Cariti

Tre Cariti. Antico affresco di Pompei.
La Primavera di Botticelli (dettaglio).

Le Cariti (in greco antico: Χάριτες, Chàrites) sono dee della mitologia greca, corrispondenti nella mitologia romana alle Grazie (in latino: Gratiae).

Sono personificazioni degli aspetti della Grazia ed erano, probabilmente sin dall'origine, legate al culto della natura e della vegetazione. Sono anche le dee della gioia di vivere ed infondono la gioia della Natura nel cuore degli dèi e dei mortali.

Nella mitologia[modifica | modifica wikitesto]

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Queste dee benefiche sono ritenute figlie di Zeus e di Eurinome[1] e sorelle del dio Fluviale Asopo; secondo altri la madre sarebbe Era[2].

Secondo altri autori, le dee greche Cariti sono nate dal Dio Sole (Elios) e dall'Oceanina Egle[3]. Altrettanto accettata è la versione che vede come madre delle Grazie proprio la dea della bellezza e fertilità, sia sessuale (Afrodite è anche la Dea della "vita" sessuale) sia vegetale (non a caso dove camminava spuntavano fiori), Afrodite la quale le avrebbe generate insieme a Dioniso, dio della vite, e non solo.

Le versioni che riguardano il numero delle Cariti sono ancor più diverse; secondo Esiodo, esse sono tre:

  • Aglaia, l'Ornamento ovvero lo Splendore;
  • Eufrosine, la Gioia o la Letizia;
  • Talia, la Pienezza ovvero la Prosperità e Portatrice di fiori.

A Sparta si veneravano solo due Cariti: Cleta (l'Invocata) e Faenna (la Lucente), e ad Atene Auxo (la Crescente) ed Egemone (Colei che procede).

Nell'immaginario poetico, letterario e culturale, sia ellenico-romano che successivamente nei secoli fino ad oggi, sono rappresentate quasi sempre come tre giovani nude, di cui una voltata verso le altre, le quali incarnano la perfezione a cui l'essere umano dovrebbe tendere, nonché, secondo alcuni autori, le tre qualità essenziali della donna in prospettiva classica[4].

Lo studioso Edgar Wind (1900-1971)[5], nel suo libro Pagan Mysteries in the Renaissance[6], riporta la spiegazione di Seneca nel De beneficiis delle tre dee, che il filosofo romano voleva vestite, come il triplice ritmo della generosità (l'offrire, l'accettare ed il restituire), simboleggiato dall'intreccio delle mani delle Cariti. Infatti già i romani usavano l'espressione gratias agere ovvero "rendere grazie".

Nel medesimo libro, E. Wind dedica un intero capitolo alla "Nascita di Venere", dilungandosi nell'analisi della celeberrima "Primavera" di Sandro Botticelli. Lo studioso ritiene che il pittore sia "fiancheggiatore" o accolito del Neoplatonismo, segnatamente di Marsilio Ficino. Nella "Primavera" Botticelli avrebbe reso manifesta la visione neoplatonica dell'unità dell'Amore (Venere-Afrodite) con la triade, anzi "trinità delle Grazie" (Pico della Mirandola). In breve, le tre dee sarebbero le tre forme dell'Amore: Castitas (la Castità, colei a cui è rivolta la freccia di Cupido e la più sobria nella veste nonché disadorna), Voluptas (la Voluttà) e Pulchritudo (la Bellezza).

In campo artistico[modifica | modifica wikitesto]

Scultura delle Tre Grazie di Antonio Canova (fra il 1813 ed il 1816), San Pietroburgo, Museo dell'Ermitage.

In letteratura, Ugo Foscolo dedica a queste dee un suo Carme intitolato, appunto, Le Grazie.

In pittura e in scultura le Grazie sono state soggetto di numerose celebri opere d'arte, tra le quali:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Esiodo, Teogonia 907
  2. ^ Nonno di Panopoli, Dionysiaca 31.103
  3. ^ Pausania 9.35.1
  4. ^ Per lo studioso, poeta saggista e romanziere Robert Graves, sussistono riferimenti a fasi lunari (cfr. I miti greci)
  5. ^ Professore di Filosofia ed in seguito anche di Storia dell'Arte. Fu inoltre vicedirettore della biblioteca Warburg Library e scrittore, tra l'altro, di vari libri filosofici, e di opere sulla storia dell'arte.
  6. ^ (EN) Edgar Wind, Misteri pagani nel Rinascimento, Adelphi Edizioni, 1985.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Kharites in Theoi Greek Mythology
  • Ugo Foscolo: Le Grazie, su classicitaliani.it. URL consultato il 26 novembre 2006 (archiviato dall'url originale il 9 aprile 2007).
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