Faraone arcaico in avorio (EA37996)

Faraone arcaico in avorio (EA37996)
Autoresconosciuto
Dataca. 3000/2900 a.C.
Materialeavorio
Altezza8,8 cm
UbicazioneBritish Museum, Londra

La statuetta di un faraone arcaico (EA37996), in avorio, rappresenta un anonimo faraone della I o II dinastia egizia[1][2]; è stata rinvenuta fra le rovine del Grande Tempio di Osiride ad Abido (oggetto di numerose ricostruzioni tra le I e la XVI dinastia egizia) e dal 1903 fa parte delle collezioni del British Museum di Londra[3].

Privo della solita barba posticcia ma recante la corona bianca hedjet dell'Alto Egitto (che sembra piegare col suo peso le grandi orecchie del re) e un corto abito rigido, il sovrano dimostra segni inconsueti dell'età avanzata: le spalle ricadono verso il basso, il collo si protende in avanti e il mento appuntito sembra abbassarsi (quest'ultima caratteristica è stata esagerata dall'erosione del tempo)[3]. L'abito indossato dal faraone è quello cerimoniale proprio del giubileo Heb-Sed, celebrato regolarmente a partire dal trentesimo anniversario dell'incoronazione e finalizzato a "ringiovanire" magicamente il re; le sue origini risalgono alla I dinastia egizia[3]. Si tratta di un indumento molto comune alla rappresentazioni di tale cerimonia, anche se questo dimostra, rispetto agli altri, una particolare pesantezza, oltre alla decorazione a losanghe[1]; un lembo dal bordo smerlato si abbassa su ciascuna spalla, il che è inusuale (oltreché difficile da vedere, a causa del pessimo stato della superficie del reperto): è stato suggerito che possa trattarsi di zampe di animali, d'altronde molto strane per questo genere di abito, le cui pieghe sostengono le braccia del soggetto all'altezza del ventre[3].

La statuaria regale in avorio era comune già durante il Periodo Predinastico dell'Egitto, benché stilizzata: i tratti di forte realismo di questa statuetta sono piuttosto originali, comparabili a una statuetta di re Den della I dinastia[3], che regnò per più di quarant'anni a partire dal 2970 a.C.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Aldred 1984, p. 62, fig. 52.
  2. ^ Spencer 2007, p. 85.
  3. ^ a b c d e The Ivory King, su British Museum. URL consultato il 2 luglio 2017.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]