Diocesi di Roma

Diocesi di Roma
Dioecesis Urbis seu Romana
Chiesa latina
Regione ecclesiasticaLazio
 
Stemma della diocesi
Collocazione geografica
Collocazione geografica della diocesi
Diocesi suffraganee
Diocesi suburbicarie di Ostia, Albano, Frascati, Palestrina, Porto-Santa Rufina, Sabina-Poggio Mirteto, Velletri-Segni
 
Vescovopapa Francesco
Vicario generale
Ausiliari
Presbiteri3 173, di cui 1 353 secolari e 1 820 regolari
820 battezzati per presbitero
Religiosi3 562 uomini, 22 710 donne
Diaconi135 permanenti
 
Abitanti3 175 800
Battezzati2 602 740 (82,0% del totale)
StatoItalia, Città del Vaticano
Superficie881 km²
Parrocchie332
 
ErezioneI secolo
Ritoromano
CattedraleArcibasilica del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista in Laterano
Santi patroniPietro e Paolo apostoli
IndirizzoVicariato di Roma, piazza San Giovanni in Laterano 6/a, 00184 Roma, RM
Sito webwww.diocesidiroma.it
Dati dall'Annuario pontificio 2023 (ch · gc)
Chiesa cattolica in Italia
La cattedra papale nell'Arcibasilica lateranense rappresenta simbolicamente la Santa Sede.
Il Palazzo del Laterano, sede del Vicariato di Roma.
(LA)

«Beatissime Pater, […] Beato apostolo Petro tu hodie
succedis in Episcopatu huius Ecclesiæ,
quæ caritatis unitati
præsidet ut beatus apostolus Paulus
docuit.»

(IT)

«Beatissimo Padre, […] oggi tu succedi al Beato Pietro
nell'Episcopato di questa Chiesa,
che presiede alla comunione
dell'unità secondo l'insegnamento
del Beato apostolo Paolo.»

La diocesi di Roma (in latino Dioecesis Urbis seu Romana) è una sede metropolitana della Chiesa cattolica appartenente alla regione ecclesiastica Lazio. Nel 2022 contava 2.602.740 battezzati su 3.175.800 abitanti. È retta da papa Francesco.

Titoli[modifica | modifica wikitesto]

Dal punto di vista amministrativo e titolare, essa è al contempo:

La cattedrale è l'Arcibasilica lateranense, a Roma, che reca il titolo di Madre e capo di tutte le chiese della città e del mondo.

Territorio e organizzazione[modifica | modifica wikitesto]

La diocesi, intesa come porzione di territorio sottoposta all'autorità episcopale del papa, si estende sia su suolo appartenente alla Repubblica Italiana, sia sull'intero territorio della Città del Vaticano. Le due porzioni della diocesi sono distinte in due vicariati:

La diocesi si estende su 849 km² e comprende la maggior parte della città e del comune di Roma, ad eccezione di porzioni appartenenti alle limitrofe diocesi di Ostia, di Porto-Santa Rufina, di Frascati e di Tivoli; appartengono alla diocesi anche alcune parrocchie del comune di Guidonia Montecelio.

Cattedrale della diocesi è la Basilica del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista, a cui è annesso il palazzo del Laterano, sede degli uffici del Vicariato di Roma.

Vicariato di Roma[modifica | modifica wikitesto]

La parte di diocesi che ricade nel territorio italiano costituisce il Vicariato di Roma, che "svolge la funzione di curia diocesana"[8]. Il vicariato è retto da un vicario generale che, a nome e per mandato del Papa, "esercita il ministero episcopale di magistero, santificazione e governo pastorale per la diocesi di Roma con potestà ordinaria vicaria"[9]; al vicario generale spetta, dunque, l'effettivo governo della diocesi romana, coadiuvato dall'arcivescovo vicegerente e dai vescovi ausiliari nelle sue funzioni di governo. Il vicariato è considerato un organo della Santa Sede, pur dotato di amministrazione propria.[10]

Dal 1970 al vicario è assegnato anche l'ufficio di arciprete dell'Arcibasilica lateranense, presso la quale ha sede la curia diocesana.

Organizzazione territoriale[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Parrocchie della diocesi di Roma.

Dal punto di vista strettamente pastorale, il vicariato è suddiviso in 332 parrocchie (cui vanno aggiunte le due parrocchie della diocesi di Ostia, amministrate dal vicariato), raggruppate in 36 prefetture, ripartite su 5 settori (nord, sud, est, ovest, e centro), ciascuno retto da un vescovo ausiliare, detto vescovo di settore, che collabora con il vicario generale nell'amministrazione pastorale della diocesi. I vescovi ausiliari di settore sono:

  • per il settore centro: vacante;
  • per il settore nord: Daniele Salera;
  • per il settore est: Paolo Ricciardi;
  • per il settore sud: Dario Gervasi;
  • per il settore ovest: Baldassare Reina.

La prefettura è una «struttura ecclesiale intermedia che ha la funzione di realizzare un coordinamento unitario tra le parrocchie di un determinato territorio e, attraverso il Vescovo di Settore, un rapporto organico con la Diocesi».[11] Responsabile di ogni prefettura è il prefetto, a cui spetta il compito di coordinamento pastorale in collaborazione con il vescovo ausiliare del settore; il prefetto è eletto tra i parroci della prefettura di appartenenza.[12]

Organi di governo[modifica | modifica wikitesto]

Suprema autorità della diocesi è il papa, vescovo di Roma, che governa la diocesi tramite il vicario generale per la diocesi di Roma. I maggiori organismi di governo e di animazione pastorale della diocesi sono:[13]

  • il consiglio episcopale: organo collegiale composto dal vicario generale, dal vicegerente, dai vescovi ausiliari;[14]
  • il consiglio dei prefetti: organo composto dal consiglio episcopale e dai 36 parroci prefetti, eletti a maggioranza dai parroci e viceparroci di prefettura; sono presenti anche cinque cappellani sanitari in rappresentanza dei cinque settori in cui è divisa la diocesi;
  • il consiglio presbiterale: organo composto dal consiglio episcopale e da membri eletti del clero romano, rappresentativi delle diverse realtà pastorali della diocesi;
  • il consiglio pastorale, costituito dal consiglio episcopale, da membri di diritto e da membri designati; quest'ultimo gruppo è composto da laici, rappresentanti di ogni singola prefettura della diocesi e delle aggregazioni laicali presenti sul territorio;
  • il consiglio per gli affari economici, che deve «tradurre le indicazioni di natura pastorale in concrete disposizioni economiche e finanziarie»[15], costituito da un vescovo ausiliare, dai direttori dell'ufficio amministrativo e dell'ufficio giuridico, e da tre membri laici, nominati dal cardinale vicario.[16]

Ambiti e servizi pastorali e amministrativi[modifica | modifica wikitesto]

Presso il vicariato di Roma sono istituiti diversi ambiti «posti sotto il coordinamento dei rispettivi vescovi ausiliari».[17]

  • Ambito della formazione cristiana: Daniele Salera;
  • Ambito per la cura del diaconato, del clero e della vita religiosa: Michele Di Tolve;
  • Ambito per la cura delle età e della vita: Dario Gervasi;
  • Ambito dell'educazione: Daniele Libanori, S.I.;
  • Ambito della diaconia della carità: Benoni Ambăruş;
  • Ambito della Chiesa ospitale e "in uscita": Paolo Ricciardi;
  • Ambito dell'amministrazione dei beni: Baldassare Reina;
  • Ambito giuridico: Baldassare Reina;
  • Servizio della segreteria generale: Baldassare Reina;
  • Servizio per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili: Baldassare Reina.

Chiese, titoli e diaconie[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei titoli cardinalizi e Chiese di Roma.

