Dialetto gallo-piceno

Dialetto gallo-piceno
Parlato inBandiera dell'Italia Italia
Regioni  Marche (provincia di Pesaro e Urbino e parte settentrionale della Provincia di Ancona)
Locutori
Totale~400.000
ClassificaNon nelle prime 100
Tassonomia
Filogenesiindoeuropee
 italiche
  romanze
   italo-occidentali
    occidentali
     italodalmate
      italoromanze
       galloitaliche
        Gallo-piceno
Statuto ufficiale
Regolato danessuna regolazione ufficiale
Codici di classificazione
ISO 639-2roa
Linguist Listrgn-sou (EN)
Localizzazione delle aree in cui è diffuso il dialetto gallo-piceno, qui indicato con la dizione "dialetti gallico-marchigiani".
Il dialetto gallo-piceno (qui indicato con l'espressione "gallico marchigiano - MS") nell'ambito dei dialetti e delle lingue parlati in Italia.

Con l'espressione gallo-piceno[1][2][3][4] o gallico marchigiano o dialetti metauro-pisaurini[5] o marchigiano settentrionale[6] , si definisce l'insieme delle varietà linguistiche di tipo gallo-italico parlate in quasi tutta la provincia di Pesaro e Urbino e alcune zone settentrionali di quella di Ancona (zona di Senigallia e isola linguistica gallica del Conero) nella regione italiana delle Marche.

Classificazione[modifica | modifica wikitesto]

Il gallo-piceno è una variante autonoma del gruppo linguistico gallo-italico, esteso soprattutto nell'Italia settentrionale[7].

Secondo altre classificazioni linguistiche, esso non sarebbe autonomo, ma da ascrivere o collegare direttamente al romagnolo[8], a sua volta facente parte del più ampio continuum linguistico emiliano-romagnolo. Tuttavia, uno studio più recente illustra la non completa adesione del gallo-piceno al romagnolo alla luce degli elementi di tipo italo-centrale, affiancati ai fenomeni gallo-italici penetrati dalla Romagna orientale, dei quali quest'insieme dialettale è anticipatore[9].

Diffusione e varianti[modifica | modifica wikitesto]

La zona nella quale sono diffuse le varietà gallo-picene corrisponde ai confini della provincia di Pesaro e Urbino (ad eccezione della zona umbrofona di Pergola, ai piedi del Monte Catria), più Senigallia (AN) e l'isola linguistica gallica del Conero (AN)[10] Tuttavia, è impossibile individuare uniformità in tutta la zona poiché, malgrado le somiglianze dei vari dialetti distribuiti nel territorio, il lessico e le pronunce possono variare a volte anche in conseguenza del contatto con le aree dialettali confinanti. Un esempio sta nel pronome personale soggetto "Io": a Fano e Urbino si dice "ì" o "ji", in buona parte della regione storica del Montefeltro e in Alta Valmarecchia si dice "ìa", a Tavullia e in altre località dell'entroterra pesarese "jé", nella parlata urbana di Pesaro e nelle frazioni ad essa adiacenti si dice così come in buona parte della Romagna. Non a caso sono state individuate tre subaree:

Secondo il professor Giovanni Crocioni il dialetto anconetano è da considerare come l'ultima zona costiera dialettale gallo-picena, che, da Fano verso sud, perdendo progressivamente le sue caratteristiche galliche, si esaurisce a sud di Camerano, divenendo poi parlata picena[12][13].

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

In linea di massima suddette varietà sono parte dello stesso gruppo linguistico degli altri dialetti gallici, tra cui il romagnolo[11], soprattutto dal punto di vista fonetico[14]. Esse possono essere così brevemente sintetizzate:

  • palatizzazione di a in sillaba libera, fenomeno anche perugino, che si presenta sistematicamente in pesarese e nelle varianti del contado urbinate e metaurense (ad esclusione di alcuni dialetti); ad es. a Pesaro si dice chèsa per casa, falegnèm per falegname, chèr per caro, pèdra per padre, mentre a Fano e nella città d'Urbino si dice càsa, falegnàm, càr, pàder o pàdre);
  • la tonica i dinnanzi a nasale diventa é (o un dittongo éi) a Pesaro e nelle zone confinanti con la Romagna (vén o véin per vino, cucéna o cucéina per cucina)
  • la pronuncia aperta di e finale accentata (, trε, perchε, specialmente a Pesaro e Urbino, mentre a Fano e -ancor di più- a Senigallia la pronuncia è generalmente chiusa come in italiano standard);
  • la diversa distribuzione delle vocali aperte e chiuse, come nella variante umbra altotiberina (béne, éra, sédia, ma ròtto, strètto), in particolare nei dialetti della subarea marecchiese e del contado pesarese confinante con la Romagna, in cui questo tipo di pronuncia è ancor più marcato (sémpre, niénte, lénto ma lèsso, mòndo, sèmbra) date le influenze romagnole;
  • la riduzione in ì del dittongo "iè" in sillaba libera nella variante pesarese (pìd per "piede", pìtra per "pietra", bichìr per "bicchiere"), mentre a Urbino e Senigallia il dittongo si mantiene con pronuncia stretta (piéd o pìa per "piede", diétra per "dietro", piétra per "pietra", bichiér per "bicchiere");
  • le atone finali scompaiono del tutto come pure molte delle mediane ad eccezione della -a (dmèn - dmàn nella variante fanese e urbinate- per "domani", fémna per "femmina"), con conseguente drastica riduzione di sillabe in parole polisillabiche (stmèn -stmàn nella variante fanese e urbinate- per "settimane"); questo fenomeno si presenta in modo più sporadico a Senigallia, dove a volte compaiono delle vocali dal timbro indistinto (schwa) al posto delle vocali etimologiche.

Sul piano consonantico tratti notevoli sono:

  • la semplificazione delle consonanti intense, in posizione pre-accentuale in quasi tutte le varianti e, a Pesaro e a Fano, anche in posizione post-accentuale (ad es. a Pesaro cità, dòna, ragàza, mentre a Urbino si dice dònna e ragàssa), fenomeno che comunque sconfina pure in territorio linguisticamente "mediano", come dimostrato dalla parlata di Ancona;
  • la lenizione delle sorde intervocaliche, più evidente in pesarese e nelle aree confinanti con la Romagna (avùd per "avuto", fadìga per "fatica", fóg per "fuoco"), che si spinge ancor più a sud nelle Marche centrali, essendo riscontrabile anche a Jesi e Osimo (magnado per "mangiato", dide per "dite").
  • la sonorizzazione di s intervocalica, presente in tutta l'area e fino ad Ancona.

Dei tratti morfologico-sintattici si possono notare i plurali in -ai, -ei, -oi da singolari in "-al, -el, -ol", come anche in Veneto (cavài, cavéi, fagiói) e poi, nella subarea pesarese, i pronomi personali soggetto del tipo , per "io" "tu", e la reduplicazione dell'intera serie pronominale con forme prive di accento (a Pesaro mε a parle "io parlo", tε t zi "tu sei", ló 'l bala "lui balla", lori i bala "loro ballano", el vènt el tira, ecc.), fenomeni tipici delle parlate romagnole e gallo-italiche in genere.

Altra caratteristica che rimanda direttamente al romagnolo è la preposizione "sa", che significa "con" e che richiama addirittura il sanscrito "sam" e che si trova anche nelle lingue slave ("s sa" in serbo-croato, per cui può essere un prestito trans-adriatico relativamente recente e non un relitto arcaico, quantunque la parola esista anche nella lingua etrusca)[senza fonte]. L'uso di tale preposizione si estende inoltre fino in area mediana.

Esempi di dialetto gallo-piceno del XIX secolo[modifica | modifica wikitesto]

L'inizio della novella del Boccaccio Il re di Cipri, da una donna di Guascogna trafitto, di cattivo valoroso diviene nei vari dialetti gallo-piceni, tratti da I parlari italiani in Certaldo alla festa del V centenario di Messer Giovanni Boccacci (pubblicato nel 1875):[15][16][17][18][19].

