Pianiano

Pianiano
frazione
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione Lazio
Provincia Viterbo
Comune Cellere
Territorio
Coordinate42°29′57.55″N 11°44′16.48″E / 42.49932°N 11.73791°E42.49932; 11.73791 (Pianiano)
Abitanti14[1] (2011)
Altre informazioni
Fuso orarioUTC+1
Nome abitantiPianianoti
PatronoSan Sigismondo
Giorno festivo1º maggio
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Pianiano
Pianiano

Pianiano è l'unica frazione del comune di Cellere in provincia di Viterbo (Lazio): conta 14 abitanti ed è situata a 310 m s.l.m.. La frazione di Pianiano è situata lungo la strada che collega Vulci a Ischia di Castro e dista 3,04 chilometri dal comune di Cellere di cui essa fa parte.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La storia documentabile di Pianiano è molto simile a quella di Cellere, con la quale confina. Le prime notizie certe relative a Pianiano risalgono al 1214, anno in cui risulta sottomesso a Viterbo e nel 1270 compare soggetto a Tuscania.[2] A partire dal 1400 venne inglobato sotto i domini della famiglia Farnese.

Intorno al 1600 il paese, a causa della malaria, si spopolò, fino a rimanere abbandonato a metà del Settecento. Fu ripopolato, grazie alla politica di papa Benedetto XIV, da immigrati albanesi di Scutari (212 persone).[3]

Pianiano di storia e leggende

Il Borgo di Pianiano presenta le caratteristiche della tipica cittadella etrusca arroccata su una rupe con fossi sottostanti. Le leggende su quell’epoca raccontano della monumentale tomba di una principessa Rasenna persa sotto i suoi tufi. Il toponimo Plandianum si fa risalire al latino Planium Dianae, consacrazione forse alla dea della caccia e dei boschi. Effettivamente, nonostante oggi Pianiano sia la porta sud della Maremma, fu un territorio silvano fino all’epoca moderna. Un'altra leggenda vuole l’attribuzione ad una sua bellissima e mitologica sovrana guerriera. Il racconto narra come la principessa Diana, guidata da un mistico richiamo, trovò per prima le antiche tombe degli Etruschi nella Valle del Fiora e ne portò i sarcofagi nella chiesetta del Castello.

Pianiano è un borgo racchiuso entro le mura castellane. Fu un feudo degli Orsini di Pitigliano, dato in dote a Girolama per le sue nozze con Pierluigi Farnese. Da quel momento entrò nei possedimenti del casato gigliato e del Ducato di Castro. L’accesso al Borgo era controllato da una doppia porta alle estremità del Ponte, in seguito interrato, di cui oggi però ne è ancora visibile il profilo. Dalla porta del Ponte, la pianta del palazzo signorile seguiva il lato ovest della rupe, con un cortile corrispondente all’attuale largo principale, a cui vi si poteva accedere dalla porta est. Dalla strada che conduce a Cellere si possono ancora vedere le arcate del suo loggiato. La chiesa di San Sigismondo Martire è di origine altomedievale. Dell’antica struttura rimane l’abside e parte di una colonna del disperso baldacchino dell’altare, riutilizzata come paracarro durante la ristrutturazione settecentesca del Borgo. Infatti nel corso dei secoli la chiesa fu ampliata e girata di 90°. Al suo interno è apprezzabile una tela settecentesca detta “Madonna degli Albanesi”.

Pianiano fu abbandonata sul finire del XVII secolo per la malaria che lo infestava, portata dagli acquitrini sfuggiti di mano allo sfruttamento degli incolti di epoca medievale. Nel 1729 il Borgo e le sue terre furono annesse alla Comunità di Cellere. Pianiano tornò ad essere abitato da una colonia di oltre 200 rifugiati cristiani provenienti dall’Albania ottomana, cui papa Benedetto XIV nel 1754 ne assegnò il feudo. Provenivano dalla città e dalla provincia di Scutari (Skodra), ed alcune famiglie dall’attuale Montenegro, allora territorio turco-albanese. Al loro insediamento trovarono il Borgo completamente in rovina e fagocitato dalla vegetazione delle boscaglie attorno. Nel giro di pochi anni lo ristrutturarono ed iniziarono a disboscare i terreni dell’antico feudo, avviando quel processo di trasformazione del paesaggio -da silvano ad agricolo- che terminò negli anni ’50 del Novecento con le opere di bonifica ed assegnazione di terre dell’Ente Maremma.

Nell’epoca d’oro del brigantaggio, Pianiano vide dare i natali al leggendario brigante Domenico Tiburzi, che con i suoi vent’anni di latitanza nelle macchie castrensi si meritò l’appellativo di “Re del Lamone”.

Maggiori dettagli su www.borgodipianiano.it

Eventi[modifica | modifica wikitesto]

MUSA[modifica | modifica wikitesto]

MUSA (Musica - Spettacolo - Arte - Artigianato) è nata nel 2017 dall’esigenza di promuovere il Borgo di Pianiano e delle risorse che sono presenti sul territorio, l'organizzazione ha scelto di farlo attraverso la cultura, l’arte, l’artigianato artistico e i prodotti tipici del territorio.[4]

La coesione e la collaborazione del gruppo organizzativo sono stati i motori del successo sin dalla prima edizione, con la partecipazione di un pubblico proveniente non solo dalle zone limitrofe ma anche da lontano.

Tutto ciò ha motivato ad andare avanti e migliorare sia nella proposta artistica sia nell'organizzazione.

Il successo che MUSA ha ricevuto è merito delle singole persone che si sono messe a disposizione di quest’idea, in primis l’Amministrazione Comunale e delle donne e uomini della Pro Loco di Cellere e dei volontari che hanno supportato, ai quali va rivolta riconoscenza e gratitudine.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Italia in dettaglio - Pianiano
  2. ^ Comune di Pianiano, su siusa.archivi.beniculturali.it. URL consultato il 12 settembre 2018.
  3. ^ Stato delle anime della Parrocchia di San Sigismondo Martire nel Castello di Pianiano approvato a Cellere, Delegazione di Viterbo, Governo di Toscanella, Diocesi di Acquapendente, fatta nella Santa Visita dell’anno 1845, Archivio Vescovile di Acquapendente.
  4. ^ Musa, su borgodipianiano.com. URL consultato il 26 agosto 2019.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Maura Lotti, La colonia albanese del castello di Pianiano (1756-1845), Davide Ghaleb, 2016, ISBN 978- 88-98178-75-9.
  • Italo Sarro, L'insediamento albanese di Pianiano, GrafiCreo, 2013, ISBN 8897955207.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]