Le chiese di Roma, il cui nome viene legato ad un cardinale al momento della sua creazione, sono detti titoli cardinalizi: all'interno del territorio del vicariato di Roma si trovano:

  • le chiese titolari o titoli, proprie dei cardinali presbiteri (simbolicamente le chiese degli antichi preti della diocesi di Roma);
  • le chiese diaconali o diaconie, proprie dei cardinali diaconi (simbolicamente le chiese degli antichi diaconi, amministratori della diocesi di Roma).

Nel territorio diocesano sono inoltre presenti moltissime chiese, non necessariamente con il titolo parrocchiale. In particolare si contano:[18]

Vicariato della Città del Vaticano[modifica | modifica wikitesto]

Il Vicariato della Città del Vaticano è stato istituito a seguito della nascita dello Stato della Città del Vaticano, con la firma dei Patti Lateranensi dell'11 febbraio 1929, con la bolla Ex Lateranensi pacto del 30 maggio 1929.[19] Papa Pio XI stabilì che tale incarico fosse assegnato al "Sacrista di Sua Santità", ufficio affidato ad un religioso dell'Ordine di Sant'Agostino, consacrato vescovo con il titolo di Porfireone. Papa Giovanni Paolo II, nel 1991, abolì l'ufficio di Sacrista e assegnò l'incarico di Vicario della Città del Vaticano e delle Ville pontificie di Castel Gandolfo all'arciprete "pro tempore" della basilica di San Pietro.[20]

Al Vicariato vaticano sono soggetti il territorio e i fedeli della diocesi che ricadono sotto la giurisdizione amministrativa dello Stato vaticano; ad esso appartengono due parrocchie: Sant'Anna dei Palafrenieri e San Pietro in Vaticano.

Provincia romana: sedi suburbicarie[modifica | modifica wikitesto]

Le antiche diocesi suffraganee appartenenti alla metropolia di Roma recano il titolo di sedi suburbicarie (dal composto latino sub-urbis, "sottoposto alla città") e sono assegnate in titolo ai cardinali vescovi (simbolicamente gli antichi vescovi suffraganei del Papa), ma rette da vescovi ordinari come tutte le altre diocesi.

La provincia ecclesiastica romana è composta da sette diocesi:

Dal 1962 la sede suburbicaria di Ostia non ha un vescovo residente, ma è unita in amministrazione apostolica alla diocesi di Roma: amministratore apostolico è il vicario per la diocesi di Roma, assistito dal vescovo ausiliare per il settore sud in qualità di vicario generale.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Periodo paleocristiano[modifica | modifica wikitesto]

San Pietro, considerato dalla tradizione il primo vescovo di Roma.

La nascita della comunità cristiana romana[modifica | modifica wikitesto]

La prima menzione certa della presenza di una comunità cristiana a Roma, capitale dell'impero, è la lettera che san Paolo scrisse, probabilmente nell'inverno 57/58 del I secolo, alla locale comunità cristiana per annunciare il suo arrivo (Lettera ai Romani 1,15). Secondo quanto raccontano gli Atti degli Apostoli (28, 16-31), Paolo si recò a Roma nel 61 come prigioniero, per esservi giudicato.

Racconta Svetonio che attorno al 49 l'imperatore Claudio espulse i Giudei da Roma a causa delle agitazioni in seno alla comunità ebraica romana impulsore Chresto, per l'agitazione di Cresto. Benché controversa, alcuni autori identificano Chresto con Cristo.[21] Questo lascerebbe presupporre che la prima presenza cristiana nella capitale fu dovuta a gruppi di ebrei convertiti al cristianesimo e che le dispute e le tensioni fra i due gruppi all'interno della comunità ebraica provocò la reazione di Claudio. Il testo inoltre anticiperebbe di una decina d'anni la testimonianza di una presenza cristiana a Roma.

La tradizione, non anteriore però alla seconda metà del II secolo, riconosce nei santi apostoli Pietro e Paolo i fondatori della Chiesa romana. Tuttavia, nessuno degli autori più antichi che hanno avuto a che fare con Roma (Clemente romano, la lettera di Ignazio ai Romani, Papia di Ierapoli e il Pastore di Erma) accennano a questa tradizione. Secondo Romano Penna, è «altamente improbabile che sia stato Pietro a fondare la chiesa di Roma», che «deve i suoi inizi a degli oscuri evangelizzatori, che vanno identificati genericamente con dei viaggiatori o mercanti provenienti in Italia da Gerusalemme; su questa posizione sono ormai attestati tutti i commentatori odierni».[22]

Ciò non esclude che anche Pietro sia stato a Roma e che vi abbia subito il martirio, come Paolo. La testimonianza più antica del martirio dei due apostoli a Roma, durante la persecuzione ordinata da Nerone, è la lettera di Clemente Romano ai cristiani di Corinto (fine I secolo). La notizia è confermata dal sacerdote romano Gaio, all'inizio del III secolo, la cui testimonianza è contenuta nella Historia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea; si deve a Gaio la prima menzione dell'ubicazione della sepoltura dei due apostoli, Pietro sul colle Vaticano e Paolo lungo la via Ostiense. È da attribuire ad Eusebio la cronologia classica che pone tra il 64 e il 67 la morte dei due apostoli.[23]

La cronotassi dei vescovi di Roma[modifica | modifica wikitesto]

Il più antico catalogo episcopale della Chiesa romana è quello che Ireneo di Lione menziona nel suo Adversus Haereses, scritto verso il 180. Per combattere le teorie eretiche, Ireneo dimostra la continuità della tradizione apostolica attraverso la continuità della successione episcopale: e così, dopo Pietro e Paolo, riporta in successione Lino, Anacleto, Clemente, Evaristo, Alessandro, Sisto, Telesforo, Igino, Pio, Aniceto, Sotero e Eleuterio, contemporaneo di Ireneo.[24]

Dei vescovi da Lino a Pio, eccetto quanto di loro dicono Ireneo e altri autori successivi e quanto verrà scritto molto più tardi nel Liber pontificalis, non si hanno notizie storiche coeve; questo vale anche per Clemente, perché nella lettera ai Corinti, a lui attribuita da una tradizione molto antica, l'autore non si qualifica mai con questo nome. Aniceto è menzionato in una lettera dello stesso Ireneo tramandata da Eusebio di Cesarea, secondo la quale Policarpo di Smirne venne a Roma e si incontrò con Aniceto per discutere sulla datazione della celebrazione della Pasqua, problema che divideva in quel periodo le Chiese dell'Asia da quella di Roma. Circa gli ultimi due nomi della lista di Ireneo, Sotero ebbe uno scambio epistolare con il vescovo Dionisio di Corinto, mentre Eleuterio fu in relazione con lo stesso Ireneo di Lione.[23]

Le opere storiche di Eusebio di Cesarea (prima metà del IV secolo) riportano due cronotassi episcopali dei vescovi di Roma, da Lino, successore degli apostoli, fino a Marcellino (296-304); ad ogni nome, Eusebio assegna anche gli anni di governo pastorale.[25] Un'ulteriore lista è contenuta nel cosiddetto "catalogo liberiano" inserito fra i vari documenti del cronografo del 354 ed arriva fino a Liberio (352-366).

Le persecuzioni[modifica | modifica wikitesto]

Veduta delle catacombe di San Callisto.
Il circo vaticano.
Lo stesso argomento in dettaglio: Catacombe di Roma.

La morte dei due apostoli segnò l'inizio della persecuzione dei cristiani nell'impero romano.

