Sistema di numerazione arabo

Numeri sans-serif

Le cifre indo-arabiche, talora note come numeri arabi o cifre arabe, sono la rappresentazione simbolica delle entità numeriche più comune al mondo. Sono considerati una pietra miliare nello sviluppo della matematica.

Si può distinguere tra il sistema posizionale utilizzato, conosciuto anche come sistema numerico indo-arabo, e il preciso glifo utilizzato. I glifi più comunemente usati in associazione all'alfabeto latino sin dai tempi dell'era moderna sono 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0.

I numeri nacquero in India tra il 400 a.C. ed il 400 d.C.[1][2] Furono trasmessi prima nell'Asia occidentale, dove trovano menzione nel IX secolo, ed in seguito in Europa nel X secolo.[1] Poiché la conoscenza di tali numeri raggiunse l'Europa attraverso il lavoro di matematici ed astronomi arabi, i numeri vennero chiamati "numeri arabi".
In arabo, i numeri arabi orientali sono chiamati "numeri indiani" (in arabo أرقام هندية?, ’arqām hindiyya), e viene utilizzato lo stesso sistema, con glifi di forma diversa (٠١٢٣٤٥٦٧٨٩).

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Origini[modifica | modifica wikitesto]

I simboli da 0 a 9 nel sistema numerico indo-arabico si evolsero dai numeri brahmi. Le iscrizioni buddiste intorno al 300 a.C. utilizzano i simboli che poi divennero 1, 4 e 6. Un secolo più tardi, fu registrato l'utilizzo dei simboli che poi divennero 2, 7 e 9.

L'iscrizione universalmente accettata come la prima contenente il glifo 0 è stata registrata per la prima volta nel IX secolo, a Gwalior risalente all'870. In ogni caso, prima di questa data, l'uso del glifo aveva già raggiunto la Persia, ed è menzionato nelle descrizioni di al-Khwārizmī sui numeri indiani. Documenti indiani su piatti di rame, con lo stesso simbolo per zero in essi, risalgono indietro fino al VI secolo d.C., in grande quantità.[3]

Numeri brahmi indiani del I secolo d.C.
Tastiera telefonica araba moderna con numeri indo-arabi e i corrispondenti araba moderni

Del sistema numerico venne a conoscenza contemporaneamente il matematico persiano al-Khwārizmī (cui si deve il libro Sul calcolo con i numeri indù, scritto intorno all'825) e il matematico arabo al-Kindi, che scrisse quattro volumi Sull'utilizzo dei numeri indiani (Kitāb fī istiʿmāl al-ʿadad al-hindī) intorno all'830.
Questi scritti sono i principali responsabili della diffusione del sistema indiano di numerazione nel Vicino e Medio Oriente e nei Paesi occidentali.[2]

Nel X secolo, matematici vicino e medio-orientali estesero il sistema numerico decimale ad includere frazioni, così come registrato dal trattato del Kitāb al-Fuṣūl fī l-ḥisāb al-hindī, composto a Damasco nel 952/3 dal matematico Abū l-Ḥasan Aḥmad b. Ibrāhīm al-Uqlīdisī, rimasto inedito ma studiato da A. S. Saidan.

Nel mondo arabo, fino ai tempi moderni, il sistema numerico arabo era utilizzato solo dai matematici. Scienziati musulmani utilizzavano il sistema di numerazione babilonese, e i mercanti utilizzavano i numeri abjad. In Italia invece, con la diffusione delle opere di Leonardo Fibonacci, figlio del mercante pisano Guglielmo Bonacci, che aveva viaggiato sulle sponde del mediterraneo, il sistema numerico arabo cominciò a essere utilizzato da larghi strati della popolazione.

Una variante distintiva "araba occidentale" dei simboli incominciò ad emergere intorno al X secolo nel Maghreb e in al-Andalus. Essa chiamava i numeri ghubar ("tavola di sabbia" o "tavola di polvere").

