Coreno Ausonio

Coreno Ausonio
comune
Coreno Ausonio – Stemma
Coreno Ausonio – Bandiera
Coreno Ausonio – Veduta
Coreno Ausonio – Veduta
Piazza Umberto I
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione Lazio
Provincia Frosinone
Amministrazione
SindacoSimone Costanzo (lista civica Coreno bene comune) dal 27-5-2019
Territorio
Coordinate41°20′35″N 13°46′36″E / 41.343056°N 13.776667°E41.343056; 13.776667 (Coreno Ausonio)
Altitudine318 m s.l.m.
Superficie26,38 km²
Abitanti1 516[1] (30-6-2022)
Densità57,47 ab./km²
Comuni confinantiAusonia, Castelforte (LT), Castelnuovo Parano, Minturno (LT), Santi Cosma e Damiano (LT), Spigno Saturnia (LT), Vallemaio
Altre informazioni
Cod. postale03040
Prefisso0776
Fuso orarioUTC+1
Codice ISTAT060030
Cod. catastaleC998
TargaFR
Cl. sismicazona 2B (sismicità media)[2]
Cl. climaticazona D, 1 717 GG[3]
Nome abitanticorenesi
Patronosanta Margherita
Giorno festivo20 luglio
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Coreno Ausonio
Coreno Ausonio
Coreno Ausonio – Mappa
Coreno Ausonio – Mappa
Posizione del comune di Coreno Ausonio nella provincia di Frosinone
Sito istituzionale

Coreno Ausonio è un comune italiano di 1 516 abitanti, il più meridionale nella provincia di Frosinone nel Lazio.

Vista panoramica da Ausonia, di Coreno Ausonio

Geografia fisica[modifica | modifica wikitesto]

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

Coreno Ausonio si trova a 318 m s.l.m., su un altipiano posto sul fianco sud-ovest del Monte Maio (m 940), facente parte della Catena dei Monti Aurunci. L'abitato non dispone di un unico centro storico, ma è diviso nei suoi caratteristici antichi rioni, costruiti di solito intorno a un solo casale originario che s'ingrandiva, stanza dopo stanza, per via dell'incremento demografico delle famiglie, che prendevano i nomi degli edificatori primordiali.

Il territorio comunale presenta le caratteristiche di un territorio montano che digrada in collinare, con un andamento da nord-est a sud-ovest. Le altre cime dei monti Aurunci, presenti nel territorio, sono il monte Rinchiuso (778 m), il monte Feuci (830 m) e il monte Reanni (554).

Clima[modifica | modifica wikitesto]

Classificazione climatica: zona D, 1717 GR/G

Origini del nome[modifica | modifica wikitesto]

Il primo documento in cui compare la parola Coreno è il diploma di Carlo Magno del 787, in cui si parla di “un’antichissima Villa Coreni", tuttavia il vero problema è accertare da dove esso derivi e quale sia il vero significato etimologico del toponimo Coreno. A tale proposito, nel corso degli anni, si sono sviluppate tre o anche quattro scuole di pensiero. Una farebbe risalire il toponimo Coreno dal nome "Kore" (dea greca degli inferi) e ''Janus" (dea della fertilità); la seconda e terza opzione, lo farebbero derivare dal latino "Corenius", nome proprio di persona.

Un antico abitante, o anche un'antica famiglia ausona o aurunca. Ma questo, a sua volta, deriverebbe direttamente o indirettamente, dall'ancora più lontano (perché greco) "korine(m)" o "korune", la clava di Ercole. Si racconta, infatti, che le fondamenta e i resti di un magnifico tempio in pietra locale dedicato proprio al semi-dio greco Eracle, venerato in zona dagli antichi abitanti pagani, siano stati rinvenuti relativamente di recente, e poi persi di nuovo, a poca distanza dal centro abitato; più esattamente nelle campagne di Coreno. C'è chi vorrebbe far coincidere il sito con l'acropoli della vicina Ausonia.

La quarta farebbe derivare il nome Coreno dal greco, "kora"+"oinou", regione o terra del vino, e fino a qualche tempo fa era la più accreditata. Tuttavia, anche se le numerose coltivazioni di viti presenti sul suo territorio, oggi tutte o quasi in completo stato di abbandono, farebbero supporre che veramente Coreno potesse essere la terra del buon vino "Falernum" o "Cecubo".

