Giacomo Pes di Villamarina

Giacomo Francesco Pes di Villamarina

Viceré di Sardegna
Durata mandato10 giugno 1816 –
1818
PredecessoreCarlo Felice di Savoia
SuccessoreIgnazio Thaon di Revel Conte di Pralungo
Giacomo Pes di Villamarina
NascitaTempio Pausania, 22 maggio 1750
MorteCagliari, 25 settembre 1827
Dati militari
Paese servito Regno di Sardegna
Forza armata Armata Sarda
ArmaFanteria
GradoGenerale dell'esercito
GuerrePrima coalizione
Decorazionivedi qui
dati tratti da Biografia dei vicerè sabaudi del Regno di Sardegna (1720–1848)[1]
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Giacomo Francesco Pes di Villamarina (Tempio Pausania, 22 maggio 1750Cagliari, 25 settembre 1827) è stato un politico e militare italiano, Nobile dei Marchesi di Villamarina, Gran maestro dell’artiglieria, generale dell'esercito insignito del Collare dell'Annunziata e del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell'ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, tra il 1816 e il 1818 ricoprì la carica di Viceré di Sardegna sotto il regno di Vittorio Emanuele I di Savoia.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Tempio Pausania il 22 maggio 1750,[2] figlio di Bernardino, 4º Marchese di Villamarina e di Angela Pes, all’interno di una nobile famiglia sarda. Arruolatosi nell'Armata Sarda, iniziò la carriera militare frequentando la Regia Accademia Militare di Torino,[2] dalla quale uscì nel 1776[3] con il grado di sottotenente, assegnato al Reggimento fanteria di "Sardegna".[2] Nel 1792[4] fu promosso maggiore del I Battaglione,[2] e l’anno successivo assunse il comando del reggimento, alla testa del quale, il 17 aprile 1793,[5] si distinse durante il combattimento del Colle del Perus,[2] nella contea di Nizza.[5] Promosso tenente colonnello, si distinse ancora nel combattimento dell’Authion (8-12 giugno 1793) dove penetrò nelle linee francesi.[2]

Il 7 marzo 1796[3] divenne colonnello,[2] assumendo il comando del reggimento il 1 ottobre dello stesso anno.[3] Il 3 marzo 1799[3] fu promosso brigadiere generale,[2] Il 24 dicembre 1802 è nominato comandante militare della piazza di Cagliari.[2] Governatore di Sassari e Logudoro[3] dal 1803,[2] fu promosso maggiore generale e governatore di Cagliari il 24 dicembre 1806.[3] Capitano generale del Regno di Sardegna dal 1805,[2] assunse gli incarichi di Gran Ciambellano della Casa Reale e Comandante della guardia personale del Re[3] il 18 dicembre 1807.[2] Il 5 gennaio 1809 è nominato Presidente del congresso per la riforma del Regio corpo d'artiglieria,[3] e il 2 febbraio di quello stesso anno diviene tenente generale e comandante la Divisione militare di Cagliari.[3] Ministro di polizia[N 1] nel 1810, è promosso al grado di generale di fanteria il 20 febbraio 1812.[3]

Nel novembre dello stesso anno si distinse per aver repressione della rivolta di Palabanda,[6] dove rischiò di essere ucciso da uno dei congiurati, Giacomo Putzolu, che ne fu dissuaso dali altri capi delle rivolta, causata dall’enorme aumento delle tasse per finanziare il soggiorno della corte sabauda a Cagliari.[6] Essa doveva portare alla cacciata dei piemontesi dalla Sardegna, ma fu stroncata sul nascere e i principali capi, Giovanni Putzolu, Salvatore Cadeddu e Raimondo Sorgia vennero catturati, processati e condannati all’impiccagione, sentenza che fu eseguita il 13 maggio 1813.[6] Contrario ad ogni iniziativa di grazia contro gli altri congiurati, si fece consegnare le carte del processo, che tenne presso di se fino alla data della sua morte, quando vennero date ai suoi eredi.[3]

Dopo la fine dell’occupazione napoleonica dei territori continentali del Regno di Sardegna, e il ritorno del Re a Torino, dal 1814 al 1816[3] ricoprì l'incarico di Luogotenente del Viceré di Sardegna,[7] Carlo Felice di Savoia, e poi quello effettivo di Viceré dal 10 giugno 1816[3] al 1818.[7] Come tale fu istitutore del primo parco pubblico di Cagliari. Insignito del Collare dell'Annunziata[2] nel 1815, promosso Gran Maestro dell’artiglieria[3] nel 1816, divenne generale dell'esercito[3] il 21 giugno 1818, ritirandosi quindi a vita privata.[7] Nel 1827[3] fu insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro,[2] e si spense a Cagliari il 25 settembre di quello stesso anno.[8]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Secondo alcuni storici era reazionario e semi illetterato, fortemente contrario ad ogni iniziativa di grazia, e si era già distinto per la repressione delle insurrezioni del 1799 e 1801.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Rossana Poddine Rattu, Biografia dei vicerè sabaudi del Regno di Sardegna (1720–1848), Youcanprint Self-Publishing, Tricase, 2005.
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m n Tola 1838, p.57.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p Ilari, Shamà 2008, p.388.
  4. ^ Manno 1835, p.428.
  5. ^ a b Manno 1835, p.429.
  6. ^ a b c Sergio Atzeni, Cagliari. Storia di una città millenaria, Edizioni della Torre, Cagliari, 2015.
  7. ^ a b c Tola 1838, p.58.
  8. ^ Tola 1838, p.59.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Sergio Atzeni, Cagliari. Storia di una città millenaria, Cagliari, Edizioni della Torre, 2015, ISBN 8-89117-686-9.
  • Virgilio Ilari, Davide Shamà, Dario Del Monte, Roberto Sconfienza e Tomaso Vialardi di Sandigliano, Dizionario bibliografico dell’Armata Sarda seimila biografie (1799-1821), Invorio, Widerholdt Frères srl, 2008, ISBN 978-88-902817-9-2.
  • Giuseppe Manno, Storia della Sardegna, Milano, Placido Maria Visaj Libraio, 1835.
  • Rossana Poddine Rattu, Biografia dei viceré sabaudi del Regno di Sardegna (1720–1848), Tricase, Youcanprint Self-Publishing, 2005, ISBN 88-7343-379-0.
  • Pasquale Tola, Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna, Torino, Tipografia Chirio e Mina, 1838.

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