Balia

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Luigi XIV raffigurato con la sua balia in un quadro dell'artista Charles Beaubrun

La balia (o nutrice) è una donna cui è stato affidato, spesso dietro compenso, l'incarico di accudire un neonato provvedendo anche al suo allattamento. La locuzione balia asciutta è invece utilizzata per definire chi accudisce uno o più neonati senza allattarli. Per estensione in etologia viene definita "balia" qualunque femmina che si occupa dell'allattamento di prole non propria.

Scelta e compiti della balia[modifica | modifica wikitesto]

Fino agli inizi del novecento era abitudine nelle famiglie più ricche affidare il neonato ad un'altra puerpera, scelta spesso tra il personale di servizio, tra i propri lavoranti o contadini oppure tra i loro familiari affinché provvedesse all'allattamento del bambino. La balia doveva essere robusta (affinché riuscisse a nutrire sia il proprio neonato sia quello ad ella affidato) e in buona salute (per evitare la trasmissione di malattie).[1]

Motivazioni per l'impiego della balia[modifica | modifica wikitesto]

La decisione di affidare la cura e, molto spesso, l'allattamento del bambino a una balia veniva per lo più presa da donne appartenenti a classi sociali benestanti ed agiate; poteva però anche scaturire da esigenze più concrete, per esempio: il decesso della madre per cause inerenti al parto; la mancanza di latte; a causa di malattie che impedivano alla madre di prendersi cura del neonato.

Implicazioni relazionali e affettive[modifica | modifica wikitesto]

Spesso si venivano a creare forti legami affettivi tra l'infante, la balia e il figlio naturale di quest'ultima, definito fratello di latte. I forti rapporti tra i due spesso rimanevano inalterati nel tempo. La duchessa Beatrice d'Este, ad esempio, fu più affezionata alla propria balia che non alla madre naturale, e volle averla accanto per tutta la vita.[2]

Le balie, per qualifica e remunerazione, erano vari gradini sopra alle 'serve' e di frequente rimanevano accanto ai bambini loro affidati. È così che sino a tutta la prima metà del '900, le giovani donne che avevano partorito da poco spesso lasciavano i propri figli a casa, affidati alla cura di altre donne, per offrire il proprio latte ai figli dei signori di città.[3][1]

Nella cultura greca, ad esempio, si trovano numerosi riferimenti, anche nelle iscrizioni funerarie, allo stretto rapporto che si instaurava tra nutrice e il suo "alumnus". Nel diritto islamico la parentela di latte è parificata con quella di sangue, creando tra l'altro una compiuta vocazione ereditaria fra fratelli di latte.[senza fonte]

Evoluzioni[modifica | modifica wikitesto]

La pratica di affidare a balie il compito di provvedere all'allattamento e la cura degli infanti è stata via via superata per l'affermarsi dell'utilizzo del latte artificiale.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Barbara Ganz, Professione balia: l'emigrazione, il lavoro, il dolore e l'emancipazione (solo) delle donne, su alleyoop.ilsole24ore.com, 2016. URL consultato il 28 giugno 2020.
  2. ^ Luisa Giordano, Beatrice d'Este (1475-1497), vol. 2, ETS, 2008, pp. 83-85.
  3. ^ come emerge dalla mostra del 2002 all'Istituto degli Innocenti di Firenze e dal catalogo curati da Adriana Dadà, Alessandra Borsetti Venier e Lucia Sandri Bagnate, asciutte ovvero balie, su toscanaoggi.it. URL consultato il 28 giugno 2020.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Sandra Cavallo, Strategie politiche e familiari intorno al baliatico: il monopolio dei bambini abbandonati nel Canavese tra sei e settecento, in Quaderni storici, Vol. 18, n. 53 (2), Il Mulino, 1983, pp. 391-420. Numero su Sistemi di carità: Esposti e internati nelle società di regime antico.
  • Adriana Dadà, Lucia Sandri, Balie da latte: istituzioni assistenziali e privati in Toscana tra XVII e XX secolo, Morgana, 2002, ISBN 9788885698970.
  • Elena De Marchi, Dai campi alle filande: famiglia, matrimonio e lavoro nella «pianura dell'Olona» (1750-1850), Franco Angeli, 2009, ISBN 9788856813524.

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