikitesto]

Esibizione fantasia ad Agadir

Storicamente in città sono radicati il culto dei marabutti e le tradizioni sufi, che si rafforzarono nella regione nel XVI secolo, in reazione alla presenza portoghese. Le principali confraternite diffuse in città sono la Tijaniyyah, che disponeva di una piccola zāwiya nella casba e altre disseminate a Founti, Yachech e nei quartieri di Talborjt e di El Batoire, e la Nasiriyya, la cui zāwiya principale per la popolazione di Agadir era condivisa dalla seconda metà del XIX secolo con la tribù dei ksima; altri centri della Nasiriyya avevano sede a Talborjt e nella zona di Yachech.[11]

Tra i principali marabutti di Agadir si cita Sidi Boulknadel, definito l'uomo delle candele, santo patrono di Founti, dei pescatori e degli indigenti. L'edificio della sua zāwiya venne realizzato nel 1875 a Founti per ospitare i discendenti del santo e venne gestito come Ḥabūs. Distrutto nel terremoto del 1960, l'edificio venne ricostruito l'anno seguente con l'aggiunta di un minareto e viene oggi gestito da alcune famiglie di Founti legate storicamente al santuario. Secondo la leggenda, Sidi Boulknadel fu un combattente contro i portoghesi sotto i Sa'diani. Secondo un'altra versione, egli sarebbe stato un sant'uomo gettato nell'oceano da un gruppo di pescatori e che sarebbe ricomparso sotto forma spettrale per tornare a pregare nella sua moschea. La corporazione dei marinai di Founti, che contava una quarantina di membri nel 1927, riservava una quota riservata a Sidi Boulknadel. Il santuario viene visitato ancora oggi, specialmente il venerdì, e viene celebrato annualmente un moussem.[12]

Lalla Sfia, figlia di Sidi Brahim Ou Ali di Tighanimine degli Ida Ou Tanan, fu una donna vissuta nella casba nel corso del XVI secolo, che cadde dall'altura della città insieme alle due sorelle Yamna e Meriem, venendo sepolta nel luogo. Il suo mausoleo fu spostato negli anni 1940, in occasione dei lavori per la Place Bourguignon, e trova oggi sede nel complesso di Sidi Boulknadel.[13]

Il culto di Sidi Abdallah Ou El Hadj è storicamente diffuso tra i marinai, che celebrano annualmente a maggio un mârouf nel quale viene offerto in sacrificio una pecora o un bue. Nei pressi del santuario, situato nelle vicinanze del porto, hanno sede un piccolo cimitero e la tomba di Sidi Mohamed Amzil.[14]

Il santuario di Sidi N'Bir, morto combattendo i portoghesi, venne ricostruito dopo il terremoto dai fedeli ed è al momento in stato di abbandono.[15] Il santuario di Sidi Bourja, di origine Neknafa e combattente contro i portoghesi, è situato ai lati della collina della casba ed è anch'esso in stato di abbandono.[16]

Sidi Boujm'a Agnaou, patrono della locale comunità gnawa, fu un uomo di colore deportato dal Sudan che viveva nella casba lavorando come calzolaio, morto in una cisterna che sarebbe poi divenuta la base del suo santuario, mentre veniva perseguitato dai suoi nemici. Il suo moussem viene celebrato dai gnawa nel mese di Sha'ban al ritmo dei tamburelli e con serpenti a sonagli. Ogni sabato i fedeli tenevano un evento chiamato Allailat, nella quale venivano praticate danze esorcizzanti. Il suo santuario, distrutto nel terremoto, venne ricostruito poco dopo sul sito precedente e viene visitato tutt'oggi da donne sterili e malati mentali.[17]

Lalla Yamna secondo la tradizione orale fu la sorella di Lalla Sfia e figlia di Sidi Brahim Ou Ali, giunto nella casba nel XVI secolo. Il santuario di Lalla Yamna, situato nella casba, veniva visitato dalle donne sterili ed era affiancato da quello di Sidi M'hand. Distrutto anch'esso dal terremoto, il santuario venne ricostruito nel 1977.[17]

Tra gli altri marabutti della zona di Agadir si citano Sidi Boutini, Sidi Tounsi, gli Aït El Ghezoua, Sidi Ahmed Ou Mohand, Sidi El Ghazi Ou Hmad, Sidi Sahnoun, Sidi Bel Abbès e Sidi Bou Jaffar.[11]

Tra le principali antiche festività tipiche di Agadir si citano i già citati moussem dedicati ai marabutti, i R'ma, gli ahwach, che a Founti all'inizio del XX secolo venivano ospitati dalla famiglia degli Iboudraren, e varie processioni, come quelle degli issawa e dei gnawa. Come in gran parte della regione, in città sono praticate la tradizione folcloristica del bujlud[4] e le esibizioni fantasia.

Economia[modifica | modifica wikitesto]

Agadir si trova in una zona mineraria ricca di cobalto, manganese e zinco che vengono imbarcati nel suo porto. Il turismo, la pesca e la lavorazione del pesce sono le attività economiche più rilevanti.

Negli ultimi anni l'attività turistica ha subito un forte aumento per merito della costruzioni di ampie strutture turistiche nella periferia della città.

Infrastrutture e trasporti[modifica | modifica wikitesto]

Vi si trova l'aeroporto di Al Massira.

Altre località[modifica | modifica wikitesto]

  • A 16 km lungo la costa a nord si trova il villaggio berbero di Taghazout
  • A 13 km lungo la costa a nord si trova il villaggio di Tamraght

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ "Official Report of General Census of Population and Housing, page 17", High Commission for Planning, web: HCP Web Site.
  2. ^ [1]
  3. ^ "Climatological Information for Agadir, Morocco" (archiviato dall'url originale il 23 ottobre 2019). - NOAA Station Id FM60250, Latitude: 30° 23'N Longitude: 9° 34'W Elevation: 23m
  4. ^ a b (FR) Founti, su mfd.agadir.free.fr.
  5. ^ a b (FR) Orna Baziz, L’exode des rescapés juifs d’Agadir après le séisme de 1960, in La bienvenue et l’adieu Migrants juifs et musulmans au Maghreb (XVe-XXe siècle), pp. 57-65.
  6. ^ a b (FR) Montserrat Benítez Fernández, À propos du dialecte arabe d'Agadir (Sud du Maroc) (PDF).
  7. ^ a b (FR) Mellah d'Agadir, su mfd.agadir.free.fr. URL consultato il 30 maggio 2020.
  8. ^ (EN) Abdelwahab Meddeb e Benjamin Stora, A History of Jewish-Muslim Relations: From the Origins to the Present Day, pp. 231-232, ISBN 978-0-691-15127-4.
  9. ^ (EN) Michael M. Laskier, The Alliance Israelite Universelle and the Jewish Communities of Morocco 1862-1962, State University of New York Press, p. 227, ISBN 0-87395-656-7.
  10. ^ (FR) Communaute Juive Agadir, su communautejuiveagadir.com.
  11. ^ a b (FR) Les Marabouts, su mfd.agadir.free.fr.
  12. ^ (FR) Sidi Boulknadel, su mfd.agadir.free.fr.
  13. ^ (FR) Lalla Sfia, su mfd.agadir.free.fr.
  14. ^ (FR) Sidi Abdallah Ou El Hadj, su mfd.agadir.free.fr.
  15. ^ (FR) Sidi N'Bir, su mfd.agadir.free.fr.
  16. ^ (FR) Sidi Bourja, su mfd.agadir.free.fr.
  17. ^ a b (FR) Sidi Boujm'a Agnaou, su mfd.agadir.free.fr.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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