Basilica di San Lorenzo Maggiore

Basilica di San Lorenzo Maggiore
Facciata
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneCampania
LocalitàNapoli
Coordinate40°51′03.35″N 14°15′29.23″E / 40.85093°N 14.25812°E40.85093; 14.25812
Religionecattolica di rito romano
TitolareSan Lorenzo
Arcidiocesi Napoli
FondatoreCarlo I d'Angiò
ArchitettoAnonimi francesi, Cosimo Fanzago, Ferdinando Sanfelice
Stile architettonicoGotico, barocco
Completamentocompletata in età medievale

La basilica di San Lorenzo Maggiore è una basilica monumentale di Napoli, tra le più antiche della città, ubicata nel centro antico, presso piazza San Gaetano.

Il complesso religioso ospita l'allestimento del Museo dell'Opera di San Lorenzo Maggiore, che comprende inoltre l'accesso agli omonimi scavi archeologici.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1235, papa Gregorio IX ratificò la concessione di una chiesa dedicata a san Lorenzo da erigere in città. All'epoca è documentata in città la presenza di almeno altre cinque chiese dedicate al santo, con quella del Foro, di epoca paleocristiana, assegnata ai frati francescani come edificio su cui sarebbe stato costruito il nuovo tempio.

Carlo I d'Angiò, a partire dal 1270,[1] quindi poco tempo dopo la sua vittoria su Manfredi, iniziò a sovvenzionare la ricostruzione della basilica e del convento, in una mescolanza di stile gotico e francescano. Ad architetti francesi si deve l'abside, prima parte edificata della chiesa,[2] ritenuta unica nel suo genere in Italia ed esempio classico di gotico francese. Nel passaggio dall'abside alla zona del transetto e della navata si andò affermando invece uno stile maggiormente improntato al gotico italiano, segno del mutamento dei progettisti e delle maestranze avvenuto con il passare degli anni.

Il campanile dalla piazza San Gaetano

Negli anni successivi la basilica fu protagonista di importanti eventi storici per la città ed il regno più in generale: san Ludovico da Tolosa, rinunziatario al trono del padre Carlo II d'Angiò, a beneficio del fratello Roberto d'Angiò, fu infatti consacrato sacerdote in questa basilica. Altra consacrazione celebre fu quella di Felice Peretti, vescovo di Sant'Agata de' Goti, il futuro papa Sisto V.

Nel 1343 soggiornò nel convento Francesco Petrarca, come egli stesso documentò in una lettera all'amico Giovanni Colonna, descrivendogli il maremoto che il 25 novembre aveva colpito la città, mentre Giovanni Boccaccio pare che qui si innamorò di Fiammetta, la bella Maria d'Aquino, figlia del re Roberto d'Angiò, sua musa ispiratrice, dopo averla vista nella basilica durante la messa del sabato santo del 1334.[1]

A partire dal XVI secolo la basilica è stata oggetto di numerosi rimaneggiamenti dovuti anche ai danni dei terremoti o ai fatti storici che colpirono la città ed il convento; il chiostro divenne infatti deposito di armi dei Viceré spagnoli e nel 1547 il campanile fu posto sotto assedio dal popolo nella rivolta contro Pedro de Toledo. Altri eventi si ebbero poi anche nel secolo successivo, come nel 1647 quando i seguaci di Masaniello presero d'assalto la torre campanaria utilizzandola come avamposto di artiglieria contro gli spagnoli. I lavori di adeguamento, ad opera di architetti locali, previdero in questo secolo e nel XVIII rifacimenti barocchi, i quali interessarono in particolar modo la facciata della chiesa che fu totalmente rifatta nel 1742.

A partire dal 1882 i restauri, più volte interrotti e ripresi, sino all'ultimo, terminato nella seconda metà del XX secolo, cancellarono progressivamente le aggiunte barocche, ad eccezione della facciata e della controfacciata, opera di Ferdinando Sanfelice, della cappella Cacace e del cappellone di Sant'Antonio, opera di Cosimo Fanzago.[2]

Tra gli anni cinquanta e anni sessanta del Novecento furono eseguite opere di consolidamento da Rusconi per bloccare il crollo delle mura attraverso un contrafforte e opere di cemento armato.

Convento[modifica | modifica wikitesto]

Il convento di San Lorenzo è adiacente alla chiesa; alcune sale interne al complesso sono state destinate ad ospitare il Museo dell'Opera omonimo, mentre altre conservano ancora l'aspetto originario, come la sala Capitolare e quella Sisto V, entrambe accessibili dal chiostro monumentale. L'area sottostante il convento, invece, è occupata dai resti archeologici dell'antico foro romano.

