Impatto su Giove del giugno 2010

Voce principale: Eventi d'impatto su Giove.
Video dell'impatto (info file)
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Video dell'impatto di Christopher Go, filmato dalle Filippine.

Il 3 giugno 2010, alle 20:31 UTC, si è verificato l'impatto di un meteoroide[1] di 8–13 m di diametro[2] su Giove.[3][4] L'impatto, verificatosi a meno di un anno dal precedente, è stato scoperto anch'esso da Anthony Wesley.

Osservazione[modifica | modifica wikitesto]

Scoperto dall'astronomo amatoriale australiano Anthony Wesley, l'evento è stato confermato da Christopher Go, che è riuscito a filmarlo dalle Filippine.[4][5][6]

L'emissione luminosa è durata solo pochi secondi (circa 2 s[3]).[4][7] L'impatto ha interessato la Banda Equatoriale Meridionale (South Equatorial Belt), a circa 50° dal meridiano centrale.[3]

Circa trenta minuti dopo l'impatto, l'area interessata ha oltrepassato il bordo del pianeta ed è scomparsa alla vista. Alle 15:00 UTC dello stesso giorno, il sito d'impatto è entrato nel campo visivo dei grandi osservatori astronomici delle Hawaii, ma notizie in merito non sono ancora state rese note.[8][9] Alle 3:30 UTC del 4 giugno è tornata visibile agli osservatori europei, che non hanno comunicato la rilevazione di macchie scure o altri segni di impatto.[3]

L'assenza di rilevazione di segni dell'impatto permette di supporre che si sia trattato di una meteora, un piccolo oggetto esploso alto nell'atmosfera, che ha prodotto un'emissione luminosa molto intensa, pur non lasciando successivamente alcun segno visibile.[3][10] Una analoga fenomenologia, infatti, è stata ripresa dalla sonda Galileo nel 1994, durante gli impatti su Giove di alcuni frammenti di piccole dimensioni della Cometa Shoemaker-Levy 9.[3]

Nelle immagini riprese il 7 giugno dal Telescopio spaziale Hubble non è visibile alcuna traccia dell'impatto.

Analisi dell'Hubble[modifica | modifica wikitesto]

Il 16 giugno 2010 sono state pubblicate dalla NASA le osservazioni condotte dal Jupiter Impact Science Team[11] attraverso il telescopio spaziale Hubble.[1][10] Le immagini, risalenti al 7 giugno (tre giorni dopo l'impatto) e scattate tramite l'Hubble Wide Field Camera 3,[1][12] non mostrano alcun segno di detriti nell'atmosfera di Giove. Questo significa che il meteoroide non è sceso sotto le nuvole e poi esploso, ma si è vaporizzato attraversando l'atmosfera; ciò ha causato un rapido surriscaldamento che ha permesso di vedere il flash dell'impatto, poi il materiale vaporizzato del meteoroide si è subito raffreddato e svanito in pochi secondi.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d (EN) NASA, Mysterious Flash on Jupiter Left No Debris Cloud, su hubblesite.org. URL consultato il 16-06-2010.
  2. ^ (EN) VLT Studies Battered Jupiter, su eso.org, ESO, 9 settembre 2010. URL consultato il 4 febbraio 2011.
  3. ^ a b c d e f (EN) John H. Rogers, New impact on Jupiter before & after, su alpo-j.asahikawa-med.ac.jp, British Astronomical Association. URL consultato il 06-06-2010 (archiviato dall'url originale il 9 giugno 2010).
  4. ^ a b c (EN) Kunio M. Sayanagi, Jupiter hit by another impactor Thursday, su arstechnica.com, Ars Technica, 03-06-2010. URL consultato il 06-06-2010.
  5. ^ (EN) Michael Bakich, Another impact on Jupiter, su astronomy.com, Astronomy Magazine online, 04-03-2010. URL consultato il 06-06-2010.
  6. ^ (EN) Christopher Go, Jupiter 2010, su christone.net. URL consultato l'08-06-2010.
  7. ^ (EN) Australian amateur astronomer Anthony Wesley filmes Jupiter impact, in The Dayly Telegraph, 5 giugno 2010. URL consultato il 06-06-2010.
  8. ^ (EN) Emily Lakdawalla, The June 3 Jupiter Impact: 22 hours later, su planetary.org, The Planetary Society, 04-06-2010. URL consultato il 06-06-2010 (archiviato dall'url originale il 9 ottobre 2010).
  9. ^ (EN) Jupiter Impact!, in Spaceweather.com, 05 giugno 2010. URL consultato il 06-06-2010.
  10. ^ a b (EN) Hubble scrutinises site of mysterious flash and missing cloud belt on Jupiter, su spacetelescope.org. URL consultato il 16-06-2010.
  11. ^ Il Jupiter Impact Science Team è composto da Amy Simon-Miller (NASA Goddard Space Flight Center, USA); John T. Clarke (Boston University, USA); Leigh Fletcher (University of Oxford, UK); Heidi B. Hammel (Space Science Institute, USA); Keith S. Noll (Space Telescope Science Institute, USA); Glenn S. Orton (Jet Propulsion Laboratory, USA); Agustin Sanchez-Lavega (Universidad del Pais Vasco, Spain); Michael H. Wong e Imke de Pater (University of California — Berkeley, USA).
  12. ^ (EN) Hubble Delves into Two Recent Jupiter Mysteries, su universetoday.com. URL consultato il 16-06-2009.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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