La diffusione della fede cristiana nella capitale dell'Impero rese infatti evidente all'autorità politica l'incompatibilità tra tale credo e la religione romana, in particolare per il fatto che, con il rifiuto del politeismo, il cristianesimo non poteva essere integrato nel sistema religioso di Stato e nel concetto di pax deorum che lo reggeva. A questo si aggiungeva il fatto che il rifiuto del culto imperiale appariva come una sfida all'autorità del princeps, con l'aggravante, rispetto all'ebraismo, che il cristianesimo non risultava essere limitato ad una sola (e ridotta) componente etnica. Il fatto infine che i seguaci di Cristo prendessero particolarmente piede negli strati più bassi della società romana, propugnando anche certi principi di eguaglianza, rendeva questo tipo di culto ancor più sospetto agli occhi dei ceti dominanti e delle autorità.

Quando l'imperatore Nerone imputò il grande incendio di Roma all'azione della setta cristiana, questa venne posta fuori legge e iniziarono le persecuzioni nei confronti di coloro che si rifiutavano di sacrificare agli dei e all'imperatore. La persecuzione di Nerone fu una delle più violente che colpirono la comunità di Roma, segnando in particolare la morte dei due capi: Pietro, crocifisso nel circo del colle vaticano, e Paolo, decapitato Ad Aquaas salvias, il luogo su cui sorge l'attuale abbazia delle Tre Fontane oppure lungo la via Ostiense.

Le persecuzioni, tuttavia, non furono dei fenomeni continui, ma degli eventi circoscritti dipendenti dal contesto politico e dalla personale inclinazione degli imperatori a tollerare o meno il nuovo culto.

Durante tali persecuzioni subirono il martirio praticamente tutti i papi:

Fu in questo periodo che vennero realizzate le catacombe, cimiteri ipogei destinati al culto dei martiri.

La legalizzazione del cristianesimo e la costituzione della Pentarchia[modifica | modifica wikitesto]

La Scala Santa, tradizionalmente ritenuta la scala del pretorio di Ponzio Pilato, portata a Roma da Elena, madre dell'imperatore romano Costantino I.
Lo stesso argomento in dettaglio: Chiesa latina.

A seguito della legittimazione del culto cristiano, con l'editto di Milano emanato dall'imperatore Costantino I nel 313 e della sconfitta di Massenzio, Roma e la sua diocesi furono coinvolte, durante il pontificato di Silvestro I, nell'ampia campagna edilizia avviata dall'imperatore con la costruzione delle prime tre basiliche patriarcali: lateranense, vaticana e ostiense. Libera di operare liberamente e posta sotto la protezione imperiale, la diocesi di Roma crebbe rapidamente in importanza, sia religiosa che politica.

In quest'epoca il primato nella Cristianità era dato alle tre sedi petrine: Roma, Alessandria e Antiochia, che ricoprivano un rango particolare nella Chiesa in quanto risalenti direttamente a Pietro. Le Chiese di lingua latina, cioè quelle presenti nella parte occidentale dell'Impero (Europa occidentale e Nordafrica), furono così particolarmente soggette al Papa di Roma, costituendo la Chiesa latina.

L'antica basilica di San Pietro in Vaticano, eretta per volere dell'imperatore romano Costantino I.

La trasformazione del Cristianesimo in religione ufficiale dell'Impero Romano con l'editto di Tessalonica di Teodosio I rafforzò ancora di più la strutturazione gerarchica della Chiesa e attribuì al vescovo di Roma, come agli altri vescovi, un ruolo formale nell'amministrazione imperiale, accanto ai funzionari civili: in tale ottica è da individuare la coincidenza tra il termine diocesi utilizzato per indicare la circoscrizione vescovile e l'analogo termine diocesi attribuito alle circoscrizioni di province. Così come i governatori provinciali erano sottoposti ai vicari e i viciari ai prefetti del pretorio, altrettanto, dunque, i vescovi erano sottoposti ai metropoliti e i metropoliti ai patriarchi. Il collega di Teodosio, poi, l'imperatore Graziano, lasciò a papa Damaso e ai suoi successori il titolo di Pontefice Massimo, che indicava la massima autorità religiosa romana.

Parallelamente alla suddivisione dell'Impero, la crescente importanza di Costantinopoli-Nuova Roma portò i vescovi di Roma a scontrarsi con le decisioni del Concilio Costantinopolitano I, che aveva elevato la sede episcopale di Bisanzio a patriarcato, assegnandogli l'onore del secondo posto dopo la Chiesa di Roma.

L'organizzazione della Chiesa cristiana si consolidò in quest'epoca sulla cosiddetta Pentarchia, cioè sul governo dei cinque patriarcati: nell'ordine il Patriarcato di Roma, il Patriarcato di Costantinopoli, il Patriarcato di Alessandria, il Patriarcato di Antiochia e il Patriarcato di Gerusalemme. Nel 451, però, la sede romana rifiutò l'approvazione al XXVIII canone del Concilio di Calcedonia che, per l'appunto, poneva Costantinopoli subito dopo Roma, affermando con decisione il primato papale.

Con la caduta nel 476 dell'Impero d'Occidente si venne a creare un vuoto di potere temporaneamente occupato dal Senato e dall'autorità pontificia, essendo il papa l'unico "funzionario imperiale" rimasto in città.

Il dominio bizantino degli imperatori isapostoli e lo Scisma dei Tre Capitoli[modifica | modifica wikitesto]

Tra il VI e il VII secolo Roma e la sua diocesi passarono sotto l'autorità dell'Impero bizantino: l'unione venne decretata con la Prammatica Sanzione "sulle richieste di papa Vigilio". Il dominio bizantino su Roma venne dapprima strutturato in eparchia Urbicaria (580), poi, a partire dal 582, il Ducato Romano, soggetto all'Esarca bizantino d'Italia.

Attorno al 590 papa Gregorio Magno, oltre a sollecitare l'intervento imperiale contro i Longobardi che minacciavano Roma, riordinò il rito romano e l'annesso canto liturgico: il gregoriano. In questo periodo i latifondi della diocesi romana si estesero su ampie porzioni della Sicilia e della Sardegna bizantine.

In questo periodo i vescovi di Roma dovettero affrontare numerose dispute sia di ordine politico che, soprattutto, religioso con gli Imperatori bizantini che, con la loro autorità di Isapostoli legiferavano di frequente sulle materie religiose: se nel VI secolo papa Silverio era morto a sull'isola Palmarola prigioniero di Giustiniano I e il successore Vigilio aveva dovuto piegarsi con la forza e la prigionia al monofisismo dell'imperatore, provocando lo Scisma dei Tre Capitoli delle metropolie di Milano e Aquileia, ancora più di un secolo dopo papa Severino, opponendosi al monotelismo imperiale propugnato nell'editto Ekthesis di Eraclio I, subiva la prigionia e il saccheggio del Laterano nel 640, mentre Martino I, dopo aver rifiutato l'approvazione del nuovo editto monotelita typos di Costante II, moriva in esilio a Cherson, sul Mar Nero.

Il periodo del dominio temporale[modifica | modifica wikitesto]

La nascita del Patrimonio di San Pietro[modifica | modifica wikitesto]

Carlo Magno incoronato imperatore da papa Leone III
Lo stesso argomento in dettaglio: Stato Pontificio.

Il successivo declino del controllo da parte dell'Impero d'Oriente sul territorio di Roma, chiamato Ducato romano, i vescovi dell'Urbe assunsero al ruolo di amministratori del potere temporale. Tale potere venne determinato prima dalla costituzione del Patrimonio di san Pietro, cioè delle proprietà fondiarie della Chiesa romana, poi, nel 728 dalla costituzione del primo nucleo degli Stati della Chiesa, attraverso la donazione di Sutri da parte del Re dei Longobardi Liutprando. Con la definitiva scomparsa del controllo imperiale, la diocesi di Roma estese il proprio potere sull'intero Lazio e su molte altre terre limitrofe grazie a una nuova donazione, questa volta del Re dei Franchi Pipino: con la Promissio Carisiaca il sovrano concedeva il potere su tutti gli territori già appartenuti all'Esarcato d'Italia alla Santa romana Repubblica di Dio. A partire da questo periodo le proprietà della sede romana vennero organizzate in enti territoriali rette dai diaconi della Chiesa romana: i Patrimonia.

