Hip hop

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L'hip hop è un movimento artistico e culturale, originatosi nel quartiere newyorkese del Bronx a partire dagli anni settanta del XX secolo. Sebbene venga spesso identificato con l'omonimo genere musicale, la definizione dell'hip hop come movimento culturale è più ampia e comprende i seguenti elementi caratteristici: il rapping, uno stile di rima vocale ritmica; il DJing (o turntablism), ovvero l'arte di creare musica con giradischi e mixer; il breaking, ovvero un tipo di danza, e il graffitismo, ovvero l'arte di creare interventi pittorici sul tessuto urbano.[1][2]

Il movimento hip hop ha probabilmente mosso i primi passi con il lavoro di DJ Kool Herc che, competendo con DJ Afrika Bambaataa, si dice abbia inventato il termine "hip hop" per descrivere la propria musica. Il cuore del movimento è stato il fenomeno dei block party: feste di strada, in cui i giovani afroamericani e latinoamericani interagivano suonando, ballando e cantando a ritmo della musica hip hop. Parallelamente il fenomeno del writing contribuì a creare un'identità comune in questi giovani, che vedevano la città sia come spazio di vita sia come spazio di espressione: ogni persona era libera di esprimere la propria identità con questo nuovo stile culturale.

Negli anni ottanta/novanta, gli aspetti di questa cultura hanno subito una forte esposizione mediatica varcando i confini americani ed espandendosi in tutto il mondo. Il riflesso di questa cultura "urbana" ha generato oggi un imponente fenomeno commerciale e sociale, rivoluzionando il mondo della musica, della danza, dell'abbigliamento e del design.

L'hip hop è un fenomeno nuovo e antico allo stesso tempo; l'importanza del campionamento di brani, beat e bassline di vecchi dischi per questa forma d'arte significa che gran parte della cultura ha ruotato intorno all'idea di aggiornare registrazioni, atteggiamenti ed esperienze classiche per un pubblico moderno. Il campionamento della cultura meno recente e il suo riutilizzo in un nuovo contesto o in un nuovo formato è chiamato "flipping" (capovolgimento) nella cultura hip hop[3]. La musica hip hop segue le orme dei precedenti generi musicali afroamericani e latini, come il blues, il jazz, il ragtime, il funk, la salsa e la disco music, diventando uno dei generi più praticati in tutto il mondo.

Influenze[modifica | modifica wikitesto]

B-boy a Lubiana, Slovenia

I fattori che hanno influenzato la cultura hip hop sono complessi e numerosi. Sebbene la maggior parte delle influenze possano essere rintracciate nella cultura afroamericana e latinoamericana, la società multiculturale di New York è il risultato di diverse influenze culturali, che hanno trovato il loro modo di esprimersi all'interno delle discipline dell'hip hop.

Ad esempio, i Griot dell'Africa occidentale, musicisti viaggiatori e poeti con stile che contiene elementi che con il tempo evolveranno nella moderna musica hip hop. Alcune di queste tradizioni migrarono negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nei Caraibi con lo schiavismo che portò gli africani nel cosiddetto Nuovo Mondo. Un'altra importante influenza nell'hip hop è costituita dalle parti parlate contenute nei dischi di musica soul e funk di musicisti come James Brown e Isaac Hayes.

Una delle più importanti influenze sia per la cultura che per la musica hip hop viene dal genere musicale giamaicano chiamato dub, che nacque come sottogenere della musica Reggae negli anni 1960. La musica dub annoverava tra le sue file produttori come King Tubby, che creava versioni strumentali di dischi reggae famosi per le esigenze dei locali da ballo e degli impianti musicali, e che presto si accorsero di come chi ballava spesso rispondesse meglio a particolari beat dei dischi, isolati e ripetuti, ottenuti con percussioni intense e forti linee di basso.[4]

Poco dopo, gli MC (Master of Ceremonies), che accompagnavano la musica nei locali, iniziarono a parlare sopra le parti strumentali dei dischi; tra questi vanno ricordati U-Roy, Dr. Alimantado e Dillinger, che diventarono popolari performer in questo particolare genere, e questa tradizione continua tuttora in quella che viene chiamata musica Dancehall. Nel 1990 gli immigrati giamaicani portarono il dub a New York ed iniziarono a lavorare nelle feste delle comunità, nelle piste di pattinaggio o direttamente sulla strada. Un'altra significativa influenza proviene dalla musica blues, particolarmente dal tipico aspetto chiamato call and response, ovvero chiama e rispondi, che sopravviveva nella tradizione del toasting, un altro aspetto della tradizione orale intrinseco della musica hip hop, che divenne particolarmente pronunciato nei primi anni 1990 con la nascita dei battle.