Il chiostro[modifica | modifica wikitesto]

Il chiostro di San Lorenzo Maggiore è un'importante testimonianza di epoca settecentesca emergente sui resti del macellum romano. Il chiostro è caratterizzato da un pregevole pozzo di marmo e piperno scolpito da Cosimo Fanzago e posto al centro del cortile,[3] mentre lungo le pareti sono posti alcuni monumenti funebri di fattura rinascimentale. Dallo stesso chiostro si accede infine agli scavi archeologici della basilica, alle restanti sale del convento ed al Museo dell'Opera.

La Sala Capitolare[modifica | modifica wikitesto]

La Sala Capitolare è stata realizzata durante il periodo della dominazione sveva (1234-1266) e vi si accede tramite un portale del XIV secolo tra due quadrifore tufacee. Il suo nome deriva da "capitolo" ossia una riunione in cui i frati conferivano incarichi e discutevano sulle decisioni da prendere legate al funzionamento del monastero. Le sue volte a crociera sono sfarzosamente decorate da affreschi del 1608 attribuiti a Luigi Rodriguez i quali rappresentano frati dell'Ordine dei Minori Conventuali che si sono distinti per meriti religiosi e culturali. Di notevole importanza è l'Albero genealogico della famiglia francescana in cui sostanzialmente sono riportati papi, santi, missionari, letterati, cardinali e dottori appartenenti al suddetto ordine religioso. Nella sala, inoltre, costituivano assemblea i seggi cittadini.

La Sala Sisto V[modifica | modifica wikitesto]

Il grande ex refettorio, accessibile tramite il chiostrino svevo, è lungo 40 metri e largo 10 e venne anch'esso affrescato da Luigi Rodriguez intorno ai primi anni del XVII secolo. Qui sono affreschi delle Sette virtù reali ognuno circondato da altri quattro che raffigurano le Virtù minori; queste opere sono allegorie che attribuivano il "merito di governare" il regno solo a coloro che rispettavano tali disposizioni. Nelle lunette, invece, sono raffigurate le Province napoletane. Nel 1442 la sala divenne sede del parlamento napoletano, mentre l'anno seguente Alfonso I di Napoli riconobbe suo figlio, illegittimo, Ferrante I come erede al trono di Napoli.[4]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Esterno[modifica | modifica wikitesto]

Particolare del portale gotico della chiesa

Il portale gotico offre alla vista gli originari battenti lignei trecenteschi, ciascuno suddiviso in 48 riquadri in un discreto stato di conservazione. La facciata invece risale al 1742 in piena epoca barocca ed è opera del Sanfelice.

Sul lato destro della facciata della chiesa insiste quella del convento e il campanile del secolo XV, di forma quasi quadrata ed a quattro piani, eretto a più riprese in sostituzione di quello preesistente. Il portale marmoreo d'ingresso del convento risale alla seconda metà del Quattrocento ed è sormontato da un balconcino di fine Seicento di Lorenzo Vaccaro;[4] mentre ancora sopra, a partire dal XIX secolo, sono esposti gli stemmi della città e dei sedili di Napoli, cioè dei parlamenti rappresentativi con funzioni amministrative, giuridiche e giudiziarie, che riunivano i delegati dei vari rioni a partire dal XIII secolo e per oltre cinque secoli. Tali seggi rappresentavano una sorta di circoscrizione dell'epoca alle quali solo per le famiglie nobili era concesso iscriversi; tuttavia, grazie a delle rivolte di piazza del XV secolo, il popolo napoletano riuscì a costituire un sedile dedicato a loro avendo quindi la possibilità, anche se di fatto non aveva alcun potere, di presiedere alle sedute. Gli stemmi dei seggi sono, a partire da quello in alto a destra: il cavallo (simboleggiante il sedile del Nilo), la figura umana (sedile di Porto), la porta d'oro (sedile di Portanova), la P (che sta per Populus, sedile del Popolo), la Y (sedile di Forcella), l'immagine dei monti (sedile di Montagna) e infine, in alto a sinistra, un altro cavallo (in rappresentanza del sedile di Capuana).

Interno[modifica | modifica wikitesto]

Navata e cappelle laterali[modifica | modifica wikitesto]

La basilica ha una pianta a croce latina lunga 80 metri[senza fonte] con cappelle laterali che si affacciano sull'unica navata coperta, così come il transetto, a capriate.

