Luigi Bruzza

Busto di Luigi Maria Bruzza conservato al Museo Leone di Vercelli

«Quando sarò morto, non so se ci sarà chi continuerà l’opera mia, anzi a dire come la penso, non lo credo.»

Padre Luigi Maria Bruzza (Genova, 15 marzo 1813Roma, 6 novembre 1883) è stato un archeologo, epigrafista barnabita italiano.

È generalmente considerato uno degli iniziatori dell'archeologia moderna[1][2] per il suo interesse per i reperti (ossia i corpora) ma anche per la sua attività di ricerca e sorveglianza sugli scavi archeologici[3].

Insigne epigrafista[4], è autore delle Iscrizioni Antiche Vercellesi, opera che gli fece guadagnare la cittadinanza onoraria vercellese, nonché la realizzazione del Museo Lapidario nel chiostro della Basilica di Sant'Andrea.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Ritratto di p. Luigi Bruzza [5]

I primi anni[modifica | modifica wikitesto]

Luigi Maria Bruzza nacque a Genova il 15 marzo 1813; qui, il 24 luglio 1830, si laureò con lode, seguito dal professore di letteratura latina Giovanni Battista Spotorno, docente che lo iniziò e appassionò alle antichità. L'anno successivo entrò nel noviziato di S. Bartolomeo degli Armeni a Genova, dove il 7 ottobre 1832 professò i voti e vestì l'abito dei Barnabiti. Pochi giorni dopo si trasferì a Roma per studiare teologia ma anche ebraico e greco antico, seguito dal professore e barnabita Luigi Ungarelli, del quale frequentò il "Collegium Litterarum Hieronymianum", un'accademia di studi biblici fondata da Ungarelli stesso[6]. Dopo essere stato ordinato sacerdote, dal 1835 al 1839 insegnò grammatica a Parma, presso il collegio Maria Luigia; il 3 ottobre dello stesso anno assunse l'incarico di professore di retorica presso le Scuole di San Cristoforo a Vercelli[7].

Il soggiorno vercellese[modifica | modifica wikitesto]

Sarcofagi e anfore provenienti dal Lapidario bruzziano, riallestiti nel cortile antistante la manica di raccordo del Museo Leone

A soli ventisei anni Bruzza fu chiamato ad insegnare a Vercelli; durante questo periodo si dedicò con gran fervore allo studio della storia e delle antichità vercellesi, motivo per cui era solito passare gran parte del suo tempo negli archivi. A questa fase risalgono alcuni dei suoi primi scritti, nati come discorsi da tenere in pubblico e solo successivamente dati alle stampe: "Delle lodi della città di Vercelli" (1841)[8], "Sugli storici inediti vercellesi" (1843)[9] e "Sopra Vibio Crispo" (1845)[10]. A partire dal 1846 il barnabita iniziò ad interessarsi sempre più di argomenti archeologici, fino a trascurare gli studi storici sulla città[11]; però nel 1842 aveva già intrapreso un lavoro di ricerca e raccolta delle epigrafi sparse per tutto il vercellese, col permesso da parte dell'allora sindaco Gifflenga di ordinare tutto questo materiale nell'atrio dello scalone e nel giardino del palazzo civico[12]. L'idea del Bruzza era quella di realizzare un primo nucleo, che col tempo sarebbe andato espandendosi, del Museo Lapidario, della quale istituzione aveva già fatto cenno nell'orazione del 1841[13]. Questa struttura venne successivamente realizzata e collocata nell'attuale chiostro della Basilica di Sant'Andrea, fino a quando non si decise di smantellarla e trasferire tutto il materiale al Museo Leone a causa dello stato di abbandono in cui versava[14]. Nel 1847 Bruzza venne nominato socio corrispondente da parte dell'Accademia delle Scienze ed Arti di Alessandria e dell'Istituto Germanico di corrispondenza di Roma, soprattutto grazie alla conoscenza di illustri studiosi quali Carlo Promis[15], Carlo Baudi di Vesme, Costanzo Gazzera[16], Domenico Promis e Bartolomeo Borghesi[17]. Sempre nel 1847 il barnabita venne nominato Rettore delle Scuole di S. Cristoforo[18], incarico che lo oberò di impegni e gli causò non pochi fastidi soprattutto per via della questione relativa alla concorrenza esistente fra Barnabiti e Gesuiti a Vercelli[19]. Questo dissidio infatti provocò l'estromissione dei Barnabiti dalla città, motivo per cui nel 1853 Bruzza venne trasferito a Napoli, per andare ad insegnare dapprima alle Scuole di Santa Maria di Caravaggio[20], successivamente presso il Collegio di San Giuseppe a Pontecorvo[21].

Il soggiorno napoletano[modifica | modifica wikitesto]

Bruzza restò ad insegnare a Napoli per soli tre anni[22], periodo durante il quale si dedicò allo studio del greco antico[23] e dell'archeologia magnogreca. Ciò che però più gli mancava era poter proseguire le ricerche vercellesi in campo storico-artistico, archeologico ed epigrafico, che riuscì ugualmente a portare avanti, seppur distante, grazie alla fitta corrispondenza epistolare intrattenuta con alcuni illustri personaggi, quali Carlo Promis, Edoardo Mella e Sereno Caccianotti[24].

Il soggiorno moncalierese[modifica | modifica wikitesto]

Collezione Archeologica, Palazzo Mombello, Moncalieri (TO). Porzione di una delle vetrine che ospitano le ceramiche attiche e magno-greche.[25]

Dal 1856 al 1867 risiedette, in qualità di insegnante, presso il Real Collegio Carlo Alberto di Moncalieri. Qui riunì i numerosi pezzi della sua preziosa ed eterogenea Collezione Archeologica, che crebbe ulteriormente nel tempo, nella quale si trovano fianco a fianco reperti magno-greci e romani (comprese alcune delle epigrafi che non avevano trovato collocazione nel Lapidario di Vercelli), ma anche etruschi, egizi e preistorici. Bruzza si servì di tali reperti come strumenti didattici con cui arricchire le sue lezioni, facendo letteralmente "toccare con mano" agli studenti oggetti realmente provenienti da quel passato che andava insegnando. La Collezione Archeologica, proprietà dei padri Barnabiti, è ancora conservata a Moncalieri ma presso Palazzo Mombello, adiacente al Real Collegio Carlo Alberto.

Il soggiorno romano[modifica | modifica wikitesto]

Dopo il lungo periodo di insegnamento trascorso a Moncalieri, Bruzza si trasferì a Roma, momento estremamente fecondo per quanto concerne gli studi, ormai sempre più indirizzati verso l'epigrafia e l'archeologia. Qui iniziò ad affiancare il barone Ercole Visconti negli scavi dell'Emporio, interessandosi sempre più allo studio dei corpora e alla topografia. Egli quindi intraprese un lavoro di schedatura dei bolli anforacei provenienti dal vicino monte Testaccio, le quali schede in seguito confluirono nel CIL[26] per opera di Dressel[27]. Grazie a tali attività il barnabita portò a compimento una serie di scritti: "Iscrizioni dei marmi grezzi", per il quale egli è tuttora ricordato come precursore nello studio dei marmi di cava, "Marmi Lunensi", per la quale ebbe la collaborazione del giovane Dressel e "Il Regesto di Tivoli", opera rimasta incompiuta e utile ancora oggi agli studiosi in quanto il materiale topografico ed archeologico raccolto al suo interno non è più fisicamente reperibile ed individuabile. Nel 1871 divenne socio ordinario dell'Istituto di corrispondenza archeologica e nel 1874 entrò a far parte della Pontificia Commissione di archeologia[28]. Contemporaneamente insegnò letteratura italiana, latina e greca presso la sua Congregazione in S. Carlo ai Catinari. Nel frattempo egli riprese a lavorare alle "Iscrizioni Antiche Vercellesi", dandole alle stampe nel 1875[29]; le bozze di questo volume vennero lette in anteprima dal Mommsen, che le inserì nel CIL e le fece recapitare all'Henzen[30]. Le "Iscrizioni" furono lodate dal Mommsen e, data l'importanza e la novità del lavoro, il barnabita entrò ben presto nel novero dei più insigni epigrafisti europei[31]. Il municipio vercellese, per esprimere la propria gratitudine, concesse al Bruzza la cittadinanza onoraria, una medaglia d'oro e la promessa -nonché l'intitolazione in vita - della realizzazione del Museo Lapidario. Qualche anno dopo iniziò a farsi strada nella mente del barnabita anche l'idea di creare un museo archeologico civico, posto accanto al Lapidario[32]; tale progetto non venne attuato sia a causa del disinteresse da parte della pubblica amministrazione, sia a causa della mancanza di fondi da destinarsi[33]. Nel frattempo dedicò il suo tempo anche allo studio dell'Archeologia Cristiana, motivo per cui collaborò con Giovanni Battista De Rossi[34]: fu anche grazie al Bruzza se tale disciplina acquisì autonomia, portando nel 1875 alla nascita della "Società di Archeologia Cristiana"[35], della quale però non fu fondatore ma uno dei propulsori[36].

Gli ultimi anni[modifica | modifica wikitesto]

Bruzza soffriva di forti nevralgie[37], che lo spinsero ad andare spesso a Tivoli e a Subiaco per rinvigorirsi. Inoltre una brutta caduta in un fosso nel dicembre del 1882, mentre visitava gli scavi della cripta di Sant'Ippolito, lo costrinsero a letto per diversi mesi; la sua mente però era più lucida che mai, tanto da farsi proseguire la raccolta di materiale epigrafico per il suo secondo volume delle "Iscrizioni"[38]. Le sue condizioni di salute peggiorarono a seguito di questa caduta: morì a Roma il 6 novembre 1883, sepolto a San Carlo ai Catinari. Padre Colombo, alla morte del Bruzza, si fece mandare tutte le carte relative a Vercelli con l'intenzione di pubblicare una raccolta di scritti postumi del barnabita, facendola precedere da una biografia. Egli però morì sei mesi dopo il Bruzza, trovando così il lavoro[39].

