Leopoldo Pollack

Leopoldo Pollack

Leopoldo Pollack, o Pollak, o Pollach (Vienna, 1751Milano, 13 marzo 1806), è stato un architetto italiano di origini viennesi, attivo soprattutto a Milano e Pavia.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Villa Belgioioso Reale, Milano
Le serre del castello di Belgioioso, 1792
Villa Saporiti - La Rotonda, Como

Formatosi a Vienna sotto la guida del costruttore e capomastro Paul Ulrich Trientl e poi con Vinzenz Fischer presso l'Accademia di belle arti di Vienna arrivò a Milano nel 1775[1] dove divenne allievo e poi collaboratore di Giuseppe Piermarini.[2]

Già docente di prospettiva all'Accademia di Brera nel 1786 ottenne la cattedra di elementi di architettura civile, dovette dimettersi a causa del suoi legami con la corta austriaca, il suo ruolo fu assunto da Gian Giacomo Albertolli.[2]

Nel 1793 intraprese un viaggio di studio insieme al conte Alessandro Serbelloni durante il quale visita diverse ville nel Lazio delle quali effettua diversi rilievi e i palazzi vaticani.[1]

Dal 1803 fu architetto della Fabbrica del Duomo, il suo progetto di completamento della facciata fu poi realizzato da Carlo Amati.[2]

La sua opera più celebre è la Villa Belgioioso Reale di Milano (post 1790 - ante 1796)[3], oggi sede della Galleria d'Arte Moderna,[4] con evidenti richiami al neopalladianesimo e all'architettura francese, con un basamento rustico, un ordine gigante di colonne e infine numerose statue alla sommità. Essa presenta una parte basamentale con piani scanditi da colonne scanalate ioniche. Di grande rilevanza è l'attenzione all'apparato decorativo, infatti i soggetti delle decorazioni esterne furono consigliati da Parini.

Pollack realizzò anche il giardino all'inglese, uno dei primi in Italia progettato seguendo i canoni del giardino informale che si stavano diffondendo nel paese sullo spunto dallo scritto Le delizie della villa di Pietro Verri[5] e primo esempio in Italia di giardino all'inglese in ambito urbano.[6]

È opera di Pollack anche il rimaneggiamento del castello di Montecchio a Credaro.[3]

Collaborò con Piermarini al progetto della facciata dell'Università di Pavia.[3] Realizzò il Teatro di Anatomia (1795)[7] intitolato a Antonio Scarpa e il Teatro di Fisica (1797),[8] denominato aula Volta.

Realizzò numerose ville nel territorio Lombardo-Veneto, tra cui Villa Amalia ad Erba, Villa Antona Traversi a Meda e Villa Casati, poi Casati Stampa di Soncino a Muggiò, la facciata della Basilica di San Vittore a Varese,[3] il Palazzo Mezzabarba a Casatisma (Pavia), Villa Saporiti a Como.[9]

Nei progetti di Villa Casati e villa Saporiti introdusse, primo in Lombardia, i volumi del salone delle feste nel corpo cilindrico aggettante in facciata.[1]

Dal matrimonio con Giustina Coffer nacquero sette figli, tre maschi (Giuseppe, Cesare e Lodovico) e quattro femmine (Giuditta, Domitilla, Ester e Rachele). Solo Giuseppe, il primogenito, seguì le orme paterne diventando architetto. Il fratellastro, Mihály Pollack, fu esponente di primo piano del Neoclassicismo in Ungheria.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Di seguito un elenco parziale delle opere di Pollack:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Ville gentilizie nell'Alto milanese - Committenti e architetti, su lombardiabeniculturali.it. URL consultato il 9 marzo 2023.
  2. ^ a b c Pollack Leopold (Vienna 1751 - Milano 1806), su lombardiabeniculturali.it. URL consultato il 9 marzo 2024.
  3. ^ a b c d e f g Pollack, Leopoldo, su lombardiabeniculturali.it. URL consultato il 10 marzo 2024.
  4. ^ La storia, su comune.milano.it. URL consultato il 9 marzo 2024.
  5. ^ Harris, p. 182
  6. ^ Villa Reale - complesso, su lombardiabeniculturali.it. URL consultato il 10 marzo 2024.
  7. ^ Middleton-Watkin, p. 300
  8. ^ Aula Volta, su alessandrovolta.it. URL consultato il 10 marzo 2024.
  9. ^ Scheda della Villa Saporiti a Como
  10. ^ C. Coccoli, B. Scala e G.P. Treccani, Stratigrafie e restauri al Broletto di Brescia, in Archeologia dell'Architettura, XIV 2009, Firenze, All’Insegna del Giglio, dicembre 2011, pp. 105-140.
  11. ^ Cavagna Sangiuliani, p. 112

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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