Interno

La controfacciata, in stile barocco, evidenziando come i lavori del Sanfelice del 1742 non avessero interessato solo l'aspetto esterno della chiesa bensì tutta la struttura portante, con conseguente rimaneggiamento anche della parete interna, vede a destra il sepolcro di Giambattista della Porta, mentre sopra il portale d'ingresso una Allegoria francescana di Francesco Curia.[5]


██ Cappelle barocche
██ Deambulatorio gotico-francese

Nella basilica erano presenti in origine le due tavole di Colantonio, San Gerolamo nello studio del 1444 circa e la Consegna della regola francescana, del 1445 circa, e nell'ottava cappella a destra,[6] il San Ludovico di Tolosa incorona il fratello Roberto d'Angiò di Simone Martini del 1317, poi tutte confluite al Museo Nazionale di Capodimonte.[1]

All'interno trovano inoltre sepoltura diverse illustri personalità della storia napoletana: il filosofo e commediografo Giovanni Battista Della Porta, il cui monumento è nella controfacciata; Giovanni Barrile, letterato amico del Petrarca, nel deambulatorio; il marchese Giovanni Battista Manso, nella quarta cappella di destra; l'insigne musicista Francesco Durante, nel cappellone di Sant’Antonio nel transetto sinistro.

Le cappelle laterali sono sedici in totale, otto a sinistra[7] e otto a destra[8], eterogenee nel gusto e dimensione, in particolar modo per le prime della navata, comunque non tutte riempite di opere al loro interno.

Tutte le cappelle laterali sono aperte sulla navata tramite archi acuti, ad eccezione della seconda di destra, che presenta invece un arco marmoreo a tutto sesto di gusto barocco napoletano. Le sale vedono all'interno principalmente il dominio dello stile gotico, i cui lavori decorativi sono stati eseguiti da artisti di scuola francese o napoletana; altre cappelle sono sostanzialmente spoglie, talune conservano pochi frammenti di cicli di affreschi trecenteschi, altre ancora invece fanno parte dei rimaneggiamenti avvenuti nei secoli successivi all'edificazione della chiesa esponendo quindi opere di matrice barocca, come la seconda cappella di destra, la prima e la seconda di sinistra.

In successione da sinistra a destra: vista sulla quarta, terza, seconda (cappella Cacace) e parte della prima cappella del lato destro

Tra le principali cappelle laterali di sinistra sono: la prima cappella, dove sono collocati alcuni monumenti sepolcrali alla famiglia Carmignano dal XIV al XVIII secolo e una tela di Francesco De Mura raffigurante L'Angelo Custode. La seconda cappella presenta rifacimenti in marmo di gusto barocco eseguiti da Giorgio Marmorano, che per la cappella eseguì anche l'altare maggiore; la pala d'altare dell'Immacolata è invece di Paolo Finoglia. La quarta ospita un'Adorazione dei Magi di Marco dal Pino eseguita tra il 1551 e 1568 per la Chiesa del Gesù Vecchio, successivamente poi spostata all'interno della basilica di San Lorenzo, sicuramente già in cappella dal 1845.[6] La quinta cappella costituisce il corridoio d'uscita laterale della chiesa, su via dei Tribunali, ai lati del quale vi sono due monumenti funebri del primo quarto del Cinquecento attribuiti a Giovan Tommaso Malvito.[4] La sesta conserva monumenti funebri alla famiglia Pignone. L'ottava cappella invece si compone di monumenti funebri cinquecenteschi di Romolo Balsimelli a Vito Pisanelli e Giacomo Pisanelli.

Tra le principali cappelle di destra sono la prima, dove domina il monumento sepolcrale di Ludovico Aldomorisco, consigliere del re Ladislao di Durazzo, eseguito con gusto tardo-gotico dallo scultore Antonio Baboccio da Piperno che, completando l'opera nel 1421, vede in essa l'ultima sua opera documentata. La seconda cappella è di proprietà della famiglia Cacace e, completamente in stile barocco,[5] è decorata da Cosimo Fanzago con la cancellata in ottone d'ingresso e contiene le tombe della famiglia Cacace con busti e statue eseguite da Andrea Bolgi intorno al 1653. Sulla parete frontale è una Madonna del Rosario, dipinto di Massimo Stanzione, mentre la volta è affrescata da Niccolò de Simone. La terza cappella contiene un pregevole polittico rinascimentale in terracotta di Domenico Napoletano con scene della Madonna col Bambino e san Rocco e san Marco, e più in alto una Pietà.[5] La quarta presenta alle pareti e sulla volta affreschi di Onofrio De Lione e Luigi Rodriguez. La quinta cappella custodisce resti di affreschi trecenteschi alle pareti e due monumenti funebri cinquecenteschi o seicenteschi.[5] Nella sesta si ammira il monumento funebre tardo-quattrocentesco di Alberico Bacio Terracina di ignoto scultore; mentre nella settima una tela del pittore romano Giuseppe Giampedi (datata 1778). Nella campata che separa la settima cappella e il vano che conduce al chiostro è collocato un pregevole pulpito cinquecentesco, caratterizzato sul fronte principale da un rilievo raffigurante Santa Caterina d'Alessandria davanti al tiranno Massimino e da un altarino sottostante sormontato dalla tavola coeva La Madonna con il Bambino tra i santi Caterina d'Alessandria e Stefano.

