Monachesimo cristiano

Con monachesimo cristiano si intende la pratica del monachesimo nel contesto della religione cristiana, vale a dire fenomeno di natura devozionale in cui fedeli cristiani adottano una vita ascetica e tipicamente claustrale dedicata alla preghiera. Iniziò a svilupparsi all'inizio della storia del cristianesimo, organizzandosi successivamente da regole monastiche e, nei tempi moderni, dal diritto canonico. Coloro che vivono la vita monastica sono conosciuti con i termini generici di monaci, gli uomini, e monache, le donne. La parola monaco ha origine dal greco antico μοναχός (monachos, "monaco") a sua volta derivato da μόνος (monos) che significa "solo".

All'inizio i monaci non vivevano nei monasteri ma piuttosto in solitudine, come potrebbe suggerire la parola monos. Man mano che sempre più persone intraprendevano questa vita, ritirandosi nel deserto, questi iniziarono a riunirsi e modellarsi tra di loro. Rapidamente, i monaci formarono comunità con cui promuovere la loro capacità di osservare una vita ascetica. I monaci generalmente dimorano in un monastero, sia che vivano lì in un comunità (cenobiti) o in isolamento (anacoreti).

Origini[modifica | modifica wikitesto]

La parola monaco «fu inventata dal cristianesimo all'inizio del IV secolo, per indicare specificatamente un anacoreta o un eremita; ma entro breve tempo venne riferita a tutti coloro che "abbandonavano il secolo", vivessero essi in solitudine o in comunità».[1] David Knowles, che fu monaco benedettino e professore di Storia moderna all'Università di Cambridge, assegna, oltre ogni dubbio, un luogo e una data di nascita al monachesimo: «il luogo fu il basso Egitto; l'epoca un anno degli ultimi decenni del III secolo. Per la precisione una chiesa egiziana, nel 271 d.C. (...). Prima del 271, prima quindi della novità in campo cristiano di Antonio abate «la vocazione monastica (...) era cero ignota alla chiesa cristiana».[1]

Folklore, cultura e comunicazioni di massa[modifica | modifica wikitesto]

Il monachesimo è stato anche fonte di creatività nell'arte e nel folclore. La fama di Sant'Antonio Abate fu universale e si distinse da «altri che sicuramente prima di lui» avevano vissuto ottemperando il precetto di Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che hai, da' tutto ai poveri, poi vieni a seguirmi». (Matteo, XIX, 21).[1] Patrimonio folcloristico rimane la canzone Sant'Antonie a lu deserte. Al British Museum, in margine a un manoscritto greco, si ritrovano immagini di Simone Stilita, «che fu il primo a raggiungere la rinomanza. La resistenza degli stiliti alle privazioni e al prestigio di cui godettero come consiglieri e predicatori sono, in gran parte, storicamente autentici».[1] Le tentazioni di un santo stilita ad opera del diavolo sono l'argomento del film di Luis Buñuel Simon nel deserto, prodotto in Messico nel 1965, dove uno stilita infine si piega alle provocazioni erotiche o ripugnati del demonio (interpretato da Silvia Pinal), per essere «trasportato in jet dal XII al XX secolo, in una cave beat di New York dove si sta danzando un ballo di nome carne radioattiva, e dove lo abbandona».[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Il monachesimo cristiano, Milano, Il Saggiatore, 1969, pp. 9-24.
  2. ^ Georges Sadoul, Simon del deserto, in Il cinema Vol. 3° I film N - Z / Aggiornamento, Firenze, 1981.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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