Repubblica di Siena

Repubblica di Siena
Motto: Libertas
Repubblica di Siena - Localizzazione
Repubblica di Siena - Localizzazione
Repubblica di Siena tra XV e XVI secolo
Dati amministrativi
Nome completoRepubblica di Siena
Nome ufficialeRespublica Senensis
Lingue ufficialiLatino, italiano
Lingue parlateItaliano
CapitaleSiena
Altre capitaliMontalcino (1555-1559)
Dipendenze Contea di Santa Fiora
(dal 1471 al 1559)
Repubblica di Massa
(annessa nel 1336)
Politica
Forma di governoRepubblica oligarchica
Organi deliberativiGoverno consolare (1125-1199)
Governo podestarile (1199-1234)
Governo dei Ventiquattro (1234-1270)
Governo dei Trentasei (1270-1280)
Governo dei Quindici (1280-1286)
Governo dei Nove (1287-1355)
Governo dei Dodici (1355-1368)
Governo dei Tredici (1368)
Governo dei Quindici (1369-1385)
Governo dei Priori (1385-1399)
Signoria dei Visconti (1399-1404)
Governo dei Priori (1405-1480)
Signoria degli Aragona (1480-1482)[1]
Governo dei Priori (1482-1487)
Signoria dei Petrucci (1487-1525)
Governo dei Priori (1525-1548)
Governo Spagnolo (1548-1552)
Magistrato del Capitano del Popolo e Reggimento (1552-1554)
Governo della Repubblica di Siena riparata in Montalcino (1555-1559)
Nascita1125
CausaDeposizione del vescovo che reggeva la città
Fine1555-1559
CausaGuerra di Siena e Trattato di Cateau-Cambrésis
Territorio e popolazione
Bacino geograficoAttuali province di Siena e di Grosseto
Territorio originaleTerritorio di Siena e Buonconvento
Massima estensione8000 km² circa nel XVI secolo
Popolazione50-70.000 (solo Siena) nel XIV secolo
Economia
ValutaSenese d'oro o ducato, grosso senese, quattrino, parpagliola, giulio
RisorseAgricoltura, viticoltura, allevamento
Commerci conRepubblica di Pisa, Repubblica di Genova, Stato Pontificio, Regno di Napoli, Regno di Francia, Regno d'Aragona, Repubblica di Venezia, Sacro Romano Impero, Regno d'Inghilterra
Religione e società
Religioni preminentiCattolicesimo
Religione di StatoCattolicesimo
Religioni minoritarieEbraismo
Classi socialiAristocrazia, clero, popolo
Evoluzione storica
Preceduto da Governo dei Vescovi di Siena
Repubblica di Massa
(annessa nel 1336)
Succeduto da Ducato di Siena
Stato dei Presidi
Ora parte diBandiera dell'Italia Italia

La Repubblica di Siena (in latino Respublica Senensis) fu uno Stato indipendente esistito dal 1125 al 1555/1559. Venne fondata nella città di Siena e si espanse progressivamente in tutta la Toscana meridionale diventando una delle maggiori potenze del Pieno Medioevo, nonché piazza commerciale, finanziaria ed artistica di primo livello in Europa.[2]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nascita della repubblica[modifica | modifica wikitesto]

Gli sviluppi politici e istituzionali possono essere così riassunti:

  • Governo consolare (1125 - 1199);
  • Governo podestarile (1199 - 1234);
  • Governo dei Ventiquattro (1234 - 1270);
  • Governo dei Trentasei (1270 - 1280);
  • Governo dei Quindici (1280 - 1286);
  • Governo dei Nove (1287 - 1355);
  • Governo dei Dodici (1355 - 1368);
  • Governo dei Tredici (1368);
  • Governo secondo dei Quindici (1369 - 1385);
  • Governo dei Priori (1385 - 1399);
  • Dominio dei Visconti (1399 - 1404);
  • Ritorno dei Priori (1404 - 1480)
  • Dominio degli Aragona (1480 - 1482)[1]
  • Ritorno dei Priori (1482 - 1487)
  • Signoria dei Petrucci (1487 - 1525);
  • Ritorno dei Priori (1525 - 1548);
  • Dominio spagnolo (1548 - 1552);
  • Repubblica, con il Capitano del popolo (1552 -1554).

La fondazione della Repubblica di Siena è tradizionalmente datata al 1125, anno in cui venne deposto l'ultimo rappresentante regnante del Governo dei Vescovi, Gualfredo, allora a capo della città e del contado attorno ad essa. Fu nominato un governo consolare per amministrare lo Stato nel suo primo periodo. Come nella maggior parte delle città comunali medievali, anche Siena ebbe come primo sviluppo delle magistrature i Consoli. Nel 1125 la carica di Consul Sænensis fu attribuita a Manco[3][4]. Convenzionalmente è indicato il 1186 come l'anno del riconoscimento ufficiale del nuovo Stato da parte del Sacro Romano Impero, anno in cui l'Imperatore Federico Barbarossa concesse la possibilità di battere moneta e di eleggere liberamente i consoli.