Cappellone di Sant'Antonio (transetto sinistro)

Il transetto della chiesa vede nel lato sinistro, ai lati dei due monumenti funebri della seconda metà del XIV secolo a Carlo di Durazzo e Roberto d'Artois e Giovanna di Durazzo, è il Cappellone di Sant'Antonio. Maestosamente barocco nell'esecuzione di Cosimo Fanzago,[9] compiuto nel 1638, e con apertura centrale ad arco a tutto sesto. La sontuosa cappella, dell'omonima arciconfraternita, secondo la tradizione fu creata già nel 1623, per volere del viceré di Napoli, al quale il santo sarebbe apparso in sogno. Nel cappellone trovano alloggio dipinti di Francesco Di Maria con il Redentore a sinistra e l'Assunta a destra, nonché due tele di Mattia Preti, Madonna col Bambino e sante francescane e Crocifisso adorato da San Francesco, entrambe risalenti al 1657; una grande pala di Pacecco De Rosa e Filippo Vitale, che rappresenta Sant'Antonio di Padova che intercede per Napoli, con una straordinaria veduta di Napoli a volo d'uccello, quest' ultima realizzata probabilmente da Didier Barra; al centro invece la tavola del 1438 di Leonardo da Besozzo del Sant'Antonio e angeli, la cui figura del santo fu rifatta da ignoto maestro sempre del XV secolo.[4]

Nel transetto destro sono conservate diverse testimonianze pittoriche risalenti alle origini della chiesa. Cicli di affreschi trecenteschi di Montano d'Arezzo[5] sono infatti visibili nelle parti superiori delle pareti laterali mentre diverse sono le sculture risalenti a questo secolo, come il Monumento funerario di Carlo di Durazzo, fatto giustiziare nel 1348 dal re Luigi d'Ungheria (l'iscrizione posta di fronte al sarcofago riporta per errore la data 1347), o ciò che resta del monumento a Ludovico Caracciolo, datato 1335. Al Cinquecento invece sono riconducibili i monumenti sepolcrali alla famiglia Cicinelli di Salvatore Caccavello, allievo e parente di Annibale Caccavello, un altorilievo di Giovanni da Nola con la Madonna col Bambino ed angeli,[5] in origine posizionato nella parte alta dell'altare maggiore della stessa basilica, ed il sepolcro di Giovanni Antonio Pisanello di ignoto.

Abside, deambulatorio e cappelle radiali[modifica | modifica wikitesto]

L'abside con deambulatorio ad archi in stile gotico francese

La zona absidale di fine XIII secolo è un esempio chiaro della profonda impronta che lascia il gotico francese sulla basilica, unicum architettonico in Italia, con un alto presbiterio a costoloni slanciato da dieci pilastri polistili che aprono arcate dietro le quali scorre il notevole deambulatorio a cappelle radiali, con volte a crociera costolonate su cui a loro volta si affacciano nove cappelle, quadrate le prime due alle estremità e poligonali le altre che ruotano alle spalle dell'abside.[5] Non c'è unanimità fra i vari studiosi circa l'attribuzione di questa parte importante della basilica: secondo il Vasari l'autore sarebbe Nicola Pisano, per Gaetano Filangieri junior invece Arnolfo di Cambio, secondo altri, per alcune analogie costruttive stilistiche con la Chiesa di Santa Maria Donnaregina, l'attribuzione sarebbe da ascriversi proprio all'architetto francese che edificò quest'ultima, comunque ignoto.

Particolare delle volte del deambulatorio dietro l'altare maggiore

L'altare maggiore, opera di epoca rinascimentale tra le più belle presenti a Napoli, è dello scultore napoletano Giovanni da Nola. Sono visibili nella parte superiore le statue dei santi Lorenzo, Antonio e Francesco, mentre sulla parete inferiore lo scultore raffigurò Il Martirio di san Lorenzo, San Francesco con il lupo di Gubbio e Sant'Antonio che parla ai pesci, in uno sfondo in cui è rappresentata la città napoletana com'era in epoca rinascimentale,[5] il che rende l'opera di grande valore sia documentario che artistico.