Nell'VIII-IX secolo, avvalendosi della falsa Donazione di Costantino e dei complessi intrecci politici con gli Imperatori carolingi, i papi giustificarono e consolidarono il dominio temporale della Santa Sede e al contempo ribadirono le loro aspirazioni al primato universale, divenendo la fonte del potere dei Sacri Romani Imperatori da loro esclusivamente incoronati. La pratica iniziò con la messa di Natale del 25 dicembre 800, quando papa Leone III incoronò Carlo Magno nella basilica vaticana. Fu in questo periodo che i papi iniziarono ad indossare una tiara cinta da una corona, per simboleggiare il potere sullo Stato della Chiesa.

Il saccheggio di San Pietro nell'846 a opera dei Saraceni rese in questo periodo evidente la vulnerabilità del santuario petrino, che sempre più rappresentava, con la tomba del Principe degli Apostoli, il simbolo della supremazia romana. La soluzione fu la costruzione della Città Leonina, quel borgo fortificato che è l'odierna città vaticana, solennemente inaugurata il 27 giugno 852 da papa Leone IV, che la rese città separata da Roma, con propri magistrati e proprio clero. Iniziava così il secolare confronto a distanza tra la basilica e il clero vaticani, simbolo di un papa di dimensione "imperiale", capo della Chiesa universale, e la cattedrale lateranense con il proprio clero, simbolo del papa vescovo e signore di Roma.

La nuova dimensione temporale assunta dalla sede di Roma espose inoltre sempre più i suoi vescovi ai complessi giochi politici in seno al Sacro Romano Impero. Un esempio degli effetti di tale situazione fu nell'897, l'orrendo Sinodo del cadavere, nel corso del quale la salma esumata di papa Formoso venne processata in Laterano dal successore Stefano VI per il sostegno offerto alle pretese imperiali di Arnolfo di Carinzia contro Guido e Lamberto di Spoleto. Sotto i successori di Stefano, tra il 904 e il 963, la Chiesa romana fu preda della spregiudicata politica di donne potenti e corrotte, tra le quali spiccava la senatrice Marozia: moglie del duca Alberico I di Spoleto e sposa in seconde nozze di Ugo di Provenza, re d'Italia, fu cugina e amante di papa Sergio III, madre di papa Giovanni XII e del duca spoletino Alberico II e nonna di papa Giovanni XII. Quest'ultimo venne infine dichiarato indegno e deposto da un concilio indetto per ordine dall'imperatore Ottone I di Germania, appena incoronato a Roma dallo stesso Giovanni. Tale torbido periodo divenne noto come pornocrazia.

Il Grande Scisma con le Chiese ortodosse e le crociate: la creazione dei patriarchi latini[modifica | modifica wikitesto]

Papa Urbano II, illustrazione del XII secolo, autore anonimo

Nel 1054 il Grande Scisma e le reciproche scomuniche tra il papa e il patriarca di Costantinopoli ruppero la comunione tra la Chiesa cattolica, cioè l'insieme delle Chiese che riconoscevano il primato pontificio, e le Chiese ortodosse, cioè le chiese orientali che, seguendo l'esempio del patriarca Michele Cerulario, rifiutavano la sottomissione all'autorità della sede romana. La risposta fu il Dictatus papae di Gregorio VII: l'enunciazione delle supreme prerogative del vescovo di Roma. Nel 1078 in Laterano si tenne un concilio per la definizione delle eresie in materia di Eucaristia.

A partire dal 1095 e per i successivi duecento anni, i vescovi di Roma si fecero propugnatori della liberazione della Terrasanta dal dominio del Califfato islamico. Le Crociate, indette da papa Urbano II e dai suoi successori garantivano l'indulgenza per quanti avessero liberato il Santo Sepolcro e le vie dei pellegrinaggi nella terra di Cristo dagli infedeli. Il controllo latino sulla Palestina e sulle coste della Siria e dell'Armenia Minore, tenuto tra alterne vicende durante questi due secoli, consentì alla Chiesa latina di estendere il proprio controllo sulle aree di pertinenza delle antiche chiese di Gerusalemme e Antiochia, sancito dalla costituzione, nel 1099, dei patriarcati latini Gerusalemme, e di Antiochia, in contrapposizione agli esistenti patriarcati orientali.

Sebbene, poi, a seguito di eventi contrari alle reali intenzioni dei pontefici, cioè a causa della deviazione della Quarta crociata imposta dai Veneziani, la conquista latina di Costantinopoli portò alla creazione, nel 1204, anche di un Patriarcato latino di Costantinopoli, che, per quanto effimero nella sua esistenza territoriale, sopravvisse come titolo per quasi otto secoli. A quel punto, i papi tentarono di ricostituire in forma latina l'antica pentarchia con la creazione, in titolo, del Patriarcato latino di Alessandria.

Durante il pontificato di Urbano II la Chiesa di Roma prese il controllo della Sicilia, che, dopo secoli di controllo bizantino e arabo, venne costituita in Legazia apostolica. Il diritto pontificio sull'isola era costituito dagli ampi patrimonii che, sin dall'epoca di Gregorio Magno, la diocesi di Roma deteneva nella Sicilia e Sardegna allora bizantine. La legazia di Sicilia divenne la fonte del potere dei successivi Re di Sicilia, allorché questi vennero costituiti tali in virtù della concessione feudale del papa, di cui erano dunque vassalli: simbolo di tale condizione era, tra le altre cose, l'omaggio feudale rappresentato dall'invio di una mula bianca ad ogni nuovo pontefice, poi utilizzata durante la cosiddetta cavalcata papale nel corso della cerimonia di presa di possesso del Laterano.

I concili ecumenici Lateranense I, II, III e IV, tenuti a Roma in quest'epoca stabilirono tra l'altro il diritto esclusivo del Papa nella nomina dei vescovi e quello dei cardinali per la nomina del Papa, la conferma del celibato ecclesiastico, il principio della transustanziazione e il primato pontificio.

L'introduzione dell'Anno Santo, la Cattività avignonese e lo Scisma d'Occidente[modifica | modifica wikitesto]

Il Triregno, composto nella sua forma definitiva durante il periodo avignonese.

Durante il pontificato di Bonifacio VIII le aspirazioni universalistiche dei vescovi di Roma giunsero all'apogeo, con l'enunciazione nella bolla Unam Sanctam del principio di supremazia del potere spirituale della Chiesa di Roma, ma su tutti i principi temporali, simboeggiato dalla duplice corona apposta dallo stesso Bonifacio sulla Tiara papale. Nel giugno del 1299 il papa ordinò poi la completa distruzione della città di Palestrina, che perse temporaneamente il titolo di sede suburbicaria. Il 22 febbraio 1300 Bonifacio indisse il primo Anno Santo, con la bolla Antiquorum habet fidem, stabilendone la cadenza secolare. Le aspirazioni del pontefice alla supremazia temporale vennero però stroncate dall'episodio dello Schiaffo di Anagni.

L'aspirazione universalizzante del papato portò tuttavia, come conseguenza immediata per la diocesi romana, il trasferimento della residenza pontificia dal Laterano al Vaticano, che con la presenza della tomba di Pietro, poteva più degnamente trasmettere l'idea del papa "successore di Pietro e Vicario di Cristo".