Nel 1199 il governo consolare fu sostituito dall'esecutivo podestarile, retto per la prima volta da Malapresa da Lucca[4].

Nella prima parte del XIII secolo Siena strinse alleanza con Perugia, Orvieto e con gli Aldobrandeschi. Nel 1228 venne sancito un accordo con Pisa, Pistoia e Poggibonsi (chiamata Poggio Bonizio). Gli scontri con la Repubblica di Firenze si susseguirono, momentaneamente conclusi nel 1201 con la pace di Fonterutoli, rotta però pochi anni dopo da Firenze. Nel 1224 Siena conquistò Grosseto, allargando così i suoi confini territoriali.[5]

Sviluppo delle istituzioni della Repubblica - Guelfi e ghibellini[modifica | modifica wikitesto]

A partire dal 1234 prese il potere il Governo dei Ventiquattro, un governo ghibellino formato da dodici borghesi e dodici popolani rimasto alla guida della città fino al 1270. Dopo le brevi parentesi del Governo dei Trentasei (1270 - 1280) e del Governo dei Quindici (1280 - 1286), nel 1287 salì al potere il più duraturo Governo dei Nove che rimase attivo fino al 1355.

Battaglia di Montaperti.

La ghibellina Siena poteva contare come alleato principale sul re Manfredi di Sicilia, capo in pectore della Dinastia Sveva, figlio di Federico II di Svevia e di Bianca Lancia della famiglia aleramica dei Lancia. In Toscana, Siena confidava altresì su altri cobelligeranti, come le ghibelline Pisa, Arezzo e Pistoia; tra i centri minori, la appoggiavano Poggibonsi, Montepulciano e Montalcino. La situazione politica in Toscana era molto instabile fin dall'inizio del Duecento. La fazione ghibellina, sparsa in tutta la regione, trovò in Siena e Pisa due roccaforti.

Le mire espansionistiche di Firenze, acuite dai conflitti economici con Siena, fecero innalzare il livello del conflitto tra ghibellini e guelfi, che culminò nella nota battaglia di Montaperti: il 4 settembre 1260 la Siena ghibellina, insieme ai suoi alleati, sconfisse lo schieramento guelfo fiorentino.

Siena nel periodo della repubblica.

L'ampliamento territoriale conseguente fu notevole: Siena acquisì le terre di Montalcino, Montepulciano, Colle di Val d'Elsa, Casole d'Elsa, Talamone, Poggibonsi, Campiglia d'Orcia, Castiglioncello e Staggia Senese. Ma quello che parve rappresentare l'esordio dell'egemonia ghibellina sulla Toscana si dimostrò presto un'occasione mancata per Siena e le altre città ghibelline toscane.

Nel giro di pochi anni infatti la fazione guelfa riprese il potere in Toscana e già nel 1269 Siena subì una sconfitta da parte di Firenze nella battaglia di Colle di Val d'Elsa, durante la quale trovò la morte il comandante senese Provenzano Salvani. Nell'estate del 1270 la città sopportò l'assedio dei guelfi ed il 15 agosto dovette cedere alle truppe del re di Napoli Carlo I d'Angiò. Nacque quindi il nuovo Governo dei Trentasei[4] (espressione della classe dei mercanti) del quale potevano far parte solo i guelfi dichiarati; nel 1277 i trentasei escludono espressamente dal governo i casati nobiliari[6]. Nel 1280 si addivenne alla costituzione del Governo dei Quindici, in carica fino al 1286 e sostituito dal Governo dei Nove.

Siena, lacerata dalle lotte interne tra guelfi e ghibellini, con l'instaurazione del Governo dei Nove (espressione di un centinaio di famiglie guelfe, con l'esclusione dei nobili[7]) diventò guelfa. Si inaugurò così un periodo di relativa calma e prosperità economica, tra i più fecondi e prolifici per la Repubblica.

Siena guelfa: il Governo dei Nove[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Governo dei Nove.
Il Palazzo pubblico di Siena.

Durante il Governo dei Nove (1287-1355) Siena visse un periodo di grande splendore politico ed economico: vennero commissionati nuovi edifici, tra i quali quello del duomo, il Palazzo Pubblico, e completata una parte consistente della cinta muraria. Tale governo è infatti definito "buon governo".[8]

Con i Nove si ebbe una Repubblica che riservava il governo a cittadini virtuosi, dal buon senso nell'imprenditoria. In questo periodo la Monarchia, intesa come sottomissione ad un signore, venne definitivamente ripudiata, sostituita dalla concezione che la cittadinanza era al centro degli interessi dei governanti, considerati rappresentanti del popolo e della città. Da qui la ricorrente denominazione nei documenti ufficiali dei Nove: "governatori e difenditori del Comune e del popolo di Siena".[9]

La Repubblica si basava su due pilastri: il Popolo ed il Comune. Con "Comune" si intende l'insieme delle magistrature della Repubblica, elettive, collegiali e con breve durata.

