Spagna romana

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Spagna
Informazioni generali
Nome ufficiale(LA) Hispania
CapoluogoTarraco (Hispania Citerior), e
Corduba (Hispania Ulterior);
poi Emerita Augusta (Merida)
Dipendente daRepubblica romana
Impero romano
Suddiviso inSpagna citeriore, Spagna ulteriore
Amministrazione
Forma amministrativaProvincia romana
GovernatoriGovernatori romani della Hispania
Evoluzione storica
Inizio206 a.C.[1]
Causaseconda guerra punica
Fineinizi del V secolo
Causainvasioni barbariche del V secolo
Preceduto da Succeduto da
Spagna cartaginese Regno dei Visigoti e regno dei Suebi
Cartografia
La conquista dell'Iberia e la formazione, via via, delle provincie romane

Per Spagna romana (Hispania) si intende quel periodo storico in cui la penisola iberica passò sotto controllo romano.

Espulsi i Cartaginesi dalla costa mediterranea occupata della Hispania nel corso della seconda guerra punica (206 a.C.), Roma fondò la nuova provincia[1] e iniziò una lenta occupazione della penisola, che si prolungò per buona parte del II secolo a.C. Le province iberiche vennero, infatti, interessate da una serie di rivolte e azioni di conquista, che comportarono frequentemente l'invio di eserciti guidati dai consoli.

Nei primi decenni dell'occupazione infatti i romani si trovarono di fronte alla guerriglia scatenata dal capo lusitano Viriato, che culminò con la presa della città celtibera di Numanzia (133 a.C.). Solo al termine di tali eventi bellici (a cavallo fra la fine del II e i primi anni del I secolo a.C.), che successivamente si salderanno con le guerre civili della tarda età repubblicana, combattute in parte in Iberia, il potere romano sulle due province poté considerarsi pienamente consolidato (anche se si estenderà a tutta la penisola solo dopo l'assoggettamento dei Cantabri in età augustea).

L'occupazione romana culminò con la creazione delle province hispaniche. Il nome deriva dal termine di probabile origine fenicio Hispania o Ispania, che significa terra di conigli. Appare in letteratura e in storiografia fin dalla tarda età repubblicana: anche Tito Livio utilizza i termini di Hispania e di Hispani (o Hispanici) per designare il territorio iberico e i popoli che lo abitavano.

Diede i natali agli imperatori: Traiano, Adriano, e Teodosio I e vi nacquero anche alcuni importanti scrittori (fra cui Seneca e Marziale). Dopo quasi sette secoli di dominazione romana, l'Hispania assorbì la cultura latina, adottandone la lingua, costumi e leggi.

Statuto[modifica | modifica wikitesto]

La nuova provincia di Hispania venne fondata secondo lo storico francese André Piganiol, nel 206 a.C..[1]

La stessa fu divisa in Hispania Citerior (Spagna citeriore) e la Hispania Ulterior (Spagna ulteriore) furono due province romane con capitali, rispettivamente, Tarragona e Cordova, nel 197 a.C., dopo pochi anni dalla fine della seconda guerra punica. Erano separate da una linea di demarcazione che dalla città di Carthago Nova (Cartagena), o dalle sue immediate vicinanze, attraverso la meseta, raggiungeva i Pirenei occidentali. Era dunque una frontiera che si discostava alquanto da quella precedentemente delimitata dal fiume Ebro, che aveva costituito il limite all'espansione cartaginese in Spagna, fissato con il trattato del 226 a.C.[2]

Sotto Ottaviano Augusto, nel 27 a.C. le due province furono abolite e i territori spagnoli furono suddivisi nelle tre nuove province di Lusitania (Lusitania), Betica (Hispania Baetica) e Tarraconense (Hispania Tarraconensis). Capitali delle tre province erano, rispettivamente, Emerita Augusta, Corduba e Tarraco.

Agli inizi del III secolo l'imperatore Caracalla fece una nuova divisione che però durò poco tempo. Separò l'Hispania Citerior in due nuove porzioni, creando le nuove province di Provincia Hispania Nova Citerior e Asturiae-Calleciae. Nel 238 fu ristabilita la provincia Hispania Tarraconensis.

