Liberazione della Bulgaria

L'assedio di Pleven.

La liberazione della Bulgaria (in bulgaro Освобождение на България?, Osvoboždenie na Bălgarija) comprende gli eventi legati alla restaurazione dell'indipendenza bulgara dopo quasi cinquecento anni di dominio ottomano. Essa avvenne a seguito del Risorgimento bulgaro, iniziato dopo la fine della era Köprülü e durante il Periodo dei tulipani,[1] il quale portò al riconoscimento ufficiale dell'Esarcato bulgaro (23 maggio 1872) e all'organizzazione della Rivolta d'aprile (1876). La rivolta spinse l'Impero russo a dichiarare guerra all'Impero ottomano nell'aprile 1877, e la Bulgaria venne proclamata principato indipendente il 3 marzo 1878 grazie alla Pace di Santo Stefano. Questa fu rivista il 13 luglio dal Trattato di Berlino, che ridimensionò fortemente il territorio bulgaro, ma portò il consenso delle potenze occidentali al principato autonomo.[2]

Rivolta di aprile[modifica | modifica wikitesto]

Voce principale: Rivolta d'aprile.
Antoni Piotrowski (1889), Il massacro di Batak

Durante la Rivolta d'aprile, che fu un'insurrezione organizzata dai bulgari all'interno dell'Impero ottomano dall'aprile al maggio del 1876, e la successiva Conferenza di Costantinopoli nel dicembre 1876, personalità pubbliche di spicco di quasi tutti i paesi europei sostennero la causa dell'indipendenza politica del popolo bulgaro. Nel Regno Unito filoottomano William Ewart Gladstone, allora leader dell'opposizione, lanciò rabbiosi rimproveri contro le politiche del governo guidato da Benjamin Disraeli. In Francia il massacro di Batak del maggio 1876, in cui fu trucidata la maggioranza della popolazione cristiana bulgara (fra 1400 e 5000 persone) nel villaggio di Batak durante la repressione della Rivolta di aprile, fu denunciato dallo scrittore Victor Hugo con le seguenti parole:

«È giunto il momento di alzare una voce di protesta. Il mondo intero è indignato. Sta arrivando il tempo in cui la coscienza umana prende la parola e ordina ai governi di ascoltarla

L'opinione pubblica in Russia fu la più radicale a sostegno della causa bulgara. Insieme agli attivisti del Comitato slavo di Mosca ci furono le grandi menti e la coscienza morale degli scrittori russi Ivan Sergeevič Turgenev, Lev Tolstoj e Fëdor Dostoevskij.

Guerra russo-turca (1877-1878)[modifica | modifica wikitesto]

Battaglie sul fronte caucasico nella Guerra russo-turca (1877-1878)

Il 12 aprile (il 24 aprile secondo il Calendario gregoriano) 1877 a Chișinău fu emesso il manifesto dell'imperatore Alessandro II di Russia, con cui la Russia dichiarò guerra all'Impero ottomano. Oltre nei Balcani le ostilità si svolsero anche nel Caucaso.[3]

Nikolai Dmitriev-Orenburgskij (1883), Lo sbarco a Svištov.

Per ingannare il nemico l'esercito russo fece credere all'Alto Comando ottomano che le principali forze russe sarebbero sbarcate a Dobrugia.[4] Il 15 giugno (27 giugno) le unità militari russe, al comando del maggior generale Michail Dragomirov, effettuarono uno sbarco sul fiume Danubio vicino a Zimnich-Svištov. Su quella sponda del Danubio fu creata una testa di ponte sicura e permanente per lo spiegamento delle principali forze russe sul suolo bulgaro. L'Alto Comando russo divise le unità militari trasferite a Svištov in tre:

Nikolai Dmitriev-Orenburgskij (1883), La battaglia di Pleven del 27 agosto 1877.

L'obiettivo a est fu bloccare le principali forze ottomane con sede nel Quadrilatero Russe-Silistra-Varna-Šumen (il cosiddetto Quadrilaterato delle fortezze dove, verso la fine di giugno 1877, ci fu la base del fronte ottomano orientale e vennero schierati 75.000 soldati, di cui 30.000 in forma di combattimento). La divisione occidentale assediò il gruppo di Osman Nuri Pascià a Pleven (vedi Assedio di Pleven), e quella di attacco avanzò a sud attraverso il Passo di Šipka. In risposta al dispiegamento russo e al successo dell'avanzata dell'avanguardia, l'Alto comando ottomano trasferì il forte gruppo del generale Sulayman Pascià dall'Albania settentrionale. Le unità della divisione d'attacco si ritirarono a Stara Zagora, ma fermarono Sulayman Pascià al Passo di Šipka.[6]

Le battaglie di Šipka[modifica | modifica wikitesto]

Alexey Nikolayevič Popov (1893), La Battaglia di Šipka

Il principale piano strategico del comando ottomano prevedeva che il gruppo di Sulayman Pascià rompesse le unità militari di copertura fortificate alle pendici del Monte Šipka nei Monti Balcani e, attraversando la Bulgaria settentrionale, si unisse alle truppe ottomane assediate a Pleven sotto il comando di Osman Pascià. Fu quindi pianificato, con un'azione concertata da est, ovest e sud, di respingere le truppe russe a nord del Danubio.[7] In quel momento critico l'Alto Comando russo non disponeva di una seria riserva strategica per coprire il contrattacco e le eroiche battaglie che ebbero luogo sotto il Monte Šipka furono decisive per l'esito della guerra. Della Divisione d'attacco presero parte anche gli Opălčenci che erano un movimento di resistenza bulgaro, i cui volontari vennero soprannominati opălčenci-pobornitsi ("volontari combattenti").