Le istituzioni giudiziarie del comune erano guidate dal Podestà, quelle del popolo dal Capitano del popolo. Esse avevano mandato semestrale, al termine del quale erano sottoposte a processo per eventuali responsabilità. Ogni cittadino poteva lamentare scorrettezze o ingiustizie subite. Il Governo vigilava sull'operato di tali magistrati senza intromettersi in alcuna questione. Il Podestà era eletto per sei mesi dal Concistoro. Era generalmente un forestiero super-partes di almeno trenta anni. Egli aveva il compito di far rispettare lo statuto quando il consiglio tendeva ad andare in contrasto con esso e presiedeva le riunioni del Consiglio Comunale.

Il Consiglio Comunale era composto da circa trecento membri tra i cittadini di almeno venti anni che avevano risieduto a Siena da almeno dieci. Era presieduto dal Podestà e aveva mandato legislativo oltre a dover approvare tutte le iniziative edilizie.

Il Governo era in mano alla Giunta dei Nove, ovvero nove magistrati bimestrali. Per tutta la durata del mandato, i Nove risiedevano nel Palazzo comunale lontano dalle famiglie e senza possibilità di contatti con l'esterno, in modo da potere al meglio svolgere le loro funzioni senza pressioni esterne o corruzione. Essi inoltre vivevano interamente a carico delle spese pubbliche.

Il Concistoro era la riunione delle massime cariche della città: i Nove, i quattro provveditori di Biccherna (ministri del tesoro), i quattro Consoli della Mercanzia ed i tre Consoli dei Cavalieri o Capitani di parte. A scadenza bimestrale, i Nove dovevano scegliere i successivi Nove durante riunioni segrete in presenza di almeno tre consoli di Mercanzia e del Capitano del Popolo. Dal 1318 in poi, la forma di elezione cambiò e i Nove furono scelti per votazioni. Il Consiglio comunale aveva il compito di selezionare e votare tra elenchi di candidati, quelli ritenuti idonei. I nomi dei più votati venivano inseriti in cedole rinchiuse in pallottole di cera da estrarre ogni due mesi. In tal modo si evitava l'accentramento di potere o il voto di scambio. Il bossolo dei “soluti” inoltre raccoglieva i nomi dei candidati utili a sostituire coloro che per motivi più svariati (morte, allontanamento) non potevano più far parte del governo.

I nobili in tale periodo non furono del tutto allontanati dalla città ma solo dal governo. Essi infatti potevano far parte del consiglio comunale, rappresentavano una parte importante della società, la ricchezza della città, e per tanto andavano rispettati.

Ai membri del governo si univano inoltre il Consiglio dei “richiesti”, che rappresentavano le élite politiche del tempo e i “somiglianti” cioè i predecessori dei Nove, dei quali si confidava nell'esperienza.

Si ebbe perciò un Consiglio allargato, cui avevano accesso tutti coloro che avevano fatto parte della giunta di governo, detto Consiglio del Popolo, i quali membri erano a vita. Questo fu il fondamento della Repubblica del '400, che assunse le caratteristiche di un Senato.

Instabilità politica[modifica | modifica wikitesto]

Il susseguirsi di gravi epidemie, insieme ad una grave crisi economica, portò la comunità senese esclusa dal governo a ribellarsi. I Nove vennero sostituiti nel 1355 da un Governo dei Dodici (dodici rappresentanti dei ceti popolari non inclusi nel raggruppamento novesco), rimasto in carica fino al 1368. Nel 1368 sorse il breve Governo dei Tredici, un sorta di dittatura nobiliare composta da dieci nobili e tre rappresentanti del popolo; rimasero in carica per pochissimo tempo: nel 1369 fu istituito il Governo dei Quindici, composto da noveschi, dodicini e Riformatori. Tale regime si connotò per un'identità marcatamente popolare che vide accedere alle magistrature i ceti subalterni. Nel 1371, si consumarono i "fatti del Bruco", che con la Rivolta di Barbicone in appoggio alla fazione radicale e ormai egemone dei Riformatori permisero un governo di soli popolari minuti. Il regime dei Riformatori durò fino al 1385 e fu rovesciato da una sommossa in cui si unirono nobili, noveschi e le frange popolari non incluse nei Riformatori. Dal 1385 al 1399 il governo di Siena fu affidato ai priori (dapprima dieci, poi undici, infine dodici).[10]

L'autonomia[modifica | modifica wikitesto]

Mezzo ducato d'oro della repubblica (1471).

Dopo una brevissima parentesi durata appena cinque anni sotto la signoria dei Visconti (1399-1404), Siena riprese la propria autonomia. Intanto, nel 1471, un trattato tra la Repubblica di Siena e la Contea di Santa Fiora sancì l'alta sovranità della prima sulla seconda[11], lasciandola comunque indipendente. Il mutato scenario quattrocentesco fece sì che anche Siena avesse la sua signoria dal 1487 al 1525, con Pandolfo Petrucci ed i suoi discendenti Borghese (1512-15), Raffaello (1515-22), Francesco (1522-23) e Fabio (1523-25). Anche questa esperienza sarà effimera e con il 1525 si registrò un ritorno alle antiche istituzioni repubblicane.

