Die Rote Fahne

Die Rote Fahne
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StatoBandiera della Germania Germania
Linguatedesco
Periodicitàquotidiano
Generepolitica
FondatoreRosa Luxemburg, Karl Liebknecht e Paul Frölich
Fondazione1918
Chiusura1933 (bandito dal regime nazista)
1942 (clandestinamente)
SedeBerlino
ISSN1862-0450 (WC · ACNP)
Sito webdie-rote-fahne.de
 

Die Rote Fahne (La bandiera rossa) è stato un giornale tedesco fondato nel 1876 dal leader del Partito Socialista dei Lavoratori, Wilhelm Hasselmann[1], e che da allora venne pubblicato a intervalli, a volte clandestinamente[2], dai socialisti e comunisti tedeschi. Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg lo pubblicarono notoriamente nel 1918[3] come organo della Lega Spartachista.[4]

Dopo la morte di Liebknecht e Luxemburg, durante la cancelleria di Friedrich Ebert del Partito Socialdemocratico di Germania,[5][6] il giornale fu pubblicato, con interruzioni, dal Partito Comunista di Germania.[7][8] Proscritto dai nazisti dopo la salita al potere di Adolf Hitler nel 1933,[9] la pubblicazione continuò illegalmente e clandestinamente.[10]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

1876[modifica | modifica wikitesto]

Wilhelm Hasselmann del Partito Socialista dei Lavoratori di Germania fondò un settimanale, di breve durata, col nome Die rote Fahne.[1]

1918-1933[modifica | modifica wikitesto]

Karl Liebknecht
Rosa Luxemburg

Usando il sottotitolo del giornale come indicatore della fedeltà politica, Die Rote Fahne fu successivamente l'organo centrale di:

La pubblicazione fu vietata dall'ottobre 1923 al marzo 1924, come parte della messa al bando del Partito Comunista di Germania. Il giornale continuò ad essere stampato e distribuito illegalmente, a volte ribattezzato "Rote Sturmfahne" ("Bandiera rossa della tempesta") o "Die Fahne der Revolution" ("La bandiera della rivoluzione"). Nel 1926, la sede del giornale venne trasferita nella Karl-Liebknecht-Haus, nella quale venne installata una rotativa nel luglio 1928. Il 23 febbraio 1933, la polizia nazista fece irruzione nella Karl-Liebknecht-Haus e la chiuse il giorno successivo, anticipando il divieto nazista su tutta la stampa comunista e socialista dopo l'Incendio del Reichstag pochi giorni dopo (28 febbraio 1933).

Molti importanti giornalisti tedeschi e di altre nazionalità parteciparono alla redazione del giornale:

1933-1942[modifica | modifica wikitesto]

Fu bandito dopo la fine della Repubblica di Weimar e l'Incendio del Reichstag nel 1933, e distribuito illegalmente durante il governo nazionalsocialista da gruppi clandestini vicini al Partito Comunista[31] fino al 1942. Wilhelm Guddorf era noto per essere stato un suo editorialista alla fine degli anni '30.[32]

1970 e in seguito[modifica | modifica wikitesto]