Il Museo Lapidario[40][modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Museo Archeologico della città di Vercelli.
Il Lapidario Bruzza in una fotografia dei primi del 1900 (chiostro della Basilica di S. Andrea)
Il Lapidario Bruzza in una fotografia dei primi del 1900 (giardino all'italiana, chiostro della Basilica di Sant'Andrea)

L'idea di realizzare un lapidario sorse al Bruzza durante gli anni del soggiorno vercellese; essa trovò attuazione solo nel 1875 quando, a seguito della delibera del Consiglio Comunale (19 giugno), al barnabita venne concessa la cittadinanza onoraria e venne fatta coniare una medaglia d'oro in suo onore. In tale occasione si decise di favorire la realizzazione del lapidario, che impegnerà il Municipio per diversi anni. Fu Cesare Faccio, assieme al figlio Giulio Cesare, a redigere un catalogo[41] nel 1903, la quale edizione venne ampliata nel 1924. Esso trovò collocazione nell'attuale chiostro della Basilica di Sant'Andrea: qui vennero raccolti sarcofagi[42], anfore, epigrafi[43], cioè tutto quel materiale lapideo proveniente dal territorio vercellese, che il Bruzza andava raccogliendo e catalogando da diversi anni, e che confluì nelle "Iscrizioni"[44]. L'obiettivo era quello di salvare dalla dispersione tali reperti e di renderli fruibili al grande pubblico, in qualità di testimonianza del loro passato[45]. Per questo motivo quegli oggetti che il Bruzza stesso nel 1842, ossia durante i primi anni del suo soggiorno vercellese, aveva temporaneamente sistemato all'interno della vetrina municipale, in seguito vennero radunati all'interno del lapidario, assieme a quelli che poco tempo prima erano custoditi dagli enti religiosi e in casa di privati cittadini[46]. A gestire il primo allestimento fu chiamato dal Bruzza stesso l'architetto Locarni; a coordinare tale impresa venne chiamata in causa anche la neonata Commissione Archeologica Municipale[47], una delle prime nate in Italia, ma che sopravvisse solamente pochi decenni. La prima fase di sistemazione del Lapidario si concluse nel 1881, con la tinteggiatura delle pareti, il riordino dei marmi, la ri-coloritura delle lettere delle iscrizioni, la realizzazione di basamenti murari per i sarcofagi e la ricostruzione dell'ambone. La gestione venne affidata all'avvocato Francesco Marocchino, archivista del Comune, che però non essendo un archeologo di professione fece molti errori: trasportò nel chiostro una serie di elementi lapidei moderni, scambiati da lui per antichi, e colorò le lettere di un'epigrafe in maniera errata[48]. Nei primi del Novecento il Lapidario risultava già abbandonato a sé stesso: così il Comune decise di chiedere l'aiuto del notaio Camillo Leone, che nel 1900 ne eseguì il riordino (terminato nel luglio del 1901)[49]: appese le anfore con degli anelli sospensori e riordinati e allestiti i monumenti medievali e moderni, dispose al centro del chiostro i busti di cittadini benemeriti[50], domandò in una lunga lettera che il museo venisse affidato ad un "Ispettore governativo degli scavi e monumenti" (figura usuale in altre città italiane dell'epoca[51]), e che il chiostro venisse sorvegliato, in quanto soggetto a vandalismi a trasformato in parco giochi per bambini[52].

Una delle sale del Museo Leone contenente alcune delle epigrafi conservate in origine nel Lapidario bruzziano

Il Lapidario oggi[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1934 il Lapidario venne disallestito: secondo quanto riportato da studiosi locali, esso era ormai da anni in stato di abbandono[53]. Testimonianza del disallestimento viene fornita dal "Catalogo" di Faccio, pubblicato nel 1903 (la seconda edizione venne data alle stampe nel 1924). Così, col restauro di Palazzo Alciati, adiacente a Palazzo Langosco (attuale sedi del Museo Leone), vennero creati nuovi spazi, sfruttati per collocarvi le epigrafi provenienti dal chiostro, murate e spesso disposte in modo tale da non agevolarne la fruizione[54], secondo quindi criteri museografici non attuali. Invece le anfore e i sarcofagi vennero sistemati all'interno del cortile antistante l'ingresso della manica di raccordo[55].

Il progetto del Museo Archeologico Civico[modifica | modifica wikitesto]

La manica medievale dell'ex monastero di Santa Chiara, attuale sede del MAC

Durante il periodo trascorso a Vercelli Bruzza non solo progettò il Lapidario ma anche un primo nucleo di museo[56] archeologico civico, che fosse posto in una delle sale adiacenti al chiostro del S. Andrea[57]. Il suo obiettivo era quello di permettere sia la tutela del patrimonio culturale, sia la sua pubblica fruizione. Per attuare tale progetto, a partire dal 1842 dispose alcuni dei reperti che era riuscito a recuperare da privati o da scavi archeologici, in una piccola vetrina posta nell'atrio del Municipio, con l'auspicio di veder accrescere la collezione e di trovarle una sede degna di un museo. Perciò la Giunta Comunale decise di istituire una Commissione Archeologica: così infatti si sarebbero potuti intraprendere una serie di scavi sistematici in quelle zone che, secondo quanto documentato dal barnabita, erano ricche di reperti d'ogni tipo[58]. Il Museo civico bruzziano però, sia a causa dei costi elevati, sia a causa del disinteresse da parte del Municipio nel finanziare tali ricerche, non venne realizzato; dovremo aspettare il 2014 per vedere concretizzato il suo progetto, con la nascita del Museo Archeologico della città di Vercelli - Luigi Bruzza (MAC), situato nella manica medievale dell'ex monastero di Santa Chiara.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Immagine tratta dalle "Iscrizioni Antiche Vercellesi"

Le "Iscrizioni Antiche Vercellesi"[59][modifica | modifica wikitesto]

Bruzza, durante il suo soggiorno vercellese (1842-43), aveva iniziato a progettare un'opera che racchiudesse tutto il materiale epigrafico da lui rinvenuto nel territorio[60]; per far ciò si servì di fidati amici e collaboratori che, durante il suo periodo di permanenza a Napoli e a Roma, lo aiutarono ad implementare le raccolte tramite notizie, calchi e schizzi tramite corrispondenza. Così il barnabita, seppur distante da Vercelli, riuscì ugualmente a realizzare questo imponente volume, ancora oggi uno dei capisaldi per gli studi di antichistica locale[61]. Esso presenta un'ampia introduzione dedicata alla storia vercellese, in cui Bruzza si premura di sfatare numerose teorie giustificate più da un eccesso di patriottismo che di rigore scientifico. L'opera, costituita da 172 schede epigrafiche[62] (di cui 155 nel testo-base e 17 in appendice) possiede la seguente struttura:

  1. Introduzione.
  2. Iscrizioni sacre.
  3. Iscrizioni storiche.
  4. Iscrizioni sepolcrali.
  5. Iscrizioni militari.
  6. Figuline (anfore e pesi).
  7. Lucerne.
  8. Vasi a vernice rossa e nera.
  9. Forme di vasi e di lucerne.
  10. Iscrizioni cristiane.
  11. Appendice.
  12. Correzioni ed aggiunte.
  13. Indice epigrafico.
Estratto delle "Iscrizioni Antiche Vercellesi"

Uno dei limiti di quest'opera è che essa è per lo più descrittiva; quindi è raro trovarvi ipotesi interpretative sugli oggetti rappresentati[63]: non sono presenti infatti connessioni tra testi, simbologia iconografia dell'oggetto lapideo, funzionalità e tipologia. Bruzza è sempre molto cauto nell'apporre cronologie ed integrazioni alle parti mancanti nei disegni[64]. L'opera, pur possedendo alcuni difetti trascurabili e giustificati dalla relativa giovinezza dell'epigrafia, è considerata da tutti gli studiosi del settore una pubblicazione di altissimo livello[64].

Le "Iscrizioni", pubblicate nel 1875, furono lodate da numerosi studiosi di fama internazionale, quali Dressel, Mommsen, Henzen, tanto da essere riprese nel volume V (Gallia Cisalpina) del CIL; la città di Vercelli, per onorare il successo dell'opera, concesse la realizzazione del Museo Lapidario con intitolazione in vita a Bruzza.

Il barnabita dovette apprendere le basi dell'epigrafia durante gli anni in cui frequentò l'Istituto Bartolomeo degli Armeni a Genova; tale disciplina funse da sussidio per lo studio del latino[65]. Il suo interesse per l'epigrafia nacque quando si rese conto che i soli dati storiografici non bastavano per ricostruire in modo rigoroso e scientifico il passato[66]; da qui l'esigenza di basare le proprie ricerche su altre fonti (materiali), quali le epigrafi. Infatti dai marmi inscritti si possono reperire numerose informazioni sulle società del passato, mentre la storiografia è fatta di visioni soggettive, non sempre attendibili da un punto di vista ricostruttivo[67].

L'epistolario bruzziano[68][modifica | modifica wikitesto]

Disegni di Giulio Tanoni della tazza e del cratere rinvenuti a Palazzolo (oggi conservati al Museo Leone), allegati alla lettere del Tea al Bruzza del 18 novembre 1878

La maggior parte delle notizie riguardanti Bruzza le possediamo grazie alla fitta corrispondenza che egli intrattenne con amici e colleghi; una parte delle lettere è rimasta, da quel che si sa, a Vercelli (Museo Leone[69], Archivio Storico e Biblioteca Civica[70]), un'altra parte a Novara[71], un'altra ancora a Roma[72]. Fra le carte conservate a Vercelli si conservano quelle riguardanti le fasi di formazione e allestimento del lapidario, di raccolta di reperti archeologici per la realizzazione del museo archeologico civico e il periodo successivo alla pubblicazione delle "Iscrizioni". Tra i principali corrispondenti del Bruzza vi sono:

  • L'archivista municipale Francesco Marocchino[73].
  • Il bibliotecario della Civica, Sereno Caccianotti[74].
  • L'archeologo Giovanni Battista De Rossi.
  • Il teologo e canonico del Duomo, don Canetti[75].
  • Il notaio e collezionista Camillo Leone.
  • Il conte Edoardo Arborio Mella.
  • L'archeologo e professore Ermanno Ferrero.
  • Il professore di lettere Luigi Balliano[76].
  • Il vice segretario comunale, Alberto Tea[77].
  • Il parroco di Cigliano, Natale Martinetti.
  • Il parroco di Palazzolo, Giacinto Arditi.
  • Lo storico Ariodante Fabretti.

Spesso questi gli inviavano schizzi, disegni e calchi che dovevano servire al barnabita per riuscire a classificare gli oggetti; egli fu uno dei primi archeologi italiani a sostenere l'importanza dello studio dei corpora (anche se frammentari), considerati fondamentali per ricostruire le dinamiche socioeconomiche dell'antichità[78].

Citazioni dall'Epistolario[modifica | modifica wikitesto]

Per comprendere pienamente la figura del Bruzza è necessario affidarsi alle fonti dirette; una preziosa e utile testimonianza per studiare il barnabita viene fornita dalle lettere che egli inviò e ricevette dai suoi amici e colleghi[79].

