Corrado Alvaro

Corrado Alvaro
Premio Strega 1951

Corrado Alvaro (San Luca, 15 aprile 1895Roma, 11 giugno 1956) è stato uno scrittore, giornalista, poeta e sceneggiatore italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Corrado Alvaro nasce a San Luca, un piccolo paese nell'entroterra ionico calabrese, ai piedi dell'Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria,[1] primo di sei figli di Antonio, un maestro elementare, e di Antonia Giampaolo, una ragazza di estrazione borghese, figlia del segretario comunale del paese:

«Mio padre ... sposò una borghese, nata in una famiglia che, si diceva, aveva pieno di grano i cannicci appesi per le funi al soppalco dei granai»[2].

In paese trascorre un'infanzia felice, ricevendo la prima istruzione dal padre:

«Avevo passato dieci anni in quel mucchio di case presso il fiume, sulla balza aspra circondata di colli dolcissimi digradanti verso il mare, i primi dieci anni della mia vita, e pure essi furono i miei più vasti e lunghi e popolati»[3].

Nelle sere d'inverno, accanto al camino, ascoltava il padre leggere alla madre i classici della letteratura:

« Mio padre poi era solito leggere nelle lunghe sere d'inverno, al canto del fuoco, certi libri a mia madre, romanzi in genere, di Cantù, Manzoni, d'Azeglio, Balzac, e più tardi, di Mastriani. Mia madre ascoltava e teneva tutto a mente, e spesso con la fantasia precedeva lo scrittore»[4].

Terminate le scuole elementari, nel 1906 è mandato dal padre a proseguire gli studi nel prestigioso collegio dei gesuiti di Villa Mondragone, a Frascati, diretto dal famoso grecista Lorenzo Rocci. Nel 1907 sono ospiti dello stesso collegio i fratelli Beniamino e Guglielmo. A Villa Mondragone, Corrado studia, comincia a scrivere racconti e a comporre le prime poesie. Nel 1910, durante il ginnasio, viene espulso dal collegio, perché sorpreso a leggere alcuni testi proibiti dalla Chiesa cattolica (l'Intermezzo di rime di Gabriele D'Annunzio e l'Inno a Satana di Giosuè Carducci). Costretto a cambiare scuola, è mandato nel collegio di Amelia in provincia di Perugia, dove termina il ginnasio. Nel 1912 si iscrive al Liceo «Galluppi» di Catanzaro ed è ospite del convitto Tulelli. A diciassette anni esordisce con un libretto su Polsi nell'arte, nella leggenda e nella storia (1912). Il volume, dedicato alla madre, porta in calce la firma «Corrado Alvaro. Studente liceale».

Nel maggio 1914 si avvicina alle idee repubblicane e, insieme al fratello Guglielmo, partecipa attivamente a manifestazioni interventiste. A maggio, durante alcuni disordini scoppiati nel centro della città, viene arrestato e trattenuto per una notte. Rilasciato, decide di editare il numero unico di un giornale, per raccontare lo svolgimento dei fatti e denunciare le violenze della polizia. Il titolo della testata era Bum!

Dopo questi eventi, lascia la Calabria per recarsi a Roma. Ai primi di gennaio del 1915 si reca a Firenze, dove verrà arruolato nell’esercito italiano. Successivamente sarà a Modena dove segue il corso allievi ufficiali nell'Accademia militare, uscendone con il grado di sottotenente. Nell’agosto del 1915 raggiunge il reparto cui è stato assegnato, di stanza a Perugia. All’inizio di settembre il suo battaglione è inviato sull’Isonzo. Lo scrittore entra in contatto con la dura e impietosa realtà della vita dei combattenti al fronte. A novembre, viene ferito alle braccia (il destro non guarirà mai completamente) sul Monte Sei Busi, nella zona di San Michele del Carso. Sarà decorato con una medaglia d'argento.