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Hip hop (genere musicale).

La data a cui far risalire la nascita dell'hip hop sarebbe l'11 agosto 1973.[5] DJ Kool Herc, un immigrato giamaicano, era uno dei più popolari disc jockey a New York tra il 1973 e il 1976, e suonava nei block party del Bronx passando velocemente dai dischi reggae a quelli funk, rock e disco. Egli notò che i newyorkesi non amavano particolarmente il reggae. Herc ed altri dj notarono inoltre che chi ballava la loro musica preferiva più le parti con forti percussioni, ed iniziarono ad estendere l'uso del mixer audio e del doppio giradischi. All'interno di un'atmosfera di forte competizione, Herc, i suoi amici ed i suoi "avversari" svilupparono velocemente altre tecniche di mixaggio per mantenere i partecipanti attivi, eccitati[6].

Come in Giamaica, questi elementi erano accompagnati da performer che parlavano mentre suonava la musica; inizialmente furono chiamati MCs (dall'inglese Masters of Ceremonies, maestri di cerimonie) e, più tardi, rapper. I primi rapper si focalizzavano sull'introduzione di sé stessi, del DJ e degli altri addetti ai lavori, ma presto le loro performance si svilupparono fino a comprendere improvvisazioni e semplici beat four-count assieme a piccoli cori. Più tardi gli MC aggiunsero liriche più complesse e spesso umoristiche, comprendenti anche temi a sfondo sessuale. Va ricordato che la musica hip hop è cresciuta stabilmente nella popolarità ed alla fine degli anni 1990 iniziò a diventare la principale forza artistica che si stava espandendo negli Stati Uniti. Durante i successivi due decenni, l'hip hop è gradualmente entrato nella vita comune statunitense. La transizione usualmente viene considerata conclusa nel 1990, mentre alla fine del decennio la cultura aveva oramai varcato i confini nazionali, per espandersi un po' per tutto il pianeta.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Johan Kugelberg, Born in the Bronx, New York, Oxford University Press, 2007, p. 17, ISBN 978-0-7893-1540-3.
  2. ^ (EN) Lauren Brown, Hip to the Game – Dance World vs. Music Industry, The Battle for Hip Hop's Legacy, Movmnt Magazine, 18 febbraio 2009. URL consultato il 30 luglio 2009 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2010).
  3. ^ (EN) https://web.archive.org/web/20190404225048/http://90shh.com/about-2/, su 90shh.com. URL consultato il 17 ottobre 2022 (archiviato dall'url originale il 4 aprile 2019).
  4. ^ History of Hip Hop - Scritto da Davey D
  5. ^ La storia dell'hip hop comincia così, su ilpost.it, Il Post, 11 agosto 2017. URL consultato l'11 agosto 2017.
  6. ^ La storia dell'hip hop è cominciata così, su Il Post, 11 agosto 2017. URL consultato il 17 ottobre 2022.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • NexHus (Giuseppe Gatti), Stradario hip-hop, Roma: Alegre, 2020.
  • Casare Alemanni, Rap: Una storia, due Americhe, Roma: MinimumFax, 2019.
  • U.net, Renegades of funk. Il Bronx e le radici dell'hip hop, Milano: Agenzia X, 2011 (ISBN 978-88-95029-54-2).
  • Jeff Chang, Can't Stop Won't Stop. A History of the Hip-hop Generation, Picador, 2006, tr. it. Can't stop won't stop. L'incredibile storia sociale dell'hip‑hop, ShaKe, 2009.
  • Nicolò De Rienzo, Hip Hop, Parole di una cultura di Strada. Milano: Zelig Editore, 2004, ISBN 88-88809-24-4. (Baldini Castoldi Dalai, 2008, ISBN 978-88-6073-261-3).
  • David Toop (1990/1999). Rap Attack II: African Rap To Global Hip Hop. New York. New York: Serpent's Tail. ISBN 1-85242-243-2.
  • (EN) Jim Vernon, Hip Hop, Hegel, and the art of emancipation: let's get free, Cham, Palgrave Macmillan, 2018, ISBN 9783319913032.

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