Anna dei mille giorni

Anna dei mille giorni
Richard Burton e Geneviève Bujold in una scena del film
Titolo originaleAnne of the Thousand Days
Lingua originaleinglese
Paese di produzioneRegno Unito
Anno1969
Durata145 min
Rapporto2,35:1
Generestorico, drammatico, sentimentale
RegiaCharles Jarrott
SoggettoMaxwell Anderson (opera teatrale)
SceneggiaturaBridget Boland, John Hale, Richard Sokolove
ProduttoreHal B. Wallis
Casa di produzioneHal Wallis Productions
Distribuzione in italianoUniversal Pictures
FotografiaArthur Ibbetson
MontaggioRichard Marden
MusicheGeorges Delerue
ScenografiaMaurice Carter
CostumiMargaret Furse
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

Anna dei mille giorni (Anne of the Thousand Days) è un film del 1969 diretto da Charles Jarrott.

Adattamento dell'omonima pièce teatrale di Maxwell Anderson, il film vede protagonisti Richard Burton e Geneviève Bujold rispettivamente nei panni di Enrico VIII d'Inghilterra e della sua seconda moglie, Anna Bolena, seguendo la relazione tra i due dal loro primo incontro nel 1527 fino all'esecuzione di Anna nel 1536, tra cui gli eponimi "mille giorni" di matrimonio.

Nonostante un'accoglienza prevalentemente negativa da parte della critica,[1][2][3] il film ricevette dieci candidature ai premi Oscar 1970, vincendo quello per i migliori costumi.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Inghilterra, 1527. Re Enrico VIII da tempo mal sopporta il suo matrimonio politico con Caterina di Aragona, dalla quale non ha avuto eredi maschi, e indulge in effimere relazioni extraconiugali come quella con Maria Bolena, figlia di uno dei suoi cortigiani. A un ballo di corte, il Re nota la sorella di quest'ultima, la diciottenne Anna, da poco ritornata dalla Francia. Ella è già promessa al nobiluomo Henry Percy per intercessione del Lord Cancelliere Cardinale Wolsey, ma il Re ordina a Wolsey di sciogliere il loro fidanzamento con l'intenzione di fare della ragazza, di cui si è invaghito, la sua nuova amante.

Innamorata di Percy, Anna è furiosa una volta saputa la notizia e, non appena Enrico le si presenta per tentare goffamente di sedurla, lo respinge e gli comunica senza mezze misure la bassa opinione che nutre nei suoi confronti. In tutta risposta, Enrico costringe Percy a sposare un'altra donna e porta con sé Anna a corte come dama di compagnia, nella speranza che si innamori di lui col tempo: consigliata dalla sorella, che dal Re è stata dimenticata dopo aver dato alla luce due bastardi, la ragazza decide di non concedersi mai fisicamente o spiritualmente ad Enrico per evitare che la sua natura volubile le faccia perdere l'importanza in cui lui la tiene. Nel corso dei mesi seguenti, Anna continua a non cedere ai corteggiamenti di un sempre più disperato Enrico, mentre comincia ad apprezzare la politica e gli intrighi di palazzo.

Sfruttando il suo ascendente sul Re, Anna comincia a minare l'influenza di Wolsey e riesce con un sotterfugio a sottrargli il castello di Hampton Court. All'ennesima insistenza di Enrico affinché si conceda, Anna finisce per acconsentire, ma solo a patto che lui prima la renda sua regina, volendo per i suoi figli un futuro da principali eredi al trono. La ragazza è tranquilla, convinta che ciò non accadrà mai, ma il Re inizia ad accarezzare l'idea di ripudiare Caterina, cosa che placherebbe anche i suoi timori di una guerra di successione dopo la sua morte, che lui crede evitabile solo da un erede maschio: nonostante le suppliche di Wolsey di considerare le conseguenza politiche del gesto, Enrico lo manda da Papa Clemente VII per ottenere l'annullamento del matrimonio, col pretesto che questo sia maledetto perché incestuoso, essendo Caterina la vedova di suo fratello Arturo.