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Le prime origini[modifica | modifica wikitesto]

Le primi origini di insediamento umano sul territorio corenese risalgono all'età dei romani. È noto infatti l'uso della pietra calcarea, oggi detta Perlato Royal Coreno, fin dai tempi dei romani; essa è stata abbondantemente utilizzata per la realizzazione della via Appia, della via Ercolanea, di colonne e strade di Pompei, dell'anfiteatro della città romana di Minturnae e anche, in epoca più recente, per erigere l'Abbazia di Montecassino. I romani riuscirono a conquistare il territorio dopo lunghe lotte, solo alla fine della Seconda guerra sannitica, nel 313 a.C.

Nel 744 il duca di Benevento Gisulpo II donò all’abbazia di Montecassino un vasto territorio già appartenente al gastaldato di Aquino, confinante dalla parte del mare con le nostre montagne: Costa Carosa, Monte Maio, Monte Feuci, Monte Faito. A quel tempo Coreno non esisteva, ma esistevano certamente le contrade “Serras” e “Casalis”. Intorno al 1000 il territorio di Coreno era costituito da tre contrade: “Casale Acquevive”, “Centro” e “Villa di Casale”, abitate da famiglie di pastori e contadini provenienti dalla vicina “Fratte”. Nel tempo e per effetto del pur lento incremento demografico, essi costruirono altri borghi di pietra: quelli che diventeranno i rioni di Coreno designati dai nomi delle famiglie edificatrici primordiali, oltre a numerosi altri casali, “mantre" e "caselle” disseminate su tutto l'attuale territorio collinare e montano di Coreno.

Tuttavia il nome del paese, nel 1158, ancora non appare, allorché Papa Adriano IV assegna al vescovo Giacinto i centri abitati e le chiese soggette alla giurisdizione della Diocesi di Gaeta, che terminava poco oltre le “Fratte”.

Le vere origini certe di quello che sarà l’abitato definitivo si possono fissare (forse) agli inizi del XIV secolo. E, infatti, risalirebbe al 1447 un primo computo ufficiale (censimento) delle famiglie esistenti in paese, al momento della prima numerazione dei fuochi, fatta eseguire dal re Alfonso d’Aragona. La “villa di Coreno" (il centro), all'epoca aveva 54 fuochi corrispondenti a circa 270 abitanti; la “villa di Acquaviva”, ne aveva 16 fuochi (ca. 80 abitanti), e infine la “villa di Casale” che di fuochi ne aveva 17 (ca. 85 abitanti). Per un totale di 87 fuochi (abitazioni) e 435 abitanti[4]

La Peste a Coreno nel 1656[modifica | modifica wikitesto]

Cronaca di un’epidemia devastante[modifica | modifica wikitesto]

Dalla Platea Ruggiero, redatta dal sacerdote Don Francesco Ruggiero, alla metà del XVII secolo[5], si apprende che nel XVI secolo a Coreno una cappellina votiva fu dedicata a Maria SS. della Civita. Si sarebbe trattato di un piccolo tempio votivo, del quale si conosce la costruzione certa già nel 1518. Dopo la prima costruzione andò distrutto in seguito a eventi bellici, e fu ricostruito in contrada Cardito, ma che, certamente, fu edificato per la prima volta nel 1504, per celebrare la cessazione della pestilenza di quell'anno. ("Nelle antiche strutture trovo che il 1518 vi stava eretto." Scrive il sacerdote) È noto, infatti, che il flagello pestilenziale apparve più e più volte nelle nostre contrade durante il XVI e il XVII secolo, seminando ovunque dolorosi lutti. Ma l'epidemia molto più dolorosa e letale fu quella del 1656. "Cominciarono a morire di maggio, ad uno ad uno, ed essendo arrivati lì 20 giugno ne morirono tre, nel qual giorno furono seppelliti l'Arciprete Lopez e Don Francesco Ruggiero, mio zio. Da quel giorno cominciò ad avanzarsi la morte che morivano 15-18-24 al giorno... Durò tale strage fino alli 16 di agosto, nel qual giorno morirono sette persone e non più." Così si legge nella tragica descrizione dell'epidemia pestilenziale fatta, quasi "dal vivo", dal sacerdote Don Francesco Ruggiero. Pare comunque che a Coreno, a causa della particolare virulenza dell'infezione, morì oltre il 70% della popolazione. Questa percentuale, proiettata su scala europea, renderebbe plausibili le stime spaventose di chi paventava la morte di due terzi della popolazione d'Europa. I decessi a Coreno furono ripartiti, sempre per opera di Don Francesco Ruggiero, tra 537 morti certi, perché‘ "di letto", e 234 morti in campagna e "non annotati". Alla fine le vittime assommarono, quindi, a ben 771 unità. Tenendo conto che gli abitanti del paese intero, all'epoca, erano in totale 1.085, si trattò di una vera e propria strage. La popolazione fu decimata e Coreno rimase, quasi spopolato, con soli 314 abitanti. In totale le abitazioni "vacue" (che rimasero vuote, senza inquilini) furono cinquantatré e un intero casale, i Lormi, rimase completamente disabitato e deserto.

