Costanza Sforza di Santa Fiora

Costanza Sforza di Santa Fiora

Costanza Sforza di Santa Fiora (settembre 1558[1]Sora, 22 gennaio 1617[1]) fu duchessa di Sora e moglie dal 1576 di Giacomo Boncompagni, marchese di Vignola e duca di Sora.

Stemma Sforza

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Figlia di Sforza I Sforza e di Caterina Nobili, era nipote diretta di Costanza Farnese, figlia del papa Paolo III, si interessò attivamente insieme al marito dell'amministrazione del ducato di Sora, ricevuto in donazione dal suocero Gregorio XIII. Risiedendo presso Isola di Sora (oggi Isola del Liri), abbellì il castello ducale con la realizzazione di un parco e commissionando una galleria interna di pregevoli stucchi raffiguranti con bassorilievi le città del ducato di Sora. Dedita ad incentivare le arti e la cultura, istituì nel 1614 a Sora uno dei primi collegi gesuitici dell'attuale provincia di Frosinone, il cui edificio oggi ospita la sede del municipio. Fece edificare per i gesuiti anche la chiesa di Santo Spirito, nell'omonima piazza a Sora.

Fama[modifica | modifica wikitesto]

A lei fu dedicato da Fabrizio Caroso un balletto contenuto nell'opera Nobiltà di Dame.

«ALL'ILLUSTRISSIMA
ET ECCELL.MA SIG.
COSTANZA SFORZA
BUONCOMPAGNA
DUCHESSA DI SORA.

Ecco Costanza Sforza, ecco le rare
Vostre virtù divine, alte ne i Cori
Passano accese d'immortali ardori,
E serban sempre Vostre fiamme chiare;
Ben può l'avaro tempo consumare
Il ferro, e l'opre de'più gran Scultori;
Ma non può già de'Vostri eterni honori
La Gloria viva estinguer', ò mancare.
Beata dunque, che schernite l'ira
Del Tempo; e Lethe non può torre al Vostro
Nome, quel grado, che più quà giù s'ama,
Sì, ch'ei non s'alzi, ove con lodi aspira
Per quel sentiero, che virtù l'hà mostro
à far' eterna la sua chiara Fama.

AMOR COSTANTE
BALLETTO
IN LODE DELL'ILL.MA ET ECC.MA SIG.
COSTANZA SFORZA BUONCOMPAGNA
DUCHESSA DI SORA.

...»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Giampiero Brunelli, SFORZA, Costanza, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 92, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2018. Modifica su Wikidata

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