La fine della Repubblica[modifica | modifica wikitesto]

La Guerra di Siena[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra di Siena.
Monteriggioni, confine settentrionale della Repubblica di Siena.

Durante le Guerre d'Italia (1494-1559) franco-spagnole la Repubblica di Siena venne coinvolta nel conflitto che vide le due potenze contendersi la supremazia sull'Italia. Pur riuscendo a destreggiarsi abilmente nel primo periodo delle stesse, dopo la morte di Pandolfo Petrucci lo Stato entrò in una fase caratterizzata da lotte intestine e perdita di competitività commerciale, che lo portarono ad indebolirsi fortemente. Il tentativo da parte dell'Impero spagnolo (a partire dal 1540) di costituire un protettorato permanente nel territorio senese, con l'invio di una guarnigione stabile, provocò l'innalzarsi della tensione fino alla sollevazione popolare (26 luglio 1552) conseguente alla costruzione della Cittadella fortificata. I senesi aprirono le porte della città ad un esercito franco-senese, che assediò gli spagnoli nella fortezza fino alla loro cacciata dopo una mediazione dei Medici. Nel febbraio 1553 gli spagnoli ripresero le ostilità al comando di García Álvarez de Toledo y Osorio, Viceré di Napoli, che dovette ritirarsi a causa dell'invasione degli Ottomani, alleati di senesi e francesi. L'anno successivo Carlo V offrì il comando a Cosimo de' Medici, fornendogli un possente esercito formato da vari contingenti imperiali di spagnoli, tedeschi ed ungheresi, con il quale il comandante Gian Giacomo Medici di Marignano assediò Siena e saccheggiò il contado. I senesi, comandati da Piero Strozzi e Biagio di Monluc, resistettero a lungo riuscendo anche ad infliggere dure sconfitte alla coalizione imperiale, come l'annientamento dell'esercito di Ridolfo Baglioni nella Battaglia di Chiusi, le scorrerie nel viareggino e l'invasione del Val d'Arno, ma alla fine vennero sopraffatti dalla preponderante superiorità numerica avversaria per cedere nella Battaglia di Scannagallo (2 agosto). L'assedio di Siena durò altri otto mesi, con numerosi atti d'eroismo come quello del Fortino delle donne senesi, fino alla resa per fame il 17 aprile 1555. I negoziati stabilirono il rientro della Repubblica sotto le insegne imperiali, il perdono generale e la possibilità di lasciare la città per chiunque avesse desiderato farlo. L'opportunità venne colta dall'esercito, con i suoi comandanti e centinaia di uomini, che raggiunsero la Val d'Orcia ed organizzarono l'estrema difesa con l'istituzione della Repubblica di Siena ritirata in Montalcino, che resistette anche alla morte di Carlo V ed al termine delle Guerre d'Italia.

I negoziati e lo Stato Nuovo[modifica | modifica wikitesto]

Il 2 e 3 aprile 1559, dopo 65 anni di conflitto, venne firmato il Trattato di Cateau-Cambrésis, in esecuzione del quale anche l'ultimo baluardo senese costituito dal presidio di Montalcino venne consegnato, insieme al resto del territorio repubblicano, personalmente nelle mani di Cosimo de' Medici in qualità di feudo nobile. Cosimo andò quindi a guidare contemporaneamente il Ducato di Firenze (detto lo Stato vecchio) ed il Ducato di Siena (detto lo Stato nuovo), fino a quando con apposita bolla papale ottenne il titolo sovrano di Granduca, dando vita al Granducato di Toscana, all'interno del quale il Ducato di Siena sopravvisse con magistrature proprie e autonomia amministrativa fino alle riforme leopoldine di fine XVIII secolo.

Economia[modifica | modifica wikitesto]

Mappa della massima penetrazione in Europa dei banchieri senesi nel corso del XIII secolo.

La Repubblica era un importante centro commerciale: venivano prodotti grano e sale, provenienti dalla Maremma e controllati grazie ad un accordo di monopolio stipulato con gli Aldobrandeschi, vassalli di Siena, la lana e altri prodotti agricoli, come il vino.

La principale risorsa economica della città derivava dall'attività di cambiavalute e prestavalute che i banchieri svolgevano in città.

Dogana del sale[modifica | modifica wikitesto]

Le più antiche documentazione riguardanti la dogana del sale di Siena risalgono al XIII secolo. I ricavi che derivavano dal monopolio del sale costituiva una rilevante fonte di reddito per lo stato. I vari centri del contado senese ed i loro cittadini erano tenuti a rifornirsi di sale proveniente dalla Maremma senese, acquistando il bene ad un prezzo fisso. La crescita dei commerci legati alle saline di Grosseto, capaci di soddisfare le esigenze anche della vicina Perugia e delle nazioni confinanti, portò all'istituzione nel 1323 di un nuovo organismo, denominato Monte e Sale che svolgesse contemporaneamente l'amministrazione del monopolio e compiti bancari.