Brigantaggio e Banditismo[modifica | modifica wikitesto]

Scenografia del fenomeno[modifica | modifica wikitesto]

Dal 1655, e fino al 1882 il territorio di Coreno è stato certamente, nel Lazio, una delle sedi maggiormente nevralgiche per la nascita, ma, soprattutto, per lo sviluppo e la diffusione, sia del banditismo, che del fenomeno del brigantaggio. Essendo il territorio di Coreno, molto vasto e prevalentemente montano, esso fu giudicato particolarmente adatto a favorire la rapida ritirata delle bande di malviventi di ritorno dalle loro scorribande. Esso, anzi, favoriva eccezionalmente l'alternanza di sortite veloci a ritirate strategiche repentine. Ciò anche e, soprattutto, in quei casi in cui la ritirata delle bande si ritenesse necessaria a causa delle spedizioni di squadre armate di miliziani, di civili o miste, mirate alla sua repressione, che le autorità ordinavano con sempre maggiore frequenza e con sempre maggiore spiegamento di forze. La qual cosa avveniva, con particolare e significativa recrudescenza, soprattutto quando alle autorità arrivava con tempestività notizia delle sortite banditesche. In questi casi le stesse autorità, con l'intento evidente di operare un giro di vite nella repressione dell’illegalità, tentavano subito una veloce reprimenda, ordinando che le squadre armate si mettessero immediatamente sulle orme dei briganti giudicati in vulnerabile ritirata. Il primo decennio del XIX secolo fu fortemente caratterizzato dalle imprese del più famoso tra i briganti pre-unitari, Michele Pezza da Itri, detto Fra Diavolo che raccolse, tra Coreno e Fratte, la ragguardevole somma di 200 ducati, formando anche una compagnia di 93 uomini armati.

La Linea Gustav[modifica | modifica wikitesto]

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il territorio di Coreno fu attraversato dalla Linea Gustav. Per interessamento dell'amministrazione comunale e con l'aiuto fattivo e determinante di alcuni giovani del posto, appassionati raccoglitori di militaria, in zona Pozzi è stato provvisoriamente ospitato (all'interno dei locali dell'ex-mattatoio comunale) il Museo della Linea Gustav. L'allestimento offre una testimonianza bellica di notevole spessore; ricchissimo di mostreggiature, fregi, distintivi, gradi, uniformi, granate, bombe, proiettili, zaini e gavette, fotografie e documenti originali. In mostra tutto l'equipaggiamento dei militari di tutte le forze armate che hanno partecipato agli scontri bellici. Raccolto in mille perlustrazioni sui posti della guerra; poi schedato, letto e interpretato in maniera certosina; infine esposto all'osservazione e alla curiosità dei visitatori, spesso ignari della violenza e della banalità della guerra. Il museo si può visitare previa prenotazione, telefonando e contattando gli uffici comunali.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'argento al merito civile - nastrino per uniforme ordinaria
«Situato in posizione nevralgica, all'indomani dell'armistizio subì con animo fiero la spietata reazione tedesca. Sebbene privata dell'essenziale dalle razzie dell'occupante e provata dalle violenze e dai bombardamenti subiti, la popolazione tutta offrì splendidi esempi d'umana solidarietà e grande spirito d'abnegazione.»
— Coreno Ausonio (FR), 1943 - 1944

Monumenti e luoghi d'interesse[modifica | modifica wikitesto]

Architetture religiose[modifica | modifica wikitesto]

  • Chiesa di Santa Margherita (1445)
  • Chiesa di Santa Maria della Quercia (1649)
  • Chiesa di San Sebastiano (1563)
  • Chiesa di Sant'Erasmo (1705)
  • Chiesa di Santa Croce (VIII secolo)
  • Chiesa di San'Eleuterio (XVII secolo)