Fu in questi mesi che l'apologia della guerra che aveva animato il fervore irredentista dello studente liceale cede fatalmente il passo alla disillusione. La guerra appare ora ad Alvaro in tutta la sua ferocia. E ciò lo induce a prendere le distanze dalla retorica nazionalista, dal mito delle trincee, dall’esaltazione del Carso. In una lunga lettera, inviata il 28 ottobre 1915, alla contessina Ottavia Puccini, Alvaro scrive:

«Se voi sapeste in Italia che cosa è il Carso non sareste così stupidamente leggeri nel giudicarci ... Qui nelle trincee stesse molti muri sono piantati sui cadaveri nemici che sembrano schiacciati da una rabbia tremenda. I nostri morti sono seppelliti tutti con le croci cristiane dove c’è il nome, un monumento di proiettili di artiglieria con iscrizioni come queste: “Per la grande Italia” “sul campo dell’onore”, “Pace a lui”. Ma il piano avanti è seminato di scarpe, abiti, ossa»[5].

Intanto, Aldo Valori dopo aver recensito sul Resto del Carlino (agosto 1915) le Poesie Grigioverdi (ancore non pubblicate), gli propone di collaborare attivamente con il giornale bolognese, diretto da Mario Missiroli. Nel 1916 inizia a lavorare al Resto del Carlino, e un anno dopo, divenuto redattore, si trasferisce a Bologna insieme alla sorella Maria. Nello stesso anno consegue la maturità classica presso il Liceo Luigi Galvani. A Bologna, in casa Valori, conosce Umberto Saba e stringe amicizia con Aldo Fortuna.

L'8 aprile 1918 sposa la bolognese Laura Babini, figlia di commercianti, diplomata in ragioneria e traduttrice dall'inglese.

Nel febbraio 1919 nasce il figlio Massimo. E in estate si trasferisce con la famiglia a Milano dove nel frattempo è stato assunto al Corriere della Sera di Luigi Albertini, il direttore al quale Alvaro avrebbe dedicato, anni dopo, un intenso e appassionato profilo. Nello stesso anno consegue la laurea in Lettere all'Università di Milano. Nel 1920 pubblica la sua prima raccolta di racconti dal titolo La siepe e l'orto.

Nel 1921 si trasferisce a Parigi. E nel 1922 diventa corrispondente dalla capitale francese per il giornale antifascista Il Mondo di Giovanni Amendola. A Parigi Alvaro frequenta Jacques Rivière, scrive il suo primo romanzo (L'uomo nel labirinto) e "scopre" Marcel Proust. La prima traduzione italiana, apparsa il 18 febbraio 1923 sul quotidiano «Il Mondo», (di alcune pagine) della monumentale opera proustiana Alla ricerca del tempo perduto, porta la firma di Corrado Alvaro (il passo tradotto è intitolato La morte di Bergotte).

Dopo il delitto Matteotti è tra i cinquanta firmatari dell''Unione nazionale delle forze democratiche guidata da Giovanni Amendola. Nel biennio 1924-1925 collabora con il giornale umoristico Becco giallo, dove tiene (con lo pseudonimo V.E. Leno) la rubrica "Sfottò". Uno dei bersagli della satira alvariana fu Luigi Pirandello che, per la sua prona adesione al fascismo, venne ribattezzato P. Randello: «un'irrisione fin troppo palese della mitologia del manganello fascista, attraverso cui denunciare la compromissione con il governo Mussolini»[6].

Nell'ottobre 1924, il fratello Guglielmo, si tolse la vita gettandosi nel Tevere, da un ponte, sotto gli occhi della cognata Laura e del figlioletto, Massimo, di soli 5 anni. L’evento è destinato a lasciare una ferita insanabile nella vita dello scrittore.

Nel 1925 è tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Nello stesso anno diviene critico teatrale per il "Risorgimento" di Roma. Vi avrebbe collaborato fino alla soppressione del giornale da parte della dittatura. Il 16 dicembre, all'uscita dal Teatro Valle a Roma, viene aggredito e malmenato, insieme ad Adriano Tilgher, da una squadra di fascisti. Ridotta al silenzio la stampa d'opposizione, ad Alvaro venne impedito di scrivere sui giornali: il suo nome era stato inserito nelle "liste di proscrizione" stilate dal fascismo. Nel 1926, grazie alla copertura offerta da Pietro Pancrazi avrebbe però iniziato a collaborare, senza firmare, con "La Stampa".

