La dolce mela

Con il titolo La dolce mela si indica il fr. 105a Voigtː esso era parte di un componimento della poetessa dell'Antica Grecia Saffo.

Busto di Saffo conservato nei Musei capitolini a Roma
(GRC)

«οἶον τὸ γλυχὺμαλον ἐρεύθεται ἄχρῳ ἐπ’ ὔσδῳ
ἄχρον ἐπ’ ἄχροτάτῳ λελάθοντο δὲ μαλοδρόπηες·
οὐ μὰν ἐχλελάθοντ’, ἀλλ’ οὐχ ἐδύναντ’ ἐπὶχεσθαι.»

(IT)

«Quale dolce mela che su alto
ramo rosseggia, alta sul più alto;
la dimenticarono i coglitori;
no, non fu dimenticata: invano
tentarono raggiungerla.»

Il frammento (in esametri dattilici) faceva sicuramente parte di un epitalamio, come indicherebbero il tema ed il fatto che sia una similitudine, sia pure sganciata dal contesto[1].

Esso si riferisce ad una sposa che arriva alle nozze ad un'età matura, paragonata ad una mela dolce [2], che è nata sul ramo più alto e non è stata colta non perché i coglitori la dimenticarono, ma perché non riuscirono a raggiungerla. Il paragone è chiaro: la sposa è arrivata tardi alle nozze perché non ha trovato prima un compagno degno di lei.

Di notevole impatto poetico è in greco il poliptoto: ἄχρῳ - ἄχρον - ἄχροτάτῳ, che mette in enfasi l'altezza della mela che nessuno riuscì a cogliere, enfasi accentuata dal fatto che il terzo membro del poliptoto è di grado superlativo. Altro poliptoto, anche se di minor impatto, è μᾶλον in due composti (γλυχὺμαλον - μαλοδρόπηες), che - purtroppo - si perde nella traduzione italiana, così come si perde il gioco di parole sul duplice significato di μᾶλον (mela - mammella).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ C. Salemme, Saffo e la bellezza agonale, Bari, Cacucci, 2013, p. 34.
  2. ^ Il termine, in un simile contesto amoroso, verrà ripreso da Teocrito, XI, 38-39.