Matteo Bonello

Matteo Bonnel (o Bonello) (in latino Mattheus Bonellus (o Bonnellus); 1125/1130Palermo, 1161) è stato un nobile normanno.

La rivolta di Bonello[modifica | modifica wikitesto]

NB: ricostruzione storica del tutto priva di fonti.

Castello di Caccamo

La storia narra che Bonello, signore di Caccamo, fedele inizialmente alla corte normanna di Palermo, fu inviato in Calabria come ambasciatore del re Guglielmo I, per cercare una soluzione diplomatica alle controversie con la nobiltà locale. Durante la missione avrebbe cambiato orientamento e, voltando le spalle agli Altavilla, si sarebbe messo a capo di una rivolta cui prese parte la nobiltà calabrese e quella pugliese.

Sala della Congiura, Castello di Caccamo

Di sicuro Bonello aveva particolarmente in odio l'ammiraglio (Amirus Amirati) del regno Maione da Bari, i vicari del re e gli emiri di origine araba. Comunque poté godere in Sicilia dell'appoggio anche di diversi nobili alla corte, ma soprattutto della benevolenza popolare, perché la corte era oramai considerata ostile ed era diventata invisa a larghe fasce della popolazione.

Il 10 novembre del 1160 a Palermo in un'imboscata notturna di suoi uomini, fu assassinato Maione da Bari fra il giubilo dei popolani che non ebbero alcun ritegno nel profanare il cadavere, prendendolo a calci e sputi, strappandogli capelli e barba e trascinandolo lungo le strade. Una tradizione popolare vuole che Maione fosse stato ucciso lungo la Via Coperta, davanti al palazzo arcivescovile, dove ancora oggi sul portone d'ingresso si troverebbe inchiodata l'elsa della spada del Bonello (in realtà l'elsa della spada, risalente ad alcuni secoli dopo, sarebbe lì solo per ricordare al popolo il diritto del vescovo a giudicare penalmente i misfatti avvenuti nei propri territori)[senza fonte].

Il re Guglielmo fu costretto, per placare la rivolta a dichiarare che non avrebbe arrestato Bonello, affidando il governo al normanno Enrico Aristippo, arcidiacono di Catania, scienziato di fama, traduttore e autore di importanti opere.

Uccidendo l'ammiraglio Maione, il Bonello si era però inimicato una parte influente della corte normanna. Ritiratosi sollecitamente nel suo castello di Caccamo, Bonello, e riuniti nel marzo del 1161 alcuni potenti signori feudali del regno, organizzò in gran segreto una congiura contro lo stesso Guglielmo. La sala del castello da allora è tradizionalmente detta della «Congiura». Re Guglielmo fu catturato il 9 marzo 1161, mentre dava udienza con Aristippo nel salone della Torre Pisana, fu imprigionato e dichiarato decaduto, mentre veniva proclamato re al suo posto il figlio Ruggero, di appen 9 anni.

La rivolta tuttavia si trasformò in una violenta sommossa incontrollata. Vennero uccisi diversi membri della corte e fu avviata una caccia ai musulmani che, considerati usurpatori, vennero massacrati a decine.[senza fonte] I palazzi reali vennero saccheggiati e dati alle fiamme con la distruzione di un insostituibile patrimonio librario (fu persa l'edizione in latino del Kitāb Rujār) e artistico (fra tutti si ricorderanno il planisfero d'argento e la sfera armillare realizzati dal grande geografo arabo Idrisi per conto di Ruggero II, quasi certamente fatti a pezzi e fusi[senza fonte]), oltre alle preziosissime porcellane. Furono inoltre bruciati gli atti conservati negli archivi e i registri del catasto, probabilmente per precisi interessi personali di chi aveva usurpato beni immobili e fondi.[senza fonte]

L'harem fu violato e le donne violentate, mentre si uccidevani gli eunuchi[senza fonte] che assolvevano a corte gli incarichi amministrativi più importanti. I musulmani (che operavano nel campo dei commerci e cui era vietato in modo assoluto possedere armi) restarono in balia della folla, riuscendo in buona parte a salvarsi solo grazie alle viuzze assai strette dei quartieri da loro abitati.[senza fonte] La particolare ferocia della rivolta baronale - che colpì tra l'altro il noto poeta Yahya ibn al-Tifashi[1] - indusse al-Idrisi ad abbandonare per sempre la Sicilia alla volta del Nordafrica, dove morì sei anni più tardi.

La congiura prevedeva la conquista di Palermo, ma Bonello, per motivi non chiari, non mosse le proprie truppe. Questo gli costò la perdita del controllo dell'insurrezione e gli uomini leali al Re (tra cui gli arcivescovi Romualdo di Salerno e Roberto di Messina e i vescovi Tristano di Mazara e Riccardo Palmer, designato quest'ultimo alla diocesi di Siracusa), riuscirono l'11 marzo a far liberare Guglielmo I dalla volubile folla palermitana che abbandonò i congiurati, subdolamente accusati di precisi interessi personali nella congiura realizzata. Una tragedia però colpì il Re mentre recuperava la sua libertà e la corona. Nelle fasi finali dell'assalto al palazzo una freccia all'occhio feriva a morte il piccolo Ruggero che, di lì a poco, sarebbe morto tra le braccia del disperato padre.[2]

Apparentemente perdonato dal re (il grosso delle cui truppe era a Messina), Bonello fu invece fatto arrestare pochi giorni dopo nella reggia in cui era stato convocato da re Guglielmo, imbaldanzito dal fatto che l'esercito regio era ormai sbarcato a Palermo. Bonello fu portato in una robusta fortezza adiacente al palazzo reale, e lì gettato nei sotterranei dove, accecato e reso storpio per il taglio dei tendini, morì pochi giorni dopo.

Curiosità[modifica | modifica wikitesto]

Nel luogo in cui fu ucciso Maione da Bari, a Palermo, si trova una spada appesa ad un portone, che la leggenda attribuisce proprio a Matteo Bonello. In realtà si tratta di un falso storico, in quanto l'elsa della spada è del tipo "a vela", caratteristica del periodo non precedente al XVI secolo[3].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ John Julius Norwich, Il regno nel sole. I Normanni nel Sud, 1130-1194, Milano, Mursia, 1972-1979, p. 256.
  2. ^ Ugo Falcando addebita incredibilmente al padre la responsabilità della morte del figlioletto. Pur ammettendo la mortale ferita ricevuta da Ruggero, il cronista siciliano dà sfogo alla sua faziosa ostilità nei confronti del Re, accusandolo di aver ucciso il figlio a calci, per punirlo del fatto di essere stato insediato sul trono in sua vece dai congiurati nelle fasi iniziali della congiura e di avere sfilato su un cavallo malgrado l'evidenza del fatto che il bimbo non potesse avere ambizione alcuna e, probabilmente, neppure piena consapevolezza di quanto stava succedendo intorno a lui.
  3. ^ Samuele Schirò, La spada di Matteo Bonello, su palermoviva.it.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Andrea Castagna, Il nido del falco, vol. 1 e 2.
  • John Julius Norwich, Il Regno nel Sole. I Normanni nel Sud: 1130-1194, Milano, Mursia, 1972 (ed.orig. The Kingdom in the Sun 1130-1194. Longman: Londra 1970).
  • Ugo Falcando, Il libro del regno di Sicilia, a cura di Carlo Ruta, Palermo, Promolibri, 2008.
  • Ugo Falcando, Il regno di Sicilia, traduzione di Vito Lo Curto, con testo a fronte, Edizione Francesco Ciolfi, ISBN 978-88-86810-32-6.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]