Sebbene vittima di una feroce aggressione mediatica ordita dal giornalismo fascista, Alvaro declina l'invito rivoltogli da alcuni amici francesi (in particolare da Romain Rolland) che lo sollecitavano a rifugiarsi a Parigi.

Alla fine del 1928, decide però di riparare, per qualche tempo, a Berlino, essendogli sempre più difficile lavorare (e firmare) in Italia:

«Gli attacchi che mi facevano i giornali mi impedivano di vivere, e riparai a Berlino per qualche tempo dove trovai editori e scrissi nei giornali dal "Berliner Tageblatt" alla "Weltbhune" di Grossmann, la rivista di sinistra ... La democrazia tedesca mi aveva accolto con porte spalancate»[7].

A Berlino entra in contatto con il mondo intellettuale tedesco: Hermann Hesse, Thomas Mann, Walter Benjamin, Bertolt Brecht. Di quest'ultimo Corrado Alvaro, insieme ad Alberto Spaini, avrebbe tradotto L'opera da tre soldi (Die Dreigroschenoper, 1928). Nella versione italiana Alvaro-Spaini, il lavoro teatrale brechtiano venne messo in scena l'8 marzo 1930, da Anton Giulio Bragaglia con il titolo La veglia dei lestofanti al Teatro dei Filodrammatici di Milano. Negli anni berlinesi, Alvaro stringe amicizia con Pier Maria Rosso di San Secondo, e in particolare, con Luigi Pirandello e Marta Abba.

Tornato in Italia, nel corso del 1930, pubblica il romanzo Vent'anni e ben tre raccolte di racconti: Misteri e avventure, La signora dell'isola, Gente in Aspromonte. Opera, quest'ultima, che gli varrà il prestigioso premio letterario «La Stampa». La giuria era composta, fra gli altri, da Pietro Pancrazi, Luigi Pirandello e Margherita Sarfatti.

La ritrovata amicizia con Luigi Pirandello e, soprattutto, l'inteso legame con Margherita Sarfatti furono determinanti per stemperare l'atteggiamento persecutorio del regime nei suoi confronti e per indurre lo stesso Alvaro ad abbassare i toni polemici verso il regime. Non sarebbero però mancati i cedimenti: nel 1934 pubblica un libretto dal titolo Terra nuova. Prima cronaca dell'Agro Pontino, celebrativo della bonifica dell'Agro pontino. Opera che Alvaro, anche negli anni a venire, avrebbe continuato a difendere, considerandola un omaggio al mondo contadino e non al fascismo: «Lo scriverei anche oggi, se qualcuno bonificasse qualche cosa, chiunque fosse, essendo io legato al lavoro, alla terra, alla sofferenza umana».[8]

Come inviato de «La Stampa» compie numerosi viaggi in Italia e all’estero (Grecia, Turchia, Russia), dei quali dà conto nei volumi Viaggio in Turchia (1932), Itinerario italiano (1933), I maestri del diluvio. Viaggio in Russia (1935).

Nel 1938 pubblica L'uomo è forte, romanzo con il quale vince il premio dell'Accademia d'Italia per la letteratura (1940).

Monumento a Corrado Alvaro in piazza Indipendenza a Reggio Calabria

Nel gennaio del 1941 torna per l'ultima volta a San Luca, per i funerali del padre:

«Sono tornato al mio paese/ e ho ritrovato tutto come prima. Soltanto non c'era mio padre/, né quelli del mondo di prima. /Ma c'erano altri che somigliavano: / i figli ai padri, io al padre mio, / sembrava che nulla fosse mutato, / tutto era giovane e pure finito»[9].

Tornerà invece più volte a Caraffa del Bianco a far visita alla madre e al fratello don Massimo, parroco del paese.

Dal 25 luglio all'8 settembre 1943 assume la direzione del Popolo di Roma. Costretto alla fuga dall'occupazione tedesca di Roma, si rifugia a Chieti sotto il falso nome di Guido Giorgi. A Chieti si guadagna da vivere impartendo lezioni d'inglese. In quegli stessi mesi anche il figlio Massimo abbandona la casa romana per prendere parte alla lotta partigiana contro il nazifascismo.