Nonostante papa Clemente V avesse aggiunto una terza corona alla tiara pontificia, per indicare la propria supremazia anche temporale e creando in tal modo il Triregno, per circa settant'anni i vescovi di Roma, pur mantenendo la titolarità della sede, furono sotto il controllo dei Re di Francia, risiedendo ad Avignone, feudo ecclesiastico in Provenza. Tale periodo, noto come Cattività avignonese, portò ad un indebolimento del controllo pontificio su Roma e sulla sua diocesi e poi, dopo il ritorno dei pontefici nell'Urbe, lo scontro tra francesi e antifrancesi per il controllo del Papato. La conseguenza di tale scontro fu un nuovo scisma, durato dal 1378 al 1417, quando venne finalmente ricomposto.

La Riforma protestante e lo Scisma anglicano[modifica | modifica wikitesto]

La basilica di San Pietro, ricostruita nelle forme attuali a partire dal XVI secolo.

Sempre più impegnati nell'amministrazione universale della Chiesa cattolica e in quella temporale dei possedimenti della Chiesa, i vescovi di Roma presero a delegare con regolarità, a partire dal XVI secolo l'amministrazione della diocesi romana e della stessa città di Roma a dei Vicari Generali che, per l'invalso uso di detenere al contempo il titolo cardinalizio, divennero presto noti con il nome popolare di cardinali vicari.

Nella stessa epoca, a seguito del fallimento del tentativo di riforma ecclesiastica caratterizzato dal Concilio Lateranense V, nell'Europa settentrionale si diffuse la Riforma protestante, una revisione teologica che, opponendosi non solo al primato papale e all'intero sistema clericale, venne dichiarata eretica da papa Leone X. Anche la Chiesa d'Inghilterra si staccò dalla comunione con Roma rifiutando il primato papale e dichiarando il Re d'Inghilterra proprio capo supremo: era lo Scisma anglicano.

Alla fine del Cinquecento i vescovi di Roma si dotarono di una nuova residenza, il Palazzo del Quirinale, posto in posizione più salubre rispetto alla Città Leonina e soprattutto più defilato rispetto ai flussi di pellegrini diretti a San Pietro.

La Controriforma[modifica | modifica wikitesto]

La reazione della Chiesa di Roma e delle Chiese con lei in comunione fu la un'ampia revisione della struttura della Chiesa cattolica, nota come Controriforma. Tra le altre cose, il Concilio di Trento estese il rito romano nella Chiesa latina, abrogando tutti i riti che avessero un'antichità inferiore ai duecento anni.

Nel 1824 papa Leone XII, con la lettera apostolica Super universam[27] del 1º novembre, procedette ad una riorganizzazione delle parrocchie romane e ad una loro ridefinizione territoriale; delle 72 parrocchie esistenti ne soppresse 37 e ne istituì 9 nuove, per un totale di 44 parrocchie. Furono erette a nuove parrocchie le seguenti chiese: Santa Maria Maggiore, Sant'Adriano al Foro Romano, Santa Maria ai Monti, San Giacomo in Augusta, San Rocco, Santa Maria della Nazione Picena, Santa Lucia del Gonfalone, Santa Dorotea e San Bernardo alle Terme. Con la stessa bolla, il pontefice istituì il Tabularium Vicariatus Urbis[28], l'attuale archivio storico diocesano, per la conservazione dei registri parrocchiali romani.[29]

Leone XII indisse anche una "visita apostolica"[30] della città e delle chiese della diocesi, con la bolla Cum primum del 31 maggio.[31]

Nella seconda metà del XIX secolo il primo concilio ecumenico vaticano sancì il principio dell'infallibilità pontificia.

Dal 1870 a oggi[modifica | modifica wikitesto]

Piazza San Pietro e la linea bianca che segna il confine di Stato tra la Città del Vaticano e la Repubblica Italiana.
Lo stesso argomento in dettaglio: Legge delle Guarentigie, Patti lateranensi e Città del Vaticano.

Dopo la breccia di Porta Pia e la conquista di Roma da parte del Regno d'Italia, nel 1871, ebbe fine il potere temporale dei Papi, ma non lo status di personalità giuridica nel diritto internazionale per la sede episcopale romana. Nonostante i papi si considerassero prigionieri politici, il Regno d'Italia garantì l'autonomia e l'inviolabilità vaticana e della Chiesa romana attraverso la legge delle Guarentigie, fino al 1929, quando, con i Patti lateranensi venne costituito lo Stato della Città del Vaticano: uno Stato indipendente soggetto alla sovranità assoluta della Santa Sede, rappresentata dal papa.

Le riforme di Pio X[modifica | modifica wikitesto]

L'avvento sulla cattedra vescovile romana di papa Pio X rappresenta un punto di rinnovamento per l'intera diocesi di Roma ed incide profondamente nella vita religiosa della città. Con tutta una serie di interventi, che si susseguono a ritmo incalzante, «si ha l'impressione che la diocesi di Roma venga risvegliata da una situazione di stasi e quasi di decadenza in cui si trovava da tempo… L'opera riformatrice di Pio X come vescovo di Roma si svolge secondo un piano più razionale e organico, e tocca i punti nevralgici della vita diocesana, cioè il clero e le parrocchie».[32]

La visita apostolica (1904-1907)[modifica | modifica wikitesto]

Poco più di sei mesi dopo la sua elezione Pio X indisse una visita apostolica[33] alla diocesi di Roma con la bolla Quum arcano Dei consilio dell'11 febbraio 1904[34], ottant'anni dopo l'ultima visita indetta da Leone XII, con lo scopo di riformare il clero e la vita religiosa delle parrocchie romane e per rendersi conto dei veri problemi della città e prendere gli opportuni provvedimenti.

Per l'occasione fu istituita una speciale commissione presieduta dal cardinale vicario Pietro Respighi e composta da una ventina di persone tra vescovi, religiosi, e prelati della Curia romana, a cui Pio X concesse speciali facoltà per l'esecuzione del loro lavoro e lo svolgimento della visita.[35] Essa ebbe inizio la mattina del 10 aprile con una solenne celebrazione nella basilica patriarcale lateranense. Il cardinale vicario guidò personalmente la visita alle basiliche patriarcali e alle parrocchie romane, mentre agli altri componenti della commissione spettò il compito di visitare le altre chiese, le case religiose, le istituzioni scolastiche. La visita durò tre anni ed ebbe termine nel 1907.

Per un'indagine a tappeto della situazione religiosa della diocesi, furono preparati dei questionari inviati ad ogni parrocchia, rettoria, monastero, convento, scuole e ad ogni altra istituzione religiosa e cattolica della città; le risposte dovevano pervenire in Vaticano alla Congregazione della visita apostolica. In questo modo «la visita del 1904 ha dato a papa Sarto l'occasione di intervenire, in modo decisivo, nel governo della diocesi e di dare delle direttive in conformità alle esigenze e ai problemi nuovi di una città»[36] profondamente modificata dopo il 1870.

La riforma delle parrocchie[modifica | modifica wikitesto]
La chiesa di San Gioacchino in Prati che, assieme a Santa Maria Nova, furono le prime due parrocchie istituite da Pio X nel 1905.

