Petrodollaro

Il riciclaggio dei petrodollari è la spesa o l'investimento dei proventi delle esportazioni di petrolio (i petrodollari o petroldollari).[1] Si riferisce generalmente ai grandi esportatori di petrolio, principalmente i paesi dell'OPEC più la Russia e la Norvegia, che guadagnano più denaro dal greggio di quanto ne potrebbero investire nelle proprie economie.

L'espressione è stata coniata nel 1973 da Ibrahim Oweiss, professore di economia all'università di Georgetown, per descrivere la situazione che si è venuta a stabilire in quegli anni nei paesi dell'OPEC, quando la bilancia commerciale veniva sostenuta dal ruolo della moneta statunitense come riserva di valuta.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

I paesi produttori di petrolio, a seguito dell'aumento del prezzo di questa materia, si sono trovati a disporre di grandissime risorse finanziarie, i petrodollari appunto perché il greggio veniva pagato utilizzando il dollaro statunitense. Tali risorse sono state reinvestite solo in piccola parte negli stessi Stati produttori. Il resto è stato riversato nel sistema economico e finanziario mondiale, con l'acquisto di valuta e titoli esteri, con effetti destabilizzanti sull'intero sistema.

Il pagamento del petrolio e di altre materie prime in dollari garantisce una domanda stabile di questa valuta, proveniente dall'estero, che serve a sostenere il cambio, in presenza di un saldo negativo della bilancia commerciale, ossia a finanziare il deficit estero degli Stati Uniti. Le materie prime sono un bene primario, comunque necessario all'economia, a scarsa elasticità della domanda rispetto al prezzo, e quindi adatto a garantire un cambio sulle altre monete indipendente dallo stato di salute di una economia.

Dopo la seconda guerra mondiale, in base agli accordi di Bretton Woods, il dollaro è stato la moneta sovrana delle transazioni petrolifere[senza fonte]. Il petrolio poteva essere comprato o venduto solamente in dollari, in genere riferendosi ad uno di questi tre marker petroliferi: il West Texas Intermediate Crude, United Arab Emirates Dubai Crude e il Norway Brent Crude.

Questa prassi è stata per la prima volta interrotta a luglio 2011 con l'apertura della borsa valori di Kish, in Iran.

A giugno, la Cina sigla un accordo di interscambio commerciale con Giappone e Iran per la fornitura di petrolio e prodotti finiti, prevedendo il pagamento nella propria valuta locale. Il 6 settembre 2012, la Cina ha annunciato l'apertura di una Borsa valori nella quale scambierà greggio con la Russia in yuan. Un accordo del 2022 tra il presidente della Gazprom, Alexei Miller, e quello della compagnia cinese Cnpc, Dai Houliang, prevede il pagamento delle forniture di gas in yuan e rubli.[2][3] Tali accordi sono volti alla dedollarizzazione, ovvero all'abbandono del dollaro statunitense come valuta del commercio internazionale.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ War and the Oil Price Cycle | JIA SIPA, su jia.sipa.columbia.edu. URL consultato il 27 aprile 2024 (archiviato dall'url originale il 10 aprile 2019).
  2. ^ Fabio Savelli, La Cina pagherà in rubli e yuan il gas russo: punta alla de-dollarizzazione del mondo, su corriere.it.
  3. ^ Russia, yuan e rubli invece del dollaro per le forniture di gas e petrolio, su repubblica.it.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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