Ferrovie Calabro Lucane

Ferrovie Calabro Lucane
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StatoBandiera dell'Italia Italia
Fondazione1882
Chiusura1989
SettoreTrasporto
ProdottiTrasporto ferroviario
NoteScissa in due distinte gestioni governative FAL e FC

Le Ferrovie Calabro-Lucane erano una società ferroviaria italiana.

Con lo stesso nome era indicata la sua vasta rete di ferrovie, a scartamento ridotto e in concessione, iniziata agli albori del XX secolo ed estesa su quattro regioni (la totalità di Lucania e Calabria, oltre alla provincia di Salerno in Campania e alla provincia di Bari in Puglia).

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La ruota alata, simbolo delle Ferrovie Calabro Lucane, comune a diverse compagnie ferroviarie italiane, qui ripresa a Castrovillari

Le origini progettuali di alcune tratte della rete risalgono all'ultimo ventennio del XIX secolo. Nel 1882 la deputazione provinciale di Cosenza richiese al governo del Regno la costruzione della Spezzano Albanese–Castrovillari–Lagonegro che avrebbe collegato Cosenza e il cuore della Calabria, attraverso la ferrovia del Vallo di Diano, a Salerno e Napoli. L'approvazione, che arrivò soltanto il 4 dicembre 1902 con la legge Zanardelli,[1] ne previde la costruzione, anche se con la clausola dello scartamento ridotto per contenere i costi.

La costruzione delle altre linee fu attuata in seguito dalla Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo che, in seguito alla statalizzazione delle ferrovie italiane del 1905, aveva dovuto cedere allo Stato la sua Rete Mediterranea, ricevendo in cambio un lauto risarcimento che si proponeva di re-investire. La richiesta al governo di una concessione per la costruzione di una propria rete interregionale fu ottenuta con la legge 580 del 21 luglio 1910, cui fece seguito la "Convenzione" con legge n. 135 del 26 gennaio 1911.[2] L'apertura all'esercizio della prima tratta, la Bari–Matera, avvenne il 9 agosto 1915.

In base alla convenzione la società costruttrice ottenne anche l'incarico all'esercizio, pertanto diede avvio alla sua gestione con una Direzione centrale (con sede a Roma) e due uffici decentrati (in Puglia e in Calabria). Il progetto iniziale era ambizioso: connettere tra loro quattro regioniCampania, Lucania, Puglia e Calabria – e sette provincieSalerno, Potenza, Matera, Bari, Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria – con la strada ferrata, ma col tempo si ridusse e si concretizzò solo in parte, a causa del lungo periodo di stasi imposto dal frangente bellico prima e post-bellico poi.

Il 9 ottobre 1916 venne avviato l'esercizio sul tronco di linea Cosenza–Rogliano e conseguentemente attivato il servizio di corrispondenza merci con le FS. Dopo il rallentamento dei lavori dovuto alla prima guerra mondiale, il giorno 11 ottobre 1922 fu aperto all'esercizio il tronco PedaceSan Pietro in Guarano di km 21+812.

Nel periodo 1915-1934 la rete ferroviaria costruita, entrata in esercizio e aperta al pubblico raggiunse una lunghezza complessiva di circa 740 km[3]. L'ultima tratta ad essere aperta fu la CamigliatelloSan Giovanni in Fiore, nell'aprile del 1956.

Restarono sulla carta varie tratte di congiunzione: MammolaCinquefrondi, MiletoChiaravalle Centrale, San Giovanni in FiorePetilia Policastro, Marsico NuovoLaurenzana, Marsico NuovoMontalbano Jonico. Per alcune si trattò di una giusta rinuncia in quanto ormai superate tecnicamente, mentre al contrario per altre fu il motivo del precoce inaridimento; private dello sbocco costiero finirono per limitarsi a svolgere un traffico passeggeri e merci del tutto locale e limitato.[4]

Date di apertura all'esercizio delle singole tratte[modifica | modifica wikitesto]

La rete FCL alla sua massima estensione (1960)

Le linee attivate assommavano ad un totale di km 737,173 di ferrovie a scartamento ridotto.

