Cesare Rossi

Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Cesare Rossi (disambigua).

Cesare Rossi (Pescia, 21 settembre 1887Roma, 9 agosto 1967) è stato un sindacalista, giornalista e politico italiano. Fascista della prima ora, fu coinvolto nello scandalo seguito al delitto Matteotti.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

L'esperienza sindacale[modifica | modifica wikitesto]

Dirigente della Federazione nazionale giovanile socialista, tra il 1905 e il 1915 Cesare Rossi fu collaboratore di diverse testate socialiste e direttore della Voce Proletaria di Piacenza. Collaborò con l'Internazionale,[1] organo della Camera del Lavoro "sindacalista rivoluzionaria" di Parma, che prese poi rilevanza quasi nazionale con Michele Bianchi, Alceste de Ambris e Amilcare De Ambris, Tullio Masotti, Umberto Pasella, Romualdo Rossi, Angelo Oliviero Olivetti, Paolo Mantica, tutti sindacalisti rivoluzionari o comunque vicini al movimento. Fu quindi dirigente dell'Unione sindacale italiana e nel 1912 fu segretario della Camera del Lavoro sindacalista di Piacenza.

Il 27 ottobre 1914 Cesare Rossi fondò con Filippo Corridoni ed un folto gruppo di interventisti e sindacalisti rivoluzionari (Decio Bacchi, Michele Bianchi, Ugo Clerici, Amilcare De Ambris, Attilio Deffenu, Aurelio Galassi, A.O. Olivetti, Decio Papa, Silvio Rossi, Sincero Rugarli, Libero Tancredi) il "Fascio rivoluzionario d'azione internazionalista" e ne sottoscrisse il manifesto programmatico. Fu fra i fondatori nel dicembre 1914 del Fascio d'azione rivoluzionaria, con Benito Mussolini e Alceste de Ambris, aderendo al fronte interventista di sinistra e venne chiamato da Mussolini a collaborare al quotidiano Il Popolo d'Italia. Prese quindi parte alla prima guerra mondiale.

Rossi aderiva alla massoneria, comunione della Gran Loggia di Piazza del Gesù[2], dalla quale si dimetterà con lettera il 18 febbraio 1923[3].

Ai vertici del fascismo[modifica | modifica wikitesto]

Il 23 marzo 1919 partecipò alla fondazione dei Fasci italiani di combattimento. Nell'ottobre 1919 entrò nel Comitato centrale del partito e chiamato a dirigere Il Fascio, il nuovo organo di stampa. Al termine del congresso del giugno 1920 divenne vicesegretario nazionale dei Fasci, fino al novembre 1921.

Segretario del Fascio di Milano, prese parte alla Marcia su Roma del 28 ottobre 1922, e con il primo governo Mussolini venne chiamato a ricoprire la carica di capo dell'ufficio stampa della Presidenza del Consiglio dei ministri. Nel gennaio 1923 divenne membro del Gran consiglio del fascismo e nell'ottobre dello stesso anno vicesegretario del PNF. Fu uno dei più fidati collaboratori di Mussolini, che gli affidò anche l'incarico di organizzare la "Čeka" fascista, una polizia segreta agli ordini diretti di Mussolini, insieme al segretario amministrativo del Partito Nazionale Fascista (PNF), Giovanni Marinelli.

Dal 23 aprile al 16 giugno 1924 fece parte del quadrumvirato con Roberto Forges Davanzati, Giovanni Marinelli e Alessandro Melchiori al vertice del Partito Nazionale Fascista.

Il «Memoriale Rossi» e il carcere[modifica | modifica wikitesto]

Il 10 giugno 1924 fu sequestrato a Roma il parlamentare socialista Giacomo Matteotti. Coinvolto dalle prime indagini nel sequestro, Cesare Rossi si dimise dal 16 giugno da tutte le cariche. Ricercato, si fece latitante, per poi costituirsi spontaneamente alle autorità giudiziarie il 22 giugno[4]. Scoppiò uno scandalo; Mussolini si dimise da ministro degli Interni, fece dimettere Emilio De Bono da direttore generale della polizia, pur mantenendolo comandante generale della milizia, ed esonerò il questore di Roma. Vennero sospesi i lavori parlamentari. Il 16 agosto fu ritrovato il corpo senza vita del parlamentare.