Già papa Leone XIII, negli ultimi anni del suo pontificato, aveva istituito una commissione per la riforma delle parrocchie romane «troppe di numero, mal ripartite e peggio assistite».[37] La visita apostolica permise a Pio X di avere un quadro completo della situazione e di apportare le appropriate modifiche. Nel 1904 la diocesi comprendeva 58 parrocchie, di cui due, San Bartolomeo all'Isola e i Santi Marcellino e Pietro a Torpignattara, avevano qualche centinaio di abitanti, mentre altre superavano le 20.000 unità, e la parrocchia di San Giovanni in Laterano i 40.000 fedeli.[38]

La commissione di Leone XIII aveva già predisposto un piano di riforma, distinguendo le parrocchie della città in tre settori concentrici: quelle del centro storico all'interno delle mura aureliane; quelle adiacenti alle mura, ma fuori dal centro storico e quelle esterne dell'agro romano. Pio X approvò il piano leoniano e, d'accordo con il Governo italiano, per contenere le spese, decise di trasferire i titoli giuridici e le rendite delle parrocchie soppresse a quelle nuove. Secondo la testimonianza, resa al processo di beatificazione del pontefice da Francesco Faberj, segretario del vicariato ed attuatore esecutivo della riforma, il criterio seguito da Pio X «in tutto lo svolgersi di questa riforma o riordinamento delle parrocchie era quello soltanto del bene delle anime. Si studiò quindi il problema dal lato topografico e demografico, per stabilire quante parrocchie fossero necessarie e dove stabilire la chiesa parrocchiale…»[39]

Il primo atto di riforma si ebbe il 1º giugno 1905 con la lettera apostolica Almae Urbis Nostrae[40], con la quale il pontefice soppresse le parrocchie di San Tommaso in Parione e di Santa Lucia del Gonfalone ed eresse le parrocchie di Santa Maria Nova e di San Gioacchino ai Prati. Decreti simili furono pubblicati lungo tutto il pontificato di Pio X e alla sua morte erano già pronte le somme necessarie o il terreno già acquistato per le altre parrocchie previste dal progetto iniziale.

Nel complesso, la riforma portò alla soppressione di 15 parrocchie nel centro storico e alla costituzione di 16 nuove parrocchie in periferia e nei quartieri che si stavano sviluppando.[41] Per la costruzione di nuove chiese parrocchiali e per la ristrutturazione e l'adeguamento di vecchie chiese diventate parrocchie furono spesi complessivamente 12 milioni di lire.[42]

La riforma della catechesi[modifica | modifica wikitesto]

L'opera di rinnovamento introdotta da Pio X si estese anche alla catechesi. All'inizio del suo pontificato, il papa introdusse l'abitudine di accogliere in Vaticano, nei pomeriggi delle domeniche, gruppi di fedeli delle parrocchie romane per impartire loro lezioni di catechismo sul vangelo festivo.

A Roma e nel Lazio era ancora in vigore il catechismo di Roberto Bellarmino (XVII secolo), aggiornato ai tempi di papa Leone XIII (1901), mentre nel resto dell'Italia si stavano diffondendo nuovi testi di catechismo, approvati dalle autorità ecclesiastiche. Inoltre a Roma era invalsa l'abitudine di non insegnare il catechismo in parrocchia, ma di demandare questo compito a particolari istituti religiosi della città, dove i bambini si preparavano in massa a ricevere i sacramenti dell'iniziazione cristiana; l'aumento demografico della città e la difficile dislocazione di questi istituti impediva a molti ragazzi di accedere ai sacramenti. Il 12 gennaio 1905 Pio X scrisse una lettera al cardinale vicario Respighi per imporre ai parroci l'obbligo e il dovere di preparare i bambini nella propria parrocchia.[43]

Dopo la pubblicazione dell'enciclica Acerbo Nimis per la riforma della catechesi, il pontefice fece preparare un sussidio, pubblicato con il titolo di Compendio della dottrina cristiana prescritto da Sua Santità Papa Pio X alle diocesi della provincia di Roma. Con lettera al cardinale Respighi del 14 giugno 1905, il pontefice impose l'obbligo del nuovo testo «per l'insegnamento pubblico e privato nella Diocesi di Roma e in tutte le altre della Provincia Romana».[44]

Le critiche e le osservazioni giunte su questo testo, e le nuove disposizioni sull'età della prima comunione, imposero ben presto un rifacimento del Compendio. Nacque così quello che in seguito fu conosciuto come Catechismo di Pio X, costituito in realtà da due testi: il Catechismo della dottrina cristiana e i Primi elementi della dottrina cristiana, pubblicati verso la fine di novembre 1912. Con lettera al cardinale vicario del 18 ottobre 1912, Pio X rese obbligatori per la diocesi di Roma e le sue suffraganee questi due catechismi «senza mutazione di parola», con il divieto «che d'ora innanzi nell'insegnamento catechistico si segua altro testo».[45]

La riforma della disciplina ecclesiastica e del seminario romano[modifica | modifica wikitesto]
Il palazzo dell'Apollinare, sede del Seminario Romano dal 1824 al 1848 e dal 1850 al 1913.

Tra i motivi che indussero Pio X a indire la visita apostolica nel 1904 c'era anche la riforma del clero romano. L'anno successivo il pontefice prese precise disposizioni per regolamentare la presenza e la residenza a Roma di seminaristi, chierici e clero extradiocesano, presenti numerosi nella città.[46] In una lettera al cardinale vicario Respighi del 6 agosto 1905[47] stabilì che nessun prete o chierico poteva stabilirsi in diocesi senza una formale e motivata richiesta, senza il permesso del suo vescovo d'origine e senza il nulla osta rilasciato dal Vicariato; a chi non ottemperava a queste disposizioni era vietato l'esercizio del ministero pastorale.

Nell'ottobre del 1903 il cardinale Respighi istituì una speciale commissione per la direzione del ministero sacerdotale a Roma, con lo scopo di conoscere il clero e di vigilarne lo spirito e l'attività.[48] Con la riforma delle parrocchie, Pio X era intenzionato non solo a rivedere territorialmente la loro giurisdizione, ma anche e soprattutto cercare e formare personale adatto e preparato per l'attività parrocchiale, lavoro poco bramato dai giovani preti, che ambivano piuttosto a posti nella Curia romana o negli uffici del Vicariato.[49] Nel dicembre 1904, il papa impose l'obbligo per il clero secolare romano degli esercizi spirituali da compiersi ogni tre anni; a chi non adempiva a questo obbligo, non veniva rinnovato il permesso di celebrare la messa o di ascoltare le confessioni.[50] Furono emanate anche nuove disposizioni per la predicazione nel territorio della diocesi, previo un apposito esame e la necessaria autorizzazione del cardinale vicario.[51] Nel 1908 fu vietato al clero romano di frequentare i teatri o assistere a spettacoli cinematografici; la pena ai contravventori giungeva fino alla sospensione a divinis.[52]

L'impegno maggiore fu profuso da Pio X per la riforma degli studi ecclesiastici e dei seminari romani, nel contesto della generale riforma dei seminari italiani introdotta dal pontefice con le disposizioni del 1907[53], 1908[54] e 1912[55]. A Roma esistevano sette seminari per la formazione del clero locale, tra cui il Seminario Pio, il Seminario Vaticano, il Collegio Capranica e il Seminario romano, il più importante seminario della diocesi, che all'epoca aveva sede nel palazzo dell'Apollinare, adiacente alla basilica omonima. Pio X decise la costruzione di una nuova sede per il Seminario Romano, presso la basilica lateranense, inaugurata nel mese di novembre 1913. Contestualmente il pontefice istituì una commissione di cardinali per studiare un progetto di riforma dei seminari di Roma e la fattibilità della loro unificazione. Frutto dei lavori della commissione è la costituzione apostolica In praecipuis pubblicata il 29 giugno 1913.[56] La costituzione decise la divisione del Seminario Romano in seminario minore e seminario maggiore e la soppressione dei vari seminari ad eccezione del Leonino, del Vaticano e del Capranica. Successivi documenti pontifici regolarono la vita interna del seminario maggiore, il programma di studi, con particolare vigilanza sulla formazione dei professori e sui testi utilizzati, nel contesto della lotta che la Santa Sede stava sostenendo in quel frangente storico contro il modernismo teologico.[57]

La riforma del Vicariato[modifica | modifica wikitesto]
Il cortile del palazzo Maffei Marescotti in via della Pigna, acquistato dal Vaticano come nuova sede del vicariato e della curia diocesana.

