Sardina pilchardus

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Sardina

Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Superclasse Gnathostomata
Classe Actinopterygii
Ordine Clupeiformes
Famiglia Clupeidae
Genere Sardina
Specie S. pilchardus
Nomenclatura binomiale
Sardina pilchardus
(Walbaum, 1792)
Sinonimi

Alosa pilchardus, Arengus minor, Clupanodon sardina, Clupea harengus pilchardus, Clupea laticosta, Clupea pilchardus, Clupea pilchardus sardinia, Clupea sardina, Sardina dobrogica, Sardina pilchardus sardina

Sardina pilchardus (Walbaum, 1792) nota in italiano come sardina o bianchetto (per le forme giovanili)[2] è un pesce osseo marino della famiglia dei Clupeidae e di grande interesse economico. È l'unica specie del genere Sardina.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Si rinviene nell'Oceano Atlantico orientale tra l'Islanda (rarissima) ed il Senegal; di solito non è presente più a settentrione del mar del Nord. È comune nel mar Mediterraneo (soprattutto la parte occidentale e l'Adriatico),[3] è invece rara nel mar Nero e nel mar d'Azov.[4] È una tipica specie pelagica che vive in acque aperte senza alcun contatto con il fondale e si può trovare sia lontano dalle coste sia, soprattutto durante la buona stagione, in acque basse e costiere. D'inverno si trova a profondità fino a 180 metri.[5]

Morfologia[modifica | modifica wikitesto]

Esemplari fotografati in Sardegna

La sardina è spesso associata all'acciuga sia come stile di vita che come modalità di consumo e, talvolta, confusa con essa dal consumatore inesperto. In realtà le due specie di clupeiformi appartengono a famiglie diverse e hanno aspetto completamente differente. La sardina ha corpo affusolato ma più alto e più compresso lateralmente rispetto all'acciuga e sul ventre ha una fila di scaglie rigide ed appuntite (scutelli) che però non formano una vera carena, come avviene nello spratto. La testa è appuntita, con occhio piuttosto grande ricoperto da una palpebra adiposa simile a quella presente nella cheppia, nel cefalo comune o nel lanzardo. La bocca è grande (arriva sotto l'occhio), rivolta in alto, e la mandibola inferiore è più lunga della superiore. I denti sono minuscoli. Sull'opercolo branchiale sono presenti delle carene ossee disposte a ventaglio. Le scaglie sono grandi e vengono perdute facilmente al semplice contatto. Le pinne non hanno raggi spinosi.

La pinna dorsale, breve, è posta alla metà del corpo; la pinna anale è molto più arretrata, quasi sul peduncolo caudale, è più lunga e bassa, con i due raggi più posteriori ingrossati e più lunghi degli altri. Le pinne pettorali sono abbastanza grandi, inserite molto in basso, vicino al bordo ventrale; le pinne ventrali sono sulla verticale del centro della dorsale (a differenza che nello spratto in cui sono poste sotto l'origine della dorsale). La pinna caudale è biloba.[4][5][6][7] Il colore dell'animale vivo è verdastro o azzurro iridescente sul dorso, argenteo sui fianchi e biancastro sul ventre. Lungo la parte dorsale dei fianchi sono allineate alcune macchioline nere, spesso poco visibili.[6][7] Raggiunge i 27 cm di lunghezza nel Mediterraneo occidentale e i 30 cm nell'Atlantico,[4] la lunghezza comune è di 15–20 cm.[7]

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

È una specie gregaria in ogni stadio vitale che forma banchi molto fitti e disciplinati, composti da centinaia o migliaia di individui. Le sardine si riuniscono in banchi assieme ad individui di altre specie di taglia simile come acciughe, altri Clupeidae e perfino giovanili di tonno rosso e palamita. Effettua migrazioni nictemerali: di giorno si mantiene in genere in acque profonde (25–55 m), spostandosi verso la superficie durante la notte (15–35 m).[5] La durata massima della vita è di 5 anni nel mar Mediterraneo e può raggiungere i 14 nell'Atlantico.[4]

La sardina si nutre esclusivamente di plancton, soprattutto zooplancton e in particolare crostacei copepodi del genere Calanus. Le larve invece consumano soprattutto fitoplancton. Si alimenta nelle ore diurne, soprattutto serali, ma non di notte.[4] Non è un filtratore come altri Clupeidae ma dà la caccia alle singole prede.[5]

Si riproduce tutto l'anno con un massimo in inverno. Le uova sono pelagiche e ogni femmina ne può deporre fino a 80 000. Le larve si schiudono dopo qualche giorno: sono trasparenti e hanno la pinna dorsale molto arretrata. A 3–4 cm prendono la colorazione adulta e vengono chiamate gianchetti o bianchetti. La maturità sessuale è raggiunta a 1 o 2 anni di età.[4].