In seguito agli eventi del 1968, nella Germania Ovest sorsero diversi progetti di gruppi ideologicamente divergenti, della cosiddetta vecchia e della nuova sinistra, per costruire un nuovo partito comunista. Oltre al Partito Comunista Tedesco (DKP), che è ampiamente conosciuto come il partito successore del KPD nella Germania occidentale e che pubblica il quotidiano Unser Zeit come organo di partito, furono fondati vari piccoli partiti comunisti concorrenti, i cosiddetti K-Gruppen, ciascuno dei quali era associato a diversi concetti ideologici del comunismo (dal maoismo, allo stalinismo al trotskismo). Di questi raggruppamenti, c'erano diversi progetti di giornali negli anni '70 chiamati Rote Fahne.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) Timothy Messer-Kruse, The Haymarket Conspiracy: Transatlantic Anarchist Networks, University of Illinois Press, 26 luglio 2012, ISBN 978-0-252-03705-4.
  2. ^ (EN) Michael Robert Marrus, The Nazi Holocaust. Part 5: Public Opinion and Relations to the Jews in Nazi Europe, Walter de Gruyter, 2 agosto 2011, ISBN 978-3-11-097044-9.
  3. ^ (EN) To the Masses: Proceedings of the Third Congress of the Communist International, 1921, BRILL, 13 febbraio 2015, ISBN 978-90-04-28803-4.
  4. ^ (EN) Eric D. Weitz, Creating German Communism, 1890-1990: From Popular Protests to Socialist State, Princeton University Press, 1997, pp. 91–92, ISBN 0-691-02682-3.
  5. ^ (DE) Christian Habbe, Luxemburg und Liebknecht: Dauerfehde um einen Doppelmord, in Spiegel Online, 9 gennaio 2009. URL consultato il 27 giugno 2019.
  6. ^ (DE) Sven Felix Kellerhoff, Märtyrer der KPD: So starben Karl Liebknecht und Rosa Luxemburg, 14 gennaio 2019. URL consultato il 27 giugno 2019.
  7. ^ (EN) Rob Sewell, Germany 1918-1933: Socialism or Barbarism, Wellred Books, 12 novembre 2018, ISBN 978-1-900007-98-6.
  8. ^ (DE) Staatsbibliothek Berlin, su zefys.staatsbibliothek-berlin.de. URL consultato il 27 giugno 2019.
  9. ^ (DE) Druckversion Münchner Rote Fahne, 1919, su historisches-lexikon-bayerns.de. URL consultato il 27 giugno 2019.
  10. ^ (DE) Alina Marotta und Jakob Saumer (PDF), su ns-ministerien-bw.de. URL consultato il 27 giugno 2019.
  11. ^ (DE) Die Rote Fahne, su Fonts in Use. URL consultato il 27 giugno 2019.
  12. ^ a b (DE) Die rote Fahne, su zefys.staatsbibliothek-berlin.de. URL consultato il 27 giugno 2019.
  13. ^ (EN) Paul Frölich, American Exile, and Communist Discourse about the Russian Revolution (PDF), su publishup.uni-potsdam.de. URL consultato il 27 giugno 2019.
  14. ^ (DE) Biographische Angaben aus dem Handbuch "Wer war wer in der DDR?", su bundesstiftung-aufarbeitung.de. URL consultato il 27 giugno 2019.
  15. ^ (DE) DIE ZEIT (Archiv), Unvermutete Verwandtschaft zwischen Bert Brecht und Johannes R. Becher: Über das hartnäckige autoritäre Denken, in Die Zeit, 7 agosto 1981, ISSN 0044-2070 (WC · ACNP). URL consultato il 27 giugno 2019.
  16. ^ (DE) Ernst Meyer, Weggefährte Rosa Luxemburgs in der Weltkriegszeit und sein Kampf um ihr Erbe in der KPD, su Wilde Texte. URL consultato il 2 luglio 2019 (archiviato dall'url originale il 2 luglio 2019).
  17. ^ (DE) August Thalheimer – Zur Erinnerung an einen revolutionären Kommunisten (PDF), su rosalux.de. URL consultato il 2 luglio 2019.
  18. ^ (EN) Rolf Wiggershaus, The Frankfurt School: Its History, Theories, and Political Significance, MIT Press, 1994, p. 31, ISBN 978-0-262-73113-3.
    «Julian Gumperz rote fahne.»
  19. ^ (DE) AUSSTELLUNG im Haus der Geschichte des Ruhrgebiets in Bochum erinnert an den früheren Reichtstagsabgeordneten WERNER SCHOLEM und die Ehefrau EMMY, su Lokalkompass. URL consultato il 2 luglio 2019.
  20. ^ (DE) Maslow Arkadi, su bundesstiftung-aufarbeitung.de. URL consultato il 2 luglio 2019.
  21. ^ (DE) Heinz Neumanns Bußrituale - auch ein Nachtrag zum Protokoll der »Brüsseler Konferenz« der KPD, su kommunismusgeschichte.de. URL consultato il 2 luglio 2019.
  22. ^ (DE) Hans Lorbeer, su bundesstiftung-aufarbeitung.de. URL consultato il 2 luglio 2019.
  23. ^ (DE) Albert Norden, su bundesstiftung-aufarbeitung.de. URL consultato il 2 luglio 2019.
  24. ^ (DE) Dietmar Grieser, Was bleibt, ist die Liebe: Von Beethovens Mutter bis Kafkas Braut, Amalthea Signum Verlag, 6 giugno 2018, ISBN 978-3-903217-18-8.
  25. ^ (DE) Norbert Christian Wolf, Revolution in Wien: Die literarische Intelligenz im politischen Umbruch 1918/19, Vandenhoeck & Ruprecht, 13 agosto 2018, ISBN 978-3-205-20078-9.
  26. ^ (DE) Wilhelm Vosskamp, Klassik im Vergleich: DFG-Symposion 1990, Springer-Verlag, 17 febbraio 2016, ISBN 978-3-476-05558-3.
  27. ^ (DE) Doris Danzer, Zwischen Vertrauen und Verrat: deutschsprachige kommunistische Intellektuelle und ihre sozialen Beziehungen (1918-1960), V&R unipress GmbH, 2012, ISBN 978-3-89971-939-0.
  28. ^ HEILSKÜNDER / SCHLAMM: Chuzpe, in Spiegel Online, vol. 20, 11 maggio 1960. URL consultato il 2 luglio 2019.
  29. ^ (DE) Hanns Eisler, su lexm.uni-hamburg.de. URL consultato il 2 luglio 2019.
  30. ^ (DE) Eine Dokumentation, zusammengestellt von Dietrich Harth (PDF), su archiv.ub.uni-heidelberg.de. URL consultato il 2 luglio 2019.
  31. ^ (DE) EIN TANZ AUF MESSERS SCHNEIDE- KOMMUNISTISCHE TÄTIGKEITEN VOM ENDE DER WEIMARER REPUBLIK BIS IN DIE FRÜHE BUNDESREPUBLIK ANHAND AUSGEWÄHLTER KARLSRUHER BEISPIELE (PDF), su ns-ministerien-bw.de. URL consultato l'11 luglio 2019.
  32. ^ Shareen Blair Brysac, Resisting Hitler: Mildred Harnack and the Red Orchestra, Oxford University Press, 23 maggio 2002, p. 206, ISBN 978-0-19-992388-5.

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