Dialetto di Pesaro
A digh donca ch'ai temp del prim re 'd Cipr, dop la conquista fata dla Tera Sänta da Gufred 'd Bujon, sucess ch'na sgnora 'd Guascogna la j'andò 'n piligrinagg m'al Sipulcr 'd nostr Signor, da dò tornand, ariväda ch'la fó a Cipr, da certi sceleräd la fó tratäda pegg d'na cagna.
Dialetto di Fano
I' v' dig donca che in ti temp del prim re de Cipr, dop che Gottifred de Bujon ebb' presa la Terra Santa, una sgnora dla Guascogna andò come piligrina al Sant Spolcr; e po tornò e andò a Cipr, e in quel sit certi sceleræt i fecer na grossa purcata.
Dialetto di Urbania
Donca digh ch'ai temp del prim re 'd Cipri, dop che Gofred 'd Bujon ebb artolt m'ai Turchi la Tera Santa, sucess ch'na signora 'd Guascogna git in pelegrinagg m'al Sant Sepolcr; e, t'el tornè, rivèta ch'fò a Cipri, sochi birbacioni e maladuchèti i 'j fen vergogna.
Dialetto di Urbino
Donca digh ch'al temp del prim re di Cipri, dop pijat la Tera Santa da Gottifré di Buglione, sucess ch'na sgnora civila vols gì artrovä 'l Sepolcher. int l'arnì, riväta m'a Cipri, certi birbacion i dicen 'na mochia 'd vilanii.:
Dialetto di Senigallia
Digh donca ch'ent i temp del prim re 'd Zipr, dop la presgia dla Tera Scianta fatta da Gottifrè 'd Bujon è suzzess ch'na scignora 'd Cascogna in pelegrinazz era gita al Spulcr, d'indov turnand, rivata a Zipr, fu da 'n po' 'd selerati omi sa cativ disprezz ultrazata.
Dialetto di Montemarciano
Dig donca, ch' n' tempi dl prim Re d' Cipri, dop la presa fatta dla Terra Santa da Guttifré d' Buglion, sucdè ch' una signora d' Guascogna fe un viag long fina al Spolcr: dlà arturnand', e arrivata en Cipri, certi omnacci i dicen tant' brut cos, [...].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Martin Maiden e M. Mair Parry, The Dialects of Italy, Psychology Press, 1997, ISBN 978-0-415-11104-1. URL consultato il 13 febbraio 2022.
  2. ^ dialetti in "Enciclopedia dell'Italiano", su treccani.it. URL consultato il 13 febbraio 2022.
  3. ^ (DE) Riccardo Gatti, Il Dialetto di Jesi., vol. 34, n. 6, 1º gennaio 1910, pp. 675–700, DOI:10.1515/zrph.1910.34.6.675. URL consultato il 13 febbraio 2022.
  4. ^ Günter Holtus, Michael Metzeltin e Christian Schmitt, Die einzelnen romanischen Sprachen und Sprachgebiete vom Mittelalter bis zur Renaissance, Walter de Gruyter, 16 dicembre 2010, ISBN 978-3-11-093835-7. URL consultato il 13 febbraio 2022.
  5. ^ Clemente Merlo, L'Italia dialettale: rivista di dialettologia italiana, volume 56, pagina 126, Arti Grafiche Pacini Mariotti.
  6. ^ Carta dei dialetti d'Italia, a cura di G. B. Pellegrini, Consiglio Nazionale delle Ricerche - Centro di studio per la dialettologia italiana
  7. ^ AA. VV. Conoscere l'Italia vol. Marche (Pag. 64), Istituto Geografico De Agostini - Novara - 1982; Le Regioni d'Italia, Vol X Collezione diretta da Roberto Almagià, Pubblicazione sotto gli auspici del Comitato Nazionale per la celebrazione del centenario dell'Unità d'Italia, 1961; Flavio Parrino, capitolo sui dialetti nella Guida d'Italia - volume Marche del Touring Club Italiano. In tutta la provincia di Pesaro-Urbino, nella parte settentrionale di quella di Ancona (zona di Senigallia) e nell'isola linguistica gallica del Conero si parlano indubbiamente dialetto gallo-italici. In tutti gli studi citati i dialetti gallici parlati nelle Marche vengono definiti "gallico-marchigiani" o "gallo-piceni"