Pesca[modifica | modifica wikitesto]

Alcuni esemplari pescati

Questa specie ha un'elevatissima importanza per la pesca commerciale mediterranea e dell'Europa meridionale atlantica. Viene catturata soprattutto con la rete da circuizione denominata ciànciolo in cui i banchi vengono attratti con l'ausilio di potenti luci. Talvolta vengono utilizzate reti da posta derivanti (menaide).[5][6]

È oggetto, soprattutto nel Mar Adriatico, di sovrapesca. Si stima che la sola flotta di Chioggia in estate rigetti in mare tra le 6 e le 9 tonnellate al giorno di sardine e acciughe morte, per ogni coppia di navi, a causa del prezzo di mercato non remunerativo. Gli stock ittici si sono notevolmente ridotti nell'arco degli ultimi decenni.[8]

In cucina[modifica | modifica wikitesto]

Per le sue qualità viene consigliata dai nutrizionisti nella dieta mediterranea e dai cardiologi nella prevenzione delle cardiopatie specie nelle persone affette da ipercolesterolemia, in quanto particolarmente ricca di acidi grassi essenziali omega 3[9].

Teglia di sarde ripiene impanate e fritte.

Sono l'alimento più ricco di EPA e DHA (2.35 e 1.73 per 100 mg di prodotto fresco), ma anche di acido arachidonico[10][11].

È molto usata a Palermo e nel resto della Sicilia per preparare la famosa ricetta della pasta con le sarde alla palermitana oppure la sarda a beccafico. Oppure, quando le carni sono fresche, la sarda viene marinata. La marinatura può essere fatta in aceto di vino rosso o limone. È molto apprezzata anche fritta panata nella farina di grano duro o arrostita alla brace.

In Romagna, in particolare nella zona di Cervia, è usata per la ricetta delle sarde in cotoletta, in cui le sarde, dopo essere state private delle lische, vengono dapprima bagnate nell'uovo sbattuto, poi ricevono una doppia panatura a base di pangrattato o di un misto di farine di grano e mais e, infine, vengono fritte nell'olio d'oliva. Possono essere servite con zucchine e melanzane arrostite.[12]

In Veneto è usata per la ricetta delle sarde in saor, piatto tipico veneziano con cipolle cotte nell'aceto uvetta e pinoli;[13] in provincia di Treviso vi è la sagra la festa dea sardea.

In Liguria le sardine sono la base delle tradizionali sarde ripiene, costituite da filetti di sardina farciti con un impasto a base di ortaggi da foglia quali lattuga, bietole o spinaci[14].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Tous, P., Sidibé, A, Mbye, E., de Morais, L., Camara, Y.H., Adeofe, T.A., Munroe, T., Rossi, K., Renzioti, K., Comunisty, R., Comurossy, A. & Sylla, M.,2015, Sardina pilchardus, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ Decreto Ministeriale n°19105 del 22 settembre 2017 - Denominazioni in lingua italiana delle specie ittiche di interesse commerciale, su politicheagricole.it. URL consultato il 29 gennaio 2020 (archiviato il 15 novembre 2019).
  3. ^ (EN) (EN) Sardina pilchardus, su FishBase. URL consultato il 03.07.2014.
  4. ^ a b c d e f * Enrico Tortonese, Osteichthyes, Bologna, Calderini, 1975.
  5. ^ a b c d e * Bombace G., Lucchetti A., Elementi di biologia della pesca, Edagricole, 2011, ISBN 978-88-506-5370-6
  6. ^ a b c * Francesco Costa, Atlante dei pesci dei mari italiani, Milano, Mursia, ISBN 88-425-1003-3.
  7. ^ a b c * Patrick Louisy, Guida all'identificazione dei pesci marini d'Europa e del Mediterraneo, a cura di Trainito, Egidio, Milano, Il Castello, 2006, ISBN 88-8039-472-X.
  8. ^ Ocean Inquirer issue 4 | Greenpeace EU Unit, su greenpeace.org. URL consultato il 29 novembre 2012 (archiviato il 10 dicembre 2012).
  9. ^ Agata Deppieri, Sardina: è saporita, costa poco, fa bene alla salute e anche all'ambiente, su Il Fatto Alimentare, 5 aprile 2011. URL consultato il 9 luglio 2018 (archiviato il 9 luglio 2018).
  10. ^ (EN) Bridget Coila, Fish Containing Highest Levels of EPA & DHA, su LIVESTRONG.COM. URL consultato il 9 luglio 2018 (archiviato il 9 luglio 2018).
    «Pacific sardines have 740 mg of DHA and 450 mg of EPA in a serving, more than 1 g of fatty acids combined.»
  11. ^ Omega 3 sardine, su 3omega3.it. URL consultato il 9 luglio 2018 (archiviato dall'url originale il 9 luglio 2018).
    «DHA»
  12. ^ Claudia Campagna, Rcetta delle Cotolette di Sarda con verdure marinate, su Romagna a Tavola, 1º novembre 2020. URL consultato il 6 giugno 2023.
  13. ^ Ricetta Sarde in saor, su GialloZafferano.it. URL consultato il Oct 19, 2016.
  14. ^ Acciughe ripiene, su cucinagenovese.it. URL consultato il 9 luglio 2018 (archiviato dall'url originale il 9 luglio 2018).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Costa F. Atlante dei pesci dei mari italiani Mursia 1991 ISBN 88-425-1003-3
  • Louisy P., Trainito E. (a cura di) Guida all'identificazione dei pesci marini d'Europa e del Mediterraneo. Milano, Il Castello, 2006. ISBN 88-8039-472-X

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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