Deus, in adiutorium meum intende

Libro d'Ore di Margherita d'Orléans (1406-1466), foglio 135r., Miniatura di Pilato che si lava le mani del destino di Gesù.

"Deus, in adiutorium meum intende", con la risposta "Domine, ad adiuvandum me festina" (rispettivamente, "O Dio, vieni a salvarmi" e "Signore, vieni presto in mio aiuto") sono il primo verso di Salmo 70 (Salmo 69 nella Vulgata); in ebraico לַ֝מְנַצֵּ֗חַ לְדָוִ֥ד לְהַזְכִּֽיר׃ אֱלֹהִ֥ים לְהַצִּילֵ֑נִי יְ֝הוָ֗ה לְעֶזְרָ֥תִי חֽוּשָֽׁה׃?'Ĕlōhîm lə-haṣṣîlênî Yahweh lə-'ezrāṯî ḥūšāh.[1]

È una tradizionale preghiera cristiana in latino.

Queste parole formano la preghiera introduttiva a tutte le Ore dei Breviari romani, ambrosiani e monastici, tranne durante il Triduo Pasquale e nell’Ufficio dei Defunti. Mentre vengono recitate o cantate le parole di questa preghiera, tutti i presenti fanno il segno della croce.

La tradizione vuole che sia stato san Benedetto da Norcia ad introdurre questa usanza nell'Ufficio monastico, fortemente influenzato dagli scritti di san Giovanni Cassiano. San Gregorio Magno lo estese a tutte le chiese romane.

San Giovanni Cassiano così scriveva:

«“O Dio, vieni in mio aiuto; Signore, vieni presto ad aiutarmi” [Sal 69,2]. Di fatto, questo breve versetto, non senza motivo, è stato particolarmente ripreso da tutto il complesso della Scrittura. Esso riflette tutti i sentimenti, di cui può essere capace la natura umana, e si adatta con sufficiente proprietà e convenienza ad ogni stato e a tutte le tentazioni. E in realtà questo versetto contiene l’invocazione a Dio di fronte a tutte le difficoltà, contiene l’umiltà d’una pia confessione, contiene la vigilanza in vista di ogni sollecitudine e timore, la fiducia d’essere esauditi, la confidenza d’un aiuto sempre presente e disponibile. E di fatto, chi sempre invoca il proprio protettore, è sicuro che quello è sempre presente. Questo versetto contiene l’ardore dell’amore e della carità, ha la visione delle insidie e la paura dei nemici, dai quali l’anima, osservando se stessa, ammette giorno e notte di non poter essere liberata senza l’aiuto del proprio protettore. Questo versetto è un muro inespugnabile, una corazza impenetrabile e uno scudo ben sicuro per tutti coloro che sostengono gli attacchi dei demoni. Esso non ammette che disperino dei rimedi per la loro salvezza coloro che vengono a trovarsi in preda all’accidia, all’ansietà dell’animo e alla tristezza, o comunque depressi, poiché dichiara colui che viene invocato osserva costantemente le nostre lotte e non è lontano da chi lo invoca. Questo versetto ci ammonisce a non doverci insuperbire troppo per i successi del nostro spirito e per la letizia del nostro cuore, e a non gonfiarci nei momenti della prosperità, visto che non è possibile, com’esso attesta, perseverare in quello stato senza la protezione di Dio, dato che esso non è soltanto un’espressione di continua preghiera, ma anche una supplica per essere aiutati al più presto. Questo versetto, ripeto, risulta necessario e utile per chiunque di noi venga a trovarsi in qualsiasi occorrenza.[2][3]»

Uso liturgico[modifica | modifica wikitesto]

Ponendo questa supplica all'inizio di ogni ora, la Chiesa cattolica implora l'assistenza di Dio contro le distrazioni nella preghiera. Nel rito romano, il "Deus, in adiutorium" è preceduto nel Mattutino dal "Domine, labia mea aperies" ("Signore, apri le mie labbra"), mentre nel breviario monastico l'ordine è invertito. Nel rito ambrosiano, il "Deus, in adiutorium" è preceduto nella Compieta dal "Converte nos, Deus" ("Convertici, o Dio, nostro Salvatore").[4]

Nella liturgia mozarabica le Ore iniziano con la tripla Kyrie Eleison. In tutti i paesi latini a nord, est e ovest delle Alpi, l'introduzione dei solenni Vespri della domenica di Pasqua è composta dai nove Kyrie Eleison e Christe Eleison della Messa di Pasqua. Nelle chiese che osservano il rito greco, le ore si aprono con il Trisagion e altre preghiere.

Il "Deus, in adiutorium" viene ripetuto tre volte durante le preghiere conclusive dell'ora Prima. Nei monasteri, l'ora Prima termina immediatamente dopo la preghiera: "Domine, Deus omnipotens"; poi i monaci si spostano dal coro alla sala capitolare, dove viene letto il martirologio, e viene assegnato il lavoro della giornata. Così prima di disperdersi nelle loro diverse occupazioni hanno già cantato per tre volte il "Deus, in adjutorium", per enfatizzare l'unione della preghiera e del lavoro.[5]

La Chiesa Cattolica utilizza questa invocazione anche per la recita del Rosario (essendo esso una forma di preghiera ispirata alla recita dei Salmi nel Salterio).[6] La versione tradizionale infatti, prevede che si inizi anzitutto con il Segno della Croce, seguito dall'invocazione: «O Dio vieni a salvarmi, Signore vieni presto in mio aiuto». Viene recitato sempre in latino quando si tratta di incontri internazionali.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Salmo 70 (69) - Grido di angoscia - I 150 Salmi - Testo Integrale della Sacra Scrittura, su novena.it. URL consultato l'8 marzo 2020.
  2. ^ Giovanni Cassiano, Conferenze ai monaci [Libro I, Conf. X,10], traduzione e note a cura di Lorenzo Dattrino, 1° (di 2 voll.), Roma, Città Nuova, 2000, pp. 404-405.
  3. ^ Un consiglio di un monaco del deserto su come pregare continuamente (Cassiano) | Nati dallo Spirito, su natidallospirito.com, 16 maggio 2017. URL consultato l'8 marzo 2020.
  4. ^ Norberto Valli, Breve introduzione al rito ambrosiano, Àncora Editrice, 7 ottobre 2014, ISBN 978-88-514-1490-0. URL consultato il 23 aprile 2024.
  5. ^ Wikisource (EN) Frederick George Holweck, Deus in Adjutorium Meum Intende, in Catholic Encyclopedia, New York, Encyclopedia, 1913.
  6. ^ Breve storia del Rosario, su santorosario.net. URL consultato l'8 marzo 2020.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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