La seconda fase storica: le chiusure[modifica | modifica wikitesto]

Cosenza (1984)

La riduzione all'osso delle spese di manutenzione degli impianti e dei rotabili attuata dalla Mediterranea fu, nel 1961, la motivazione alla base di un gravissimo incidente in seguito al quale venne revocata la concessione alla Mediterranea (MCL) e venne istituita al suo posto la Gestione commissariale governativa dell'intera rete ferroviaria Calabro-Lucana.

Gli anni sessanta tuttavia erano quelli dello sviluppo frenetico del trasporto su gomma, pubblico e privato che di conseguenza fece ridurre drasticamente l'uso del trasporto su ferro limitato per forza di cose al trasporto di studenti e pendolari. Le FCL così, trascurate nella indispensabile modernizzazione, divennero bersaglio della politica dei tagli dei cosiddetti "rami secchi".
Nell'arco di due decenni le Calabro Lucane vennero private di lunghe tratte di linea talvolta ancora utili. In periodi dell'anno molto rigidi, lungo i valichi impervi dell'Aspromonte e del Pollino, della Sila, infatti le comunicazioni su gomma diventano estremamente difficili.
Con il passare degli anni le FCL imboccarono la rotta dell'adattamento ai nuovi bisogni della gente divenendo azienda di trasporto misto, sempre più su gomma e meno su rotaia, dotandosi di un parco di varie centinaia di autobus. Il pericolo della soppressione delle poche tratte di ferrovia residue tuttavia permane ancora.

Le tratte chiuse furono:

Nel 1989 ciò che restava della rete FCL fu scissa in due distinte gestioni governative: le Ferrovie Appulo Lucane (FAL) e le Ferrovie della Calabria (FC).

Caratteristiche generali[modifica | modifica wikitesto]

Un classico segnale a disco delle Ferrovie Calabro Lucane

Concepite sin dall'origine come "ferrovie di montagna" la loro storia si è strettamente compenetrata con le condizioni socio-economiche delle popolazioni servite.
La qualificazione di "ferrovie di montagna" è ascrivibile alle caratteristiche prevalenti del territorio attraversato: zone montuose spesso impercorribili con i mezzi ordinari di comunicazione.
La difficoltà di percorso giustificò nel passato la scelta dello scartamento ridotto e la bassa velocità commerciale (circa 30 km/h); in molti tratti i dislivelli altimetrici superano il 60 per mille e la presenza di curve di raggio ridotto non consente elevate velocità. I punti in cui i dislivelli raggiungevano il 100 per mille, all'epoca furono superati con aderenza a cremagliera.

Esercizio e gestione del traffico ferroviario[modifica | modifica wikitesto]

L'esercizio delle linee avveniva inizialmente tramite blocco telegrafico, per poi passare al blocco telefonico e, solo negli ultimi anni ottanta, ai primi apparati ACEI sulle principali tratte (il primo, sperimentale, fu installato nel 1985 presso la stazione di Catanzaro Sala)[8]. Il segnalamento veniva garantito da semplici segnali a disco, comandati tramite cavi fin dalla stazione, tramite appositi banchi di comando di costruzione Max Judel o O.M.S./Barone.

Ad oggi le uniche linee ex-FCL sopravvissute con segnalamento a disco sono la Pedace–San Giovanni in Fiore, la Gioia Tauro–Cinquefrondi e la Gioia Tauro–Palmi in carico a Ferrovie della Calabria, mentre nella rete delle Ferrovie Appulo Lucane è gestita ancora in maniera tradizionale la linea Gravina in Puglia - Avigliano Lucania.

Parco rotabili[modifica | modifica wikitesto]

Materiale rotabile - tabella di sintesi[modifica | modifica wikitesto]