Nell'epoca degli imperatori-soldati, nel corso del terzo secolo d.C., la Hispania Nova, la parte nordoccidentale della Spagna, fu distaccata dalla Hispania Tarraconensis, e divenne una piccola provincia. Nella tarda Antichità con la riforma di Diocleziano si formò la diocesi Hispaniae, governata da un vicario, sottoposto al prefetto del pretorio delle Gallie, con capitale Emerita Augusta, che comprendeva le cinque province iberiche peninsulari, Baetica, Gallaecia e Lusitania, queste tre sotto un governo consolare, Hispania Carthaginiensis e Hispania Tarraconensis, queste ultime due rette da un praeses, le Isole Baleari e la Mauretania Tingitana.

EVOLUZIONE DELLE PROVINCE DELLA HISPANIA ROMANA
prima della conquista romana
dal 206 a.C.
Asturi e Cantabri
Celtiberi, Carpetani
e Vaccei
Turduli e Celtici
Lusitani, Vettoni
e Calleci
dal 197 a.C.
Asturi e Cantabri
Celtiberi, Carpetani
e Vaccei
Turduli e Celtici
Lusitani, Vettoni
e Calleci
dal 133 a.C.
Asturi e Cantabri
dal 19 a.C.
dal 212 d.C.
Hispania Baetica
Hispania Lusitania
dal 238 d.C.
Hispania Tarraconensis
Hispania Baetica
Hispania Lusitania
dal 293 d.C.
Hispania Tarraconensis
Hispania Baetica
Hispania Lusitania

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Tra Iberi e Celti[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Protostoria della penisola iberica.
Lo stesso argomento in dettaglio: Celtiberi, Lusitani e Iberi.

Quando i Romani arrivarono, nel secondo secolo a.C., la popolazione indigena della penisola iberica, di origine basca si era mescolata per quasi sedici secoli con popolazioni di origine celtica, provenienti dalla Gallia, formando così una nuova popolazione (Celtiberi), con una cultura (celtiberica) tipica della Spagna pre-romanizzata.

Occupazione cartaginese[modifica | modifica wikitesto]

Popoli dell'antica Spagna attorno al 300 a.C., prima della conquista cartaginese
Lo stesso argomento in dettaglio: Cartagine e Spagna cartaginese.
  • 236 a.C. - il generale cartaginese Amilcare Barca sbarca in Iberia con le sue armate attraverso Cadice.[3]
  • 228 a.C. - Amilcare Barca morì in battaglia. Gli successe nel comando delle armate cartaginesi in Iberia il genero, Asdrubale, il quale ampliò le conquiste con abili azioni diplomatiche, consolidando poi il tutto con la fondazione di Nova Carthago, divenuta ora capitale della nuova provincia.
  • 226 a.C. - Asdrubale, ora sufficientemente indipendente da Cartagine, siglò il trattato dell'Ebro con Roma, il quale fissava al fiume Ebro i limiti tra le due potenze mediterranee. Le condizioni del trattato indicavano che Cartagine non poteva espandersi a nord del fiume, Roma invece a sud.[4]
  • 221 a.C. - Asdrubale fu ucciso da un celta. È Annibale a succedergli. Era il maggiore dei figli di Amilcare Barca. Fu acclamato dalle truppe e riconosciuto poco più tardi dallo stesso Senato cartaginese.[5]
  • 220 a.C. - Annibale conquistò la capitale dei Vaccei, Helmantica (Salamanca) oltre a Arbucala (Zamora).[5][6]
  • 219 a.C.
    • Annibale sconfisse un esercito di Vaccaei, Olcadi e Carpetani, riuscendo così a completare la sua conquista della Spagna a sud dell'Ebro, con l'eccezione della città di Sagunto.[5]
    • Poco dopo iniziò l'assedio di Sagunto. La città richiese l'aiuto di Roma, inviando ambasciatori per chiedere la sua protezione, senza però che ciò distogliesse Annibale dai suoi propositi.[5]

Inizio della conquista romana (218 - 205 a.C.)[modifica | modifica wikitesto]