Il notaio e collezionista vercellese Camillo Leone, fondatore del Museo Leone nonché uno dei corrispondenti del Bruzza

Lettera del Bruzza a Camillo Leone, Roma, 3 ottobre 1877[80][modifica | modifica wikitesto]

  • "Signore ed amico carissimo, ieri scrissi all'amico Caccianotti e alla sera ricevetti la sua lettera; sicché fu per me una bella giornata avendola cominciata e finita conversando per iscritto con gli amici. Volentieri le manderei lo scritto sopra il Sodoma, ma essendone state tirate a parte solo 40 copie, sono già 10 anni che non ne ho più nessuna, e avendone avuto domanda da molte parti ho dovuto rispondere che "nemo dat quod non habet" [...]".
  • "[...] È stato ben fortunato a ritrovare una copia della Dissertazione sul Campanello, perché anche di questa ne sono rimasto senza. La moda che in seguito a quella dissertazione nacque fra le signore di portare un campanello, che in alcune città ed in Napoli fu grandissima, e dove ora si attacca alla catenella degli ombrelli, me ne fece richiedere da tutte le parti; ma avendone fatte tirare solo 100 copie, ne restai affatto sprovveduto. Ne teneva alcune copie in riserva per darle a persone amiche e alle quali potesse importare per lo studio, ma che vuole? [...]".
  • "[...] Nel tempo che io era in Piemonte vennero altre domande da fuori e i Padri miei di questa cosa non sapendo che quelle poche, erano quattro, fossero le ultime che io avessi le distribuirono e due di esse so che vennero a Torino ma non so a chi. Chi sa che una di queste non sia quella che toccò a Lei? Ne sarei contento. In tutta questa faccenda dei campanelli gli orefici fecero denari, un solo di Roma ne vendette tanti per otto mila lire, ed io non facendomi pagare da alcuno, e dando tutte le copie in regalo, vi giuntai una sommetta che se ora l'avessi non mi sarebbe discora [...]".
  • "[...] Ma e la gloria? è questo il vero caso di dire fumo senza arrosto [...]. Ora che la stagione permette di fare lunghe passeggiate, vorrei che Ella, sig. Camillo, andasse a vedere quelle anfore che l'avv. Beglia, mi assicurò essersi trovate in un fondo vicino a Vercelli nella strada di Trino. Se potesse andarvi con Caccianotti farebbe bene, ma non so se la salute glielo permetta. Se trovasse ancora di quelle anfore, che a quanto mi fu detto devono esservene ancora, osservi bene il collo e il ventre se hanno lettere graffite; se ne avessero scritte a pennello bagnandole il colore rinvigorisce [...]".
  • "[...] Queste si copiano con la carta trasparente, delle altre a rilievo, colla carta bagnata se ne cava il calco. Si informi dai contadini di ogni cosa che fu trovata e dove andò. Io ho bisogno di materiale per fare più importante il supplemento che intendo fare alle Iscrizioni. Di queste seccature ne avrà delle altre, intanto la saluto e sono Suo amico D. Luigi Bruzza B".
Disegno di F. Marocchino: ciotola in ceramica e tappo di anfora

Lettera del Bruzza a Camillo Leone, Roma, 2 ottobre 1878[81][modifica | modifica wikitesto]

  • "Mio caro Signor Leone, essendosi la lettera mia e quella dell'amico Caccianotti incrociate per via, Ella mi ha fatto un piacere graditissimo a riscontrarmi in sua vece benché egli non avesse forse materia da rispondere, due giorni dopo che mi aveva scritto. La ringrazio ancora per la bella lettera sua piena di sincera affezione per la quale io mi rallegro di avere un caro e sincero amico [...]".
  • "[...] Il Cav. Collobiano non mi ha ancora risposto, perché forse non ha ancora ritrovato in famiglia un oggetto antico assai curioso, che però non è uno specchio, che io vorrei dare in disegno, come il suo arnese campanellesco, nel Supplemento alle Iscrizioni di Vercelli. Gli ho scritto pure riguardo al museo, ma ancora non so quale effetto abbia avuta la mia lettera. A forza di pungere e di spingere arriveremo alla meta. Io tengo per Lei, come già sa, un piede votivo, cosa rarissima in Piemonte, ma non in Roma, perché molti di questi voti di ogni specie, si trovano specialmente a Palestrina. Glie lo manderò alla prima occasione a meno che Ella non mi indichi il modo di inviarglielo [...]".
  • "[...] Mi sono consolato all'intendere che fra poco avrà molte figuline di scavo. La prego di visitarle attentamente in ogni parte e di osservare se vi è nulla di scritto a pennello. Se trova qualche cosa me ne dia subito avviso, ma indicando il luogo dove furono ritrovate. Caro Signor Leone importa assai che di tutti gli oggetti che ha, ne faccia un catalogo generale nel quale sia indicato il luogo dove furono trovati, o almeno dove gli ha comprati. Creda che col tempo è immensa l'utilità di questi cataloghi per la scienza. Io non so capire come con tante figuline che ha, non ne abbia ancora alcuna scritta, eccetto la rara anfora e il piattello di terra aretina che io ho copiato. Io spero che il prossimo acquisto che farà soddisferà il mio desiderio [...]".
  • "[...] Ella deve fare conoscenza col Sacerdote Casalone che è maestro in Seminario. Vi vada a nome mio e si faccia indicare i luogo preciso del bosco dei platani, dove è un gran deposito di figuline, la maggior parte scritte. Quando lo sappia, potrebbe mandarvi, come feci io, qualche ragazzo a frugare e vedrà quante ne avrà in poche volte. Visiti anche il luogo ove era, e forse dove è ancora, la fornace fuori di porta Casale. Quivi io ritrovai più di cento oggetti, specialmente lungo la sponda che è sopra il canale [...]".
  • "[...] Se ancora vi si fanno mattoni, ogni giorno, come a tempo mio, nel muovere la terra per impastarla, deve trovarsi qualche cosa. Vegli anche sul luogo che è prossimo alle Cascine Binelle, sulla strada di Trino, perché di quivi uscivano molte cose [...]". Tanti saluti all'amico Caccianotti e mi abbia suo amico D. Luigi Bruzza B."
Laterizio rinvenuto durante gli scavi nei pressi della chiesa di S. Pietro a Palazzolo; esso figurò tra gli elementi di copertura delle tombe di un cimitero di epoca antica (non specificata). Allegato alla lettera di D. Giacinto Arditi a Luigi Bruzza, 18 giugno 1873.

Lettera del Bruzza a Camillo Leone, Roma, 28 novembre 1878[82][modifica | modifica wikitesto]

  • "Carissimo amico, sono proprio contento e pieno di giubilo vedendomi così bene servito da Lei. Ella ha fatto assai più di quello che domandava e bisognerebbe ch'Ella mi vedesse nel cuore per conoscere quanto le sia grato del favore che mi ha fatto, mandandomi i disegni e le notizie di ciascun pezzo di antichità. Io godo veramente di aver trovato in Lei un cooperatore ardentissimo per aiutarmi a fare onore a Vercelli [...]".
  • "[...] Essendo io lontano e non potendo venire così, se non sono aiutato, come Ella fa, non posso far bene e tutto quello che dovrei fare. Ma veniamo al fatto nostro. Nell'anfora con HISP le due lettere ch'Ella vi ha letto «GF» mi danno in uno un filo di molta importanza [...]. Il collo di quest'anfora vorrei darlo inciso, perciò ne ho bisogno di una copia che sia esattissima. Il miglior modo è che prenda un pezzo di carta vegetale o trasparente, e collocandolo su tutto il collo, passi sopra il lapis su tutte le lettere e segni anche sui più piccoli apici, affinché ne venga un fan simile esattissimo, da servire a suo tempo per l'incisore [...]".
  • "[...] I calchi dei numeri segnati sull'embrice sono venuti molto bene. In due di essi però dopo l'ultimo numero apparisce o sembra che vi sia una traccia di altro segno. esamini dunque di nuovo l'embrice, e vegga se non sia un segno accidentale. Se può cavarsene un nuovo calco, specialmente della fine dopo i numeri, mi raccomando che lo faccia [...]".
  • "[...] Per evitarle una fatica non necessaria, essendo mio scopo di trattare solamente delle cose di Vercelli e del vercellese, sappia che non mi occorre di avere disegni e calchi altro che di questi luoghi [...]. Ma intanto i lavori che ho alle mani non sono pochi, e mi occupo di essi. Per ora non posso rispondere ad altre cose di cui mi parla nella sua lettera, perché mi manca il tempo, e la prego di salutarmi l'amico Caccianotti e creda suo aff.mo amico D. Luigi Bruzza B."

Lettera del Bruzza a Camillo Leone, Roma, dicembre 1878[83][modifica | modifica wikitesto]

  • "Caro Signor Camillo, lavori straordinari, che appena ho terminato ora, mi impedivano di annunziarle la ricevuta dei disegni e delle sue lettere; al qual dovere soddisfacio ora che è il primo momento in cui posso scriverle. Io sono proprio ammirato dal suo buon cuore e dalla sua amicizia [...]".
  • "[...] Nessuno potrebbe fare di più di quello che Ella fa per me, e dirò anche per la sua patria. Grazie a Lei acquisto conoscenza degli oggetti antichi che va adunando, come se gli vedessi. Io glie ne ho obbligo talmente grande che non so esprimergliene la mia riconoscenza come Ella merita e come io vorrei. Ella coi suoi disegni e colle sue diligentissime descrizioni, mi fa capire bene ogni cosa; il che Ella capisce quanta importanza abbia per chi ha da descriverle con esattezza, come si deve [...]".
  • "[...] Se mi capiterà qualche nuovo oggetto lo conserverò per Lei, in segno dell'obbligo che le ho per la premura con cui adempie ogni mio desiderio [...]. Saprà delle molte centinaia di oggetti che il Prof. Fabretti ricava pel museo di Torino dallo scavo del sepolcreto di Palazzolo. Finora non vi fu trovata alcuna iscrizione, ma a me, se non altro, giova per le lucerne scritte che vi furono trovate, e delle quali mi comunica tutte le impronte. È obbligato a far guardare lo scavo giorno e notte perché non vi mancano i ladri [...]".
  • "[...] Godo della speranza che ha di ritrovare cose nuove di scavo nel vercellese. Io le auguro di cuore che sia fortunato, e che trovi cose importanti. Mi saluti il caro Caccianotti e creda suo amico aff.mo D. Luigi Bruzza B."
Disegno e lettera di Camillo Leone: olpe a trottola che leone sostiene essere stata trovata a Pollenzo

Lettera del Bruzza a Camillo Leone Roma, 5 febbraio 1879[84][modifica | modifica wikitesto]

  • "Mio caro Signor Camillo [...] mi ha fatto grandissimo piacere il tronco di piramide in terracotta, con due buchi e con la lettera X, ma dove fu trovato? Generalmente si trovano nei sepolcri [...]. Fa molto bene a mandarmi tre o quattro calchi delle figuline; questa molteplicità mi ha fatto leggere nomi che non avrei letti sopra uno o due calchi. Ma debbo avvisarlo che nel fare i calchi insista di più sulle estremità che non sono sempre ben marcate [...]".
  • "[...] Del resto i suoi calchi riescono bene, e mi servono più di tutte le descrizioni, perché ho il monumento innanzi agli occhi. Io le raccomando di vigilare sugli scavi tutti che in occasione di fabbriche si fanno in città, come faceva io, perché fra le terre io trovai varie figuline, anse e fondi di vasi, che altrimenti sarebbero stati perduti. è una seccatura, ma bisogna prendersela, ed anche conviene fare amicizia con gli scavatori e istruirli mostrando loro qualche oggetto affinché imparino a conoscergli e a porvi attenzione [...]".
  • "[...] Quando avrò finito il lavoro le restituirò tutti i disegni che mi ha mandati. Ma vedo che la cosa andrà in lungo [...]. Col ritorno del Sig. Ravelli le manderò tre lucerne, fra le quali una è cristiana, che così non ve ne ha alcuna [...]. Ella mi domandò già quali libri potrebbero esserle utili. Le dico che per Lei credo opportuno Il Dizionario di Antichità di Rich, perché è pieno di disegni. Vi è un altro Dizionario di Darembergh e Saglio [...]".
Disegni di Camillo Leone: forme ceramiche

Lettera del Bruzza a corrispondente non pervenuto, Roma, 27 settembre 1879[85][modifica | modifica wikitesto]

  • "[...] Ne stetti fuori un mese intero, del quale passai quindici giorni in Tivoli, studiando dalle sei alle sette ore al giorno negli spogli degli archivi. Poi andai a Subiaco, dove stetti sette giorni nella insegne Badia di Scolastica, lavorando notte e giorno sul famoso Regesto. Il governo ha avuto il buonsenso di dichiararla monumento nazionale, vi conserva otto monaci studiosi, i quali studiano ora alla pubblicazione dei Codici [...]".
  • "[...] Montecassino è più ricco e grandioso ma S. Scolastica vi sono monumenti più importanti per la storia delle architetture e della pittura. È qui dove S. Benedetto fondò l'ordine Benedettino. Le grotte abitate dal Santo convertite in chiese sono cosa di cui non si può fare un'idea se non si vedono. La devozione che vi ispira fa impressione nell'animo di tutti [...]".
  • "[...] Gli ultimi sette giorni li passai stando quattro e cinque ore a cavallo ogni giorno per esporre i villaggi anche sulle cime di monti altissimi. Dovunque trovai iscrizioni antiche da calcare. Io mi meraviglia di me stesso di essere divenuto cavallerizzo. E questo moto mi fece un gran bene ed ora mi trovo aver fatto una buona provvista di salute.È questa la medicina che mi conveniva ed ascrivo a un riguardo speciale alla Provvidenza che mi procurò l'occasione di potermene prevalere. Feci anche uno scavo dove trovai monete greche, figuline figurate, ed aes rude [...]".

