Coprofagia

Due farfalle argo celeste si nutrono di un mucchietto di feci posato su una pietra

La coprofagia (dal greco κόπρος, kopros, 'feci'; e φάγω, phago, '[io] mangio') è un comportamento animale che consiste nell'ingoiare escrementi propri o altrui.

Molte specie animali si sono evolute per praticare la coprofagia, pratica dalla quale assumono sostanze preziose per la propria sopravvivenza; altre specie non consumano normalmente feci ma possono farlo in condizioni inusuali.

Abbastanza diffusa nel regno animale, è considerata in ambito umano come una grave degenerazione psicotica della coprofilia, che in un esiguo numero di pazienti è associabile a disturbi di schizofrenia[1], mentre in altri a gravi disordini della personalità.

Coprofagia negli insetti[modifica | modifica wikitesto]

Gli insetti coprofagi ingeriscono e digeriscono gli escrementi di grandi animali; questi contengono sostanziali quantità di cibo semi-digerito (il sistema digerente erbivoro è particolarmente inefficiente). L'insetto che si nutre di feci più diffuso è la mosca.

Coprofagia nei mammiferi[modifica | modifica wikitesto]

Anche i maiali mangiano a volte i propri escrementi, o quelli di altri animali.

I giovani elefanti, panda, koala e ippopotami mangiano le feci della madre per ottenere i batteri necessari alla digestione della vegetazione trovata nella savana e nella giungla. Alla nascita, il loro intestino è infatti sterile. Senza di essi, non sarebbero in grado di ricavare alcun nutrimento dalle piante.

Gli escrementi dell'ippopotamo nutrono i pesci fluviali che poi costituiscono la principale risorsa alimentare delle popolazioni locali[locali dove?]. Per questo motivo, la caccia spietata di cui gli ippopotami sono stati vittime ha influito in maniera pesantemente negativa anche sulla fauna ittica e sull'aspettativa di vita delle comunità umane che vivono di pesca sul fiume.

I gorilla mangiano le proprie feci e quelle degli altri esemplari. Molti studiosi di etologia attribuiscono questo costume alla necessità di riassorbire i nutrienti lasciati indigesti nel passaggio dei vegetali nell'intestino. Per questo la coprofagia è stata ribattezzata "seconda digestione". L'ipotesi è contestata, in quanto se un sistema digerente lascia materia utile non digerita tra le feci, a maggior ragione sarà incapace di assimilare gli scarti durante il secondo passaggio. È perciò possibile che tali comportamenti siano originati da parafilie simili a quelle umane.

Il comportamento coprofago è abituale nel cane, il cui metabolismo provoca spesso carenze di sali minerali che necessitano di essere reintegrati rapidamente. Per questo il cane ingerisce escrementi propri o altrui. Anche le feci dei cavalli sono particolarmente appetibili per i cani.

I criceti mangiano i propri escrementi; si pensa che questa sia una risorsa di vitamina B e K, prodotta da batteri nell'intestino. Alcune scimmie sono state viste mangiare escrementi di cavallo e di elefante per ottenere sale, mentre la coprofagia è stata osservata anche nella talpa nuda.

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