Le legioni romane invasero la Spagna nel 218 a.C., ma la penisola fu conquistata per intero solo in epoca augustea, nel primo secolo a.C. Fino ad allora, buona parte delle popolazioni della Spagna restarono autonome e libere (Iberi e Celtiberi). Tutto cominciò con lo scoppio della seconda guerra punica:

Conquiste romane in Iberia a danno dei Cartaginesi.
  • 216 a.C.
    • I due Scipioni cominciarono a colpire i possessi dei Barcidi in Iberia e nelle isole Baleari, reclutando truppe ausiliarie indigene e consolidando le loro posizioni a nord dell'Ebro. Incoraggiarono, poi, anche le tribù iberiche alleate dei Romani a compiere per loro conto attacchi contro i possedimenti cartaginesi a sud dell'Ebro.
    • Asdrubale spese l'anno a sottomettere le tribù dell'Iberia, con sforzi limitati nei confronti dei Romani.
  • 215 a.C.
    • I Romani posero l'assedio ad Ibera, una piccola città alleata di Cartagine. Frattanto Asdrubale decise di contrattaccare le postazioni romane, marciando a nord dell'Ebro, assediando quindi la città alleata dei Romani, Dertosa. Gli Scipioni, allora, abbandonarono il loro assedio e mossero per combattere Asdrubale, riuscendo a batterlo nella battaglia di Dertosa.[8]
    • I Romani allora riuscirono a rioccupare Sagunto, penetrando in profondità in Spagna.
  • 212 a.C. - I Romani e gli alleati Edetani invasero la Turboletania, assaltando la capitale Turba e radendola al suolo, vendendo poi tutti i suoi abitanti come schiavi.[9]
  • 211 a.C.
  • 210 a.C.
  • 209 a.C. - I Cartaginesi divisero la loro armata in tre parti, dando così la possibilità ai Romani di batterli separatamente, uno alla volta.
  • 208 a.C.
    • Scipione mosse per primo contro Asdrubale, la cui forze avevano svernato presso Baecula, e qui riuscì a sconfiggerlo, infliggendogli numerose perdite.[8]
    • Dopo questa battaglia, Asdrubale condusse la sua armata in Gallia, attraverso i passi dei Pirenei, per poi raggiungere l'Italia per ricongiungersi alle forze del fratello Annibale.
    • Scipione si ritirò per l'inverno a Tarraco, assicurandosi l'alleanza della maggior parte delle genti iberiche, che passarono dalla sua parte dopo la recente vittoria.
  • 207 a.C.
    • Rinforzi cartaginesi sbarcarono in Iberia sotto Annone, e si unirono a Magone Barca. Misero così insieme una potente armata, reclutando anche soldati tra i Celtiberi.
    • Asdrubale Giscone avanzò con la sua armata da Gades fino all'Andalusia.
    • Scipione intanto mandò distaccamenti sotto Silano a colpire per primi Magone. Riuscendo a colpire in modo tanto inaspettato, Silano prese l'accampamento cartaginese, disperdendo l'armata celtibera di Magone e catturando Annone.
  • 206 a.C.
    • Scipione ottenne una vittoria schiacciante ad Ilipa (nei pressi di Siviglia), distruggendo le armate cartaginesi comandate da Asdrubale e Magone. Le conseguenze furono la definitiva evacuazione della Spagna da parte dei Cartaginesi.[8]
    • Cadice si arrese poco dopo senza combattere.
  • 205 a.C. - Gli esausti Turboleti chiesero la pace, in cambio il Senato di Roma li costrinse a pagare una grossa somma agli abitanti sopravvissuti di Sagunto.
  • 202 a.C. - Finisce la seconda guerra punica che vide la sconfitta di Annibale a Zama da parte di Scipione.[8]
  • 200 a.C. - Il poeta latino Quinto Ennio menziona, per la prima volta, l'uso della parola Hispania per indicare la penisola iberica (derivante da un nome punico).

Consolidamento del dominio romano (197 - 102 a.C.)[modifica | modifica wikitesto]

La prima divisione della Spagna romana in Hispania Citerior e Hispania Ulterior (nel 196 a.C.).
Lo stesso argomento in dettaglio: Hispania Citerior e Hispania Ulterior.
Lo stesso argomento in dettaglio: Guerre celtibere.
La penisola iberica nel 156 a.C., alla vigilia della guerra lusitana e di quella numantina.
La penisola iberica nel 100 a.C..

