Parabola del giudice iniquo

Voce principale: Parabole di Gesù.
Vendicami dai miei nemici, disegno anonimo pubblicato dalla Pacific Press (1900)

La parabola del giudice iniquo, o della vedova importuna o della vedova persistente, è una delle parabole di Gesù che compare nel vangelo secondo Luca (Lc 18,1-8). In essa, un giudice viene ripetutamente interpellato da una povera vedova per avere giustizia. Rigettando inizialmente le sue richieste, alla fine cede alle sue richieste solo per la persistenza della donna e non perché il suo giudizio sia corretto nei suoi confronti.

La parabola[modifica | modifica wikitesto]

La parabola del giudice iniquo, John Everett Millais (1863)

«Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: «C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»»

Interpretazione[modifica | modifica wikitesto]

Dalla parabola si possono ricavare diversi elementi: innanzitutto che la persistenza della preghiera ha portato infine la vedova a raggiungere il suo scopo, cioè di farsi almeno ascoltare dal giudice, ribadendo comunque che Dio è ben più lesto nel rispondere alle preghiere dei suoi fedeli, e lo fa con maggiori motivazioni.[1] La parabola dell'amico importuno ha un significato simile.[2]

Joel B. Green intende questa speranza come un inno a non perdere la speranza nell'escatologia del messaggio cristologico,[1] ed anche un'eco a Siracide 35:[1] "perché il Signore è giudice e non v'è presso di lui preferenza di persone. Non è parziale con nessuno contro il povero, anzi ascolta proprio la preghiera dell'oppresso. Non trascura la supplica dell'orfano né la vedova, quando si sfoga nel lamento. Le lacrime della vedova non scendono forse sulle sue guance e il suo grido non si alza contro chi gliele fa versare?"[3]

William Barclay riporta come la parabola si concentri ben poco in realtà su chi prega, ma piuttosto sul contrasto tra Dio e l'uomo. Nella preghiera si parla ad un Padre pronto a donare.[4]

Donald Parry e Jay A. Parry ha suggerito che "questa parabola si applichi a ciascuno di noi che ha degli avversari che possono anteporsi alla nostra vita spirituale, siano essi esseri mortali o demoniaci, o particolari peccati che continuano a fiaccarci. Noi, come la vedova importuna, dobbiamo sempre pregare contro questi avversari. Se lo faremo, il Padre Celeste ascolterà le nostre preghiere e ci porterà alla liberazione."[5]Come lo stesso Cristo ha suggerito in questa parabola la liberazione non potrà essere offerta in maniera completa sino a quando "il Figlio dell'uomo non sarà venuto." (Lc 18,8) Cristo vendicherà i suoi eletti, quanti hanno mantenuto in lui la fede nel suo secondo ritorno sulla terra (Lc 18,7-8).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Joel B. Green, The Gospel of Luke, Eerdmans, 1997, ISBN 0-8028-2315-7, pp. 636-643.
  2. ^ Craig Blomberg, Interpreting the Parables, InterVarsity Press, 1990, ISBN 0-8308-1271-7, p. 275.
  3. ^ Siracide 35:12-18 Archiviato il 7 luglio 2011 in Internet Archive., CEI.
  4. ^ Barclay, William. The Parables of Jesus, Westminster John Knox Press, 1999 ISBN 9780664258283
  5. ^ Parry, Parry, Understanding the Parables of Jesus Christ, 2006

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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