Bartolomeo Colleoni (incrociatore)

Bartolomeo Colleoni
Il Regio Incrociatore Bartolomeo Colleoni a Venezia nel 1933
Descrizione generale
Tipoincrociatore leggero
ClasseAlberto di Giussano del tipo Condottieri
Proprietà Regia Marina
CostruttoriAnsaldo
CantiereGenova
Impostazione21 giugno 1928
Varo21 dicembre 1930
Entrata in servizio1931
Destino finaleaffondato il 19 luglio 1940
Caratteristiche generali
Dislocamento6 570 t (standard); 6 954 t (pieno carico)
Lunghezza169,3 m
Larghezza15,5 m
Pescaggio5,3 m
Propulsione6 caldaie, 2 turbine, 2 eliche
95.000 CV
Velocità37 nodi (42 durante le prove km/h)
Autonomia3 800 mn a 18 nodi (7 037 km a 33 km/h)
Equipaggio507, di cui 19 ufficiali
Armamento
Artiglieria

Nel 1938/39 i pezzi da 37/54 furono sostituiti con pezzi da 20/65 e furono imbarcate due lanciabombe antisommergibile

Siluri4 tubi lanciasiluri da 533 mm
Corazzaturaorizzontale: 20 mm; verticale: 24 mm; artiglierie: 23 mm; torrione: 40 mm
Mezzi aerei2 × IMAM Ro.43
catapulte fisse a prua
Note
MottoVeloce e veemente
dati tratti da[1]
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Il Bartolomeo Colleoni fu un incrociatore leggero della classe Alberto di Giussano della Regia Marina, battezzato in onore del capitano di ventura del XV secolo Bartolomeo Colleoni.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il Bartolomeo Colleoni servì nel mar Mediterraneo fino al novembre 1938 quando venne inviata a rilevare il Raimondo Montecuccoli nell'estremo oriente. Arrivò al largo di Shanghai il 23 dicembre 1938 e vi rimase fino allo scoppio della guerra tra il Regno Unito e la Germania. Il 1º ottobre 1939 dopo aver ceduto il comando alla corvetta Lepanto, ritornò in Italia, arrivando il 28 ottobre[2].

Il Bartolomeo Colleoni immobilizzato durante la battaglia di Capo Spada

Il Bartolomeo Colleoni, dotato di idrovolanti IMAM Ro.43, formò la 2ª Divisione Incrociatori del 2º Squadrone, insieme con il Giovanni delle Bande Nere. La sua prima missione, il 10 giugno 1940, fu una sortita per deporre mine nel canale di Sicilia, seguita il 6 luglio da compiti di scorta per un grosso convoglio (uno dei primi) di rifornimenti da Napoli a Bengasi (il convoglio era composto dai trasporti truppe Esperia e Calitea e dalle motonavi merci Marco Foscarini, Vettor Pisani e Francesco Barbaro, che giunsero in porto indenni). Il 9 luglio prese parte alla battaglia di Punta Stilo.

Il 18 luglio salpò da Tripoli accompagnato dal Giovanni delle Bande Nere (su cui era imbarcato il comandante della II Divisione, ammiraglio Ferdinando Casardi) diretto a Leros nel mar Egeo, dove l'attività britannica nelle acque greche stava causando preoccupazioni. I due incrociatori avrebbero dovuto costituire una forza leggera per condurre attacchi ai danni del naviglio britannico in Egeo. Nelle prime ore del 19 luglio, essendo stati avvistati da aerei della RAF il giorno prima, vennero intercettato dall'incrociatore australiano HMAS Sydney e da cinque cacciatorpediniere, mentre si trovava al largo di Capo Spada (punta nord-occidentale di Creta). Nella successiva battaglia di Capo Spada venne colpito nella sala macchine e rimase immobilizzato, diventando un facile bersaglio per i siluri dei cacciatorpediniere. Casardi, ritenendo erroneamente di avere a che fare con due incrociatori e quattro caccia, si ritirò con il Bande Nere inseguito dal Sydney, mentre il Colleoni, immobilizzato ed in fiamme (un colpo aveva provocato l'esplosione dei depositi munizioni prodieri e l'asportazione della prua) fu finito con i siluri dai caccia inglesi Ilex e Havock.

Esplose e affondò alle 8.29, portando con sé 121 marinai, mentre gli altri 525 furono recuperati e fatti prigionieri dagli inglesi. Il comandante, capitano di vascello Umberto Novaro, gravemente ferito, fu salvato dal suo equipaggio mentre avrebbe voluto affondare con la nave. Morì quattro giorni dopo ad Alessandria d'Egitto e la Royal Navy gli rese pieni onori militari alla presenza dell'equipaggio superstite e del capitano di vascello Eugenio Martini, in seguito medaglia d'argento al V.M., già comandante in seconda dell'incrociatore Bartolomeo Colleoni.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Bartolomeno Colleoni - Incrociatore leggero, su marina.difesa.it. URL consultato il 27 giugno 2014.
  2. ^ Per quanto riguarda la crociera in Oriente, vedasi il libro Il Commodoro di Arturo Catalano Gonzaga di Cirella, ed. Mursia 1998. A pag. 82 del testo citato si accenna alla fragilità strutturale della nave.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giorgio Giorgerini, La guerra italiana sul mare. La Marina tra vittoria e sconfitta 1940-1943, Mondadori, 2002, ISBN 9788804501503.

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