Guerre civili e fine della Repubblica (83-31 a.C.)[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerre civili romane.
La penisola iberica nel 50 a.C. prima della guerra civile tra Cesare e Pompeo.
La penisola iberica nel 45 a.C. al tempo della guerra civile tra Cesare e Pompeo.

Le guerre civili comportarono il coinvolgimento delle popolazioni locali e in seguito il mutamento della politica romana, che da un regime di sfruttamento passò a favorire l'integrazione: ai personaggi più influenti, e progressivamente al resto degli abitanti liberi della Hispania, venne concessa la cittadinanza romana e vennero fondati municipi e colonie.

Periodo imperiale (29 a.C. - 409 d.C.)[modifica | modifica wikitesto]

Spagna romana durante il periodo delle guerre cantabriche (29-19 a.C.).
Lo stesso argomento in dettaglio: Tarraconense, Betica e Lusitania.

«Infine vi fu l'assedio del monte Medullio. I Romani dopo aver circondato il luogo con un fossato lungo 15 miglia, attaccarono contemporaneamente da ogni parte, ma i barbari che si erano accorti che era giunta la loro fine, si uccisero a gara con il fuoco, con il ferro delle armi, banchettando con il veleno...»

La Spagna romana nel 293 dopo la riforma tetrarchica.

Fine della Spagna romana[modifica | modifica wikitesto]

La Spagna nel V secolo, con le popolazioni vandaliche di Asdingi (nel nord-ovest) e Silingi (nel sud).

Il 31 dicembre 406 Vandali (suddivisi in Asdingi e Silingi), Alani e Svevi invasero la Gallia varcando il fiume Reno. È possibile che questa invasione fosse stata scatenata dalla migrazione degli Unni nella grande pianura ungherese, avvenuta tra il 400 e il 410; infatti Vandali, Alani e Svevi vivevano proprio nella zona dove si sarebbero insediati gli Unni, e la minaccia unna potrebbe averli spinti a invadere la Gallia.[34] L'invasione della Gallia e la debolezza manifestata dal governo di Onorio, spinse le legioni britanniche a rivoltarsi acclamando imperatore prima un certo Marco, poi, alcuni mesi dopo, un certo Graziano e poi, dopo il rifiuto di questi di intervenire contro i Barbari, il generale Flavio Claudio Costantino.[35] Questi, attraversata la Manica, riuscì a bloccare temporaneamente l'avanzata dei barbari e a prendere il controllo di gran parte dell'Impero: Gallia, Spagna e Britannia.[35]

Costantino III, quindi, elevò al rango di Cesare suo figlio Costante, mentre in Spagna due parenti di Onorio si rivoltarono, rifiutandosi di riconoscere l'autorità dell'usurpatore e mettendo insieme un'armata che minacciava di invadere la Gallia e deporlo.[35][36] Costantino III inviò dunque suo figlio Costante, insieme al generale Terenzio e al prefetto del pretorio Apollinare, nella penisola iberica per sedare la rivolta.[35] Nonostante ai soldati ribelli si fossero aggiunti un'immensa massa di schiavi e contadini, l'esercito di Costante riuscì a sedare la rivolta e a catturare i capi dei ribelli (Vereniano e Didimio, parenti di Onorio), e li condusse prigionieri in Gallia da suo padre, dove furono giustiziati.[35][36][37]