Dalla fine del XIV secolo parte dei proventi derivanti dal monopolio del sale vennero destinati al pagamento delle rendite sul capitale prestato dai creditori statali, in modo da affrontare il crescente indebitamento pubblico della Repubblica. Successivamente venne tentata anche un'unione delle dogane dei paschi, del biado e del sale per migliorare le capacità finanziarie statali, tuttavia già dal 1519 le varie amministrazioni tornarono divise[12].

Dogana dei paschi[modifica | modifica wikitesto]

I vasti appezzamenti di terreno da pascolo della Val di Chiana e della Maremma Senese richiamavano pastori provenienti sia da territori sotto il diretto controllo di Siena, sia dagli stati limitrofi. Per un efficiente sfruttamento delle attività di pascolo e di transumanza, il governo senese decise la creazione di un ufficio apposito, denominato Dogana dei paschi, che si occupasse della gestione del sistema di tariffe collegato all'allevamento del bestiame.

La struttura interna della Dogana dei paschi era composta da un camarlingo e nove ufficiali tra cui era eletto un capo vergaro. Quest'ultimo stanziava in Maremma, da dove dirigeva un gruppo di vergari a lui sottoposto per l'osservanza delle leggi della Repubblica ed il controllo del territorio[13].

Monte di pietà[modifica | modifica wikitesto]

Su delibera del concistoro e del consiglio generale senese, venne fondato nel 1472 il Monte di pietà. Dopo aver attraversato un difficile periodo di crisi agli albori del XVI secolo (che, secondo alcuni storici, portò l'istituzione senese all'estinzione), riprese a funzionare attivamente negli anni successivi alla caduta della Repubblica di Siena, nel 1568, allargando le sue attività bancarie nei campi dell'allevamento e dell'agricoltura. Sulle fondamenta delle attività creditizie intraprese fino a quel momento, nel 1624 venne fondato il Monte dei Paschi di Siena, mentre il Monte pio si limitò ad esercitare le attività originarie[14].

Settore minerario[modifica | modifica wikitesto]

A partire dal XII secolo l’interesse di Siena verso la ricerca mineraria aumentò, vennero scoperte nuove miniere di argento e rame e furono riattivati giacimenti abbandonati in periodo romano nella Maremma senese.
Oltre le miniere di Montieri, Siena ottenne altre miniere argentifere nei dintorni di Montebeccari nel 1177 dal conte Tedini di Frosini ed il secolo successivo quelle di Roccastrada e di Muceto dagli Aldobrandeschi.[15]

La Repubblica di Siena tuttavia non gestiva direttamente le attività estrattive per conto proprio, ma preferiva dare in appalto le miniere in modo da non far ricadere le spese sul bilancio statale. Gli interessi senesi in Maremma crebbero progressivamente nel tempo: nel 1334 il governo dei Nove inviò un suo funzionario nei territori di Grosseto e di Massa per studiare possibili interventi per il miglioramento della rete stradaria e l’anno successivo con la conquista della Repubblica di Massa, Siena poté entrare in possesso del suo ricco distretto minerario.

La peste del 1348 provocò però un violento tracollo della attività minerarie della Maremma senese che non seppe più tornare ai livelli di produzione precedenti[16].

Sistema tributario[modifica | modifica wikitesto]

Ciascun abitante della città di Siena e di alcune comunità del contado (Asciano, Montalcino, San Quirico e Buonconvento) era tenuto a presentare una dichiarazione scritta dei propri redditi in base alla quale una commissione di alliratori stabiliva il reddito imponibile d'imposta. Su tale imponibile venivano quindi applicate sia l’imposta ordinaria (che a Siena era denominata lira o libra) che le cosiddette preste, cioè prestiti forzosi straordinari che potevano gravare su tutti i cittadini oppure solo su alcune categorie (prendendo la denominazione di preste a balzi). Per razionalizzare maggiormente il sistema tributario della Repubblica di Siena e migliorare l'amministrazione del debito pubblico statale, nel 1430 venne creato il Monte comune per far confluire tutti i crediti dei cittadini per preste non ancora rimborsate dallo stato. Altre tipologie di imposte venivano invece sollevate dall'ufficio della camera del comune per finanziare l'acquisto di armamenti[17].

Tra il 1316 ed il 1320, su volontà del consiglio generale, fu condotta una attenta operazione di rilevazione di tutti i beni immobili della città di Siena e del suo contado per procedere ad una nuova tassazione basata sull'estimo catastale. Tuttavia il tentativo non fu ripetuto negli anni successivi per la sua eccessiva difficoltà amministrativa, ed il catasto senese si limitò ad annotare i passaggi di proprietà dei beni immobili[18].

Monetazione[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Monete di Siena.