«L'organizzazione della curia diocesana di Roma si presentava, agli inizi del Novecento, in uno stato di inadeguatezza alle necessità dei tempi. L'autorità e la giurisdizione del cardinale Vicario erano limitate della molteplicità delle esenzioni e dei privilegi».[58] Fin dagli inizi del suo pontificato nel 1905, Pio X, nell'intento di costituire una vera curia diocesana come qualsiasi altra diocesi, incaricò il segretario del Vicariato Francesco Faberj di preparare un progetto di riforma, basato sull'eliminazione della giurisdizione di altri cardinali e dei vari enti religiosi o laici e sulla nascita di un vero e proprio governo diocesano; il progetto tuttavia fu abbandonato ben presto, come pure il tentativo di dare una nuova sede agli uffici del Vicariato, in sostituzione delle anguste camere in piazza Sant'Agostino.

Il progetto di riforma fu ripreso negli anni 1908-1912 affidato al cardinale Gaetano De Lai e portò alla pubblicazione della costituzione apostolica Etsi nos del 1º gennaio 1912[59], con la quale il pontefice riformò, per la prima volta in modo sistematico, il Vicariato di Roma. Esso veniva suddiviso in quattro uffici, a capo dei quali era posto il cardinale vicario coadiuvato da quattro prelati, ognuno preposto ad uno dei nuovi uffici: 1º culto divino e visita apostolica; 2º disciplina del clero e del popolo cristiano; 3º affari giudiziari; 4º amministrazione economica. Il regolamento, che sopprimeva l'ufficio dell'arcivescovo vicegerente, prevedeva la nomina di un sacerdote, incaricato in modo speciale della cura pastorale dell'agro romano[60]; stabiliva la costituzione di un gruppo di parroci incaricati di vigilare sulla catechesi e di promuoverla[61]; venivano abolite le giurisdizioni particolari di cardinali ed enti ecclesiastici.

Il Vicariato ebbe anche una nuova e più consona sede nel palazzo Maffei Marescotti in via della Pigna, acquistato dal Vaticano per 80.000 lire.[62]

La diocesi in epoca post-conciliare[modifica | modifica wikitesto]

Il 25 gennaio 1959 papa Giovanni XXIII, in un'allocuzione ai cardinali[63], annunciò la convocazione di un concilio ecumenico, il Concilio Vaticano II, ed insieme la convocazione di un sinodo per la diocesi di Roma. Era la prima volta che un sinodo veniva celebrato nella diocesi del papa. Preparato nei mesi successivi all'annuncio, fu celebrato da domenica 25 gennaio 1960 al sabato successivo, 31 gennaio.[64] «Il sinodo di Roma di papa Roncalli promulgò il codice diocesano in concordanza e adeguamento alle situazioni particolari di ogni diocesi, traducendo a livello locale norme più generali. La partecipazione al sinodo era prevista attiva nella fase preparatoria mentre la celebrazione doveva consistere nell'ascolto da parte del clero convocato della lettura delle costituzioni, che cadevano sotto la sola autorità del vescovo "unicus legislator"[65]

Nel luglio del 1961 vennero nominati, per la prima volta, due vescovi ausiliari. Nel febbraio del 1966, al momento della divisione della diocesi in settori, ne vennero aggiunti altri due.

Dal 1962 la diocesi di Ostia è amministrata dai vescovi di Roma, tramite il vicario generale per la diocesi di Roma.

Papa Paolo VI è stato il primo vescovo ad effettuare visite non occasionali alle parrocchie di Roma. Nel 1966, in ottemperanza ad alcune decisioni del primo sinodo romano, con il motu proprio Romanae Urbis[66], ha provveduto ad organizzare territorialmente la diocesi in cinque settori, ognuno affidato ad un vescovo ausiliare. Inoltre, nel 1977, con la costituzione apostolica Vicariae potestatis in Urbe procedette alla riforma del vicariato, in applicazione delle decisioni del concilio Vaticano II.[67]

Nel 1978, per la prima volta dopo oltre quattro secoli, Roma ha avuto un vescovo straniero, il polacco Giovanni Paolo II, che fin dall'inizio del suo ministero si presentò come "vescovo di Roma". Nel suo lungo episcopato si impegnò in modo sistematico alla visita delle parrocchie romane, visitandone 301 su un totale di 333.[68] Rinnovò ulteriormente il vicariato di Roma con la costituzione apostolica Ecclesia in Urbe[69], e celebrò un secondo sinodo diocesano tra ottobre 1992 e maggio 1993[70].

Tra il 1946 e il 1965 furono ridefiniti i confini tra la diocesi di Roma e le diocesi suburbicarie di Ostia[71] e di Porto-Santa Rufina[72]. Il 7 marzo 2005 la diocesi ha incorporato il territorio dell'abbazia territoriale di San Paolo fuori le mura, che ha perso il privilegio della territorialità. Un'ulteriore modifica del confine con la diocesi di Ostia si è verificata nel 2012.[73]

Il 28 febbraio 2013, per la prima volta dopo diversi secoli, un papa, Benedetto XVI, ha dato le dimissioni da vescovo di Roma.[74]

Cronotassi[modifica | modifica wikitesto]

Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.

Cronotassi dei vescovi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Lista dei papi.

Cronotassi dei vicari per la Città del Vaticano[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Vicario generale per la Città del Vaticano.

Cronotassi dei vicari per la diocesi di Roma[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Vicario generale per la diocesi di Roma.

Cronotassi dei vicegerenti[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Vicegerente della diocesi di Roma.

Statistiche[modifica | modifica wikitesto]

La diocesi nel 2022 su una popolazione di 3.175.800 persone contava 2.602.740 battezzati, corrispondenti all'82,0% del totale.

anno popolazione presbiteri diaconi religiosi parrocchie
battezzati totale % numero secolari regolari battezzati per presbitero uomini donne
1970 ? 2.650.002 ? 4.729 1.369 3.360 ? 3.360 15.800 245
1980 2.694.871 2.766.000 97,4 5.136 1.636 3.500 524 5.230 16.800 293
1990 2.614.000 2.690.000 97,2 5.135 1.635 3.500 509 29 5.189 20.000 320
1999 2.591.000 2.669.961 97,0 7.781 3.451 4.330 332 64 5.878 21.500 329
2000 2.588.000 2.667.451 97,0 5.891 1.561 4.330 439 61 5.878 25.000 331
2001 2.587.720 2.667.166 97,0 5.867 1.537 4.330 441 61 5.932 21.500 335
2002 2.454.000 2.530.023 97,0 5.331 1.681 3.650 460 78 4.478 22.000 334
2003 2.454.000 2.787.206 88,0 5.410 1.760 3.650 453 84 5.605 22.000 333
2004 2.454.000 2.787.206 88,0 5.390 1.740 3.650 455 88 5.630 21.900 333
2010 2.473.000 2.816.706 87,8 4.922 1.631 3.291 502 116 4.875 22.500 336
2011 2.348.905 2.864.519 82,0 4.894 1.589 3.305 479 114 4.925 22.705 336
2013 2.365.923 2.885.272 82,0 4.834 1.574 3.260 489 122 4.952 22.775 334
2014 2.365.923 2.885.272 82,0 4.834 1.574 3.260 489 122 4.952 22.775 334
2016 2.351.057 2.867.143 82,0 4.660 1.542 3.118 504 125 4.820 22.740 334
2017 2.355.984 2.873.152 82,0 3.702 1.524 2.178 636 133 3.870 22.770 334
2019 2.607.995 3.180.482 82,0 3.693 1.508 2.185 706 131 3.879 22.710 334
2020 2.603.000 3.174.440 82,0 3.769 1.574 2.195 691 137 3.938 22.720 335
2022 2.602.740 3.175.800 82,0 3.173 1.353 1.820 820 135 3.562 22.710 332