Costante, nel frattempo, aveva lasciato incautamente il generale Geronzio in Spagna con le truppe galliche affidandogli il compito di sorvegliare i Pirenei, sostituendo dunque con truppe di origini barbariche (gli Honoriaci) i presidi locali che un tempo sorvegliavano i passi.[35][36] Quando dunque Costante ritornò in Spagna per la seconda volta per governarla come Cesare, Geronzio per brame di potere si rivoltò proclamando a sua volta imperatore un tale Massimo.[35][37] Sembra inoltre aver incitato i barbari che erano in Gallia a invadere la Gallia meridionale in modo da tenere occupato Costantino III; tale tentativo di sfruttare i barbari per vincere la guerra civile contro Costantino III risultò tuttavia controproducente e negli ultimi mesi del 409 i Vandali, gli Alani e Svevi, a causa del tradimento o della negligenza dei reggimenti Honoriaci a presidio dei Pirenei, entrarono in Spagna, sottomettendola per la massima parte.[35][36][37][38] Secondo Kulikowsky, tuttavia, nel periodo 409-410 i Barbari si limitarono a saccheggiare le campagne, non essendo in grado di prendere le città, e l'amministrazione romana, seppur sotto il controllo dell'usurpatore Massimo, continuò a funzionare: ne sarebbe la prova il fatto che nel resoconto apocalittico dei saccheggi dei barbari in Spagna che si può leggere nella cronaca di Idazio, si afferma che nelle città le popolazioni erano afflitte dall'"esattore tiranno" e dal "soldato vorace", cioè funzionari romani.[39]

Solo quando l'usurpatore Massimo e il suo comandante Geronzio decisero di invadere la Gallia per detronizzare Costantino III, i barbari approfittarono della partenza dell'esercito romano dalla Tarraconense per impossessarsi stabilmente del territorio invaso spartendoselo tra di loro (411):[40]

«[I barbari] si spartirono tra loro i vari lotti delle province per insediarvisi: i Vandali [Hasding] si impadronirono della Galizia, gli Svevi di quella parte della Galizia situata lungo la costa occidentale dell'Oceano. Gli Alani ebbero la Lusitania e la Cartaginense, mentre i Vandali Siling si presero la Betica. Gli spagnoli delle città e delle roccaforti che erano sopravvissuti al disastro si arresero in schiavitù ai barbari che spadroneggiavano in tutte le province.»

Secondo Procopio, storico vissuto nel VI secolo, i Barbari avrebbero avuto il riconoscimento dell'occupazione dei territori da parte di Roma, mentre al contrario Orosio, vissuto all'epoca dei fatti, afferma esplicitamente che l'occupazione fu illegale. Tra le due testimonianze discordanti, Heather[41] propende a dare credito a quella di Orosio, in quanto fonte più vicina cronologicamente ai fatti, e anche Kulikowsky ritiene che la spartizione tra i barbari fosse avvenuta senza l'autorizzazione del governo imperiale.[42] Nel frattempo Massimo, Geronzio e gli altri usurpatori nelle Gallie furono sconfitti dal generale romano Costanzo, il quale riuscì anche a raggiungere nel 415 un accordo con i Visigoti, che divennero ancora una volta foederati (alleati) dell'Impero; l'intenzione di Costanzo era sfruttare i Visigoti per riconquistare la Spagna a Vandali, Alani e Svevi.

Tra il 416 e il 418 gli invasori del Reno subirono, quindi, la controffensiva dei Visigoti di Wallia per conto dell'Imperatore d'Occidente: vennero annientati nella Betica i Vandali Silingi mentre gli Alani subirono perdite così consistenti da giungere a implorare la protezione dei rivali Vandali Asdingi, stanziati in Galizia. Grazie a questi successi, le province ispaniche della Lusitania, della Cartaginense e della Betica tornarono sotto il controllo romano,[43] ma il problema ispanico non si era tuttavia ancora risolto, anche perché dopo la sconfitta, Vandali Siling e Alani si coalizzarono con i Vandali Hasding, il cui re, Gunderico, divenne re dei Vandali e Alani. Costanzo, comunque soddisfatto, richiamò i Visigoti in Aquitania: era sufficientemente soddisfatto del risultato delle campagne militari, essendo tutta la Spagna tornata in mano imperiale a parte la provincia periferica della Galizia, poco produttiva e a cui si poteva anche rinunciare.[44] La diocesi di Spagna riprese a funzionare come prima e per difendere i territori riconquistati dai barbari residui in Galizia fu creato per la prima volta l'esercito di campo della Spagna, attestato per la prima volta dalla Notitia Dignitatum, databile al 420 circa. Nel frattempo, i Visigoti furono stanziati in Gallia Aquitania come foederati, ricevendo terre nella valle della Garonna. L'Aquitania sembra sia stata scelta da Costanzo come terra dove far insediare i foederati Visigoti per la sua posizione strategica: infatti era vicina sia dalla Spagna, dove rimanevano da annientare i Vandali Asdingi e gli Svevi, sia dal Nord della Gallia, dove forse Costanzo intendeva impiegare i Visigoti per combattere i ribelli separatisti Bagaudi nell'Armorica.[45]

L'Impero romano d'Occidente nel 421.