Lettera del Bruzza a Camillo Leone, Roma, 8 marzo 1880[86][modifica | modifica wikitesto]

  • "Caro amico [...] la ringrazio delle belle notizie circa l'esito felicissimo della sottoscrizione al monumento del Caccianotti. Della intenzione che Ella e Tea hanno di onorarlo in altro modo, non ne ho parlato con nessuno, ed anzi è cosa ben curiosa che il Guala non mi parò affatto del nostro caro amico defunto. Penso spesso al suo museo e godo che fra poco sarà tutto collocato al suo posto dove cittadini e forestieri potranno ammirarlo [...]".
  • "[...] Così Vercelli avrà un nuovo ed importante ornamento. Anch'io sarei desideroso di vederlo, ma siamo troppo lontani. Tuttavia chi sa? Sono i monti che non s'incontrano. Tengo però per certo che gli acquisti che va facendo, mi fornirono nuovi documenti per supplemento, che già numera 75 cose nuove, ma al quale non potrò metter mano prima di un anno. Mi abbia sempre per suo amico aff.mo D. Luigi Bruzza B."

Le orazioni vercellesi[modifica | modifica wikitesto]

  • Dell'utilità delle lettere - Vercelli, 28 novembre 1839.
  • De solidiori doctrina cum litteris congiungendo, Vercelli, 1840.
  • Delle lodi della città di Vercelli - Vercelli, 1841.
  • Emanuele Filiberto di Savoia autore e rinnovatore degli studi e delle arti e delle industrie - Vercelli, 1842.
  • Panegirico della B. Emilia Bicchieri, 1843, inedito (conservato presso l'Archivio Generale dei Barnabiti a Roma).
  • Sugli storici inediti vercellesi - Vercelli, 1844.
  • Panegirico di S. Guglielmo il vercellese, 1845, inedito (conservato presso l'Archivio Generale dei Barnabiti a Roma).
  • Sopra Vibio Crispo - Vercelli, 1846.
  • De utilitate quae ab antiquitatis studio ad omnes sacrarum rerum rationem accedit - Vercelli, 1846.
  • De Historiae patriae studii utilitate - Vercelli, 1848.
  • Sola vera letteratura è quella che si fonda sul vero e s'informa dello spirito e dell'indole nazionale - Vercelli, 1849.
  • Storia patria della festa di S. Eusebio dal 1379 al 1400, in "Vessillo Vercellese", n. 29 e 30 Vercelli, 1853[87].
  • Elogio del vescovo Eusebio, Vercelli, 1858[88].

Altre pubblicazioni[modifica | modifica wikitesto]

  • Storia patria della festa di S. Eusebio - Vercelli, 1853.
  • Poche osservazioni sopra una fibula cristiana di bronzo - Napoli, 1856.
  • Illustrazione di alcune lapidi antiche di Ivrea (in "Bull. dell'istoria. Corr Arch.") - Roma, 1860.
  • Notizie intorno alla patria e ai primi studi del pittore Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma... (in "Miscellanea di Storia Italiana", vol.I) - Torino, 1861[89].
  • Bassorilievo con epigrafe greca proveniente da Filippopoli illustrato da L. Bruzza - Roma, 1861.
  • Iscrizione di marmi grezzi (in "Annali dell'Ist. Corr. Arch.") - Roma, 1870.
  • Sopra vari oggetti ritrovati sul Testaccio e nell'Emporio (in "Bull. Corr. Arch.") - Roma, 1872.
  • Intorno ad un campanello d'oro trovato sull'Esquilino ed all'uso del suono per respingere il fascino (in "Annali dell'isteria. Corr. Arch.") - Roma, 1875.
  • Notizie sul mosaicista G. B. Calanda (in "Miscellanea di Storia Italiana", vol.XV) - Torino, 1875.
  • Sopra i segni incisi nei massi delle mura antichissime di Roma - Roma, 1876.
  • Nuovi campanelli inscritti (in "Bull. della Comm. Arch. comunale di Roma") - Roma, 1877.
  • Tavole lusorie del Castro Pretorio (in "Bull. della Comm. Arch. comunale di Roma") - Roma, 1877.
  • Sopra alcuni graffiti di vasi arcaici - Roma, 1878.
  • Fistula plumbea acquaria di Porto - Roma, 1878.
  • Del significato della parola "PLUMA" di una iscrizione pompeiana (in "Scavi di Pompei") - Napoli, 1879.
  • Regesto della chiesa di Tivoli (in "Studi e documenti di storia del diritto") - Roma, 1880-1881.
  • Frammento di un disco di vetro che rappresenta i Vicennali di Diocleziano - Roma, 1882.
  • Sopra alcuni oggetti ritrovati in un sepolcro della via Prenestina - Roma, 1882.
  • Iscrizione in onore di Gallia Bassia (in "Bull. della Comm. Arch. comunale di Roma") - Roma, 1883.
  • Sui Marmi Lunensi (in "Dissertazioni della Pontificia Accademia Romana di Archeologia") - Roma, 1884 (pubblicazione postuma).
  • Descrizione sugli scavi fatti nell'Emporio romano - Roma, 1936 (pubblicazione postuma)[90].

Bruzza, un precursore dell'archeologia moderna[modifica | modifica wikitesto]

Disegno di ascia preistorica probabilmente del Crescioli (Archivio Museo Leone)

Luigi Bruzza è considerato a tutti gli effetti uno dei precursori della moderna archeologia, non solo un illustre epigrafista. Egli ha dato per primo grande importanza allo studio dei corpora, cioè ai materiali non esclusivamente preziosi quali le anse, i colli, i piedi di svariate forme ceramiche, che favoriscono la classificazione tipologica dei reperti[78]. Grazie a queste ricerche è stato possibile rintracciare importanti botteghe e quindi ricostruire antiche rotte commerciali, incrementando così le conoscenze socioeconomiche del passato. Inoltre, grazie alle testimonianze epistolari, sappiamo che il barnabita fosse solito sorvegliare gli scavi archeologici per controllare che gli operai, privi di conoscere archeologiche, gettassero al macero oggetti o frammenti d'uso quotidiano. In una delle sue lettere egli sollecita il suo corrispondente non solo a fare amicizia con gli sterratori, ma soprattutto ad istruirli adeguatamente affinché riuscissero a riconoscere quelle evidenze archeologiche necessariamente da salvare[78]. Per mezzo dell'epistolario bruzziano conservatosi fino ai giorni nostri, è lecito mettere in evidenza un altro aspetto appartenente allo studioso genovese, e cioè quello di far richiesta di calchi, schizzi, disegni, descrizioni minuziose dell'oggetto e del contesto di rinvenimento nelle lettere che mandava, ormai distante da Vercelli, agli amici e colleghi. In questo modo egli poteva stare ugualmente aggiornato sugli scavi condotti, entrando in possesso di disegni che gli permettessero di studiare i reperti da lontano. Un metodo questo estremamente moderno, che mette in luce la ferrea volontà del Bruzza di portare avanti le proprie ricerche in ogni modo[78].

Bruzza oggi: tra visione accademica e divulgativa[modifica | modifica wikitesto]

Grafica della rubrica su Facebook "Bruzza Lapidario", realizzata dalla volontaria del Servizio Civile (MAC) del 2020

Su Luigi Bruzza sono stati scritti diversi saggi e monografie; negli anni Ottanta del Novecento venne realizzata una mostra per commemorarlo[91]; per il centenario della morte è stato organizzato un convengo che ha permesso a studiosi provenienti da aree geografiche differenti e di formazioni diverse di confrontarsi e fare maggiormente luce su questa figura così importante per l'epigrafia e l'archeologia europea. Frutto di questo convegno sono stati gli Atti pubblicati nel 1987, che riassumono gli aspetti più salienti e meno conosciuti del Bruzza[92]. Le opere sul barnabita si sono interrotte all'anno 1994[93], momento in cui non si possiedono ulteriori aggiornamenti e studi; un interessante tentativo di divulgazione di questa figura oggi conosciuta solo da pochi cultori, è stata la rubrica pubblicata su Facebook con cadenza quindicinale intitolata "Bruzza Lapidario", ideata da una volontaria del Servizio Civile 2020 attiva presso il MAC. L'obiettivo di questa rubrica dal forte carattere divulgativo è stato quello di rendere accessibile dati piuttosto tecnici, e quindi apprezzabili solitamente dai soli addetti ai lavori, ad un vasto pubblico sfruttando le piattaforme social.

Anche Bruzza, a suo modo, è stato un divulgatore: ciò emerge soprattutto nelle sue orazioni, tenute non solo per l'apertura degli anni accademici ma anche per far conoscere al grande pubblico la propria storia. Egli infatti era convinto che, rendendo consapevoli del proprio passato gli uomini e le donne, si potessero preservare e quindi valorizzare le testimonianze materiali (e immateriali) dell'antichità[64]. Tutto ciò però doveva avvenire sfatando vecchi miti, adottando cioè un metodo scientifico nella ricostruzione di ciò che è stato. Così scrisse il barnabita: "è anzi negligenza che modestia il tener chiuso ciò che dee porsi in vista, e si fa reo dinanzi alla patria chi potendo non ne palesa tutti i meriti[94]".

Bruzza insegnante[modifica | modifica wikitesto]

Luigi Bruzza fu innanzitutto un insegnante e, dalla sua esperienza pluridecennale, maturò una concezione dell'insegnamento estremamente moderna, messa meritatamente in evidenza dal religioso tronzanese, nonché studioso di storia e arte vercellese, Mario Capellino[95]. In vista del Convegno, Capellino lesse e trascrisse parte del lungo manoscritto didattico redatto dal Bruzza, all'epoca ancora inedito, conservato presso la Curia Generalizia dei barnabiti a Roma[96].

