Giovanni Leccis

Giovanni Leccis
NascitaDomusnovas, 6 marzo 1921
MorteTobruch, 20 giugno 1942
Cause della morteMorto in combattimento
Luogo di sepolturacimitero di Gonnosfanadiga
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegio Esercito
ArmaGenio militare
RepartoXXXI Battaglione guastatori
Anni di servizio1940-1942
GradoCaporale maggiore
GuerreSeconda guerra mondiale
CampagneCampagna del Nord Africa
Decorazionivedi qui
dati tratti da Le medaglie d'oro al valor militare volume secondo (1942-1959)[1]
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Giovanni Leccis (Domusnovas, 6 marzo 1921Tobruch, 20 giugno 1942) è stato un militare italiano insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria nel corso della seconda guerra mondiale.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Domusnovas, provincia di Cagliari, il 6 marzo 1921, all'interno di una famiglia dedita alla pastorizia, figlio di Severino e Chiara Rosa.[2][3] Dal 15 agosto 1932, appena undicenne, al 15 settembre 1939 si dedicò all'attività di famiglia.[3] Dopo un breve periodo trascorso a Gonnosfanadiga dove lavorò come operaio in un oleificio del paese, il 14 gennaio 1941 fu arruolato nel Regio Esercito per prestare servizio militare di leva, assegnato al 7º Reggimento Genio a Firenze.[3] Chiesto di essere ammesso alla specialità guastatori del genio, fu inviato all'apposito corso presso la Scuola di Civitavecchia, venendo quindi assegnato al XXXI Battaglione guastatori con il quale partì il 15 settembre 1941 per raggiungere Tripoli, in Africa Settentrionale Italiana, il 18 dello stesso mese.[3]

Promosso caporale nell'ottobre successivo prese parte alla battaglia della Marmarica (novembre-dicembre 1941), alla successiva battaglia di arresto (dicembre 1941-gennaio 1942) sulla linea avanzata di Marsa El Brega-Marada.[3] Divenuto caporale maggiore nel marzo 1942, nel giugno dello stesso anno, superata la linea Ain el Gazala-Bir Hakeim il suo reparto venne inviato al fronte che doveva investire la piazzaforte di Tobruch, a El Adem, alle dipendenze operative della 132ª Divisione corazzata "Ariete" per operare in collaborazione con l'8º Reggimento bersaglieri.[3] Completato l'accerchiamento di Tobruch il 19 giugno, il generale Erwin Rommel programmò l'attacco generale per il giorno successivo. Alle 5:00 del mattino la 2ª Compagnia partì all'attacco, con egli e il guastatore Renato Chiodini in avanguardia con i tubi esplosivi per aprire un varco nei reticolati a ridosso delle ridotta nemica.[3] Rimasto ferito tre volte continuò comunque nell'azione fino a che un proiettile anticarro non lo colpì in pieno uccidendolo.[3] Fu insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria, e nel 1972 la salma fu traslata presso il cimitero di Gonnosfanadiga dove riposa tuttora.[4] Una caserma di Orcenico Superiore ha portato il suo nome.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Di tempra unica per l’ardore, la disciplina e l’ascendente, sempre volontario nelle più dure imprese, si distingueva diverse volte nella difesa ad oltranza, lasciando avvicinare gli elementi avanzati nemici per poi annientarli col tiro infallibile delle sue armi e delle bombe a mano. Prescelto quale portatubi all’assalto di forte posizione e destinato al settore più delicato, si lanciava generosamente alla testa dei suoi uomini, calmo e sprezzante fra l’imperversare della reazione nemica. Dopo aver individuato e disarmato diverse mine che sbarravano l’accesso ai reticolati, giungeva primo sotto gli stessi e attirava su di sé il fuoco creando, con preciso lancio di bombe a mano, la cortina fumo gena. Visto cadere un compagno portatubi, s’impadroniva del suo ordigno e lo faceva brillare, col proprio, sotto il reticolato, creando una prima breccia. Poi, con veemente slancio, portava un altro tubo per ampliare il varco e veniva ferito da pallottola di fucile. Sanguinante, raccoglieva con sforzo supremo tutte le sue forze, ormai allo stremo, ed al compagno che gli si era avvicinato per soccorrerlo, sdegnosamente rifiutando ogni cura, strappava di mano il tubo esplosivo, si dirigeva ancora sotto i grovigli ed accendeva la terza carica. Nel compimento del sublime gesto, un colpo di cannone anticarro lo colpiva in pieno petto smorzando gli sulle labbra le invocazioni alla Patria e stroncando l’ardente giovinezza nella visione della vittoria. Fulgido esempio di guastatore degno degli eroi leggendari della terra sarda. Fronte di Tobruk, 20 giugno 1942 .[5]»

Note[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Gruppo Medaglie d'Oro al Valore Militare, Le medaglie d'oro al valor militare volume secondo (1942-1959), Roma, Tipografia regionale, 1965, p. 38.
  • Gianfranco Baldini e Massimiliano Angelini, L'Arma del Genio, Roma, Rivista Militare, 1991, p. 463.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]