     Impero d'Occidente (Onorio).

     Aree in rivolta.

     Franchi, Alamanni, Burgundi.

     Vandali e Alani.

     Suebi.

     Visigoti.

Grazie alle prodezze di Flavio Costanzo, la Gallia e la Tarraconense erano tornate sotto il dominio di Onorio con la sconfitta degli usurpatori, mentre gli Alani erano stati scacciati con il supporto visigoto dalla Lusitania e dalla Cartaginense, e i Bagaudi nell'Armorica erano stati ricondotti all'obbedienza. I Visigoti ottennero, in cambio dei loro servigi in Hispania, la Gallia Aquitania come foederati dell'Impero.

Nel frattempo la nuova coalizione vandalo-alana tentò subito di espandersi in Galizia a danni degli Svevi, costringendo i Romani a intervenire nel 420: l'attacco romano, condotto dal conte Asterio, non portò però all'annientamento dei Vandali, ma li spinse piuttosto in Betica, che da essi prese in nome di "Vandalucia" (Andalusia)[46]. Lungi dall'essere vittoriosa, fu quindi disastrosa in quanto spinse involontariamente i Vandali a invadere la Betica mettendo a forte repentaglio i risultati positivi delle campagne di riconquista di Wallia: a differenza della periferica e poco importante provincia della Galizia, infatti, la Betica si trovava nel cuore della diocesi di Spagna e la sua perdita avrebbe costituito un forte danno per lo stato romano.[47] In compenso Asterio riuscì a catturare l'usurpatore Massimo, che aveva per la seconda volta tentato di usurpare il trono, ricevendo come premio il titolo di patrizio (421/422).[48] I massimi vertici dell'Impero, comunque, si resero conto della necessità di annientare i Vandali nella Betica e nel 422 fu organizzata una nuova spedizione per annientarli definitivamente: il generale Castino si scontrò in battaglia contro di essi con un esercito rinforzato da foederati visigoti, ma, forse grazie a un presunto tradimento dei Visigoti, fu da essi sconfitto.[49]

L'usurpazione di Giovanni Primicerio prima (423-425) e le lotte per l'ottenimento del grado di generalissimo dell'Impero tra Ezio, Bonifacio e Felice (che durarono fino al 433) distrassero parzialmente il governo centrale dalla lotta contro i Barbari, facilitando i loro successi; ciò avvenne soprattutto in Spagna, che era la provincia meno prioritaria da difendere per l'Impero.[50] I Vandali ebbero così via libera per razziare e occupare la Spagna meridionale, con la presa di Siviglia e di Cartagena e la devastazione delle Isole Baleari (425).[51] Nel 428 Siviglia fu di nuovo espugnata e saccheggiata dai Vandali.[52]

La partenza dei Vandali per l'Africa (429) lasciò tuttavia la Spagna libera dai Barbari, fatta eccezione per gli Svevi in Galizia. Il panegirico di Merobaude asserisce che in Spagna, dove prima «più niente era sotto controllo,... il guerriero vendicatore [Ezio] ha riaperto la strada un tempo prigioniera e ha cacciato il predatore [in realtà andatosene in Africa per propria iniziativa], riconquistando le vie di comunicazione interrotte; e la popolazione è potuta ritornare nelle città abbandonate.» Sembra che l'intervento di Ezio in Spagna si fosse limitato a negoziazioni diplomatiche con gli Svevi in modo da raggiungere a un accomodamento tra Svevi e abitanti della Galizia, nonostante le pressioni esercitate da alcuni ispano-romani, che avrebbero preferito un intervento militare.[53] Ezio non intendeva però perdere soldati nella riconquista di una provincia poco prospera quale la Galizia e si limitò a ripristinare il dominio romano sul resto della Spagna, che ricominciò di nuovo a far affluire entrate fiscali nelle casse dello stato a Ravenna.