La visione del barnabita a tal proposito può essere così riassunta dal Capellino[97]:

  • "[...] P. Bruzza comincia affermando l'unitarietà dell'educazione rivolta allo sviluppo della personalità dell'allievo. Però ribadisce le relazioni che devono sussistere tra le scuole primarie, le secondarie e le universitarie. Enuclea in cinque punti le norme di apprendimento dello studente:
  1. Egli deve avere una sufficiente cultura letteraria e scientifica.
  2. Deve esser capace di tener dietro alla lezione del Professor di un'ora.
  3. Deve saper studiare da sé.
  4. Deve saper far valere le sue cognizioni con l'espressione orale e scritta.
  5. Deve potersi regolare nella condotta anche da sé [...] (p. 5)".
  • "[Egli afferma che debba essere richiesta] una coltura letteraria perché è disdicevole che chi deve rappresentare la scienza sia poi incapace di esporre convenientemente i propri pensieri, o ignori le regole più generali dell'arte in ogni genere di componimenti, e la storia almeno delle due letterature. [Inoltre] si richieda la scientifica, perché oltre di rafforzare essa gli studi classici, rischiara oziando la mente dei giovani sulle loro particolari attitudini, e fa sì che ragionevolmente e non a caso entrino nello studio di questa o quella scienza (pp. 5-6) [...]".
  • "[Secondo il Bruzza] l'alunno deve raggiungere un'attenzione non solo episodica o su argomenti che lo interessino momentaneamente, ma continuata almeno per un'ora di lezione, dimostrando così di poter seguire una catena di idee e di ragionamenti in modo sistematico (p.6). La lezione è utile ma non esaurisce l'argomento (2° punto). La lezione sintetizza un tema, ne sottolinea i tratti salienti. Ma solo la lettura diretta del trattato di base e dei libri consigliati possono far assimilare la tematica. Questo significa acquisire un proprio metodo di studio (3° punto) [...]".
  • "[Il barnabita pensava che] non bastasse possedere la materia per progredire nella scienza. Occorre imparare a comunicare quanto si è appreso, esercitandosi nell'esposizione, sia orale che scritta. Ciò non solo in ordine al superamento di un esame, ma per una vera e propria maturazione culturale (4° punto). La disciplina è sempre la base dell'insegnamento (p. 7). Progredendo negli anni e nel corso di studi, si va però verso un'autodisciplina del soggetto che diventa adulto (5° punto). Nelle prime classi il professore deve saper tenere desta l'attenzione degli studenti fin dal principio [...]".
  • "[Bruzza riteneva che fosse] importante, fin dalle elementari, «l'esercizio di stendere correttamente un racconto[98]». Il professore del primo latino «proceda per via di confronti fra la lingua che parlano, e la nuova alla quale si avviano[98]». (p.12) [...]. In principio il professore faccia scrivere il riassunto della lezione, per fissarlo bene in mente. Poi interroghi per 15 o 20 minuti sulla lezione precedente. Prima faccia la domanda, poi dica chi deve rispondere. In tal modo tutti saranno attenti per la possibilità di essere interrogati. Segue la spiegazione "con voce alta e chiara" di ciò che è stato intensivamente scritto all'inizio dell'ora (pp. 15–16) [...]".
  • "[...] P. Bruzza ribadisce ancora l'importanza dei collegamenti interdisciplinari tra i vari insegnanti. Il professore di matematica curi il nesso essenziale delle conoscenze ed il rapporto della sua materia con le scienze e la filosofia (p. 17). Il professore di greco sottolinei l'importanza della lingua greca per la terminologia delle scienze e della tecnologia. Anche lo studio di classici come Plinio il Vecchio, Columella o Varrone mostra il fruttuoso connubio di nozioni scientifiche con l'arte di esporre tali conoscenze in corretta lingua latina (p. 18). Anche la retorica e la filosofia sono collegate (p. 19) [...]".
  • "[Per Bruzza] il principale anello che congiunge insieme l'istruzione primaria, secondaria e universitaria è la lingua: prima l'italiano, poi il latino. I professori di ogni corso devono usare un insegnamento «simultaneo, progressivo, armonico[98]» (p. 22). Ci sono i precetti grammaticali dell'ortografia, ortoepia, etimologia, sintassi semplice e figurata, prosodia. Con gli esercizi si incomincia a conoscere i classici, offrendo quelle notizie indispensabili per la retorica (p. 23). Nel primo anno si insiste sulla mitologia, nel secondo sull'archeologia, nel terzo sulle ragioni storiche e morali in vista del futuro studio della retorica (p. 27) [...]".
  • "[Secondo il Nostro] la familiarità con i classici farà scoprire la proprietà di ogni lingua e l'inadeguatezza di una traduzione letteraria pedissequa (pp. 30–31). Per la seconda classe di retorica gli alunni dovranno saper comporre in latino (p. 33). Per questo nell'anno di raccordo de due cicli dovranno essere stati abituati a rispondere con frasi d'autore e dovranno aver ricevuto le indispensabili conoscenze storiche e letterarie per comprendere gli autori citati (p. 34) [...]".
  • "[...] Come si vede, questa è una raccolta di osservazioni tratte dalla pedagogia del tempo, ma più ancora dalla sua esperienza diretta del Bruzza in qualità di insegnante. Non si limita all'aspetto tecnico della disciplina, ma lo inquadra in un contesto culturale più ampio. Ha presente la varietà dei tipi di cultura e tutto è finalizzato all'educazione umana del giovane. Il suo orientamento non è prevalentemente confessionale teologico, ma positivo e storico-culturale. Traspare chiaramente la concezione dell'insegnamento come una missione educativa globale, ma l'ispirazione religiosa di fondo è filtrata dal rispetto per le leggi autonome della mediazione culturale e scientifica di ogni disciplina scolastica [....]".

Premi e onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

  • Medaglia d'oro, intitolazione del Lapidario e cittadinanza onoraria da parte del Municipio vercellese nel 1875, a seguito della pubblicazione delle "Iscrizioni Antiche Vercellesi".
Cittadinanza onoraria della Città di Vercelli - nastrino per uniforme ordinaria
Cittadinanza onoraria della Città di Vercelli
— 1875