La Repubblica di Siena coniò proprie monete a partire dalla seconda metà del XII secolo fino alla caduta della Repubblica di Siena riparata in Montalcino nel 1559, in seguito alla Pace di Cateau-Cambrésis.[19]

Il 2 febbraio 1180 si ebbe un accordo ufficiale tra il comune di Siena e l'arcivescovo di Magonza per la liberazione di quest’ultimo dalla prigionia del marchese Corrado di Monferrato. L'alto prelato era anche un cancelliere imperiale di Federico I e si impegnò sotto giuramento ad ottenere dall'imperatore la conferma della moneta senese, in cambio del pagamento del riscatto di 400 lire da parte della città. Questo indizio fa quindi supporre che a Siena si battesse già moneta in modo clandestino prima del 1180. Nonostante il diploma di concessione non sia mai stato rintracciato, ci viene una conferma indiretta della autorizzazione imperiale alla zecca da un documento di Enrico VI del maggio 1186 in cui veniva privata la città di Siena della possibilità di battere moneta dopo essere stata assediata (diritto poi restituito cinque mesi dopo)[20].

Zecca di Siena[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Zecca di Siena.

La zecca di Siena, denominata ufficialmente bulgano, nacque per volontà comunale tra il 1178 ed 1179. La particolare denominazione deriva dalle borse di pelle dove venivano poste le monete, chiamate “bolga”: solamente dal 1351 comparve anche sotto il nome di “zecha”. Il bulgano fu gestito inizialmente dal Comune ma dalla seconda metà del XIV secolo la conduzione fu spesso appaltata a privati[21].

Porti marittimi della Repubblica di Siena[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Porti della Repubblica di Siena.
Mappa del sistema di torri costiere della Repubblica di Siena a difesa del litorale della Maremma Senese verso la metà del XVI secolo.

Il possesso di uno “sbocco sul mare” da parte di Siena fu una naturale continuazione della sua politica espansionistica e commerciale nella Maremma Grossetana con la conquista dei porti di Talamone, Porto Ercole e Porto Santo Stefano.

Già nel XIII secolo Siena tenta di assicurarsi l’uso del porto fluviale di Grosseto. Lo scalo, spazzato via nel corso del Trecento dalla violenta piena che allontanò il corso dell’Ombrone dalla città, non ebbe di fatto mai sviluppo, anche per l’errata politica economica senese e per la mancanza di un retroterra produttivo[22].

Nel maggio del 1303, l’abate del monastero di San Salvatore frate Ranieri, giunse a Siena proponendo al governo dei Nove l’acquisto dei terreni di proprietà del monastero (anche se allora erano però occupati militarmente dai Conti di Santa Fiora) tra cui Talamone[23]. Dopo una difficile contrattazione, il 10 settembre 1303 fu firmato il contratto d’acquisto. Al prezzo di 900 fiorini d’oro il porto di Talamone, la Contrada di Valentina e Castiglion di Val d’Orcia vennero venduti alla Repubblica di Siena che poneva sotto la sua protezione anche il monastero.

A seguito all'adesione alla lega guelfa toscana, resa possibile grazie al mutamento politico imposto dai Nove che allontanò la città dall’Impero, Siena si trovò allora ad essere alleata con Firenze. Date le crescenti inimicizie esistenti verso la ghibellina Pisa, il governo fiorentino stipulò il 17 agosto 1311 un accordo con la Repubblica senese per il passaggio di tutte le loro merci via mare da Talamone[24].

Dopo nuovi scontri con i pisani per l’influenza su Lucca, Firenze rinnovò gli accordi con la Repubblica di Siena per i diritti dei mercanti fiorentini nel porto di Talamone nel 1340; situazione che si ripeté nel 1356. Tuttavia una volta firmata la pace con Pisa nel 1364, i mercanti fiorentini preferirono lasciare il più lontano porto senese in favore di quello pisano, nonostante la pressione esercitata da Siena per mantenere comunque il traffico commerciale di Firenze[25].

Nel 1379, a causa dei conflitti con pisani e genovesi per il controllo della Sardegna, i Catalani conclusero un trattato con la Repubblica di Siena per l’utilizzo del porto di Talamone, garantendo ai loro mercanti gli stessi diritti che vennero garantiti ai fiorentini, ma con dazi inferiori. Una volta che lo scalo senese venne lasciato dai Catalani, non riuscendo Siena a coprire con il commercio marittimo le spese per la difesa e le guardie, nel 1385 si decise di concedere l’affitto del porto ad una società che si occupasse pure del mantenimento delle strutture difensive[26].

Porto Ercole ed il territorio del Monte Argentario, compreso il minore Porto Santo Stefano, vennero conquistati dalla Repubblica di Siena al tempo della venuta in Toscana del re di Napoli Ladislao nel 1409.

Il ritorno dei Catalani nello scalo senese nel 1436 rappresentò un fatto positivo e, con il trattato firmato dalle parti, la Repubblica di Siena si impegnò a mantenere le strade per Grosseto in buono stato così come il ponte del porto. Il commercio poté rifiorire e l’anno successivo si registrò la visita anche del principe Alfonso d’Aragona[27].