Tipo Unità Anno di acquisizione Costruttore Rodiggio Note
Locomotive a vapore 1 ÷ 14 1915-18 Breda 0-3-0
Locomotive a vapore 201 ÷ 203 1915 Breda 0-3-0 Originariamente a cremagliera, rimossa nel 1917[9]
Locomotive a vapore 241 1915 SLM 0-3-0 A cremagliera, acquistata dalla Società Veneta[10]
Locomotive a vapore 251 ÷ 253 1915 SLM 0-3-0 A cremagliera, acquistate dalle Ferrovie dell'Oberland bernese[11]
Locomotive a vapore 261 ÷ 263 1916 SLM 0-3-0 A cremagliera, acquistate dalle Ferrovie dell'Oberland bernese[11]
Locomotive a vapore 151 1917 Breda 0-4-0 Acquistata dalla Società Anonima delle Ferrovie e Tramvie Padane, ceduta nel 1940 alle Ferrovie Padane[12]
Locomotive a vapore 161 ÷ 163 1925 Borsig 0-3-0 Acquistate dalla Società Anonima per le Ferrovie Vicinali[13]
Locomotive a vapore 171 ÷ 188 1922-23 Breda 1-3-0
Loomotive a vapore 351 ÷ 361 1926 Borsig, Breda, Ansaldo 0-4-0
Loomotive a vapore 401 ÷ 421 1931 CEMSA 1-3-0
Loomotive a vapore 501 ÷ 506 1931-32 CEMSA 1-3-0 A cremagliera
Locomotive a vapore 300.001 ÷ 002 1945 Reggiane 0-3-0 Provenienti dalla ferrovia Massaua-Asmara[14]
Locomotive Diesel 301 1924 Fiat-TIBB Bo'Bo'
Locomotive Diesel LM4 601 ÷ 606 1974 Ferrosud B'B'
Locomotive Diesel LM2 701 ÷ 703 1982-84 SLM 1'B A cremagliera
Locomotive Diesel LM2 751 ÷ 754 1984 Greco B Locomotori da manovra
Automotrici Diesel M1 1 ÷ 14 1934 Carminati & Toselli 1A Unità 14 a cremagliera
Automotrici Diesel M1 30 ÷ 37 1934 OM 1A
Automotrici Diesel M1C 81 ÷ 90 1937 Piaggio 1A A cremagliera
Automotrici Diesel M1C 81R ÷ 90R 1951-53 Officine Ranieri 1A A cremagliera
Automotrici Diesel M2 DE 51 ÷ 60 1937 Piaggio (1A)(A1)
Automotrici Diesel AR M2 101 ÷ 102 1948 Reggiane 1' Bo 1' Automotrici articolate
Automotrici Diesel M2 71 1949 Fiat (1A)(A1) Acquistata dalla Ferrovia Appennino Centrale[15]
Automotrici Diesel M2 72 ÷ 75 1949 Reggiane (1A)(A1)
Automotrici Diesel M2 121 ÷ 147 1952-57 Breda B'2
Automotrici Diesel M2 201 ÷ 233 1966-83 Breda, Ferrosud B'2
Automotrici Diesel M4 DE 151 ÷ 154 1970 OMS-TIBB Bo'Bo' Cedute alla ferrovia Circumetnea[16]
Automotrici Diesel M4 301 ÷ 315 1987-91 Ferrosud B'B'

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ in Discorso pronunciato a Potenza dall'On.Zanardelli-29 settembre 1902 Archiviato il 20 novembre 2009 in Internet Archive.
  2. ^ Grilletta, p. 28.
  3. ^ Merisio, pp. 186-189.
  4. ^ Costanzo, pp.170-174.
  5. ^ a b c d e f g h i Tuzza.
  6. ^ Luisa Spagnoli e Lucia Varasano, I paesaggi ferroviari lucani: dalle fonti documentali ai tracciati delle ferrovie dismesse, in Geostorie, vol. 24, n. 3, Roma, CISGE (Centro Italiano per gli Studi Storico Geografici), 31-12-2016, p. 205 (PDF, p. 22). URL consultato il 20-7-2021.
  7. ^ Marra, op. cit., p. 41
  8. ^ "Le Ferrovie Calabro-Lucane, S.Rongone
  9. ^ Marra, op. cit., p. 167
  10. ^ Marra, op. cit., p. 169
  11. ^ a b Marra, op. cit., p. 170
  12. ^ Marra, op. cit., p. 171
  13. ^ Marra, op. cit., p. 172
  14. ^ Marra, op. cit., p. 187
  15. ^ Marra, op. cit., p. 206
  16. ^ Marra, op. cit., p. 220

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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