Il concetto dell'angoscia

Il concetto dell'angoscia
Titolo originaleBegrebet Angest
Copertina dell'edizione 1855
AutoreSøren Kierkegaard
1ª ed. originale1844
1ª ed. italiana1940
Generesaggio
Sottogenerefilosofia
Lingua originaledanese

Il concetto dell'angoscia. Semplice riflessione per una dimostrazione psicologica orientata in direzione del problema dogmatico del peccato originale (in danese Begrebet Angest. En simpel psychologisk-paapegende Overveielse i Retning af det dogmatiske Problem om Arvesynden) è un'opera del filosofo Søren Kierkegaard, pubblicata con lo pseudonimo di Vigilius Haufniensis il 17 giugno 1844, lo stesso giorno di Prefazioni di Nicolaus Notabene e quattro giorni dopo le Briciole filosofiche di Johannes Climacus.

Il libro è dedicato a Poul Martin Møller.

Contenuto[modifica | modifica wikitesto]

  • Prefazione
  • Introduzione
  • 1. L'angoscia intesa come presupposto del peccato originale e come il peccato originale la cui spiegazione si ha risalendo alla sua origine
  • 2. L'angoscia come sviluppo del peccato originale
  • 3. L'angoscia come conseguenza di quel peccato che è la mancanza della coscienza del peccato
  • 4. L'angoscia del peccato ovvero l'angoscia come conseguenza del peccato nel singolo
  • 5. L'angoscia che salva mediante la fede

Tema[modifica | modifica wikitesto]

Il libro parla di una paura senza fondamento che tortura l'uomo fin dal peccato originale, un'angoscia intesa come possibilità di esercitare la propria libertà e in questo senso anche di mostrarci la via per la salvezza. Questa condizione psichica è fondamentale nell'essere umano perché egli si trova nella sintesi tra infinito e finito, tra eterno e temporale, al confine tra necessità e libertà[1].

Il peccato originale (in danese Arvesynd che si può tradurre "peccato ereditato"[2]) è il primo dei passi che porta l'uomo all'esistenza, intesa come "possibilità" (non più solo "necessità", che pertiene all'essenza), attraverso la perdita dell'innocenza e dell'ignoranza a essa collegata. Ma con l'aiuto della fede – che non è frutto di meditazione razionale o esito di argomentazioni filosofiche, bensì un "salto" – si può evitare la vertigine dell'angoscia e riposare nella Provvidenza.

Il "momento", che è l'eternità riflessa nel presente, dove il tempo e l'eternità si toccano e "il tempo taglia continuamente l'eternità e l'eternità continuamente penetra il tempo"[3], rivela che l'eterno è nel futuro, ovvero nel possibile. Ma anche qui può esserci angoscia, perché la possibilità della libertà si rovescia nel "demoniaco", diventa malinconica e taciturna, chiusa alla comunicazione[4], pronta all'abbrutimento, all'assenza di interiorità. Fenomeni che gli appartengono, anche opposti tra loro, sono l'incredulità e la superstizione, l'ipocrisia e il desiderio di scandalizzare, l'orgoglio e la viltà, anche se essi non sono davvero degli opposti, ma tipici "sotterfugi"[5] del demoniaco. Infatti, "chi, nel rapporto con la colpa, viene educato dall'angoscia, troverà quiete soltanto nella redenzione"[6].

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Su questi temi tornerà in la malattia mortale (1849).
  2. ^ Joakim Garff, Søren Kierkegaard. A Biography, Princeton University Press, 2000, p. 347.
  3. ^ Il concetto dell'angoscia, ed. Segre, p. 68.
  4. ^ ed. cit., p. 91.
  5. ^ ed. cit., p. 112.
  6. ^ ed. cit., p. 118.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]