Annapurna I

Annapurna I
Lato sud dell'Annapurna I
StatoBandiera del Nepal Nepal
Altezza8 091 m s.l.m.
Prominenza2 984 m
Isolamento34 km
Coordinate28°35′44.88″N 83°49′12″E / 28.5958°N 83.82°E28.5958; 83.82
Mappa di localizzazione
Mappa di localizzazione: Nepal
Annapurna I
Annapurna I

L'Annapurna I (spesso solo Annapurna; lingua nepalese: अन्नपूर्ण) è una montagna situata nell'omonimo gruppo montuoso della provincia di Gandaki Pradesh, nel Nepal centro-settentrionale. Con i suoi 8 091 metri s.l.m. è la decima montagna più alta del mondo ed è divenuta celebre perché particolarmente difficile e pericolosa da scalare.

Nel 1950 il francese Maurice Herzog guidò una spedizione per salire lungo la parete nord della montagna; in seguito a tale impresa, che si rivelò un successo, essa divenne la prima vetta scalata di ottomila metri.[1] L'intero massiccio e l'area circostante sono collocati all'interno dell'area di conservazione dell'Annapurna, che copre un territorio di 7 629 chilometri quadrati e rappresenta la prima e più grande area naturale protetta del Nepal. All'interno dell'area di conservazione dell'Annapurna vengono tenuti numerosi trekking di notorietà mondiale, tra cui quello del Santuario dell'Annapurna e l'Annapurna Circuit.

Per decenni, l'Annapurna I ha tenuto il primato di montagna con il maggiore tasso di mortalità tra tutte le vette che superano gli ottomila metri. Tuttavia, tra il 2012 e il 2022, tale bilancio è sceso dal 32% a poco meno del 20%. Questa cifra lo colloca al di sotto delle più recenti stime del tasso di mortalità del K2, che corrisponde al 26,5%.[2] La montagna rappresenta ancora una grave minaccia per gli alpinisti a causa del pericolo di valanghe, del tempo imprevedibile e delle pareti scoscese, in particolare la sua parete sud di 3 000 metri, ricordata per essere tra le salite più difficili del mondo.[3] È anche una vetta pericolosa per gli escursionisti: nel 2014, nel corso di una tempesta di neve avvenuta nelle vicinanze e nel Dhaulagiri I, morirono almeno 43 individui. Al 2022, la vetta dell'Annapurna I è stata raggiunta da 365 persone, mentre 72 hanno perso la vita nel corso dell'arrampicata.[4]

Ascensioni[modifica | modifica wikitesto]

Campo base dell'Annapurna
Campo base dell'Annapurna
Versante sud dell'Annapurna

Tecnicamente non è l'ottomila più difficile da scalare ed è stato il primo a essere conquistato dall'uomo, ma è considerato quello più pericoloso al mondo per le continue valanghe che cadono dai suoi versanti, detenendo con un valore superiore al 40% il più alto rapporto tra numero di morti e numero di alpinisti giunti in vetta.[5]

Prima ascensione[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1950, malgrado la scarsa esperienza di spedizioni alpinistiche extra-europee, i francesi organizzarono quella che sarebbe diventata la prima spedizione a raggiungere la vetta di un ottomila.

Ne facevano parte Maurice Herzog, in qualità di alpinista e capo-spedizione, gli alpinisti Jean Couzy, Marcel Schatz, Louis Lachenal, Gaston Rébuffat e Lionel Terray, il medico Jacques Oudot, il regista cinematografico Marcel Ichac, gli ufficiali di collegamento Francis de Noyelle e il nepalese Ghan Bikram Rana. Sul posto furono assoldati otto portatori d'alta quota.

La partenza dalla Francia avvenne il 30 marzo; dopo aver raggiunto Pokhara, capoluogo della regione, la spedizione si assestò nella località di Tukucha, da cui prese a esplorare la zona per individuare la migliore via di accesso e di salita. Il campo base fu installato solo il 22 maggio, allorché poté iniziare l'ascensione vera e propria. Per superare i 3 478 metri di dislivello tra il campo base e la vetta furono necessari cinque campi intermedi, e la mattina del 3 giugno i due alpinisti Herzog e Lachenal riuscirono ad arrivare in vetta, la prima di un ottomila a essere scalata. Contrariamente a quanto avvenne nella maggior parte delle prime ascensioni dei restanti ottomila, la spedizione francese non fece uso di ossigeno, e percorse i 680 metri di dislivello tra l'ultimo campo e la vetta in otto ore, a una media di salita di 85 metri l'ora.

Il prezzo del successo ottenuto fu altissimo: la scarsa esperienza, l'equipaggiamento inadeguato e il peggioramento delle condizioni atmosferiche furono tra le cause per cui Herzog e Lachenal riportarono accecamenti e congelamenti estesi di mani e piedi; Lachenal subì amputazioni a entrambi i piedi.[6]

Prima ascensione femminile[modifica | modifica wikitesto]

La prima ascensione femminile fu compiuta nel 1978 da una spedizione statunitense, chiamata American Women's Himalayan Expedition e guidata da Arlene Blum. Il 15 ottobre la vetta fu raggiunta da Vera Komarkova e Irene Miller, insieme a due portatori d'alta quota. Due alpiniste, Alison Chadwick-Onyszkiewicz e Vera Watson, persero la vita durante la salita.[7][8]

Prima ascensione invernale[modifica | modifica wikitesto]

La prima ascensione invernale fu realizzata da Jerzy Kukuczka e Artur Hajzer il 3 febbraio 1987. Kukuczka guidava la spedizione polacca di cui facevano parte anche Wanda Rutkiewicz e Krzysztof Wielicki. Per Kukuczka si trattava della terza prima invernale di un ottomila, dopo il Dhaulagiri I (1985) e il Kangchenjunga (1986),[9] o della quarta, considerando l'ascesa come secondo team del Cho Oyu (1985).[10]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) The Eight-Thousanders, su earthobservatory.nasa.gov. URL consultato il 7 novembre 2022.
  2. ^ (EN) Dichiarati morti i tre alpinisti dispersi, il K2 conferma la sua brutta fama, su ilgiorno.it. URL consultato il 7 novembre 2022.
  3. ^ (EN) Complete ascent — fatalities statistics of all 14 main 8000ers, su 8000ers.com. URL consultato il 7 novembre 2022.
  4. ^ (EN) Annapurna: Summit Push Begins, su explorersweb.com. URL consultato il 7 novembre 2022.
  5. ^ (EN) Eberhard Jurgalski, Fatalities, su 8000ers.com. URL consultato il 22 marzo 2013.
  6. ^ (EN) Maurice Herzog, Annapurna, su himalayanclub.org. URL consultato il 22 marzo 2013.
  7. ^ (EN) Arlene Blum, Women on Annapurna, su himalayanclub.org. URL consultato il 22 marzo 2013.
  8. ^ (EN) Tom Connor, Notes Asia (PDF), in Alpine Journal, 1979, p. 231. URL consultato il 22 marzo 2013.
  9. ^ (EN) John Porter, Nepal 1987 (PDF), in Alpine Journal, 1988, p. 242. URL consultato il 22 marzo 2013.
  10. ^ (EN) Andrzej Zawada, The First Winter Ascent of Cho Oyu (1984-1985) (PDF), in Alpine Journal, 1988. URL consultato il 22 marzo 2013.

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