Delitti contro l'incolumità individuale

Nel diritto penale italiano i delitti contro l'incolumità individuale sono disciplinati, insieme ai delitti contro la vita, dal Capo I, Titolo XII (Dei delitti contro la persona), Libro II del codice penale (art. 575 ss. c.p.).

Collocazione sistematica[modifica | modifica wikitesto]

Sulla collocazione sistematica dei delitti contro l'incolumità individuale, sulla loro distinzione rispetto ai delitti contro l'incolumità pubblica e sulla centralità che l'ordinamento della Repubblica italiana accorda alla tutela della persona, a differenza del sistema vigente all'epoca della promulgazione del Codice Rocco, si rimanda alla voce Delitti contro la vita.

Oggettività giuridica[modifica | modifica wikitesto]

Il bene giuridico tutelato dalle norme incriminatrici dei delitti contro l'incolumità individuale è quello primario, inferiore in rango rispetto alla vita, dell'integrità fisica e psichica della persona umana. L'incolumità della persona è intesa come «sfera di signoria» sulla propria dimensione corporea e come «diritto all'intangibilità» della stessa contro le intromissioni di tipo sensoriale e percettivo.[1] Perché risulti violata l'incolumità individuale non sempre è necessaria la produzione di una malattia organica, mentre può essere sufficiente il pericolo di causare dolore fisico.[2]

Singole fattispecie[modifica | modifica wikitesto]

Percosse e lesioni[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Percosse e Lesione personale.

La distinzione sopra accennata tra pericolo di causare dolore e produzione di una malattia corrisponde, nella previsione del codice, ai delitti di percosse e di lesioni. Le due fattispecie sono tra loro incompatibili, poiché la norma che incrimina le percosse (art. 581 c.p.) si applica solo se la condotta non dà luogo a una malattia fisica o psichica, nel qual caso si ricade invece sotto l'ipotesi di lesione.[3] Nelle percosse, anzi, la condotta dev'essere inidonea a provocare una malattia; la condotta idonea, che però non riesce a provocare una malattia in concreto, dà vita invece a una tentata lesione.[4]

Il dolo di percosse dovrebbe essere orientato a non provocare la malattia,[5] laddove il dolo di lesioni dovrebbe invece includere anche la volontà di produrre quello specifico evento.[6] La dottrina tradizionale giunge tuttavia in entrambi i casi a conclusioni diverse.[7]

Lo stato di malattia prodotto dalle lesioni personali (art. 582-583 c.p.) non è definito dalla legge ed è oggetto di discussione; al riguardo esistono diverse interpretazioni, sia tecnico-giuridiche sia medico-legali.[8]

Le lesioni personali si distinguono, a seconda della gravità degli effetti prodotti, in lievi (art. 582 c.p.), gravi e gravissime (art. 583 c.p.); in questi ultimi casi sono aggravate. La tripartizione si ripropone anche riguardo alle lesioni colpose (art. 590 c.p.).

Altre ipotesi[modifica | modifica wikitesto]

Completano il quadro della disciplina del codice a tutela dell'incolumità individuale

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Canestrari, p. 276.
  2. ^ Mantovani, p. 187; Antolisei, p. 92.
  3. ^ Cornacchia, p. 309 s.
  4. ^ Mantovani, p. 187.
  5. ^ Cornacchia, p. 310.
  6. ^ Cornacchia, p. 314.
  7. ^ Rispettivamente Baima Bollone-Zagrebelsky, p. 119; Manzini, p. 189.
  8. ^ Cornacchia, p. 313 s.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Francesco Antolisei, Manuale di diritto penale. Parte speciale, vol. 1, 12ª ed., Milano, Giuffrè, 1996, ISBN 88-14-06622-1.
  • Pierluigi Baima Bollone e Vladimiro Zagrebelsky, Percosse e lesioni personali. Artt. 581, 582, 583 c.p., Milano, Giuffrè, 1975.
  • Stefano Canestrari, Delitti contro la vita, in Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, Bologna, Monduzzi, 1998, ISBN 88-323-5107-2.
  • Luigi Cornacchia, I delitti contro l'incolumità individuale, in Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, Bologna, Monduzzi, 1998, ISBN 88-323-5107-2.
  • Ferrando Mantovani, Diritto penale. Parte speciale. Delitti contro la persona, Padova, CEDAM, 1995, ISBN 88-13-19199-5.
  • Vincenzo Manzini, Trattato di diritto penale italiano, vol. 8, Torino, UTET, 1964.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]