Legenda: giallo - insediamento iniziale degli Suebi; verde - sfera di influenza sueba al suo apogeo; rosso - regno visigoto; beige - Impero romano d'Occidente.

Tutto ciò cambiò però con l'ascesa del re svevo Rechila, succeduto a suo padre Ermenerico nel 438. Approfittando della scarsa attenzione riservata dal governo centrale alla Spagna, dovuta alle altre diverse minacce esterne sugli altri fronti (Gallia, Africa, Illirico), Rechila condusse gli Svevi alla conquista di gran parte della penisola iberica: tra il 439 e il 441, essi occuparono Merida (capoluogo della Lusitania) nel 439 e di Siviglia e delle province della Betica e della Cartaginense nel 441. L'unica provincia ispanica ancora rimasta sotto il controllo di Roma era la Tarraconense, che tuttavia era infestata dai separatisti Bagaudi. Furono vane le campagne successive di riconquista condotte da Ezio: se le prime due, condotte dai comandanti Asturio (442) e Merobaude (443), avevano come fine il recuperare perlomeno la Tarraconense ai Bagaudi, quella di Vito (446), più ambiziosa, tentò di recuperare la Betica e la Cartaginense, finite in mano sveva, ma, nonostante il sostegno dei Visigoti, l'esercito romano fu annientato dal nemico. Questo fallimento era attribuibile almeno in parte al fatto che Ezio non poteva concentrare tutte le sue forze nella lotta contro gli Svevi vista la minaccia unna.[54]

La Spagna della metà V secolo, divisa tra Suebi (ad Occidente) e Visigoti (ad Oriente).

Secondo Kulikowsky, tuttavia, non sembra che il controllo svevo su Betica e Cartaginense fosse molto saldo: gli Svevi erano troppo pochi per controllare saldamente quelle due province, e sembra che Rechila fosse riuscito a controllare quelle due province eliminando i funzionari provinciali da esse tramite le sue campagne di conquista, in modo "da eliminare fonti alternative di potere locale e competitori diretti per le ricchezze e per il gettito delle regioni"; in altre parole, secondo Kulikowsky, "le conquiste di Rechila furono puramente nominali e consistevano più nell'abilità di raccogliere tributi senza l'opposizione di autorità imperiali che in un'occupazione fisica di territori".[55] Secondo Kulikowsky, la conquista sveva di Cartaginense e Betica fu ottenuta anche grazie all'appoggio fornito agli svevi da alcuni elementi locali, e ciò spiegherebbe perché l'esercito romano di Vito rinforzato da foederati Visigoti spogliò i provinciali delle due province durante il tentativo di riconquista del 446: per punirli per aver tradito lo stato romano appoggiando la presa di potere degli Svevi.[56] Secondo lo stesso Kulikowsky, lungi dall'essere completamente fallimentare come racconta Idazio, la spedizione di Vito potrebbe addirittura aver ristabilito la precaria dominazione romana nelle due province di Betica e Cartaginense: infatti nel 449 il conte Censorio, funzionario romano, è attestato in Betica, dove venne assassinato, mentre il testo di Idazio sostiene che nell'anno 455 gli Svevi saccheggiarono la Cartaginense, che "in precedenza gli Svevi avevano restituito ai Romani"; sembra dunque evidente che dopo la campagna di Vito una qualche forma di controllo romano sulle due province fu ristabilito.[57]