Architetture civili[modifica | modifica wikitesto]

  • Monumento per la Pace in località Marinaranne (eretto nel maggio del 1994)
  • Monumento ai Cavatori (eretto il 3 dicembre 2004)
  • Monumento ai Caduti di Tutte le Guerre, in Piazza Umberto I (eretto nel 2000, su progetto dell'architetto Pasquale Cardillo Piccolino)

Altro[modifica | modifica wikitesto]

L'Antica Via Serra[modifica | modifica wikitesto]

Originariamente l’antica Via Serra era un angusto e ripido tratturo in pietra, nato per collegare l’abitato di Coreno Ausonio, posto in collina a 318 m. sul livello del mare, con la sua campagna, posta naturalmente a valle e, più precisamente, nella Valle dell’Ausente. Si percorreva a piedi o a dorso di mulo. Oggi se ne possono visitare e percorrere solo alcuni brevi tratti che si tenta di conservare e far sopravvivere come eredità del passato rurale del paese e degli avi costruttori di strade. L'antica Via Serra è stata censita dal Fai, il Fondo Ambiente Italiano, inserita e votata nella classifica dei Luoghi del Cuore 2020.

Le Scalette

Le Scalette collegano la parte alta del paese a quella bassa. La parte vecchia, più antica, a quella nuova, più moderna, con un camminamento di ampi gradini chiusi tra due muretti paralleli, che parte, più o meno, a metà di Via IV Novembre e, salendo a zig-zag per i prati e per gli orti della collina, sbuca in un vicolo che sta, più o meno, a metà del percorso di Via Roma, poco prima del punto dove incrocia perpendicolarmente, Via S. Pellico.

Siti archeologici[modifica | modifica wikitesto]

La Grotta delle Fate

Nel territorio del comune di Coreno è perfettamente conservata la cosiddetta “Grotta delle Fate”. Una vasca, destinata probabilmente ad abluzioni sacre legate al culto della Dea Marìca (i resti del tempio dedicato a questa dea delle acque si trovano a pochi km di distanza, presso la foce del fiume Garigliano). La vasca, probabilmente non è un sarcofago (come affermato troppo frettolosamentein passato). Sita in un antro posto ai piedi di uno sperone roccioso del Monte Schiavone, scavato e scolpito a scalpello nella roccia calcarea, da molti considerato sito archeologico antichissimo, databile intorno al VII-VIII secolo a.C. Sicuramente originale, ma del tutto simile, se non addirittura uguale, ad alcune delle cosiddette domus de janas ("Case delle Fate") sarde. Alcuni archeologi sostengono che le prime domus de janas siano state scavate intorno alla metà del IV millennio a.C. durante il periodo in cui sull'isola si sviluppò la Cultura di San Ciriaco (Neolitico recente 3400-3200).

Con la Cultura di Ozieri (Neolitico finale 3200-2800) si diffusero in tutta la Sardegna, ad eccezione della Gallura. La presenza, anche sul territorio di Coreno, di una grotta molto simile alle domus de janas, chiamata appunto, da tempo immemorabile, “La Grotta delle Fate”, insieme ad altri elementi, come le similitudini esistenti due i due dialetti (il sardo e il corenese) porterebbe a ipotizzare che in epoca precristiana alcuni esploratori sardi possano essere approdati sulle coste della Riviera d’Ulisse e, proseguendo fino all’interno del territorio aurunco, si siano poi insediati alle falde del Monte Maio, dando origine a una comunità artefice del manufatto. Se tutto ciò fosse accertato, retrodaterebbe di alcuni secoli la data di nascita di Coreno, che la storiografia moderna ritiene fondato, intorno all’inizio dell’ottavo secolo del primo millennio da pastori ausoniesi (o frattesi), spintisi su quello che era già territorio di Ausonia (l'antica Aùsona, una delle città della Pentapoli Aurunca), anzi era sua “…villa, casalis et pertinentia”.