All'altezza della prima arcata sul lato destro, al lato dell'altare maggiore del da Nola, si trova il Sepolcro di Caterina d'Austria, prima moglie del duca Carlo di Calabria, figlio di re Roberto d'Angiò. L'opera scultorea è di fatto la prima opera napoletana di Tino di Camaino. Di fronte, nella prima cappella radiale a destra del deambulatorio sono presenti affreschi di ignoti giotteschi di fine Duecento-inizio Trecento con Storie della Maddalena; dalla cappella si accede alla cinquecentesca Sacrestia, con affreschi di Luigi Rodriguez che si collega a sua volta con la Sala Capitolare del convento. Continuando nel deambulatorio, le altre cappelle presentano pressoché tutte frammenti di monumenti sepolcrali e lastre tombali del XIV e XV secolo. Nella sesta cappella, dei Barrile, sono presenti lastre della famiglia e affreschi con Storie della Vergine databili intorno al secondo quarto del Trecento del Maestro di Giovanni Barrile. La nona cappella, quindi la prima del deambulatorio partendo da sinistra, presenta i monumenti funebri trecenteschi a Leone Folliero e Maria di Durazzo, figlia di Carlo morta nel 1371 a soli tre anni.[9]

Scavi archeologici[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Scavi archeologici di San Lorenzo Maggiore.

L'area sottostante il convento vede gli scavi archeologici greco-romani datati intorno alla seconda metà del I secolo,[3] quando in piazza san Gaetano sorgeva un tempo l'agorà greca prima, ed il foro romano poi. Mentre sul lato della Basilica di San Paolo Maggiore i sotterranei mettono in luce i resti dell'anfiteatro, quelli sul lato di san Lorenzo evidenziano l'area destinata al macellum: era dove aveva luogo quindi il mercato cittadino in epoca romana, le cui botteghe mostrano inoltre nei basamenti preesistenti strutture greche risalenti al IV secolo a.C.

Museo dell'Opera[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Museo dell'Opera di San Lorenzo Maggiore.

All'interno del convento è ospitato il Museo dell'Opera, che espone antichi costumi ed arredi del convento con le private collezioni pittoriche; fa parte del circuito anche l'area archeologica.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Touring Club, p. 200.
  2. ^ a b Touring Club, p. 201.
  3. ^ a b Touring Club, p. 205.
  4. ^ a b c d Touring Club, p. 204.
  5. ^ a b c d e f g h Touring Club, p. 202.
  6. ^ a b G.B. Ajello, Napoli e i luoghi celebri delle sue vicinanze - vol I, Napoli, Stabilimento Tipografico di Gaetano Nobile, 1845.
  7. ^ Sebbene la seconda e terza cappella di fatto siano state accorpate in epoca barocca divenendo un unico ambiente più grande, nonostante la permanenza del pilastro originario che divide i due ambitenti e che determina quindi un doppio ingresso che si succede.
  8. ^ Anche qui la prima e seconda cappella vedono l'abbattimento del muro divisorio che le separava in origine, seppur rimane superstite il pilastro originario che scandisce i due ambienti e che genera due accessi indipendenti alla sala.
  9. ^ a b Touring Club, p. 203.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Achille della Ragione, Il museo dell'opera in San Lorenzo Maggiore, Napoli, 2006
  • AA.VV., Napoli e dintorni, Milano, Touring Club Italiano, 2007, ISBN 978-88-365-3893-5.
  • Arte e Storia di Napoli in San Lorenzo Maggiore, Napoli, Libri antiquariato, 1987.
  • Gaetano Filangieri junior, Chiesa e convento di S. Lorenzo maggiore in Napoli: descrizione storica ed artistica, Napoli, 1833.
  • Bartolommeo Capasso, Napoli greco-romana, SNSP, Napoli, 1905.
  • Ludovico De La Ville Sur-Yllon in Napoli nobilissima, Napoli (1892-1896), v. IV
  • Cesare Caracciolo D'Engenio, Napoli sacra, Napoli, 1623.
  • Ottavio Morisani, L'arte di Napoli nell'età angioina, in Storia di Napoli, Napoli, 1969.
  • "La ceramica medievale di San Lorenzo Maggiore in Napoli", in: Atti del Convegno La Ceramica medievale di San Lorenzo Maggiore in Napoli, nel quadro della produzione dell'Italia centro-meridionale e i suoi rapporti con la ceramica islamica (Napoli, Basilica di San Lorenzo Maggiore, 25-27 giugno, 1980). A cura di Maria Vittoria Fontana e Giovanna Ventrone Vassallo.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN9417162669398555500009 · LCCN (ENn85354428 · GND (DE4129853-6 · J9U (ENHE987007349242705171