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994, p. 96.
  2. ^ M. Capellino, Atti del convegno di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983, Vercelli, 1987, p. 125.
  3. ^ G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, Vercelli, 1994, p. 162.
  4. ^ "[...] Bruzza fu un precursore, straordinariamente all'avanguardia nel suo tempo. Egli ebbe l'intuizione precisa - anche se non del tutto consapevole - del significativo lavoro umano come coefficiente non eliminabile nei processi della conoscenza: gli studi sui marmi, sui momenti e sulla documentazione delle fasi estrattive, le ricerche sui segni della produzione lapidaria e sull'accumulo e l'impiego dei materiali, la sua percezione del ruolo assolto dal procedimento tecnico nell'esito stesso del monumento e del documento rilevano - a cent'anni di distanza - il singolare allineamento del Bruzza con gli interessi della storia positiva e sociale degli ultimi decenni dell'Ottocento, lo configurano persino tra i religiosi più attenti al delinearsi di nuove valutazioni sociologiche e storicoeconomiche, Infine: l'imponente assiduità di Luigi Bruzza, la sua consuetudine con i luoghi ed i marmi antichi, con le antiche scritture, lo avvicinano a tematiche e a predilezioni attuali della scienza storica anche per un altro aspetto. Mi riferisco all'attenzione portata ai monumenti della tarda antichità e dell'alto medioevo, ai testi di tale lungo e complesso transito epocale [...]". Giancarlo Susini, Luigi Bruzza: consuntivo in epilogo, in "Atti del convengo di studi per il centenario della morte di Luigi Bruzza 1883 - 1983", Vercelli, 1987.
  5. ^ Gruppo Archeologico Torinese, La Collezione Archeologica del Real Collegio di Moncalieri, Viterbo, PressUp, 2019, p. 14, ISBN 978-88-944478-0-4.
  6. ^ M. Capellino, Il Padre Bruzza insegnante nei collegi barnabiti, in "Atti di convengo di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987.
  7. ^ "[...] Nell'archivio del Seminario di Vercelli si conserva un quaderno di dettati di Pietro Canetti, contenente i compiti e gli appunti presi alla scuola di retorica tenuta dal p. Bruzza dal 7 novembre 1842 al 12 luglio 1843. Ci sono precetti di eloquenza attinti dalle opere dei classici greci o latini con molti esempi di prosa o poesia della letteratura latina ed Italia. Si contano 143 temi ed 8 compiti mensili. Ci sono molte versioni dal latino, numerosi brani tratti dalla storia moderna, poesie religiose in occasione delle festività, una composizione in dialetto". "Dalla seduta del consiglio dei professori dell'11 maggio 1851 sappiamo che nelle scuole corrispondenti alle nostre medie s'insegnava la grammatica italiana e quella latina, la sintesi, la prosodia, la religione, la storia biblica, la matematica. Si stabilivano i criteri per gli esercizi scritti e orali, per i soggetti o argomenti di temi ed esempi.. L'anno scolastico iniziava ai primi di novembre ed era diviso in due semestri. In agosto c'erano gli esami. Nella terza decade di ottobre si svolgevano le prove di riparazione; le vacanze duravano due mesi. I maestri insegnavano sette ore al giorno: cinque diurne e due serali. Fino al 1850 ogni mattina uno dei direttori spirituali celebrava la Messa per gli alunni. All'ingresso e all'uscita gli studenti erano sotto la vigilanza dei censori di disciplina. Le esercitazioni fisiche di ginnastica avevano uno stile paramilitare [...]". M. Capellino, Il Padre Bruzza insegnante nei collegi barnabiti, in "Atti del convengo di studi per il centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987.
  8. ^ Questa orazione fu data alle stampe nel 1842. G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  9. ^ "È un'opera documentatissima, e tuttora in gran parte valida, sulla storiografia vercellese dal Medioevo alla fine del XVIII secolo; da essa traspare la profonda conoscenza delle fonti, dalla critica delle quali l'autore rileva la necessità, nel metodo, di un dialogo interdisciplinare fra archeologia, epigrafia e storia, obiettivo, ancora alla metà del secolo scorso e forse ancora oggi, ben lontano dall'essere raggiunto [...]. Non meno importante il concetto, chiaramente espresso dal Bruzza, dell'importanza della cultura materiale [...]", G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994, p. 22.
  10. ^ Il discorso su Vibio Crispo, oratore e politico dalle umili origini vercellesi, funse anche da pretesto per rafforzare e confermare l'importanza di Vercelli in epoca romana. G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  11. ^ Lo studioso vercellese Giovanni Sommo ipotizza che questo suo abbandono degli interessi storici fosse dovuto alla mancata accettazione della sua candidatura alla Deputazione di Storia Patria. "Delusione che io immagino cocente, anche se non esternata - Bruzza ne parla con una o due laconiche comunicazioni solo all'amico Vercellese - e comunque in grado di produrre un repertino disgusto per certi ambienti torinesi e l'allontanamento dalle materie di ricerca che direttamente avrebbero coinvolto il giudizio della Deputazione. [...] Si tratta di un argomento di difficile chiarimento, sia per il silenzio e la parzialità delle notizie della fonte direttamente interessata, sia per l'assenza di una chiara documentazione dell'accaduto nei verbali della stessa Deputazione", G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994, pp. 23-24.
  12. ^ G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994, p. 20.
  13. ^ L'orazione di cui si parla è "Delle lodi della città di Vercelli". "Il saggio del 1841 era dunque un vero piano di lavoro e veramente incredibile la mole di ricerche che in quegli anni giovanili, tenuto conto anche degli impegni scolastici, il Bruzza fu in grado di sviluppare, elaborando, dopo aver raggiunto e forse superato la preparazione dei propri amici, un progetto complessivo di aggiornamento e rivisitazione delle tematiche di storia locale e una forte coscienza della necessità di tutela dei monumenti [...]. L'auspicio del Padre Bruzza costituisce quindi la prima pubblica e motivata richiesta di una adeguata forma di tutela del patrimonio artistico locale, in una forma, così come per il Lapidario, diretta alla pubblica fruizione; ciò avviene certamente sullo stimolo della politica dei beni culturali promossa da Carlo Alberto, ma anche, altrettanto certamente, come diretta conseguenza dei primi studi e delle prime ricerche bruzziane in campo storico artistico, ricerche lungamente ed amorevolmente perseguite per essere poi abbandonate ed affidate, pressoché compiute, al Padre Colombo, come del resto era uso fra i Barnabiti", G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994, pp. 22-23.
  14. ^ G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994
  15. ^ Autore della "Storia Antica di Torino".
  16. ^ Bruzza aiutò Gazzera nella realizzazione della sua opera "Iscrizioni cristiane piemontesi".
  17. ^ Bruzza entrò in contatto epistolare col Borghesi durante la preparazione del saggio su Vibio Crispo.
  18. ^ "[...] Ma il p. Bruzza presto si scoprì inadatto all'ufficio di Rettore. Prima dovette affrontare i problemi degli insegnanti. Rimpiangeva gli studi prediletti e si sentiva oppresso dagli affanni inerenti alla carica. nei moti politici del 1848 faticò a mantenere la calma tra gli studenti e pensò di dimettersi". M. Capellino, Il Padre Bruzza insegnante nei collegi barnabiti, in "Atti del convegno di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987.
  19. ^ In quegli anni vi era una forte concorrenza tra Barnabiti e Gesuiti, che si contendevano l'apertura del Collegio Convitto e la sua gestione. Sappiamo che i Gesuiti fossero sostenuti dal conte Avogadro della Motta; probabilmente il Bruzza, diventando Rettore del Convitto (il quale quindi venne affidato ai barnabiti) si inimicò buona parte dei notabili vercellesi, tra i quali vi era il conte Avogadro, membro della Deputazione di Storia Patria. Come sostiene Giovanni Sommo, è assai probabile che l'esclusione del Bruzza dalla Deputazione fu causata proprio dai cattivi rapporti col conte. G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994, pp. 25-26.
  20. ^ Grazie al suo epistolario sappiamo che la vita del Bruzza a Vercelli era diventata difficile: egli infatti aveva sempre meno tempo da dedicare agli studi e le questioni politiche lo assillavano. Perciò il trasferimento fu ben accolto dal barnabita, seppur dispiaciuto di dover lasciare gli amici che in quegli anni gli erano stati vicini (ma coi quali resterà sempre in contatto epistolare). G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  21. ^ Venne qui trasferito su sua richiesta in quanto soffriva da tempo di flebite.
  22. ^ All'inizio al Bruzza però pesava dover stare a Napoli, ambiente che sentiva straniero essendo lontano dagli amati studi piemontesi e dagli amici. Tuttavia, trasferito a Moncalieri nel 1856, "[...] il p. Bruzza per un po' di tempo conservò la nostalgia di Napoli, con i suoi dotti ed i grandi musei [...]". M. Capellino, Il Padre Bruzza insegnante nei collegi barnabiti, in "Atti di convengo di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987.
  23. ^ "[...] L'ambiente napoletano sembrò stimolarlo a studiare il greco. La conoscenza di questa lingua era "fondamento necessarissimo" per la conoscenza delle antichità dell'Italia Meridionale: "senza di essa non si poteva far buona figura a Napoli ove era comunissima, fra i cultori delle scienze e delle lettere". Ma egli non sapeva che farsene: l'archeologia della Magna Grecia gli retava estranea; e nei suoi confronti si sentiva poco più che un novizio. In buona sostanza il Bruzza a Napoli voleva studiare il greco "per avere una occupazione", senza essere convinto di riuscirvi e senza sapere il perché. [...] Nemmeno quanto avveniva a Pompei lo interessava o lo preoccupava: né l'uso, ancorché episodico e selettivo, del rilevamento fotografico, né il "taglio" degli affreschi più significativi per essere portati a Napoli ed illustrati singolarmente nelle tavole del Real Museo Borbonico al di fuori del loro contesto. Nonostante le sue proteste aspettava solo di potersene tornare in Piemonte". Nicola F. Parise, Luigi Bruzza a Napoli. Fra incertezze e rammarichi, in "Atti del convegno di studi per il centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli 1987.
  24. ^ G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994, pp. 31-32.
  25. ^ Gruppo Archeologico Torinese, La Collezione Archeologica del Real Collegio di Moncalieri, Viterbo, PressUp, 2019, p. 19, ISBN 978-88-944478-0-4.
  26. ^ "Sino dal 1863 era iniziato, sotto la direzione di Theodor Mommsen, il progetto del Corpus Inscriptionum Latinarum, che prevedeva la raccolta sistematica di tutte le iscrizioni latine e la loro edizione sotto l'egida dell'Accademia di Prussia. [...] Per il Piemonte l'interlocutore del Mommsen era Carlo Promis, che accompagnò lo studioso tedesco nelle sue ricognizioni. Nell'aprile del 1871 il P. Bruzza inviava al Promis per il Mommsen, che si accingeva a visitare Vercelli, le indicazioni per rintracciare i più importanti nuclei di iscrizioni latine, facendo il nome di Sereno Caccianotti, che per la sua esperienza avrebbe potuto guidarli". G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  27. ^ "L'intuizione che i bolli e i segni sulle merci sarebbero stati uno dei principali veicoli per la conoscenza dell'economia antica è certamente fondamentale e il Bruzza fu lo studioso italiano che si occupò dell'argomento con maggior assicuità sul finire del secolo scorso; se la sua vita fosse stata più lunga, avremmo forse oggi una tipologia DRESSEL-BRUZZA per le anfore". G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  28. ^ S. M. Pagano, "Nobili palme in questi bellissimi studi". Saggio dall'epistolario Bruzza-De Rossi alla Biblioteca Vaticana, in "Atti di convengo di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987.
  29. ^ Furono stampate poche copie delle "Iscrizioni", trenta delle quali vennero destinate al Comune di Vercelli, mentre poche altre agli amici e ai corrispondenti del Bruzza. Solo un piccolo numero venne dato alle stampe per essere venduto. G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  30. ^ "Vercelli veniva così dotata di una delle più moderne e accurate raccolte epigrafiche territoriali e il P. Bruzza conquistava una posizione invidiabile fra gli epigrafisti europei e italiani". G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  31. ^ "Se le raccolte municipali d'iscrizioni fossero fatte con tale diligenza, fedeltà e dottrina, noi con questa nostra raccolta non faremmo che un duplicato. Non conosco altra opera che eguagli la raccolta bruzziana per completa indagine delle opere a stampa o manoscritte, municipale o generale in questa materia". Così scrisse il Mommsen, lodando le "Iscrizioni" del Bruzza. G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  32. ^ "Io ho pensato da molto tempo che sarebbe conveniente unire al Museo Lapidario una sala grande, che mi pare vi sia vicina, per radunarvi tutti questi oggetti che non sono lapidi. È vero che al presente non ve ne è bisogno, ma io pensavi che essendovi ora un luogo dove si possa radunare ciò che si trova, il Museo fra pochi anni si aumenterà, e l'esperienza mi insegna che certe cose conviene farle subito, finché dura un certo favore, e che se si differisce a farle non si faranno più in seguito. Se Locarni domandasse ora quella sala per collocarvi le anfore, e farvi una stanzia a vetri per gli oggetti minori e di vario genere, l'otterrebbe: col tempo non so se si potesse più avere. Per la cura e custodia del Museo, il Municipio dovrebbe deputare una persona che avesse almeno naturalmente passione per le cose antiche. Allora questa metterebbe del suo amor proprio per farlo accrescere, cercando di avere dei doni, e vegliando che trovandosi qualche cosa non andasse dispersa. Io prego Lei e Locarni a considerare questo consiglio, che a me pare conveniente se si vuole che un'opera così bene cominciata non resti morta e stazionaria, ma serva di nucleo ad un futuro sviluppo", lettera del Bruzza ad un amico non identificato, 1876. G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994
