Concerto per violino e orchestra n. 5 (Mozart)

Concerto per violino e orchestra n. 5 (Turkish)
CompositoreWolfgang Amadeus Mozart
TonalitàLa maggiore
Tipo di composizioneconcerto per solista e orchestra
Numero d'operaK1 219 / K6 219
Epoca di composizionedicembre 1775
AutografoBiblioteca del Congresso, Washington
Durata media30 minuti
Organico
  • violino (solo)
  • 2 oboi
  • 2 corni
  • archi (violini primi e secondi; viole; violoncelli; contrabbassi)
Movimenti
  1. Allegro aperto
  2. Adagio
  3. Rondò: tempo di Minuetto

La composizione del Concerto per violino e orchestra n. 5 in La maggiore K 219 "Turkish" fu terminata da W. A. Mozart il 20 dicembre 1775. Costituisce il quinto, e forse il maggiore, dei cinque concerti per lo stesso strumento (K 207, K 211, K 216, K 218) attribuibili con certezza al compositore.

È certamente il più eseguito dei concerti per violino del compositore ed in esso lo strumento solista è trattato con maestria (non si dimentichi che Mozart era un valente violinista). La bellezza melodica, la forte contrapposizione dei singoli movimenti, l'uso sicuro delle possibilità espressive dello strumento tutte presenti non sono portate ai massimi livelli. Si deve in ogni caso tener conto che quest'opera esce dalla mente di un Mozart diciannovenne e che questi non si cimenterà più in questo tipo di composizioni.

L'Allegro aperto inizia con orchestra e violino che suonano insieme. Il tema iniziale viene esposto due volte in modo stilizzato a cui segue una melodia più estesa. Fa capolino un adagio di poche battute dove fa il suo ingresso lo strumento solista. Riprende poi l'allegro iniziale che porta alla conclusione dopo una libera cadenza del violino.
L'adagio apparve troppo ricercato ad Antonio Brunetti, primo violino dell'orchestra di Salisburgo. Mozart andando incontro ai desideri di Brunetti lo modificò con la stesura di un altro adagio (K 261) di effetto più sicuro ed immediato e dove, come nella stesura del concerto K 216, sostituirà gli oboi con i flauti e prescriverà agli archi l'uso della sordina.

L'ultimo movimento del K 219 è un Rondò-sonata. La struttura di questa forma è "ciclica" e classicamente codificata ABACABA, in cui A è un primo tema, B il secondo e C il terzo. Il secondo e il terzo tema sono intercalati dal primo che chiude la composizione e ne costituisce l'elemento ritornante. La necessità di permettere all'ascoltatore di memorizzare immediatamente i diversi temi porta, in tutte le strutture formali della musica del periodo e fino al primo romanticismo, alla ripetizione del tema appena esposto, necessità che non si ripresenta quando il tema ritorna nel prosieguo del brano. La forma diventa allora AABBACCABA.

La forma elementare qui riassunta diventa lo scheletro su cui i compositori andavano a costruire le proprie architetture che, nel caso di grandi compositori come Haydn, Beethoven o, appunto, Mozart, potevano divenire estremamente elaborate ed articolate e, pur rispettando la struttura formale, potevano nel gioco di variazioni, aggiunte ed omissioni acquistare significati e contenuti molto complessi. Si aggiungono Coda, Sviluppo, Ponte modulante, Cadenza e sezioni di transizione tra un tema e l'altro.

Trattandosi di un concerto, la struttura interna delle varie parti del Rondò-sonata si complica ulteriormente, c'è infatti la necessità di dare eguale spazio ai due "contendenti", o meglio "protagonisti" della "rappresentazione": l'orchestra e lo strumento solista (in questo caso il violino). Così l'"esposizione" dei singoli temi viene abitualmente ripetuta una volta per l'orchestra ed una per il solista, con la necessità di una nuova sezione di raccordo tra le due parti e l'abitudine di usare i "da capo" come spazi di variazione tematica, timbrica o modale... inoltre i diversi temi possono essere trattati in giustapposizione o, più frequentemente, in contrapposizione quando, ad esempio, ad un primo tema allegro se ne contrappone un secondo o un terzo, malinconici o molto tesi e via dicendo. In tutto questo, l'identità melodica del tema diventa l'ancora che consente allo spettatore di percepire lo svolgimento del discorso musicale.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Cesare Fertonani, «L’amerò saro incostante», Mozart e la voce del violino, Milano, Archinto, 2015, pp. 146-151

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