Durante la Guerra di Siena dove si fronteggiarono gli eserciti senese e francese contro quelli fiorentino e spagnolo, assediata Siena il 2 agosto 1554 ed arresasi la città nell’aprile del 1555, rimaneva ancora da conquistarsi Porto Ercole dove il comandante francese Charles de Carbonnières, dopo aver atteso l'arrivo del maresciallo Piero Strozzi, si arrese il 18 giugno 1555[28].

I porti che furono della Repubblica di Siena per più di due secoli, divennero parte del nascente Stato dei Presidi nel 1557 per volere di Filippo II re di Spagna[29][30].

Arte[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Scuola senese.

Dal XIII secolo Siena divenne oggetto di un radicale rinnovamento. Ne furono protagonisti due grandi scultori e architetti del medioevo italiano: Nicola Pisano e il figlio Giovanni. L'intervento dei due artisti nella cattedrale riuscì a combinare in un'unica struttura lo stile romanico con il gotico.
In seguito venne ammodernata tutta la città, che, alla fine del XV secolo, appariva come una splendida città rinascimentale.[31]

In campo pittorico fiorì la Scuola senese: Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, Domenico e Taddeo di Bartolo, Stefano di Giovanni, Matteo di Giovanni.[32]

Stemma[modifica | modifica wikitesto]

Simboli patri della Repubblica di Siena: (da sinistra) lo stemma della Repubblica, la Balzana del Comune e lo stemma del Capitano del Popolo.

L'arme della repubblica, diversa dallo stemma della città di Siena, era uno scudo azzurro che riportava la scritta Libertas, colorata in oro, disposta in senso obliquo[33].

Oltre all'attuale stemma comunale della Balzana senese, vari altri simboli rappresentarono la città, ad esempio il leone argento in campo rosso simbolo del Popolo (inizialmente arma del vescovo oppure, secondo altri autori, ripreso dal sigillo della parte guelfa, dov'era rappresentato armato di spada e illeopardito,[34][35] simbolo spesso presente insieme all'emblema del comune medievale), attuale emblema della Provincia; lo stemma azzurro con il motto Libertas, usato anche in molte altre città italiane nei periodi di regime repubblicano; un ultimo simbolo cittadino (la cui prima rappresentazione si ha nel ciclo degli affreschi del “Buon Governo” del 1338-1340) s'ispira alle leggendarie origini romane della città ed è la lupa che allatta Ascanio e Senio; del 1344 è un pagamento per l'incisione della lupa sul sigillo comunale.[35][36][37]

Tutti i simboli elencati appaiono sulla copertina di un registro della Camera del Comune del 1528; su questa tavoletta è infatti dipinta la lupa allattante i due gemelli, uno dei quali impugna un'asta sulla cui sommità vi è la balzana in forma di stendardo, al di sopra della lupa vi è uno scudo interzato in palo in cui a partire dalla destra araldica vi sono lo stemma della Repubblica, quello del Comune e quello del Popolo.[38]

Cronologia dell'espansione della Repubblica di Siena[modifica | modifica wikitesto]

Estensione territoriale della Repubblica di Siena dalla sua nascita fino al 1559.

Perdita dei territori di Massa Marittima, Monterotondo, Monticiano e Murlo.

Perdita dei territori orientali di Torrita di Siena e Radicondoli

  • 1555: Resa della città di Siena, la nobiltà senese si ripara in Montalcino nell'ultimo tentativo di resistenza della Repubblica di Siena.