Nelle tre battaglie consecutive del periodo luglio-settembre le truppe di Sulayman Pascià furono demoralizzate, vanificando così il principale piano strategico del comando ottomano.

Fine delle ostilità[modifica | modifica wikitesto]

Alla fine dell'anno il resto dell'esercito ottomano al comando di Osman Pascià, circondato a Pleven, si arrese alla prigionia russa. Questa fu seguita da un'avanzata russa al comando del generale Iosif Vladimirovič Gurko a sud attraverso i Monti Balcani verso Sofia e Šeinovo, dopo di che l'esercito russo conquistò Plovdiv (16 gennaio 1878) ed Edirne (26 gennaio).[8] Costantinopoli si trovava sulla traiettoria delle principali forze russe, motivo per cui l'Impero Ottomano rinnovò la sua richiesta di armistizio. La Tregua di Edirne fu firmata ad Edirne il 19/31 gennaio 1878. L'Art. 1 recitava:

«La Bulgaria viene creata come principato autonomo nelle regioni in cui la maggioranza della popolazione è bulgara. I suoi confini non possono in alcun caso essere più piccoli di quelli adottati alla Conferenza di Costantinopoli. Pargherà un tributo, avrà un governo cristiano popolare e una milizia locale. Non ci sarà un esercito ottomano.»

L'armistizio portò al peggioramento delle relazioni tra la Russia, da un lato, e il Regno Unito e l'Impero austro-ungarico, dall'altro.[9]

Trattato di pace di Santo Stefano[modifica | modifica wikitesto]

Voce principale: Pace di Santo Stefano.
Il monumento dello Zar liberatore Alessandro II di Russia di fronte all''Assemblea nazionale della Bulgaria a Sofia. Di fronte ad esso si trova l'ingresso al Parlamento bulgaro con la scritta "L'unione fa la forza".

Il Trattato di pace di Santo Stefano fu un trattato di pace preliminare tra l'Impero russo e l'Impero ottomano, che pose fine alla Guerra russo-turca (1877-1878) e dispose, anche se non definitivamente, la formazione del Terzo Stato bulgaro doppo quasi cinque secoli di dominio ottomano in Bulgaria.

Il trattato fu firmato il 3 marzo/19 febbraio[10] 1878 a Santo Stefano (l'odierno Yeşilköy, quartiere di Istanbul) dal conte Nikolai Ignatiev e da Alexander Nelidov da parte russa, e dal ministro degli Esteri Mehmed Esad Saffet Pascià e dall'ambasciatore in Germania, Sadullah Pascià, da parte dell'Impero Ottomano. Non ci fu alcun testimone presente alla firma da parte bulgara, nonostante che bulgari avessero partecipato alle ostilità e avessero perso 3.456 soldati.

Secondo il trattato l'Impero ottomano non aveva più il diritto di schierare unità e strutture militari sul territorio del Principato di Bulgaria, che sarebbe rimasto occupato dalle truppe russe per un periodo di due anni fino all'istituzione di una milizia locale.[11] La determinazione dei confini finali del nuovo stato bulgaro fu soggetto al lavoro di una commissione russo-turca, che doveva essere guidata dai confini comuni specificati nel trattato.[12]

Restaurazione dello Stato bulgaro[modifica | modifica wikitesto]

Voce principale: Congresso di Berlino.
Differenze fra i confini della Bulgaria secondo il Tratto preliminare di Santo Stefano e il Trattato di Berlino.

Il Congresso di Berlino si svolse dal 13 giugno al 13 luglio 1878 nella capitale tedesca. Fu promosso dall'Austria e accettato dalle altre potenze europee per rettificare il trattato di Pace di Santo Stefano, con la quale la Russia, dopo aver sconfitto l'Impero ottomano nella Guerra del 1877-1878, aveva accresciuto il suo potere nei Balcani. Oltre alla Russia, alla Turchia, all'Austria e alla Germania, al congresso parteciparono la Gran Bretagna, la Francia e l'Italia. Le decisioni prese costituirono il Trattato di Berlino.