Il 27 dicembre 1924 il quotidiano indipendente Il Mondo pubblicò un memoriale difensivo del Rossi, scritto presumibilmente nei giorni della latitanza. Il documento era composto da 18 cartelle di appunti. L'ex capo dell'ufficio stampa della Presidenza del Consiglio, oltre a proclamare la propria estraneità rispetto al delitto Matteotti e ad altre azioni violente e a delitti perpetrati dal regime, accusò direttamente Mussolini per l'omicidio del leader socialista. Nel documento scrisse infatti che Mussolini gli avrebbe detto "Quest'uomo non deve più circolare”, in seguito all'intervento parlamentare di Matteotti del 30 maggio 1924, nel quale si denunciavano i brogli elettorali e le violenze del 6 aprile.

L'indagine era condotta dai magistrati Mauro Del Giudice e Tancredi ma, quando passò ai loro colleghi Del Vasto e Albertini, Cesare Rossi fu prosciolto in istruttoria. Liberato nel dicembre 1925, nel febbraio 1926, per timore di vendette, si rifugiò in Francia. Pochi mesi dopo gli fu tolta la cittadinanza italiana.

Attirato con un tranello a Campione d'Italia, fu arrestato dalla polizia fascista nell'agosto 1928 per attività antifascista all'estero, e condannato nel 1929 a 30 anni di carcere dal Tribunale Speciale. Dopo 11 anni di carcere, nel 1940 fu inviato al confino nell'isola di Ponza fino al dicembre 1942[5].

Il dopoguerra[modifica | modifica wikitesto]

Nel novembre 1943 fu arrestato dagli Alleati a Sorrento e liberato nel marzo 1944. Condannato per la sua attività pre-marcia su Roma a 4 anni e due mesi, fu graziato dal sovrano. Nel 1947, fu nuovamente arrestato nell'ambito dell'istruttoria del processo-bis del delitto Matteotti, dove venne assolto per insufficienza di prove. Allora tornò alla professione giornalistica e produsse diverse opere memorialistiche. È morto a Roma, a 79 anni, nel 1967.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

  • Mussolini com'era, Roma, Ruffolo, 1947
  • L'assalto alla Banca di sconto. Colloqui con Angelo Pogliani, Milano, Ceschina, 1950.
  • Il Tribunale speciale. Storia documentata, Milano, Ceschina, 1952.
  • Trentatré vicende mussoliniane, Milano, Ceschina, 1958.
  • Personaggi di ieri e di oggi, Milano, Ceschina, 1960.
  • Il delitto Matteotti nei procedimenti giudiziari e nelle polemiche giornalistiche, Milano, Ceschina, 1965.
  • L'unificazione socialista. Una difficile stretta di mano, con Fabrizio Achilli, Milano, Palazzi, 1989.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Caporale d'onore della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale - nastrino per uniforme ordinaria
— 3 marzo 1923 (radiato il 20 giugno 1924)

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ sito dedicato a Filippo Corridoni Archiviato il 22 giugno 2007 in Internet Archive.
  2. ^ Aldo Alessandro Mola, Storia della Massoneria italiana dalle origini ai giorni nostri, Bompiani, Milano, 1992, pagg. 486, 507, 512
  3. ^ Rosario F. Esposito, La massoneria e l'Italia. Dal 1800 ai nostri giorni, Edizioni Paoline, Roma, 1979, pag. 372,n.
  4. ^ Si recò direttamente al carcere di Regina Coeli invece che in Questura, "per evitare la curiosità dei giornalisti, gli obiettivi fotografici e il trasporto a Regina Coeli". Cfr. La Stampa, 23 giugno 1924, pag. 1.
  5. ^ Mario Missori, Gerarchie e statuti del PNF, Bonacci, Roma, 1986, pagina 269

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Renzo De Felice, Mussolini il fascista. La conquista del potere. 1921-1925. Torino, 1966
  • Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario, 1883-1920. Torino, 1965.
  • Mauro Canali, Cesare Rossi. Da rivoluzionario a eminenza grigia del fascismo. Il Mulino, Bologna, 1991
  • Mauro Canali, Il dissidentismo fascista. Pisa ed il caso Santini 1923-1925. Bonacci, 1983
  • Mauro Canali, Il delitto Matteotti. Il Mulino, Bologna, 2004.
  • Giuseppe Rossini (a cura di), Il delitto Matteotti tra il Viminale e l'Aventino. Dagli atti del processo De Bono davanti all'Alta Corte di Giustizia, Il Mulino, Bologna, 1966.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN32798751 · ISNI (EN0000 0000 8370 3641 · SBN RAVV071917 · BAV 495/323280 · LCCN (ENn93013146 · GND (DE119081679 · BNF (FRcb12355740c (data) · WorldCat Identities (ENlccn-n93013146