  8. ^ Francesco Avolio, Dialetti umbro-marchigiani, in Enciclopedia dell'italiano, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010-2011. URL consultato il 31 dicembre 2016.; Biondellip. 202; Francesco D'Ovidio, Wilhelm Meyer-Lübke, Grammatica storica della lingua e dei dialetti italiani, su archive.org, Hoepli. URL consultato il 25 settembre 2014.; Giacomo Devoto e Gabriella Giacomelli, I dialetti delle regioni d'Italia, Sansoni Editore, Firenze, 1991, pag. 55 e pag. 75; Loporcaro Michele, Profilo linguistico dei dialetti italiani, Editori Laterza, Bari, 2009, pag. 105
  9. ^ Dialetti romagnoli. Seconda edizione aggiornata, Daniele Vitali - Davide Pioggia, Pazzini Editore, Verrucchio (RN), 2016
  10. ^ Giuseppe Bartolucci. Miti e leggende del Conero anconitano. Ente Parco del Conero, Sirolo, 1997.
  11. ^ a b Francesco Avolio, Dialetti umbro-marchigiani, su treccani.it, Treccani. URL consultato il 25 settembre 2014.
  12. ^ IL DIALETTO DI ARCEVIA (Ancona) – Giovanni Crocioni - ROMA - ERMANNO LOESCHER & C.° - (BRETSCHNEIDER E REQENBERO) - 1906 – introduzione pagg. VI-VII
    L'estendersi del dialetto gallo-piceno fin sotto Ancona non deve riuscire inaspettato del tutto ai dialettologi ( 5 ) ai quali la pretesa toscanità dell'anconitano ha dato sempre qualche sgomento.
    Chi si occupò in passato dei dialetti marchigiani ( ! ), con sollecita disinvoltura si affrettò a distribuirli per province, col vieto criterio geografico; e le scritture dialettali, che avrebbero potuto e dovuto chiarire ciò che non chiarivano gli studiosi, erano toscanizzate e ripulite a tal segno, da perpetuare indefinitamente quello sgomento e quell'equivoco.
    Onde nessuno sospettò, neppure alla lontana, che laggiù, oltre l'Esino, confine imaginario fra due opposte correnti dialettali, si protendesse un filone, che a Pesaro e Urbino è ancora gallo-italico, e per Fano, Senigallia e Montemarciano, per Falconara ed Ancona, spogliandosi via via di alcuni caratteri del suo gruppo, andasse a smorire fra i parlari della Marca meridionale,
  13. ^ (IT) University of California, Il dialetto di Arcevia (Ancona), E. Loescher, 1906. URL consultato il 13 febbraio 2022.
  14. ^ AA. VV. Conoscere l'Italia vol. Marche (Pag. 64), Istituto Geografico De Agostini - Novara - 1982; Le Regioni d'Italia, Vol X Collezione diretta da Roberto Almagià, Pubblicazione sotto gli auspici del Comitato Nazionale per la celebrazione del centenario dell'Unità d'Italia, 1961; Flavio Parrino, capitolo sui dialetti nella Guida d'Italia - volume Marche del Touring Club Italiano.
  15. ^ I parlari italiani in Certaldo alla festa del v centenario di Messer ..., su archive.org. URL consultato il 18 maggio 2017.
  16. ^ Giovanni Harvard University, I parlari italiani in Certaldo alla festa del v centenario di Messer Giovanni Boccacci ; omaggio di Giovanni Papanti, Livorno, Tipi di F. Vigo, 1875. URL consultato il 13 febbraio 2022.
  17. ^ I parlari italiani in Certaldo alla festa del v centenario di Messer ..., su archive.org. URL consultato il 18 maggio 2017.
  18. ^ I parlari italiani in Certaldo alla festa del v centenario di Messer ..., su archive.org. URL consultato il 18 maggio 2017.
  19. ^ I parlari italiani in Certaldo alla festa del v centenario di Messer ..., su archive.org. URL consultato il 18 maggio 2017.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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