Nel 1945 fonda, con Libero Bigiaretti e Francesco Jovine, il Sindacato Nazionale Scrittori, nel quale fino alla morte ricopre la carica di segretario, e la Cassa Nazionale Scrittori. Nello stesso anno, sotto il governo Bonomi assume la carica di Direttore del Giornale radio nazionale della Rai, su nomina di Luigi Rusca[10].

Nel 1946, alla vigilia del referendum istituzionale del 2 giugno, redige l'Appello per la Repubblica[11].

Dal 7 marzo 1947 ricopre il ruolo di direttore del quotidiano Il Risorgimento di Napoli di proprietà di Achille Lauro, ma viene accusato di aver impresso al giornale napoletano un «accentuato orientamento di sinistra»[12]. Ne sarebbe scaturito un conflitto con la proprietà della testata che avrebbe indotto lo scrittore calabrese a rassegnare, dopo pochi mesi dalla nomina, le dimissioni da direttore (15 luglio 1947) . Nello stesso anno riprende la collaborazione al Corriere della sera .

Nel 1948 sottoscrive il Manifesto dell'Alleanza per la difesa della cultura e, in vista delle elezioni del 18 aprile, annuncia il proprio voto a favore delle sinistre coalizzate nel Fronte Democratico Popolare. Una scelta politica che Alvaro avrebbe pagato duramente con le dimissioni ("indotte") dal Corriere della Sera:

«Senza essere io comunista, appartengo al Fronte democratico e all'Alleanza della cultura; non ho dovuto rinunziare per questo alle mie idee e ai miei ideali. Ho creduto fino a ieri che essere collaboratore del Corriere, e collaboratore letterario e non politico, non implicasse la totale abdicazione di ogni mia idea» (8 aprile 1948)[13].

Nel 1951 vince il premio Strega con Quasi una vita, prevalendo in finale su Carlo Levi, Alberto Moravia, Mario Soldati e Domenico Rea.

Dal gennaio del '52 subentra a Ennio Flaiano, nella rubrica cinematografica del Mondo. Riprende anche a collaborare con il “Corriere della sera”.

Nel 1954, colpito da un tumore addominale, si sottopone a un delicato intervento chirurgico. La malattia colpisce anche i polmoni. Il 20 aprile 1956 esce, sul Corriere della Sera, il suo ultimo articolo. Alvaro muore, vegliato fino alla fine da Cristina Campo, nella sua casa di Roma l'11 giugno 1956.[14] Viene sepolto nel cimitero di Vallerano (provincia di Viterbo), un suggestivo paesino sui monti Cimini, dove aveva comprato una piccola casa di campagna, venduta poi a Libero Bigiaretti.

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

  • Nel 1951 vince il premio Strega con Quasi una vita. Il 1951 fu l'anno della cosiddetta "grande cinquina" nella quale figuravano, oltre a Quasi una vita di Alvaro, L'orologio di Carlo Levi, Il conformista di Alberto Moravia, A cena col commendatore di Mario Soldati e Gesù, fate luce di Domenico Rea.
  • Presso la Biblioteca Pietro De Nava di Reggio Calabria, gli è stata dedicata una sala che contiene gli arredi, i tappeti, i quadri e i libri dello studio dello scrittore, donati alla biblioteca dalla moglie Laura e dal figlio Massimo.
  • Vallerano ha intitolato allo scrittore una via, la biblioteca comunale e le scuole elementari. Davanti all'ingresso di queste, è stata posta una statua in bronzo raffigurante lo scrittore, con alla base l'epigrafe: «Corrado Alvaro, scrittore che questa terra tanto amò». Nel 2015 il Comune di Vallerano ha istituito il premio letterario "Corrado Alvaro - Libero Bigiaretti".
  • L'ente Parco nazionale dell'Aspromonte ha creato il Parco Letterario "Corrado Alvaro", un itinerario culturale che comprende la casa natale del letterato, a San Luca.[senza fonte]
  • San Luca omaggia lo scrittore con il Premio Letterario Nazionale "Corrado Alvaro".
  • La Provincia di Reggio Calabria nel 2015 gli ha intitolato il palazzo storico sede dell'amministrazione, ora sede della città metropolitana.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Narrativa[modifica | modifica wikitesto]

Romanzi[modifica | modifica wikitesto]