  33. ^ "La sala, quella così detta del piccolo studio, non venne concessa o, più probabilmente, non venne domandata, e le anfore rimasero sparse nel chiostro o nei sarcofagi sino al 1900. Il concetto di museo proposto dal Bruzza, proiettato verso il futuro della ricerca e della tutela, veniva quindi già travisato sul nascere e limitato dalle ristrettezze economiche e intellettuali dell'amministrazione", G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  34. ^ "Numerosissimi sono in casi in cui l'archeologo romano è interpellato dal nostro per difficili letture o controverse, per ipotesi storiografiche, per informazioni bibliografiche, pre aver in prestito libri o riviste e infine per chiedere copia di iscrizioni o calchi di singoli pezzi epigrafici. Il De Rossi diviene per il barnabita fin dagli anni del suo soggiorno vercellese, modello assoluto da imitare per far progressi negli studi archeologici". S. M. Pagano, "Nobili palme in questi bellissimi studi". Saggio dall'epistolario Bruzza-De Rossi alla Biblioteca Vaticana, in "Atti di convengo di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983, Vercelli, 1987.
  35. ^ Bruzza era abbonato al Bullettino di archeologia cristiana, fondato dal De Rossi nel 1863, "di cui favorirà non poco la diffusione nell'ambiente ligure-piemontese [...]. Insomma il Bruzza non perdeva occasione per magnificare il nome del De Rossi a cui anzi, per ben due volte, forse con una certa enfasi di maniera, si rivolge con il noto verso dantesco "tu se' lo mio maestro e il mio autore"". "La Società, alla cui fondazione contribuì senza dubbio il barnabita, accanto al De Rossi, e forse in maniera decisiva, sorta nel 1875, fu accolta subito con entusiasmo dal Bruzza a S. Carlo ai Catinari. I soci erano soliti radunarsi una volta al mese, la domenica, due ore avanti l'Ave Maria; durante quelle adunanze, che videro incontri e scambi culturali ad altissimo livello fra i migliori studiosi europei presenti in Roma o di passaggio nell'Urbe, venivano pubblicate, illustrate, e discusse le più recenti scoperte e comunicati i risultati di molti studi particolari. Il ciclo di conferenze della società ebbe inizio il 12 dicembre 1875, il Bruzza fu subito nominato presidente, vicepresidente il De Rossi, Orazio Marchi segretario". S. M. Pagano, "Nobili palme in questi bellissimi studi", Saggio dall'epistolario Bruzza-De Rossi alla Biblioteca Vaticana, in "Atti di convengo di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983, Vercelli, 1987.
  36. ^ "Molti furono i contributi di carattere organizzativo profusi dal Bruzza in favore dell'amico [De Rossi] e del sodalizio e molti anche i contributi scientifici del barnabita alle adunanze, che raccoglievano, sempre più numerosi, studiosi italiani e stranieri. Ma quasi nessun lavoro storico sulla disciplina nomina il Bruzza, che indubbiamente ebbe un ruolo secondario e volutamente schivo all'ombra del De Rossi, da lui ritenuto maestro". G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994. Fu nominato presidente della Società, mentre il De Rossi fu vicepresidente.
  37. ^ "[...] Dal 1874 sino alla morte Bruzza soffrì crisi fortissime di dolori cervicali, causa forse del suo progressivo debilitarsi. I dolori di capo sono una penosissima compagnia per il religioso che a volte è costretto all'interruzione del lavoro e a conseguenti crisi nervose". S. M. Pagano, "Nobili palme in questi bellissimi studi", Saggio dall'epistolario Bruzza-De Rossi alla Biblioteca Vaticana, in "Atti di convegno di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987.
  38. ^ Il secondo volume delle "Iscrizioni" venne edito otto anni dopo, ossia nel 1890, da Ermanno Ferrero. G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  39. ^ G. Sommo, Carte Bruzza e corrispondenze degli archivi comunali: fonti per la storia delle raccolte archeologiche vercellesi e per la riconsiderazione dei dati topografici e contestuali relativi ai materiali, in "Atti del convegno di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987.
  40. ^ Per lo schema espositivo del Lapidario consultare "G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994, pp. 48-52.
  41. ^ Il Catalogo del Faccio è l'unico testo esistente sino ad oggi a fornire indicazioni precise sugli oggetti conservati al Lapidario: le particolarità esterne, le misure e, dove possibile, la provenienza.
  42. ^ Si trovavano nelle cascine, solitamente usati come abbeveratoi (ancora oggi infatti sono ben visibili i fori per l'acqua).
  43. ^ Un'importante donazione fu quella ad opera del marchese Mercurino Arborio di Gattinara, il quale lasciò in eredità al Comune affinché li collocasse nel Lapidario la cospicua collezione epigrafica del padre, Dionigi Arborio di Gattinara. G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  44. ^ "Il Bruzza nel suo volume aveva dato precise indicazioni circa la localizzazione di ogni epigrafe e sulla base dei suoi dati il Comune di Vercelli avrebbe potuto provvedere, con una certa facilità, al loro recupero. Si sarebbe trattato comunque di un compito complesso e costoso, che avrebbe impegnato il Comune per alcuni anni", G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  45. ^ Per questa sua sensibilità nei confronti non solo della tutela ma soprattutto della valorizzazione, Bruzza è considerato un pioniere. G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  46. ^ Molti di questi oggetti lapidei provengono dalla collezione privata (Palazzo Gattinara) collocata in origine in un palazzo della città di Vercelli; l'unico elemento superstite, cioè ancora conservato nell'atrio di questo palazzo, è il portale dell'antica chiesa di Santa Maria Maggiore; una sua copia è conservata al Museo Leone. La maggior parte degli oggetti lapidei che vennero donati dal conte Gattinara provenivano dalla demolizione dell'antica chiesa di S. Maria Maggiore.
  47. ^ La Commissione Archeologica Municipale vercellese avrebbe dovuto organizzare e coordinare le campagne di scavo per il recupero di nuovi oggetti da collocare nel Lapidario e nell'auspicato Museo Archeologico Civico vercellese. Essa però durò ben poco, tanto da trasformarsi in un mero organo consultivo, fino a scomparire definitivamente.
  48. ^ Nel XIX secolo era usuale trovare epigrafi ripassate, affinché le loro scritte fossero nuovamente visibili. Il Marocchino, non avendo l'esperienza necessaria per tale compito, lesse in maniera errata le lettere dell'epigrafe in questione, portando alla luce dei caratteri inesistenti. Gli errori dell'avvocato erano stati spesso canzonati dalla stampa locale ma anche dagli studiosi vercellesi; Camillo Leone ricordava "l'episodio degli umboni di scudo di Borgovercelli, scambiati per elmetti dal Marocchino e più volte il notaio sottolineava la poca competenza dell'archivista e la scarsa qualità ed entità degli oggetti da lui radunati per il Municipio. Sicuramente tuttavia, non si trattò mai di un problema personale e Leone fu sempre molto delicato e conciliante nei confronti dell'avvocato-archeologo". G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  49. ^ L'aspetto che gli diede il Leone fu quello definitivo, per lo meno fino al suo smantellamento nel 1934 - col quale la raccolta del Lapidario venne trasferita al Museo Leone.
  50. ^ Il busto dello scultore Porzio raffigurante Bruzza venne collocato al centro del chiostro. Oggi esso si trova al Museo Leone, nella manica di raccordo.
  51. ^ Questa istituzione esisteva anche a Vercelli all'epoca del Bruzza; essa però aveva il solo incarico della manutenzione del S. Andrea. G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  52. ^ Gli scolari scarabocchiavano le epigrafi e i bassorilievi, trasformando le pietre miliari in giostre.
  53. ^ "[...] Prima del restauri il chiostro era ridotto in stato miserando: non solo le pareti si presentavano con linee architettoniche infelici per le trasformazioni subite, ma l'asportazione delle lastre scolpite del Museo Bruzza aveva lasciato enormi guasti nelle murature [...]. Le lapidi del museo erano state infatti messe in opera senza alcun riguardo scalpellando per tutto il loro spessore il paramento di mattoni ed i conci di tufo delle finestre". P. Verzone, L'Abbazia di S. Andrea. Sacrario dell'eroismo vercellese, Torino, 1939, p. 32.
  54. ^ Dato che nel 1934 non fu realizzato un inventario dello spostamento, ad oggi non si riescono a rintracciare con certezza tutti gli oggetti traslati in Museo. Probabilmente i sarcofagi e le anfore ancora disposti nel piccolo cortile antistante l'ex manica di raccordo, provengono tutti (o quasi) dal Lapidario bruzziano.
  55. ^ Nel 1939, nella neonata manica di raccordo, venne allestita molto velocemente una mostra per la visita del Duce a Vercelli, da titolo "Vercelli e la sua provincia dalla romanità al fascismo". G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  56. ^ "L'unico esempio di museo presente nel panorama culturale cittadino già nel XVIII secolo e certo di ben più antica origine è costituito dal poco noto museo dell'Ospedale, il cui interesse assume rilievo notevole per la peculiarità delle origini e dei contenuti eterogenei delle raccolte, fra le quali si annoverano pure alquanti oggetti antichi. Quasi nulla però delle raccolte di antichità dell'Ospedale, che il Bruzza vide e studiò, confluì al Lapidario o alla "vetrina" dell'Archivio civico e dell'istituzione si perdono le tracce sul finire dell'Ottocento, quando Leone acquistò parte di quegli oggetti per le proprie collezioni". G. Sommo, Carte Bruzza e corrispondenze degli archivi comunali: fonti per la storia delle raccolte archeologiche vercellesi e per la riconsiderazione dei dati topografici e contestuali relativi ai materiali, in "Atti del convegno di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883 - 1983", Vercelli, 1987.
  57. ^ "[...] Questa affermazione rivela l'accordo fra lo studioso ed il suo corrispondente per stimolare l'istituzione, accanto al lapidario ormai realizzato, di un vero museo archeologico, raccogliendo tutto quanto possibile per arricchirlo, progettando scavi ed acquisti, promuovendo l'insediamento di una Commissione Archeologica Municipale la quale strumento di tutela, su modello delle Commissioni che la legislazione di quegli anni prevedeva per i capoluoghi provinciali solamente. Alla vetrina dell'Archivio Storico, dunque, nucleo dell'irrealizzato museo archeologico, si aggiungeva una struttura incaricata di compiere azioni di ricerca sul campo e di raccolta. che però, data la ristrettezza dei fondi, non diedero i risultati sperati. [...] Del Museo Archeologico Civico quindi non se ne fece più nulla nonostante si trattasse di iniziativa assai coerente con gli sforzi fino ad allora affrontati dalla città in quel campo. La Commissione Archeologica sopravvisse pr alcuni decenni perdendo via via di incisività, fino a trasformarsi in un'assise puramente consultiva. A testimoniare del coraggioso progetto di museo rimase, fino al 1913 circa, la vetrina dell'Archivio Storico, quindi ceduta in deposito al museo Camillo Leone". G. Sommo, Laura Berardi, Gabriella Gallarati, Diana Ingrao, Rosaldo Ordano, Mario Guilla, Patrizia Marcone, Anna Rosso, Daniela Scaccioni, Guida alla mostra "Luigi Bruzza: storia, epigrafia e archeologia a Vercelli nell'Ottocento", 1984.
  58. ^ Bruzza nelle sue lettere suggeriva ai corrispondenti più fidati le zone che anni addietro si erano rivelate più ricche di oggetti per salvarli dalla compravendita, dal furto e dalla dispersione. Per consultare l'epistolario bruzziano: G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994; archivio del Museo Leone.
  59. ^ "[...] Con le opere di raccolta delle iscrizioni, il Bruzza si affiancò ai protagonisti di una grande tradizione scientifica europea - tra quelle che meglio hanno concorso a formare la consapevolezza culturale dell'Occidente in età moderna - che si concretò nelle proposte sistematiche da molti studiosi avanzate (e sostenute in grandi capitali come Parigi e Berlino) per una pubblicazione globale di tutte le iscrizioni antiche [...]". G. Susini, Luigi Bruzza: consuntivo in epilogo, in "Atti del convengo di studi per il centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987.