Il Papa rifiuta, sotto pressione militare della Spagna, patria di Caterina. Enrico istruisce allora un processo per dimostrare che la breve unione della Regina con Arturo fosse stata consumata, forte dell'appoggio di cortigiani come Thomas Boleyn, padre di Anna, e di suo zio il Duca di Norfolk, che sperano di arricchirsi con questo matrimonio. Tuttavia, il piano fallisce quando il Vescovo Fisher si rifiuta di testimoniare il falso e Caterina si presenta di persona respingere le accuse. Wolsey non riesce a convincere il legato pontificio lì presente della colpevolezza della Regina e, quando Anna deride un furioso Enrico per i suoi fallimenti, questo solleva il Cardinale dalla sua carica e lo allontana da corte. Sotto consiglio di Sir Thomas Cromwell, Enrico realizza che, finché sarà soggetto all'autorità papale anche su questioni quali la propria successione, non sarà mai libero di regnare e, pur temendo una scomunica, decide col supporto di Anna di divenire la massima autorità della Chiesa in Inghilterra al posto del Papa.

Enrico presenta al Parlamento il suo Atto di Supremazia, nonostante le proteste di consiglieri fidati come Fisher, il Priore Houghton e Tommaso Moro. Anna prende possesso di Hampton Court, dove Enrico, ora celibe e libero di farla sua Regina, le confessa un'ultima volta il suo amore. Ancora insicura se cedersi a lui, Anna lo respinge nuovamente, ma, quando Enrico si mostra profondamente ferito e deluso dal suo rifiuto, si rende conto di essersi innamorata di lui: dopo una notte di passione, Anna gli confessa di essere incinta e i due si sposano. L'euforia di Enrico si spegne però quando scopre che Anna ha dato alla luce una figlia femmina, Elisabetta. Mentre la loro relazione comincia a raffreddarsi, le attenzioni del Re si rivolgono a un ballo di corte verso la dama di corte Jane Seymour. Quando lo scopre, Anna la spedisce via, ma viene ricattata da Enrico e da Cromwell: se Jane non verrà richiamata a corte, il Re non farà approvare al Parlamento l'Atto di Successione che renderebbe Elisabetta erede al trono al posto di Maria, figlia della recentemente scomparsa Caterina.

Furiosa, Anna pretende che in cambio del ritorno di Jane tutti i cortigiani giurino fedeltà solo e unicamente al Re, così da rendere la successione di Elisabetta incontrovertibile, pena la morte: Enrico, che pur temporeggiava riguardo al dissenso all'Atto di Supremazia poiché temeva di dover ordinare un numero immane di esecuzioni, accetta sotto la promessa di un erede maschio. Moro è il primo a cadere sotto la scure del boia, ma la gravidanza di Anna finisce con un maschio nato morto. Demoralizzato, Enrico ordina a Cromwell di trovare un modo per sbarazzarsi di Anna e prendere nuovamente moglie: di fronte all'impraticabilità di un nuovo divorzio, questo gli suggerisce di accusarla con prove false di adulterio, un reato di alto tradimento. Cromwell tortura il musicista di corte Mark Smeaton, precettore di Elisabetta, fino a fargli confessare di avere una relazione segreta con la Regina, per poi fare lo stesso con altri quattro cortigiani, tra cui lo stesso fratello di Anna, George. Anna è arrestata e rinchiusa nella Torre di Londra.