Ciclo 'Memorie del mondo sommerso'[modifica | modifica wikitesto]
  1. L'età breve (1946)
  2. Mastrangelina (1960, postumo)
  3. Tutto è accaduto (1961, postumo)

Racconti, novelle e romanzi brevi[modifica | modifica wikitesto]

La signora dell'isola, Lanciano, Carabba, 1930 - (coll. Angelo Bastone)

Lirica[modifica | modifica wikitesto]

  • Poesie grigioverdi (1917)

Saggistica[modifica | modifica wikitesto]

Altro[modifica | modifica wikitesto]

  • Calabria (1931)
  • Viaggio in Turchia (1932)
  • Maestri del diluvio; viaggio nella Russia sovietica (1935)
  • Viaggio in Russia (1943)
  • Quasi una vita (1950), libro di memorie, premio Strega 1951[15]
  • Ultimo diario (1959) Bompiani

Ciclo 'Itinerario italiano'[modifica | modifica wikitesto]

  1. Itinerario italiano (1933)
  2. Roma vestita di nuovo (1957)
  3. Un treno nel Sud (1958), Bompiani

Traduzioni[modifica | modifica wikitesto]

Con Laura Babini
  • Charles Morgan, La fontana, Mondadori, 1934.
  • Robert Louis Stevenson, L'isola del tesoro, CELI, 1956.

Teatro[modifica | modifica wikitesto]

  • Il paese e la città (1923)
  • Il caffè dei naviganti (1939)
  • Lunga notte di Medea (1949)
  • Il diavolo curioso, commedia inedita (1963)

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

Soggetto[modifica | modifica wikitesto]

Cinema[modifica | modifica wikitesto]

Televisione[modifica | modifica wikitesto]

Sceneggiatura[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Corrado Alvaro, Ultimo diario (1948-1956), a cura di A. Frateili, Bompiani, Milano 1959, p. 8.
  2. ^ C. Alvaro, Memoria e vita (1942), Falzea, Reggio C., 2001, p. 16..
  3. ^ Ibidem.
  4. ^ Ivi, p. 31.
  5. ^ C. Alvaro, Un Paese e altri scritti giovanili (1911-1916), Donzelli, Roma, 2014, p. 44.
  6. ^ A. Giannanti, Il "tempo per fantasticargli vicino". Alvaro critico di Pirandello, in C. Alvaro, Scritti su Pirandello, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2013, 19..
  7. ^ C. Alvaro, Ultimo diario (1959), Bompiani, Milano, 1966, p. 208.
  8. ^ C. Alvaro, Ultimo diario, Bompiani, Milano, 1959, p. 219.
  9. ^ C. Alvaro, Il viaggio (1941), in Il viaggio, Falzea, Reggio C., 1999, p. 165.
  10. ^ Corrado Alvaro, la prima stella polare del servizio pubblico di Luigi Michele Pezzi, Nuova Armonia, periodico Rai Senior, anno XXIX, marzo-aprile 2014
  11. ^ C. Alvaro, Appello per la Repubblica (1946), in E. Santarelli (a cura di), Dalla Monarchia alla Repubblica (1943-1946), Editore Riuniti, Roma, 1974, p. 89.
  12. ^ F. Frascani, Le due Napoli di Corrado Alvaro, Berisio Editore, Napoli, 1969, p. 14.
  13. ^ C. Alvaro, Corrado Alvaro o della coerenza, in M. Strati (a cura di), Corrado Alvaro e il "Corriere della sera". Carteggio 1919-1955, Carocci, Roma, 2007, p. 160
  14. ^ G. Carteri, La lunga notte di Corrado Alvaro, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006.
  15. ^ 1951, Corrado Alvaro, su premiostrega.it. URL consultato il 9 maggio 2019 (archiviato il 2 aprile 2019).
  16. ^ Copia archiviata, su teche.rai.it. URL consultato il 3 marzo 2015 (archiviato dall'url originale il 29 giugno 2013).

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Primo direttore del Giornale radio Successore
Nuova istituzione 1-23 marzo 1945 Paolo Treves
Predecessore Direttore del quotidiano Il Risorgimento Successore
Floriano Del Secolo marzo-luglio 1947 Raffaele Cafiero
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