Herat

Herāt
città
هرات
Herāt – Veduta
Herāt – Veduta
Localizzazione
StatoBandiera dell'Afghanistan Afghanistan
ProvinciaHerat
DistrettoHerat
Territorio
Coordinate34°20′31″N 62°12′11″E / 34.341944°N 62.203056°E34.341944; 62.203056 (Herāt)
Altitudine920 m s.l.m.
Superficie143 km²
Abitanti592 902 (2021)
Densità4 146,17 ab./km²
Altre informazioni
Prefisso40
Fuso orarioUTC+4:30
Cartografia
Mappa di localizzazione: Afghanistan
Herāt
Herāt

Herat o Herāt (in persiano هرات‎) è una città dell'Afghanistan occidentale, capoluogo dell'omonima provincia e dell'omonimo distretto. Con circa 592 092 abitanti nel 2021, in maggioranza persiani, è la terza città del paese per popolazione.

Situata al centro della fertile valle del fiume Hari Rud, a sud dell'Hindu Kush, nel corso della sua lunga storia è stata al centro delle tradizionali vie commerciali tra Europa, Medio Oriente ed Asia e le vie di collegamento con la Russia, l'India e l'Iran, oltre che con le città di Kabul e Kandahar, la rendono strategicamente importante sia da un punto di vista economico-commerciale che militare.

Citata nell'Avestā e tra i tributari dell'Impero achemenide la città fu ricostruita sotto il nome di Alessandria d'Aria per sostituire la città di Artacoana come capitale della regione fino alla conquista da parte dei musulmani nel 652 e poi dei Mongoli nel 1222, che la distrussero prima sotto Gengis Khan e poi sotto Tamerlano. Nell'Impero timuride Herat rinacque come capitale e divenne un importante centro per le arti e le scienze fino all'inizio del XVI secolo, quando passò nelle mani dei Safavidi. Fu conquistata dagli afghani nel 1717 anche se i persiani tentarono due volte invano di riprenderne il possesso nella prima metà del XIX secolo.

Gran parte della popolazione è di religione musulmana sunnita sebbene siano presenti una colonia commerciale indù e numerosi gruppi ebrei. La città è circondata da una cinta muraria di origini molto antiche, restaurata tra il 1884 e il 1887 e tra il 1903 e il 1904, ed è dominata da una cittadella, il cui nucleo originario risalirebbe alla conquista di Alessandro Magno.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Herat nel 2009

Herāt prende il suo nome dal principale fiume della regione, lo Hari Rud, e i suoi abitanti figurano tra i popoli tributari dell'Impero achemenide. Nel 330 a.C. Alessandro Magno fondò sul luogo dell'insediamento Alessandria d'Aria e vi costruì la cittadella;[1] la provincia divenne quindi parte dell'impero seleucide, fino alla conquista partica nel 167 a.C.

Sotto i Sasanidi la città figurava tra i dodici capoluoghi dell'impero. Intorno al 430 a Herāt era presente una comunità di cristiani con un vescovo nestoriano. Negli ultimi due secoli del dominio sasanide la città assunse un'importanza strategica a causa delle continue guerre tra la Persia e i popoli nomadi dell'Asia centrale. Fu dopo la conquista araba comunque che Herāt conobbe il suo periodo migliore.

Divenuta parte del califfato fino all'809, passò poi sotto il dominio dei Tahiridi, dei Saffaridi e dei Ghaznavidi, fino a divenire parte dell'impero corasmio (Khwārezmshāh) nel XII secolo. In questo periodo Herāt divenne un importante centro per la produzione di oggetti in metallo, specialmente in bronzo, spesso decorati con preziosi inserti di metalli pregiati.

Caduta sotto il dominio dei mongoli, la città fu distrutta due volte, prima da Gengis Khan e poi da Tamerlano. Fu comunque ricostruita da suo figlio Shāh Rukh e assunse grande importanza durante il periodo timuride. Alla fine del XV secolo fu costruito il grandioso insieme degli edifici della muṣallā (con diversi minareti) durante il regno di Gawhars̲h̲ād bt G̲h̲iyāt̲h̲ al-dīn Tark̲h̲ān, il cui complesso funerario rappresenta uno dei grandi monumenti dell'architettura timuride.
In questo periodo iniziò la produzione di splendidi e rinomati tappeti che proseguì fino all'inizio del XVIII secolo, caratterizzati da decorazioni floreali impreziosite da figure animali.[2]

Dopo la conquista da parte di Shah Isma'il I, nel XVI secolo Herāt entrò a far parte dei domini safavidi. Nel 1750 fu presa da Ahmad Shah Durrani e divenne parte dell'impero afghano. Durante il XIX secolo la città fu contesa da Afghani e Iraniani, aizzati da russi e britannici che svolgevano il loro Grande Gioco, finché Dost Mohammad Khan la pose definitivamente entro i confini afghani. È a questo periodo che risale la distruzione del complesso della muṣallā da parte dei Britannici, che volevano una linea di tiro pulita per la loro artiglieria nel caso di un'invasione russa (che non avvenne mai).

Le descrizioni di Byron[modifica | modifica wikitesto]

Lo scrittore inglese Robert Byron tra il 1933 e il '34 intraprese un lungo viaggio tra l'Iran e l'Afghanistan visitando diverse località e descrivendone le condizioni di vita ma soprattutto in merito alle architetture. Questo diario di viaggio si chiama La via per l'Oxiana. Di Herat lascia parecchie descrizioni legate ai numerosi monumenti.

«La strada che dalla Persia porta a Herat segue da presso le montagne fino all'incrocio con la strada di Kushk, e di qui comincia a scendere verso la città. Siamo arrivati in una notte buia, anche se c'erano le stelle. E sempre misterioso, questo tipo di notte; in un paese sconosciuto, dopo l'incontro con le selvagge guardie di frontiera, ha prodotto in me un'eccitazione come raramente ho provato. La strada si è addentrata di colpo in una foresta di ciminiere giganti, i cui contorni neri cambiavano posizione sul cielo stellato al nostro passaggio.»

La cittadella di Herat

Riguardo alla cittadella fortificata scrive:

«Il prospetto settentrionale consiste di un massiccio bastione lungo circa quattrocento metri, intervallato dalle sporgenze delle torri semicircolari. Di queste, quella all'estremità occidentale ha un motivo di mattoni azzurri inseriti nella superficie di terra secca, una combinazione di materiali insolita, che autorizza a pensare che almeno questa torre risalga alla ricostruzione di Shah Rukh. Dopo averla esaminata, sono ritornato all'angolo più distante della piazza d'armi cintata che separa la cittadella dalla città nuova per fare una fotografia. Mi sono così trovato nei pressi di un parco d'artiglieria di una ventina di pezzi, che a distanza poteva sembrare una discarica di vecchi carrozzini per bambini.»

Monumenti[modifica | modifica wikitesto]

Galleria[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ The Empire and Expeditions of Alexander the Great, su World Digital Library, 1833. URL consultato il 26 luglio 2013.
  2. ^ Le Muse, vol. 5, Novara, De Agostini, 1965, p. 500.

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Controllo di autoritàVIAF (EN130198044 · LCCN (ENn81108322 · GND (DE4024442-8 · J9U (ENHE987007555178905171 · WorldCat Identities (ENlccn-n81108322
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