  60. ^ "[...] Con le "Iscrizioni Antiche Vercellesi" si erano toccati - sempre ad avviso del Mommsen - vertici fino ad allora non raggiunti di completezza di indagine e collarino e di perfetta padronanza delle fonti bibliografiche edite e manoscritte, locali e generali, di analisi specifica o comunque di diretta o indiretta pertinenza con l'oggetto della silloge epigrafica. [...] Nel 1890, ad esempio, Ermanno Ferrero, nel presentare all'Accademia delle Scienze di Torino la sua Memoria di aggiunte e supplementi alle "Iscrizioni", in gran parte redatta sulla base delle nuove schede epigrafiche compilate dal Bruzza dopo la pubblicazione della sua opera maggiore [...], accennava alla silloge bruzziana come un "modello di erudizione e di critica, preceduta da una bellissima introduzione storica". E ancora ottant'anni più tardi Vittorio Viale nelle prime pagine della sua sintesi su Vercelli e il Vercellese nell'antichità tributava alla raccolta del Bruzza un omaggio che, ricalcando sostanzialmente nei contenuti le osservazioni mommseniane, pare addirittura sconfinare per il tono ridondante oltre i limiti leciti della retorica laudativa. [...] Per il Viale [...] il Padre Bruzza con le Iscrizioni Antiche Vercellesi aveva innalzato alla città "un monumento insigne, ineguagliabile e fondamentale per ricchezza di notizie, eccellenza di metodo, somma dottrina e perspicuità critica". [...] In tempi ancor più recenti con maggior misura, Giovanni Sommo ha ripreso il giudizio del Mommsen, nuovamente ribadendo il "risultato incomparabile" conseguito dal lavoro sulle Iscrizioni di Vercelli [...]". S. Roda, Luigi Bruzza epigrafista, in "Atti del convegno di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987.
  61. ^ Guida alla mostra - Luigi Bruzza: storia, epigrafia, archeologia a Vercelli nell'Ottocento, 1984.
  62. ^ [...] La struttura delle schede è modellata secondo uno schema relativamente costante; Bruzza, che attribuì sempre grande importanza alle tecniche di riproduzione degli oggetti analizzati al punto di rinunciare, in qualche caso, alla pubblicazione in assenza di un adeguato supporto di figure, pone in apertura di ogni scheda una immagine, che ora fedelmente delinea l'esistente, ora invece esprime attraverso una opportuna alternanza di tratti più marcati o più tenui che ipotesi integrati e ricostruttive suggerite in sede di commento [...]. Al disegno fa seguito la trascrizione per esteso del testo epigrafico [...]. Successivamente indica il tipo di oggetto, il materiale, l'altezza e la larghezza espressa in metri, la profondità. seguono ancora i dati di rinvenimento, le notizie essenziali sulle vicende di trasmissione, l'indicazione del luogo e talvolta le condizioni di conservazione". S. Roda, Luigi Bruzza epigrafista, in "Atti del convengo di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987.
  63. ^ S. Roda, Luigi Bruzza epigrafista, in "Atti del convengo di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983, 1987", Vercelli. r
  64. ^ a b c S. Roda, Luigi Bruzza epigrafista, in "Atti del convengo di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987.
  65. ^ S. Roda, Luigi Bruzza Epigrafista, in "Atti del convegno di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883 1983", Vercelli, 1987.
  66. ^ [...] fin dagli inizi della sua formazione L. Bruzza indicò nell'applicazione di un assoluto rigore critico all'esame delle fonti il passaggio obbligato per una loro corretta e piena utilizzazione ai fini della ricomposizione del racconto storico. In questo senso, già nel 1843, troviamo espressa con estrema chiarezza la convinzione che ogni iscrizione pubblicata, se ancora reperibile, dovesse essere comunque sottoposta a revisione critica mediante autopsia della pietra, oppure, qualora fosse perduta e tràdita soltanto per via letteraria, mediante una verifica attenta di coerenza del testo trasmesso dalla tradizione con leggi epigrafiche". S. Roda, Luigi Bruzza epigrafista, in "Atti del convegno nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883 - 1983", Vercelli, 1987.
  67. ^ "[...] dai marmi si ricavano notizie sui riti, e più specificamente per Vercelli dati sulla tribù a cui era ascritta, sui collegi sacerdotali e sevirali, su alcuni magistrati cittadini, su numerose famiglie romane che vi abitavano. Quindi la perdita dei marmi letterati non significa soltanto perdita di conferme e di riscontri, ma irreparabile depauperamento di una consistente e specifica funzione della storia dell'antico, di quell'articolato tessuto cioè di informazioni microstoriche sulla specifica realtà politica, sociale, istituzionale, religiosa, e sugli usi del viver quotidiano, che le narrazioni degli storici antichi furono per lo più costrette, per loro intrinseca natura, a trascurare". S. Roda, Luigi Bruzza epigrafista, in "Atti del convengo di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987.
  68. ^ "[...] Il fondo Bruzza, attualmente conservato presso l'archivio civico, è costituito da due nuclei, il primo formato da appunti dello studioso che egli stesso affidò al P. Colombo, avente prevalente contenuto storico-artistico, il secondo costituito da una parte delle corrispondenze personali e dei manoscritti e appunti per l'appendice alle "Iscrizioni", inviate dalla Congregazione al P. Colombo e successivamente, dopo la morte di questi, donate, per la parte riguardante il territorio vercellese, alla città. Vanno inoltre considerate le carte romane legate a Vercelli, la cui composizione era nota in quanto descritta dalla monografia di P. Colciago, fra le quali un interesse del tutto particolare mostra di possedere il manoscritto "Silloge di iscrizioni vercellesi", prima stesura a schede dell'opera che il Bruzza pubblicò nel 1874. [...] Sono infine presenti a Vercelli le corrispondenze civiche per la formazione del Museo Lapidario, facenti parte degli Archivi comunali, e le poche lettere che P. Bruzza indirizzò a Camillo Leone, conservate nei fondi archivistici del museo omonimo". G. Sommo, Carte Bruzza e corrispondenze degli archivi comunali: fonti per la storia delle raccolte archeologiche vercellesi e per la riconsiderazione dei dati topografici e contestuali relativi ai materiali, in "Atti del convegno di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883 - 1983, Vercelli", 1987.
  69. ^ A. ROSSO, Appunti sul carteggio Luigi Bruzza - Camillo Leone, in "Atti sul convegno di studi nel centenario dalla morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987.
  70. ^ Furono i barnabiti stessi a voler donare al Comune di Vercelli parte dei carteggi, non si sa in base a quale criterio selettivo. Però, una grossa porzione di queste lettere è rimasta molto probabilmente negli archivi vaticani. Guida alla mostra - Luigi Bruzza: storia, epigrafia, archeologia a Vercelli nell'Ottocento, 1984.
  71. ^ G. Silengo, Lettere di Luigi Bruzza in "Atti di convengo di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987.
  72. ^ "[...] Dal numero di corrispondenti barnabiti sopra citati è stato volutamente escluso fino a questo momento il nome di Luigi Bruzza in quanto l'epistolario Bruzza - De Rossi, per la sua consistenza (190 pezzi fra lettere, cartoline e biglietti da visita) e per la sua tipicità, rappresenta qualcosa di più di un semplice rapporto fra studiosi: in questo caso gli scritti dei due corrispondenti mostrano una amicizia sincera, nutrita da reciproca stima, rafforzata da comuni interessi di ricerca e da comune passione per la cultura, e giunta poi a progetti e realizzazioni di valore, quando non anche ad umanità di affetti, sinceramente palesati dall'archeologo De Rossi nella commemorazione funebre del Bruzza". S. M. Pagano, "Nobili palme in questi bellissimi studi". Saggio dall'epistolario Bruzza - De Rossi alla Biblioteca Vaticana in "Atti del convengo di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987.
  73. ^ "[...] Ricopriva l'incarico di Ufficiale di Stato Civile e di Bibliotecario Segretario presso il Municipio di Vercelli, mentre il Vice Bibliotecario era Giulio Tacconi, autore di alcuni disegni conservati conservati fra le carte Bruzza". G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  74. ^ "[...] La figura di Sereno Caccianotti (1879-1929) fu commemorata a Biandrate, sua patria, nel cinquantenario della scomparsa, soprattutto per i suoi filantropici lasciti all'asilo infantile e ai salariati ultrasessantenni. Se ne ricordava inoltre la qualifica di archeologo per la collaborazione alle ricerche del p. Bruzza, di cui finanziò l'edizione, e per l'ordinamento dell'archivio Civico vercellese, di cui pubblicò un sommario nel 1868". G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  75. ^ "[...] Fu allievo del Bruzza, divenne direttore spirituale del Ginnasio vercellese, incarico che lasciò nel 1979; professore du Storia Ecclesiastica presso il Seminario, rimase in corrispondenza con il P. Bruzza per molti anni". G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  76. ^ "[...] Fu insegnante presso il Collegio Nazionale di Vercelli dal 1853 e, successivamente, all'Istituto Tecnico Pareggiato". G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  77. ^ "[...] L'avvocato Alberto Tea, Sottosegretario del Municipio di Vercelli, fu legato a Tommaso Mora e alle sue opere per l'infanzia e collaborò al giornale "La Sesia". Divenne poi Segretario a Biella, e da lì passò poi a Verona". G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994.
  78. ^ a b c d G. Sommo, Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, Vercelli, 1994.
  79. ^ Per un approfondimento sulle lettere dei corrispondenti del Bruzza si veda G. Sommo, Carte Bruzza dell'archivio generale dei PP. Barnabiti: ritrovamenti e notizie di archeologia locale nelle corrispondenze di Sereno Caccianotti e di Edoardo Mella, in "Bollettino Storico Vercellese", 19, pp. 113-160, 1990.
  80. ^ L. Bruzza, Epistolario, Archivio Museo Leone di Vercelli, lettera originale n.1.
  81. ^ L. Bruzza, Epistolario, Archivio Museo Leone di Vercelli, lettera originale n. 2.
  82. ^ L. Bruzza, Epistolario, Archivio Museo Leone di Vercelli, lettera originale n. 3.
  83. ^ L. Bruzza, Epistolario, Archivio Museo Leone di Vercelli, lettera originale n. 4.
  84. ^ L. Bruzza, Epistolario, Archivio Museo Leone di Vercelli, lettera originale n. 5.
  85. ^ L. Bruzza, Epistolario, Archivio Museo Leone di Vercelli, lettera originale n. 6.
  86. ^ L. Bruzza, Epistolario, Archivio Museo Leone di Vercelli, lettera originale n. 7.
  87. ^ Guida alla mostra - Luigi Bruzza: storia, archeologia, epigrafia a Vercelli nell'Ottocento, 1984.
  88. ^ Bruzza giunse appositamente a Vercelli per pronunciare l'elogio su S. Eusebio, dopo ben 5 anni di assenza dalla città.
  89. ^ "A Roma, p. Bruzza avrebbe passato le sue carte al confratello p. Colombo, che ne avrebbe ricavato due libri: Via ed opera di Gaudenzio Ferrari (Torino, 1881) e Documenti e notizie intorno agli Artisti Vercellesi (Vercelli, 1883)". M. Capellino, Il Padre Bruzza insegnante nei collegi barnabiti, in "Atti di convengo di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987.
  90. ^ Bruzza si dedicò alla stesura di quest'opera nel 1870 ma venne data alle stampe solo nel 1936.
  91. ^ Dalla quale mostra nacque la guida "Luigi Bruzza, storia, epigrafia, archeologia a Vercelli nell'Ottocento", 5-20 ottobre 1984.
  92. ^ "Atti del convegno di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883 - 1983", 1987.
  93. ^ L'opera più aggiornata riguardante il Bruzza appartiene a Giovanni Sommo (Corrispondenze Archeologiche Vercellesi, 1994), dove lo studioso vercellese si propone di fare un sunto aggiornato pochi anni dopo la pubblicazione degli Atti per il centenario dalla morte del barnabita, anch'egli ponendosi in parte l'obiettivo divulgativo.
  94. ^ L. Bruzza, Sugli storici, cit., p. 33.
  95. ^ Grazie a questo convegno, i più insigni studiosi del Bruzza, provenienti da tutta Italia, si sono ritrovati per fare il punto della situazione sulla figura del barnabita. Tale incontro ha dato vita ad un importante volume ricco di aggiornamenti e di documenti fino ad allora sconosciuti. M. Capellino, Il Padre Bruzza, insegnante nei collegi barnabiti, in "Atti del convegno di studi per il centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983, Vercelli, 1987, pp. 454-458.
  96. ^ Così scriveva Luigi Bruzza, il 10 luglio 1851, al Vercellone: " [...] Ho tardato a ringraziarvi perché la visita dell'ispettore Bertoldi mi tenne sovraccaricato più di due mesi per la compilazione del programma (che mi riuscì di 60 facciate) con cui secondo un nuovo metodo di insegnamento dovranno regolarsi gli studi del Collegio nell'anno venturo". M. Capellino, Il Padre Bruzza, insegnante nei collegi barnabiti, in "Atti del convegno di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983, Vercelli, 1987, p. 453.
  97. ^ Tutte le citazioni qui riportate sono reperibili in: M. Capellino, Il Padre Bruzza, insegnante nei collegi barnabiti, in "Atti del convegno di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983", Vercelli, 1987, pp. 447-460.
  98. ^ a b c Citazione estratta dal manoscritto originale del Bruzza e riportata da Capellino in "Il Padre Bruzza insegnante nei collegi barnabiti" (Atti del convegno di studi nel centenario della morte di Luigi Bruzza 1883-1983, Vercelli, 1987).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • AA.VV. Luigi Bruzza: storia, epigrafia, archeologia a Vercelli nell'Ottocento. Guida alla mostra, Vercelli 1984
  • Giuseppe Boffito, Scrittori Barnabiti: Biografia, bibliografia, iconografia, vol. I, Firenze 1933.
  • Anna Maria Brizio, Catalogo delle cose d'arte e di antichità d'Italia: Vercelli, Roma, 1953.
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