Le prime menzioni dei numeri nei paesi occidentali sono trovate nel Codex Vigilanus del 976.[4] Nel decennio del 980, Gerberto di Aurillac (più tardi noto come Papa Silvestro II) iniziò a diffondere la conoscenza dei numeri in Europa. Gerberto aveva studiato nella sua giovinezza a Barcellona, ed è conosciuto per aver richiesto trattati matematici riguardanti anche l'utilizzo dell'astrolabio da Lupito di Barcellona dopo che ritornò in Francia alla scuola di Reims, e poi proseguendo i suoi studi anche in Italia a Bobbio come abate dell'abbazia di San Colombano, famosa per il suo celebre ed antico scriptorium, egli perfezionò l'abaco introducendone uno nuovo su 27 colonne e mille gettoni con i numeri naturali da 1 a 9 (mancava il simbolo dello 0 sostituito da uno spazio vuoto) che permetteva di svolgere più rapidamente le operazioni matematiche, scrisse il suo De Geometria e perfezionò l'astrolabio sferico; un suo allievo Bernelino poté raccogliere gli studi e gli scritti di Gerberto e pubblicare prima della morte del maestro il Liber abaci.[5][6][7][8][9]

Adozione in Europa[modifica | modifica wikitesto]

Un manoscritto in lingua tedesca che istruisce sull'utilizzo dei numeri arabi (Talhoffer Thott, 1459). In questo periodo i numeri erano ampiamente percepiti come esoterici, e Talhoffer li insegna assieme all'alfabeto ebraico e l'astrologia.
Incisione su legno che mostra l'orologio astronomico risalente al XVI secolo della cattedrale di Uppsala, con due quadranti, uno in numeri arabi e l'altro in numeri romani.
Orologio rivoluzionario francese del tardo XVIII secolo con quadrante "decimale"

Al-Khwārizmī, uno scienziato persiano della Transoxiana, scrisse nell'825 il trattato Sul calcolo con i numeri hindi, che fu tradotto in latino nel XII secolo. Del trattato sopravvivono soltanto alcuni riadattamenti in lingua latina[10], tra cui il celebre Algoritmi de numero Indorum, il cui titolo tradotto in italiano significa «Algoritmi sui numeri degli indiani»[11]. In latino “Algoritmi” era l'adattamento del nome dell'autore, ma i lettori per sbaglio lo intesero come il plurale latino dell'ipotetico termine Algoritmus: questo portò a coniare il termine algoritmo (dal latino algorithmus) che venne ad acquisire il significato di “metodo di calcolo”.

Leonardo Fibonacci, un matematico italiano che aveva studiato a Bijaya, in Algeria, promosse il sistema numerico arabo in Europa nel suo trattato Liber abbaci, che fu scritto nel 1202 e poi riedito nel 1228, e che ancora descriveva i numeri come "indiani" anziché "arabi":

«Quando mio padre, che era stato nominato dal suo paese pubblico notaio nelle dogane di Bugia facendo gli interessi dei mercanti pisani che andavano là, ivi vi lavorava, mi mandò a chiamare mentre ero ancora un fanciullo, e tenendo d'occhio l'utilità e la futura convenienza, espresse il desiderio di farmi restare e ricevere un'istruzione alla scuola di ragioneria. Là, dove fui introdotto all'arte dei nove simboli indiani attraverso un insegnamento ragguardevole, la conoscenza dell'arte ben presto mi piacque sopra ogni altra cosa ed io ebbi modo di comprenderla...»

I numeri sono disposti secondo l'uso arabo, con il loro più basso valore a destra, con le posizioni di valore più alte a sinistra. Questa disposizione fu adottata allo stesso modo anche dai numeri utilizzati in Europa. L'alfabeto latino scorrendo da sinistra verso destra, a differenza dell'alfabeto arabo, portò ad una disposizione invertita dei relativi piazzamenti di valore relativa alla direzione di lettura.

L'accettazione europea dei numeri fu accelerata dall'invenzione della stampa a caratteri mobili, e i numeri divennero comuni durante il XV secolo. Fra le prime attestazioni in Inghilterra si annoverano: un'iscrizione risalente al 1445 sulla torre della Chiesa di Heathfield, Sussex, un'iscrizione del 1448 su un cancello in legno della Chiesa di Bray Church, Berkshire, un'iscrizione del 1470 su una tomba del primo Conte di Huntly nella Cattedrale di Elgin e un'iscrizione del 1487 sulla porta campanaria della Chiesa di Piddletrenthide, nel Dorset. Nella metà del XVI secolo, erano comunemente usati nella maggior parte dell'Europa.[12]

I numeri romani rimasero in uso principalmente per la notazione degli anni dopo Cristo, e per i numeri dei quadranti di orologio. Alle volte, i numeri romani sono utilizzati per la numerazione di liste (come alternativa ad una numerazione alfabetica), in Italia per indicare la posizione ordinale (specialmente i secoli e i pontefici), in musica nella numerazione dei gradi della scala diatonica e nella numerazione delle pagine delle prefazione dei libri. I numeri XV e XIII sono altresì usati per indicare le nazionali di rugby (15 e 13 come i giocatori schierati in campo nelle versioni union e league rispettivamente), mentre è diffuso, soprattutto nei paesi anglofoni, indicare talvolta con l'XI gli schieramenti di calcio, dove i giocatori sono infatti 11.