I Pozzi di Coreno ("Le Puzzola")[modifica | modifica wikitesto]

“Dal muretto ove siamo seduti, le cisterne sotto sembrano tombe. Una specie di cimitero arabo, perché appunto con mucchi di pietre gli arabi indicano sul terreno il posto in cui seppelliscono. Ma vi sono alberi di acacia a ingentilire il luogo e i ragazzi giocano nel breve spazio che le raccoglie. Finché arrivano donne e pare che rechino offerte: una infila la mano nel seno e caccia una chiave, si china sulla lastra di ferro che chiude sopra il tumulo, ne fa scattare) il lucchetto, la solleva, sale sul rialzo. Un'altra donna le passa un secchio legato a una fune e lei lo cala dentro. Si sente l’urto contro l’acqua, i ragazzi accorrono e a turno si dissetano bevendo dal secchio tirato su colmo, a grandi bracciate, dalla padrona che poi comincia a riempire le conche, i vasi, i mastelli, i barili posati attorno a lei. Le donne discorrono quietamente; son sicure della propria razione. Ha piovuto molto nei giorni passati e i pozzi sono pieni. Tuttavia mai restano aperti; alcuni sono padronali, altri del municipio e le chiavi di questi custodite dalla guardia comunale.”[6]

In paese, in un rione anticamente chiamato "Pozzi", tra i casali Piazza e Stavoli, in una vasta area pubblica, erano stati edificati in pietra viva da tempo immemorabile una ventina di pozzi, alcuni pubblici altri privati, dei quali molti presenti "in situ" ancora oggi, restaurati e potenzialmente agibili. In ogni caso, pur avendo un pozzo, approvvigionarsi d'acqua non era per niente agevole. La preziosa materia liquida doveva essere attinta a mano dai pozzi, calando il secchio con una fune di strame (a proposito, la trasformazione e la lavorazione dello strame era un'altra povera risorsa economica del tempo in tutta la zona che ricadeva sotto il nome di Alta Terra di Lavoro) attraverso una bocca di luce, oppure nel migliore dei casi, con una rudimentale pompa a mano, e spostata con contenitori non troppo grandi (in genere di coccio, zinco o rame), perché‘ fossero poco pesanti, quindi facilmente trasportabili da donne o, addirittura, da bambini, essendo gli adulti maschi non disponibili perché impegnati tutti nei lavori agricoli o al pascolo degli ovini. L'acqua, così faticosamente recuperata e attinta, doveva essere filtrata alla meglio (attraverso un canovaccio e un setaccio), infine, trasportata fin dove serviva, non era certamente sprecata inutilmente, ma riservata e utilizzata con parsimonia e solo in caso di vera necessità, ad esempio: per lavare le poche stoviglie; per lavare qualche abito migliore, magari da indossare la domenica; per dissetare, ovviamente, sia le persone sia le bestie. Solo dopo, forse, poteva essere utilizzata, in una modica quantità, anche per l'igiene personale. La natura agricola di gran parte dell’economia dell'epoca richiedeva anche un minimo d’irrigazione, sia in campagna sia negli orti domestici, oltre all'acqua, naturalmente, necessaria alla sopravvivenza degli animali.

La Chiesa di Santa Margherita[modifica | modifica wikitesto]

La facciata della chiesa di Santa Margherita

La chiesa venne costruita a Coreno verso la fine del 1300. Tuttora è ancora in paese il principale luogo di culto cattolico. Giovanni Porcaro da Roma, appartenente a un'abbiente famiglia romana e da tempo rifugiato a Coreno, nel 1292, con suo pubblico testamento aveva offerto il suolo per la costruzione di una chiesa di cui il rione "Piazza" era sprovvisto, ma si era giunti al 1395 e pare che l’opera non fosse ancora iniziata. Benedetto e Giovanni Stabile e Nicola Orlando, per il fatto che agli abitanti di questo casale distassero dalla Chiesa Parrocchiale di S. Michele Arcangelo di Fratte circa due miglia ed era quindi molto disagevole recarvisi per i doveri religiosi, chiesero al Cardinal Bartolomeo di S. Pudenziana Legato Apostolico nel Regno di Sicilia residente a Gaeta, l'assenso per l’edificazione di una chiesa, le cui spese dichiararono di voler sostenere con mezzi propri e confidando anche nel concorso del popolo. Con Bolla del 24 ottobre 1395 l’alto Prelato esprime il pieno assenso per la lodevole iniziativa. Il lavoro della chiesa durò 50 anni e solo il 15 marzo 1445 Mons. Iacobo Vescovo di Gaeta poté erigere la parrocchia di S. Margherita della terra di Coreno che contava in quel tempo circa 400 abitanti. Al XV secolo, invece, risale la disputa con Fratte, per la separazione delle parrocchie e l'amministrazione autonoma della giustizia, consacrata dalla redazione di uno statuto comunale solo nel 1591.