Durante il processo per incesto e alto tradimento, Anna cerca invano di far rivelare a un traumatizzato Smeaton la verità, finché Enrico, roso dai sensi di colpa, non riesce ad estorcergli la falsità delle sue accuse, incolpando di questo Cromwell. La notte prima del verdetto, con la sua vita tra le mani, Enrico visita Anna nella sua cella, offrendole la libertà in cambio dell'annullamento del loro matrimonio, che renderebbe sua figlia nuovamente illegittima in favore di un futuro erede maschio. Anna rifiuta e, pur provando ancora qualcosa per il marito, confessa per ferirlo di aver avuto relazioni extraconiugali con quasi tutti gli uomini della sua corte e profetizza che Elisabetta, pur non essendo il figlio che voleva, sarà un monarca più grande di tutti i precedenti Re d'Inghilterra. Enrico firma la condanna a morte e, il giorno seguente, Anna è condotta al patibolo e decapitata. I cannoni del castello tuonano per annunciare la sua morte, uditi in lontananza da Enrico, che si allontana a cavallo per andare a sposare Jane, e da Elisabetta.

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

Originariamente, Hal B. Wallis aveva offerto il ruolo di Anna ad Olivia Hussey.[4][5] Tuttavia, quando le offrì anche la parte che poi fu di Kim Darby ne Il Grinta (1969), Hussey commentò scherzosamente di "non riuscire proprio" a immaginarsi assieme a John Wayne; il produttore ritirò immediatamente entrambe le offerte.[5] La scelta di Wallis cadde infine sull'attrice canadese Geneviève Bujold, che, pur essendo interessata al ruolo, si rifiutò di sostenere un provino per la parte, il che piacque a Wallis, secondo cui la sua testardaggine era «adatta allo spirito di Anna Bolena».[6]

Il film venne girato a Londra, ai Pinewood e Shepperton Studios, e nei vicini Castello di Hever e Penshurst Place.[7]

Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

Il film venne distribuito nelle sale cinematografiche britanniche dalla Rank Organisation a partire dal 23 febbraio 1970. In Italia, come negli Stati Uniti nel dicembre del 1969, il film fu distribuito da Universal Pictures.

Accoglienza[modifica | modifica wikitesto]

Incassi[modifica | modifica wikitesto]

Il film fu uno dei più popolari del 1970 al botteghino britannico.[8]

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Vincent Canby, Screen: A Royal Battle of the Sexes:'Anne of 1,000 Days' Bows at Plaza Burton Cast as Henry Miss Bujold Stars, in The New York Times, 21 gennaio 1970. URL consultato il 13 aprile 2020.
  2. ^ (EN) Pauline Kael, Anne of the Thousand Days (1969), su geocities.ws. URL consultato il 13 aprile 2020.
  3. ^ (EN) Pauline Kael, Reeling, New York, Warner Books, 1977, p. 198, ISBN 0714525820.
  4. ^ (EN) Peter Canavese, Interview: Olivia Hussey (Romeo e Giulietta), su production.grouchoreviews.com, 1º ottobre 2008. URL consultato il 12 aprile 2020.
  5. ^ a b (EN) Olivia Hussey, The Girl on the Balcony, New York, Kensington, 2018, pp. 84–85, ISBN 1496717074.
  6. ^ (EN) Kristen Lopez, Film, Memory, & The Beauty Of ‘Anne Of The Thousand Days’, in Forbes, 16 dicembre 2019. URL consultato il 12 aprile 2020.
  7. ^ (EN) Anne of The Thousand Days (1969), su kentfilmoffice.co.uk. URL consultato il 12 aprile 2020.
  8. ^ (EN) Sue Harper, British Film Culture in the 1970s: The Boundaries of Pleasure, Edimburgo, Edinburgh University Press, 2011, p. 269, ISBN 9780748654260.
  9. ^ (EN) The 42nd Academy Awards (1970) Nominees and Winners, su oscars.org. URL consultato l'11 gennaio 2011 (archiviato dall'url originale il 28 dicembre 2014).
  10. ^ (EN) Awards Winners, su wga.org. URL consultato il 6 giugno 2010 (archiviato dall'url originale il 5 dicembre 2012).

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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