Evoluzione dei simboli[modifica | modifica wikitesto]

Il sistema numerico arabo è una notazione decimale posizionale.

Vari gruppi di simboli sono utilizzati per rappresentare i numeri del sistema numerico arabo e tutti sono evoluti dai numeri brahmi. I simboli utilizzati per rappresentare il sistema si sono divisi in varie varianti tipografiche sin dal Medioevo:

  • i "numeri arabi" ampiamente utilizzati nell'alfabeto latino, nella tavola che segue denominati "europei", discendono dai "numeri arabi occidentali" che si sono sviluppati in al-Andalus e nel Maghreb (Vi sono due stili tipografici per rendere i numeri europei, conosciuti come figure allineate e testuali);
  • i "numeri indo-arabi" o "numeri arabi orientali", usati nell'alfabeto arabo, si svilupparono in origine nell'attuale Iraq. Una loro variante è presente nell'alfabeto persiano ed urdu.
  • i "numeri devanagari", usati nel devanagari, denominati anche come numeri indiani.
Tavola di comparazione tra i diversi tipi di numeri arabi
Europeo (dall'arabo occidentale) 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9
Indoarabo ٠ ١ ٢ ٣ ٤ ٥ ٦ ٧ ٨ ٩
Indoarabo orientale (persiano e urdu) ۰ ۱ ۲ ۳ ۴ ۵ ۶ ۷ ۸ ۹
Devanagari (hindi)
Tamil

Qui di seguito viene invece mostrata l'evoluzione della scrittura dei numeri arabi in Europa su una tabella redatta dallo studioso francese J. E. Montucla nella sua opera Histoire de la Mathématique (Storia della matematica), pubblicata nel 1758:

I numeri arabi sono codificati in ASCII (e in Unicode) nelle posizioni comprese tra 48 e 57:

BIN ASCII HEX Glifo
0011 0000 48 30 0
0011 0001 49 31 1
0011 0010 50 32 2
0011 0011 51 33 3
0011 0100 52 34 4
0011 0101 53 35 5
0011 0110 54 36 6
0011 0111 55 37 7
0011 1000 56 38 8
0011 1001 57 39 9

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Ifrah, Georges. 1999. The Universal History of Numbers: From Prehistory to the Invention of the Computer, Wiley. ISBN 0-471-37568-3.
  2. ^ a b O'Connor, J.J. and Robertson, E.F. 2000. 'Indian Numerals' Archiviato il 29 settembre 2007 in Internet Archive., MacTutor History of Mathematics Archive, School of Mathematics and Statistics, University of St. Andrews, Scotland.
  3. ^ Kaplan, Robert. (2000). The Nothing That Is: A Natural History of Zero. Oxford: Oxford University Press.
  4. ^ Mathorigins.com
  5. ^ Nicolaj Bubnov, Gerberti Opera Mathematica (972-1003), R. Friedländer & Sohn, Berlino 1899
  6. ^ Marta Materni, Attività scientifiche di Gerberto d'Aurillac, in Archivum Bobiense, XXIX, Bobbio, Editrice degli A.S.B., 2007, pp. 225-317
  7. ^ Bernelino, Liber abaci, in Alexandre Olleris, Oeuvres de Gerbert-pape sous le nom de Sylvestre II, Thimbaud, Clermont-F. 1867, pp. 357-400
  8. ^ Mariairene Guagnini, L'abaco di Gerberto d'Aurillac e il suo uso con i numeri naturali sul portale progettofibonacci.it
  9. ^ Mariairene Guagnini, I calcoli dei "Gerbertisti" sul portale progettofibonacci.it
  10. ^ Ci sono pervenuti il Dixit Algorizmi, il Liber ysagogarum Alchorismi, il Liber Alchorismi de pratica arismetice e il Liber pulveris, per i quali cfr. A. Allard, Le calcul indien (Algorismus). Histoire des textes, édition critique, traduction et commentaire des plus anciennes versions latines remaniées du XII siècle, Paris, Peeters, 1992
  11. ^ Trattati d'aritmetica pubblicati da Baldassarre Boncompagni', Roma, Tipografia delle Scienze Fisiche e Matematiche, 1857 [1]
  12. ^ The Math Forum, su mathforum.org.

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