Aree naturali[modifica | modifica wikitesto]

L'ulivo monumentale di Coreno

All'interno di una proprietà privata, poco lontano dal centro del paese, si trova un ulivo molto antico. In realtà gli ulivi sono due, con forme e dimensioni e caratteristiche diverse, ma probabilmente coevi e molto vicini l'uno all'altro, ed entrambi ancora fruttificano. Non esistono stime approssimative della loro età. Chi dice 1000 anni chi dice addirittura 2000. Ma, seppure rispettabili, si tratta solo di opinioni personali di non addetti ai lavori. Purtroppo (o per fortuna) per certificare scientificamente l'importanza dei due monumenti naturali non è possibile una datazione con la conta degli anelli del tronco, né si può cercare aiuto dallo studio dell'ambiente circostante, dato che intorno agli alberi non sono stati trovati reperti archeologici, ma ci sono solo edifici di recente costruzione.

A fare fede sul fatto che gli ulivi siano pluricentenari ci sono solo i primi documenti consultabili che si riferiscono alla probabile nascita di Coreno e che risalgono alla seconda metà del VII secolo d.C., mentre le prime notizie certe del paese risalgono all'anno 1000. È possibile comunque una datazione per analogia, e l'analisi e lo studio botanico di altri ulivi monumentali simili (ad esempio dell'ulivo di Vouves, sull'isola di Creta) potrebbero riportare ancora più indietro (sicuramente oltre i 1000 anni e, secondo i più ottimisti, anche oltre i 2000 anni) l'età degli ulivi monumentali di Coreno.

Società[modifica | modifica wikitesto]

Evoluzione demografica[modifica | modifica wikitesto]

Abitanti censiti[7]

Religione[modifica | modifica wikitesto]

Lingue e dialetti[modifica | modifica wikitesto]

Per la parlata corenese, e per i comuni circonvicini valgono le seguenti considerazioni: dialetti altomeridionali, con presenza di elementi di raccordo con i dialetti mediani, soprattutto a livello di vocalismo. In questo dialetto, si ha la presenza della preposizione "re" (di) al posto di "de" dei comuni vicini, e il particolare sviluppo -th- prima di alcune vocali. Si ha così "Corenhe" (Coreno), "vetthie" (vecchi), "thiune" (più), "iatthu" (gatto), "fatthu" (fatto).

Tradizioni e folclore[modifica | modifica wikitesto]

  • Festeggiamenti di Santa Margherita, 20 luglio
  • Palio delle Contrade, prima domenica di agosto
  • La Serra - trimestrale di vita corenese (dal 1986)

Cultura[modifica | modifica wikitesto]

Istruzione[modifica | modifica wikitesto]

Biblioteche[modifica | modifica wikitesto]

Eventi[modifica | modifica wikitesto]

  • Carnevale corenese
  • Palio delle Contrade e Corsa degli Asini

Economia[modifica | modifica wikitesto]

Di seguito la tabella storica elaborata dall'Istat a tema Unità locali, intesa come numero di imprese attive, ed addetti, intesi come numero di addetti delle imprese locali attive (valori medi annui).[8]

2015 2014 2013
Numero imprese attive % Provinciale Imprese attive % Regionale Imprese attive Numero addetti % Provinciale Addetti % Regionale Addetti Numero imprese attive Numero addetti Numero imprese attive Numero addetti
Coreno Ausonio 109 0,32% 0,02% 263 0,25% 0,02% 113 271 119 310
Frosinone 33.605 7,38% 106.578 6,92% 34.015 107.546 35.081 111.529
Lazio 455.591 1.539.359 457.686 1.510.459 464.094 1.525.471

Nel 2015 le 109 imprese operanti nel territorio comunale, che rappresentavano lo 0,32% del totale provinciale (33.605 imprese attive), hanno occupato 263 addetti, lo 0,25% del dato provinciale; in media, ogni impresa nel 2015 ha occupato poco più di due addetti (2,41).

