Erbario

Una pagina del De materia medica di Dioscoride di Anazarbo, copia del VII secolo della Biblioteca Nazionale di Napoli, Cod. Gr. 1

Nella parola erbario confluiscono due definizioni diverse, seppur storicamente e concettualmente legate tra loro: da una parte un compendio che descrive più o meno riccamente il regno vegetale (herbarium o hortus siccus[1]); dall'altra, un edificio atto a ospitare una o più collezioni di campioni secchi (exsiccata).

Horti sicci[modifica | modifica wikitesto]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La confidenza che l'uomo ha stabilito progressivamente con il mondo vegetale lo ha portato inizialmente ad avvicinare le piante per inquadrarle in una rudimentale classificazione per commestibilità o tossicità, quindi a osservarne macroscopicamente i cicli vitali, infine alla domesticazione, conoscenza di virtù, proprietà medico-farmacologiche, dettagli sui cicli biologici. Un esempio di questa crescente quotidianità delle piante già negli stadi più arcaici della civilizzazione è nelle tombe egizie del III millennio a.C.: raffigurazioni di palme, fichi, piante da fiore. Una prima summa riconosciuta di queste conoscenze empiriche si ebbe durante il periodo greco-romano.

Erbari greco-romani[modifica | modifica wikitesto]

La nascita della filosofia giocò un ruolo fondamentale nella stesura di queste prime raccolte probabilmente già nel VI-V sec a.C.[2]: le domande che l'uomo si poneva sempre più insistentemente sull'ordine e origine dell'universo lo portarono alla ricerca e all'osservazione anche del mondo vegetale, dalla morfologia alle proprietà alimentari e medicinali. Le conoscenze così accumulate mescolavano elementi di mera natura botanica ad altri farmaceutici, il che riflette la visione non disgiunta dei due aspetti, da quanto si deduce già da una delle prime raccolte ritrovate attribuita a Teofrasto[3] (371 a.C. – 286 a.C.), che descrisse circa cinquecento piante nelle sue due opere Historia Plantarum[4] e De Causis Plantarum.

Dal Medioevo a oggi[modifica | modifica wikitesto]

Nel medioevo si trattava di una particolare categoria di libri che raccoglievano brevi descrizioni, spesso a carattere medico, e descrivevano le virtù delle piante. Si chiama erbario anche una collezione di piante o di parti di piante essiccate e pressate accuratamente, individuate e classificate scientificamente, utilizzata per studi botanici.

Attualmente il termine erbario indica sia una raccolta di piante essiccate (exiccata), sia una struttura museale dedicata alla raccolta completa e sistematica delle specie, opportunamente essiccate e ordinate in modo da poter essere conservate e consultate. Le istituzioni di tutto il mondo sono censite nell'Index Herbariorum: più di 3000 sedi, che ospitano 273 milioni di esemplari, di cui circa 120 in Italia, che conservano 9 milioni di esemplari.[5]

Altre raccolte, simili per l'impostazione ma di diverso argomento, sono i lapidari (che raccoglievano le proprietà delle rocce e dei minerali) e i bestiari (che descrivevano gli animali, o bestie).

Erbari[modifica | modifica wikitesto]

Anticamente l'erbario era un libro, spesso ricco di illustrazioni miniate, che descriveva il petto, le proprietà medicinali e altre caratteristiche (semina, raccolta...) delle piante usate in medicina (erbari figurati). Il primo erbario conosciuto è quello di Dioscoride di Anazarbo, un medico della Cilicia che nel I secolo d.C. arrivò a Roma e scrisse la sua principale opera: De materia medica.

Questo codice, prototipo di tutti gli erbari successivi, fu in realtà uno dei libri più copiati del medioevo: ci sono pervenute numerosissime copie. La più antica è del 515: il Dioscoride di Vienna è l'erbario più antico pervenutoci, ed è corredato da illustrazioni di grande realismo.

Già nelle copie del De materia medica del X secolo, le illustrazioni risultano molto più grossolane. Si iniziarono invece secondo la consuetudine medievale ad adattare i contenuti. Venivano aggiunti nuovi esemplari locali (soprattutto nel Nord Europa e in Inghilterra), e specie legate a particolari mitologie (come la mandragora).

Particolarmente pregiati sono poi alcuni erbari medievali prodotti nelle Fiandre, dove spicca già l'attenzione al dettaglio e al realismo che caratterizza l'arte fiamminga e olandese del rinascimento.

Verso la fine del XV secolo compare l'uso di porzioni di piante o di intere piante essiccate (hortus siccus) che sostituiscono le raffigurazioni.

Erbari come raccolta di campioni[modifica | modifica wikitesto]

Le varie fasi della costruzione di un erbario comprendono:

  • La raccolta dei campioni che devono possedere tutte le parti necessarie per la determinazione.
  • Il processo di essiccazione dei campioni tramite la compressione degli stessi tra due fogli di carta assorbente. Il processo è completo quando le piante sono rigide e perfettamente asciutte.
  • L'etichettatura dei campioni essiccanti. L'etichetta prevede l'inserimento di varie informazioni tra cui:
    • la denominazione scientifica della specie
    • la posizione sistematica
    • la data di raccolta
    • il luogo di raccolta, con quota s.l.m. e possibilmente le coordinate geografiche
    • l'habitat
    • il raccoglitore
    • il determinatore
    • informazioni riguardanti le dimensioni, il colore delle foglie, la forma e le dimensioni dei fiori insieme ad altri particolari.
  • La protezione periodica delle piante dagli insetti e dai parassiti tramite fumigazione con insetticidi o repellenti.

Gli esemplari, che vengono poi montati su fogli di carta bianca rigida dopo l'etichettatura, vengono poi collocati in una custodia protettiva. Alcuni gruppi di piante sono morbidi, voluminosi, o comunque non suscettibili di essiccazione e non adatti alla stesura su fogli. Per queste piante, possono essere utilizzati altri metodi di preparazione e conservazione.

Curiosità[modifica | modifica wikitesto]

Un erbario con quasi 600 esemplari fu dipinto nel XVII secolo sul soffitto della chiesa dell'Abbazia di Monte San Michele a Bamberga in Germania.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Guido Moggi, "Origine ed evoluzione storica dell'erbario", in Herbaria. Il grande libro degli erbari italiani. Per la ricerca tassonomica, la conoscenza ambientale e la conservazione del patrimonio naturale, Nardini, 2012.
  2. ^ G. Maggi, op. cit..
  3. ^ Enciclopedia Treccani, Teofrasto, su academia.edu.
  4. ^ Annibale Mottana, Prima traduzione italiana di Teofrasto per Ferrante Imperato nel 1598, su academia.edu.
  5. ^ www.nybg.org

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Paolo Galloni, Il sacro artefice, Laterza, Bari 1998.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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