La restaurazione della Bulgaria fu confermata dal Trattato di Berlino. Sebbene in pratica il neocreato Principato di Bulgaria fosse indipendente dalla Sublime porta e con un suo governo ed esercito nazionale, fino al 1908 esso fu tributario, vale a dire dipendente dall'Impero ottomano. La sua posizione subordinata si esprimeva nell'obbligo di pagare un tributo annuale vassallo.[13] La Rumelia orientale invece, fu una regione all'interno dell'Impero ottomano che godeva di autonomia amministrativa, comprese le proprie forze armate ("milizia locale").[14]

Le due regioni bulgare (il Principato di Bulgaria e la Rumelia orientale) furono unite con l'Unificazione della Bulgaria nel 1885, ufficialmente sotto forma di unione personale, nonostante la resistenza della Russia e dopo aver respinto l'attacco della Serbia (vedi Guerra serbo-bulgara). L'unificazione fu coordinata dal Comitato rivoluzionario centrale segreto bulgaro (BSCRC) dopo le rivolte nelle città della Rumelia orientale, seguita da un colpo di stato avvenuto il 18 settembre 1885 e sostenuto dal knjaz bulgaro Alessandro I.

La Bulgaria dichiarò l'indipendenza come stato sovrano nel 1908, quando furono create le condizioni necessarie per questo. L'indipendenza fu dichiarata solennemente e simbolicamente a Veliko Tărnovo il 22 settembre nella Chiesa dei Quaranta Martiri, costruita da Ivan Asen II in onore della vittoria a battaglia di Klokotnica e in memoria di tutti i costruttori del Primo Impero bulgaro.[15]

Commemorazione[modifica | modifica wikitesto]

Commemorazione delle battaglie sul Monte Šipka nel 2008.

La liberazione della Bulgaria dal dominio ottomano fu celebrata solennemente, e diverse centinaia di monumenti furono costruiti sul territorio del paese in segno di apprezzamento per l'eroismo e il sacrificio di sé dei guerrieri combattenti. 244 di loro sopravvissero fino ad oggi.[16]

Dal 1990 la Liberazione della Bulgaria è una festa nazionale, celebrata il 3 marzo di ogni anno, la data in cui fu firmato il Trattato di pace di Santo Stefano tra la Russia e l'Impero Ottomano.[17] La giornata è scandita solennemente dalle varie istituzioni del Paese, come la Presidenza della Repubblica e la Chiesa ortodossa bulgara. Il Presidente ispeziona l'unità della guardia nazionale e premia il personale militare con decorazioni, mentre la Chiesa celebra una liturgia solenne per onorare la memoria dei combattenti stranieri e locali che hanno perso la vita nella guerra di liberazione.[2]

Fonti e note esplicative[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (BG) Проф. д-р Христо Гандев - житейски път и научно наследство, su academia.edu. URL consultato il 7 ottobre 2022.
  2. ^ a b (EN) Liberation Day in Bulgaria, su themayor.eu. URL consultato il 7 ottobre 2022.
  3. ^ (BG) История на България. Том шести. Българско възраждане 1856 – 1878, Издателство на Българската академия на науките, София 1987, с. 434 – 435, 446 (автор на глава четвърта (Руско-турската война и Освобождението на България 1877 – 1878) – акад. Христо Христов).
  4. ^ Димитров, Страшимир, Николай Жечев и Велко Тонев. История на Добруджа, т. 3, София 1988, с. 267.
  5. ^ (BG) История на България. Том шести. Българско възраждане 1856 – 1878, Издателство на Българската академия на науките, София 1987, с. 435 – 436.
  6. ^ (BG) История на България. Том шести. Българско възраждане 1856 – 1878, Издателство на Българската академия на науките, София 1987, с. 438 – 441.
  7. ^ (BG) История на България. Том шести. Българско възраждане 1856 – 1878, Издателство на Българската академия на науките, София 1987, с. 438.
  8. ^ (BG)История на България. Том шести. Българско възраждане 1856 – 1878, Издателство на Българската академия на науките, София 1987, с. 443 – 446.
  9. ^ (BG) История на България. Том шести. Българско възраждане 1856 – 1878, Издателство на Българската академия на науките, София 1987, с. 462.
  10. ^ Le date nell'articolo, nella seconda parte, sono indicate secondo il Calendario gregoriano.
  11. ^ (BG) чл. 8 на Санстефански мирен договор, сключен между Русия и Турция на 19 февруари/3 март 1878 г. Accesso 7 ottobre 2022.
  12. ^ (BG) чл. 6 от Санстефански мирен договор, сключен между Русия и Турция на 19 февруари/3 март 1878 г.. Accesso il 7 ottobre 2022.
  13. ^ (BG) чл. 1 от Берлинския договор от 1/13 юли 1878 г. В текста е определено, че Българското княжество има право на своя „народна милиця“ Accesso 7 ottobre 2022.
  14. ^ (BG) чл. 13 от Берлинския договор от 1/13 юли 1878 г. Accesso il 7 ottobre 2022.
  15. ^ Gli Asenevtsi che vantano il titolo di "Zar" sono la tribù reale di Ivan il Terribile. L'erede diretto e parente dei Borbone, a titolo dinastico, con questo atto sfidò gli unici zare in quel momento al mondo. La Bulgaria a quel tempo non poteva competere con la Russia, ma era una monarchia più antica e il primo stato moderno in Europa.
  16. ^ (BG) В България има 244 паметници на Освобождението. Accesso 7 ottobre 2022.
  17. ^ (BG) 3-ти март - Национален празник на България, su dariknews.bg. URL consultato il 7 ottobre 2022.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]