Industria[modifica | modifica wikitesto]

Il motore dell'economia della comunità è, senza dubbio, lo sfruttamento della pietra calcarea: sotto forma del pregiato marmo denominato Perlato Royal Coreno. Da 60 anni, sul territorio sono presenti molte cave di estrazione, segherie e agenzie di trasporto che si occupano della sua escavazione, della lavorazione e del trasporto, anche a livello internazionale. Dopo un trentennio di iniziale successo, negli ultimi anni, purtroppo, molte cave e segherie sono entrate in crisi, per effetto della crisi economica mondiale, degli aumentati costi di escavazione, della concorrenza nazionale e internazionale, per difetto di un'adeguata programmazione, per errori di marketing e di comunicazione. Oltre a un ridimensionamento della produzione, la crisi ha avuto anche l'effetto di una diversificazione dello sfruttamento dei giacimenti e una modificazione degli stessi sistemi di escavazione e lavorazione del marmo. Sono così comparsi i primi frantoi, nei quali la pietra calcarea informe, non suscettibile di altro sfruttamento economico, viene triturata, a volte perfino polverizzata, per poter essere utilizzata, sotto questa nuova forma, nell'industria delle costruzioni e finanche nell'industria cosmetica. Questa attività, relativamente nuova, "potrebbe" contribuire al rilancio del bacino marmifero in difficoltà, ma anche avere dei risvolti positivi sul ripristino dei luoghi soggetti alla escavazione, incentivando gli imprenditori a cercare materiale da sfruttare, non dalla escavazione "tout court", ma dal recupero dei cosiddetti "sfridi". Essi erano depositati e "dimenticati" nelle discariche a cielo aperto che, accessorio irrinunciabile delle originarie miniere, anch'esse a cielo aperto, contribuivano a deturpare il bel paesaggio collinare.[senza fonte]

Agricoltura[modifica | modifica wikitesto]

Rimane inattuata da anni un'auspicata pianificazione e diversificazione degli obiettivi economici del paese. L'attività agricola è stata in gran parte abbandonata; le antiche figure dell'agricoltore e del mezzadro sono ormai scomparse; tranne qualche rara eccezione, sul territorio comunale molti terreni appaiono incolti e abbandonati. Anche se mostrano ancora buone potenzialità tra le varie attività economiche, l'antichissima e tradizionale vocazione agro-pastorale del territorio, la zootecnia, l'enogastronomia, la produzione e la lavorazione dei prodotti gastronomici tipici.[senza fonte]

Amministrazione[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1862 cambia denominazione da Coreno a Coreno Ausonio.

Nel 1927, a seguito del riordino delle circoscrizioni provinciali stabilito dal regio decreto n. 1 del 2 gennaio 1927, per volontà del governo fascista, quando venne istituita la provincia di Frosinone, Coreno Ausonio passò dalla provincia di Terra di lavoro a quella di Frosinone.

Gemellaggi[modifica | modifica wikitesto]

Altre informazioni amministrative[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Bilancio demografico mensile anno 2022 (dati provvisori), su demo.istat.it, ISTAT.
  2. ^ Classificazione sismica (XLS), su rischi.protezionecivile.gov.it.
  3. ^ Tabella dei gradi/giorno dei Comuni italiani raggruppati per Regione e Provincia (PDF), in Legge 26 agosto 1993, n. 412, allegato A, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, 1º marzo 2011, p. 151. URL consultato il 25 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2017).
  4. ^ Lo storico don Giuseppe La Valle suggerisce, infatti, una media di 4/5 abitanti per ogni fuoco).
  5. ^ Op. cit., p. 97
  6. ^ Dante Troisi, "L’acqua di Coreno" in La Serra, anno I, n. 7-8, luglio-agosto 1961, p. 3
  7. ^ Statistiche I.Stat - ISTAT;  URL consultato in data 28-12-2012.
  8. ^ Atlante Statistico dei comuni dell'Istat, su asc.istat.it. URL consultato il 20 gennaio 2020 (archiviato dall'url originale il 14 gennaio 2020).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • I soldati di Coreno nei campi di internamento di Hitler di Erasmo Di Vito, CDSC onlus editore, Cassino, 2018 - ISBN 9788897592419
  • Storia di Coreno di Giuseppe Lavalle
  • Lo Statuto di Coreno a cura di Giuseppe Lavalle
  • Chiese e Cappelle di Coreno di Giuseppe Lavalle
  • Guerra e Dopoguerra di Tommaso Lisi
  • Il Passaggio della guerra a Coreno di Antonio Lisi
  • Rapére la Serra di Gaetano Di Massa

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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