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Vescovo titolare di Acque di Mauritania.
  2. ^ Vescovo titolare di Subaugusta.
  3. ^ Vescovo titolare di Tronto.
  4. ^ Vescovo titolare di Gabi.
  5. ^ Vescovo titolare di Tituli di Proconsolare.
  6. ^ Vescovo titolare di Orrea.
  7. ^ Codice di Diritto Canonico, canone 331.
  8. ^ Ecclesia in Urbe, art. 8.
  9. ^ Ecclesia in Urbe, art. 10.
  10. ^ Art. 8 Ecclesia in Urbe, su vatican.va. URL consultato il 27 marzo 2021.
  11. ^ Nota giuridico-pastorale "La Prefettura", Rivista diocesana di Roma, 1994, p. 1463.
  12. ^ Elenco dei prefetti Archiviato il 3 marzo 2016 in Internet Archive. dal sito del Vicariato di Roma.
  13. ^ In ecclesiarum communione, articoli 21-24.
  14. ^ In ecclesiarum communione, articolo 21.
  15. ^ In ecclesiarum communione, articolo 23 §1.
  16. ^ In ecclesiarum communione, articolo 23 §3.
  17. ^ In ecclesiarum communione, articolo 33.
  18. ^ Dati dal sito web della diocesi.
  19. ^ (LA) Bolla Ex Lateranensi pacto, AAS 21 (1929), pp. 309-311.
  20. ^ Chirografo Per la cura spirituale nella città del Vaticano.
  21. ^ I primi Cristiani a Roma, www.antiqvitas.it
  22. ^ Romano Penna, L'origine della chiesa di Roma e la sua fisionomia.
  23. ^ a b Manlio Simonetti, L'età antica, Enciclopedia dei Papi, 2000.
  24. ^ Duchesne, Le Liber pontificalis…, vol. I, pp. I-II.
  25. ^ Duchesne, Le Liber pontificalis…, vol. I, p. V.
  26. ^ Mandato in esilio già nel 97, sotto il regno di Nerva.
  27. ^ Papa Leone XII, Super nova paroeciarum Almae Urbis ordinatione, Roma, 1824.
  28. ^ Diocesi di Roma. Archivio storico diocesano Archiviato il 13 marzo 2016 in Internet Archive., SAN - Sistema archivistico nazionale.
  29. ^ Bolla Super universam, p. 10: «...mandamus ut ... constituatur generale Tabularium, in quo libri omnes Parochiales adserventur».
  30. ^ La visita apostolica a Roma è l'equivalente di una visita pastorale nelle altre diocesi della Chiesa cattolica.
  31. ^ Bolla Cum primum, in Bullarii romani continuatio, vol. XVI, Roma, 1854, pp. 61-62.
  32. ^ Iozzelli, Roma religiosa all'inizio del Novecento, pp. 319-320.
  33. ^ «La visita apostolica designa a Roma quella che altrove è la visita pastorale, raccomandata dal concilio di Trento ai vescovi» (Iozzelli, Roma religiosa all'inizio del Novecento, p. 49; Fiorani, Le visite apostoliche del Cinque-Seicento, e la società religiosa romana, in "Ricerche per la storia religiosa di Roma" 4, 1980, pp. 55-56).
  34. ^ ASS 36 (1903-04), pp. 532-535.
  35. ^ Breve apostolico Quae nostra del 3 marzo 1904 (ASS 36, 1903-04, pp. 535-543).
  36. ^ Iozzelli, Roma religiosa all'inizio del Novecento, p. 58.
  37. ^ Iozzelli, Roma religiosa all'inizio del Novecento, p. 47.
  38. ^ L'elenco delle parrocchie e il numero complessivo degli abitanti per ogni parrocchia in: Iozzelli, Roma religiosa all'inizio del Novecento, pp. 61-62.
  39. ^ Iozzelli, Roma religiosa all'inizio del Novecento, p. 66.
  40. ^ ASS 38 (1905-06), pp. 532-535.
  41. ^ L'elenco delle nuove parrocchie e di quelle soppresse in: Iozzelli, Roma religiosa all'inizio del Novecento, pp. 68-69.
  42. ^ Iozzelli, Roma religiosa all'inizio del Novecento, p. 69.
  43. ^ ASS 37 (1904-1905), pp. 425-432.
  44. ^ ASS 38 (1905-1906), pp. 129-131.
  45. ^ Epistola Fin dai primordi, AAS 4 (1912), pp. 690-692.
  46. ^ Sulla situazione e la condotta di questi preti: Iozzelli, Roma religiosa all'inizio del Novecento, pp. 195-211.
  47. ^ Lettera Il vivissimo desiderio, ASS 38 (1905-06), pp. 67-70.
  48. ^ Iozzelli, Roma religiosa all'inizio del Novecento, p. 176.
  49. ^ Iozzelli, Roma religiosa all'inizio del Novecento, p. 177.
  50. ^ (LA) Lettera Experiendo plus satis, ASS 37 (1904-05), pp. 420-425.
  51. ^ (LA) Notificatio Qua Cardinal, ASS 38 (1905-06), pp. 187-188 e (LA) Normae pro examinibus Concionatorum Urbis, ASS 38 (1905-06), pp. 415-416.
  52. ^ Vicariato di Roma, Decreto Una delle principali, AAS 1 (1909), pp. 600-601.
  53. ^ Sacra Congregazione dei vescovi e dei regolari, Programma generale studiorum a Pio PP. X approbatum pro omnibus Italiae Seminariis, ASS 40 (1907), pp. 336-343.
  54. ^ Normae ad instaurandam institutionem et disciplinam in Seminariis Italiae a SS. D. N. Pio PP. X approbatae, ASS 41 (1908), pp. 212-242.
  55. ^ Sacra Congregazione Concistoriale, Lettera circolare Le Visite apostoliche, AAS 4 (1912), pp. 491-498.
  56. ^ (LA) Costituzione apostolica In praecipuis, AAS 5 (1913), pp. 297-300.
  57. ^ Iozzelli, Roma religiosa all'inizio del Novecento, pp. 143 e seguenti.
  58. ^ Iozzelli, Roma religiosa all'inizio del Novecento, p. 104.
  59. ^ Costituzione apostolica Etsi nos, AAS 4 (1912), pp. 5-22.
  60. ^ Etsi nos, nº 57.
  61. ^ Etsi nos, nnº 52-53.
  62. ^ Iozzelli, Roma religiosa all'inizio del Novecento, p. 107.
  63. ^ Testo dell'allocuzione dal sito del vaticano.
  64. ^ Atti del sinodo, in latino e in italiano, in: AAS Prima Synodus Dioecesana, AAS 52 (1960), pp. 177-319.
  65. ^ Maria Teresa Fattori, Sinodi, assemblee, convegni ecclesiali, Cristiani d'Italia (2011).
  66. ^ Motu proprio Romanae Urbis, AAS 58 (1966), pp. 115-118.
  67. ^ Testo della costituzione apostolica dal sito del Vaticano.
  68. ^ Dati statistici del Pontificato di Giovanni Paolo II dalla Sala Stampa Vaticana.
  69. ^ Testo della costituzione apostolica dal sito del Vaticano.
  70. ^ Testo online del Libro del Sinodo Archiviato il 28 aprile 2016 in Internet Archive. della diocesi di Roma.
  71. ^ (LA) Sacra Congregazione Concistoriale, Decreto Perantiquae, AAS 40 (1948), pp. 341-342.
  72. ^ (LA) Sacra Congregazione Concistoriale, Romanus populus, AAS 38 (1946), pp. 207-208; Id., Decreto Cum Romana, AAS 46 (1954), pp. 504-506; Id., Decreto Quo aptius, AAS 57 (1965), pp. 539-540.
  73. ^ (LA) Congregazione per i vescovi, Decreto Quo aptius, AAS 105 (2013), pp. 224–225.
  74. ^ Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede: Declaratio del Santo Padre Benedetto XVI sulla sua rinuncia al ministero di Vescovo di Roma.

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