Perdita di Porto Ercole

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Vincenzo Buonsignori, Storia della repubblica di Siena esposta in compendio, vol. 2, Siena, G. Landi, 1856.
  2. ^ Mario Ascheri, Storia di Siena dalle origini ai giorni nostri, Edizioni Biblioteca dell'Immagine, 2013.
  3. ^ L. Fusai, p. 423.
  4. ^ a b c Cronologia storico-politica della repubblica di Siena, su ilpalio.siena.it. URL consultato il 23 luglio 2010.
  5. ^ (EN) Grosseto, su Catholic Encyclopedia, newadvent.org. URL consultato il 30 marzo 2023.
  6. ^ Siena da Montaperti alla caduta dei Nove, su storia.unisi.it, Università degli Studi di Siena. URL consultato il 23 luglio 2010 (archiviato dall'url originale il 14 luglio 2014).
  7. ^ L. Fusai, p. 430.
  8. ^ Fabrizio Gabrielli, Il 10 febbraio 1287 inizia l'era del Governo dei Nove, che in circa 60 anni cambierà il volto alla città intera., su ricordidipalio.org, 10 febbraio 2017. URL consultato il 30 marzo 2023.
  9. ^ Cronologia storico-politica della Repubblica di Siena, su ilpalio.siena.it. URL consultato il 30 marzo 2023.
  10. ^ Cenni di storia di Siena, su ilpalio.org. URL consultato il 30 marzo 2023.
  11. ^ Repetti, Voce Santa Fiora, p. 151; Caciagli, p. 140
  12. ^ Archivio di Stato di Siena - Dogana del sale (PDF), su maas.ccr.it.
  13. ^ Archivio di Stato di Siena - Dogana dei Paschi (PDF), su maas.ccr.it.
  14. ^ Archivio di Stato di Siena - Monte di pietà (PDF), su maas.ccr.it.
  15. ^ LUCIANO BANCHI, I PORTI DELLA MAREMMA SENESE DURANTE LA REPUBBLICA, in Archivio Storico Italiano, vol. 11, 2 (58), 1870, pp. 73–106. URL consultato il 30 marzo 2023.
  16. ^ B. Paolozzi Strozzi, G. Toderi, F. Toderi, Le monete della Repubblica Senese, Monte dei Paschi di Siena, Milano, 1992, p. 71.
  17. ^ Archivio di Stato di Siena - Lira, preste e Monte comune (PDF), su maas.ccr.it.
  18. ^ Archivio di Stato di Siena - Estimo (PDF), su maas.ccr.it.
  19. ^ Le monete della Repubblica senese, su silvanaeditoriale.it, Silvana Editoriale. URL consultato il 30 marzo 2023.
  20. ^ B. Paolozzi Strozzi, G. Toderi, F. Toderi, Le monete della Repubblica Senese, Monte dei Paschi di Siena, Milano, 1992, p. 18.
  21. ^ B. Paolozzi Strozzi, G. Toderi, F. Toderi, Le monete della Repubblica Senese, Monte dei Paschi di Siena, Milano, 1992, p. 20.
  22. ^ Porto fluviale di Grosseto, su regione.toscana.it.
  23. ^ Luciano Banchi, I porti della Maremma senese durante la repubblica narrazione storica con documenti inediti di Luciano Banchi, Tipografia Galileiana di M. Cellini, Firenze, 1871, p. 17.
  24. ^ Luciano Banchi, I porti della Maremma senese durante la repubblica narrazione storica con documenti inediti di Luciano Banchi, Tipografia Galileiana di M. Cellini, Firenze, 1871, p. 32
  25. ^ Luciano Banchi, I porti della Maremma senese durante la repubblica narrazione storica con documenti inediti di Luciano Banchi, Tipografia Galileiana di M. Cellini, Firenze, 1871, pp. 54-58.
  26. ^ Storia di Talamone, su tuttomaremma.com-IT. URL consultato il 15 agosto 2017.
  27. ^ Siena nell'Enciclopedia Treccani, su treccani.it-IT. URL consultato il 15 agosto 2017.
  28. ^ Gualtiero Della Monaca, La presa di Porto Ercole (PDF), Edizione Costa d'Argento, 2010, p. 216. URL consultato il 21 febbraio 2018 (archiviato dall'url originale il 27 ottobre 2016).
  29. ^ Aprile 1555: guerra e conquista di Siena (lo Stato di Siena «è mio et a me s’appartiene in tutto…»), su storiadifirenze.org, « Storia di Firenze ». URL consultato il 15 agosto 2017.
  30. ^ Presidi, Stato dei nell'Enciclopedia Treccani, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 15 agosto 2017.
  31. ^ La scuola senese del Trecento: Duccio, Simone Martini, i Lorenzetti, su finestresullarte.info. URL consultato il 30 marzo 2023.
  32. ^ Scuola senese | Arte in Toscana, su travelingintuscany.com. URL consultato il 30 marzo 2023.
  33. ^ il Corteo storico ... Siena, su iltesorodisiena.net, Il Tesoro di Siena. URL consultato il 16 agosto 2008.
  34. ^ Cignoni, pp. 690-691.
  35. ^ a b Ceppari Ridolfi, p. 126.
  36. ^ La Toscana e i suoi comuni, p. 375.
  37. ^ Savorelli, p. 137.
  38. ^ Ceppari Ridolfi, pp. 125-6.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Emanuele Repetti, Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana, vol. 5, 1843.
  • Vincenzo Buonsignori, Storia della repubblica di Siena, Vol. 1 e 2, Sala Bolognese, Arnaldo Forni, 1856.
  • William M. Bowsky, Le finanze del Comune di Siena, 1287-1355, La Nuova Italia, 1976.
  • Giuseppe Caciagli, I feudi medicei, Pacini, 1980.
  • Mario Ascheri, Siena nel Rinascimento: Istituzioni e sistema politico, Siena, Il Leccio, 1985.
  • William M. Bowsky, Un comune italiano nel medioevo, Siena sotto il regime dei Nove (1287-1355), Bologna, Il Mulino, 1986.
  • Mario Ascheri, Antica Legislazione della Repubblica di Siena, Siena, Il Leccio, 1993.
  • Odile Redon, Lo spazio di una città, Siena e la Toscana meridionale (secoli XIII - XIV), Roma, Viella, 1999.
  • Langton Douglas, Storia Politica e Sociale della Repubblica di Siena, Betti, 2000, ISBN 88-86417-51-9.
  • Luca Fusai, La storia di Siena dalle origini al 1559, Siena, Il Leccio, 2002.
  • Daniel Waley, Siena e i senesi nel XIII secolo, Siena, Nuova Immagine, 2003.
  • Ettore Pellegrini, La caduta della Repubblica di Siena, NIE, 2007, ISBN 88-7145-248-8.

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