Nel frattempo l'influenza visigota sulla Spagna si accresceva sempre di più. Fino alla campagna di Vito, i Visigoti parteciparono alle campagne contro Vandali e Svevi nella penisola iberica sempre come contingenti ausiliari comandati da generali romani; invece, a partire dal 453/454, anno in cui Federico - fratello del re visigoto - sedò un'insurrezione di Bagaudi, i Visigoti cominciarono ad agire in Spagna sotto i loro stessi comandanti, essendo stato delegato ad essi dai Romani il compito di mantenere l'autorita romana nella penisola.[58] Nel 455 divenne imperatore Avito, un gallo-romano di classe alto - senatoria nominato magister militum da Petronio, acclamato imperatore ad Arelate con il sostegno militare dei Visigoti e che, entrato a Roma, riuscì a ottenere il riconoscimento da parte dell'esercito romano d'Italia grazie all'imponente esercito visigoto.[59] Avito era intenzionato a intraprendere un'azione contro gli Svevi, i quali minacciavano la Tarraconense: inviò dunque in Spagna i Visigoti, i quali, però, se riuscirono ad annientare gli Svevi, saccheggiarono il territorio ispanico e se ne impadronirono a scapito dei Romani. Inviso alla classe dirigente romana e all'esercito d'Italia per la sua gallica estraneità, contro Avito si rivoltarono i generali dell'esercito italico Ricimero, nipote del re visigoto Vallia, e Maggioriano, che, approfittando dell'assenza dei Visigoti, partiti per la Spagna per combattere gli Svevi, lo sconfissero presso Piacenza nel 456 e lo deposero. Il vuoto di potere creatosi alimentò le tensioni separatiste nei vari regni barbarici che si stavano formando.

L'Impero romano d'Occidente sotto Maggioriano. Si noti come l'Illirico fosse solo nominalmente sotto il dominio dell'imperatore, mentre il potere effettivo era tenuto dal comes Marcellino; anche la Gallia e parte dell'Hispania erano di fatto, all'inizio del regno di Maggioriano, fuori dal controllo dell'imperatore, in quanto occupate dai Visigoti e dai Burgundi.

Venne nominato imperatore, quindi, Maggioriano, il quale intendeva per prima cosa consolidare il dominio sull'Italia e riprendere il controllo della Gallia, che gli si era ribellata dopo la morte dell'imperatore gallo-romano Avito; i tentativi di riconquista della Hispania e dell'Africa erano progetti in là nel futuro. Per prima cosa assicurò la sicurezza dell'Italia, sconfiggendo nell'estate del 458 un gruppo di Vandali sbarcato in Campania,[60] per poi, una volta rinforzato l'esercito assoldando un forte contingente di mercenari barbari,[61] per poi invadere la Gallia, scacciando i Visigoti di Teodorico II da Arelate, costringendoli a ritornare nella condizione di foederati e di riconsegnare la diocesi di Spagna, che Teodorico aveva conquistato tre anni prima a nome di Avito; l'imperatore mise il proprio ex-commilitone Egidio a capo della provincia, nominandolo magister militum per Gallias e inviò dei messi in Hispania ad annunciare la propria vittoria sui Visigoti e l'accordo raggiunto con Teodorico.[62]

Dopo aver ricondotto all'obbedienza anche i Burgundi, Maggioriano decise quindi di attaccare l'Africa vandalica. Intanto Maggioriano stava conquistando la Spagna: mentre Nepoziano e Sunierico sconfiggevano i Suebi a Lucus Augusti e conquistavano Scallabis in Lusitania, l'imperatore passò da Caesaraugusta (Saragozza), dove fece un adventus imperiale formale,[63] e aveva raggiunto la Cartaginense, quando la sua flotta, attraccata a Portus Illicitanus (vicino ad Elche), fu distrutta per mano di traditori al soldo dei Vandali.[64] Maggioriano, privato di quella flotta che gli era necessaria per l'invasione, annullò l'attacco ai Vandali e si mise sulla via del ritorno: quando ricevette gli ambasciatori di Genserico, accettò di stipulare la pace, che probabilmente prevedeva il riconoscimento romano dell'occupazione de facto della Mauretania da parte vandala. Al suo ritorno in Italia, venne assassinato per ordine di Ricimero nell'agosto 461. La morte di Maggioriano significò la definitiva perdita della Spagna a favore dei Visigoti: infatti, dopo il ritiro dalla Spagna di Maggioriano, nessun altro ufficiale romano è attestato nelle fonti nella penisola iberica, rendendo evidente che dopo il 460 la Spagna non faceva più - di fatto - parte dell'Impero.[65]

Difesa ed esercito[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Esercito romano e Limes romano.

Legioni e fortezze legionarie[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Fortezza legionaria e Lista di fortezze legionarie romane.

Sappiamo che nel 44 a.C., alla morte di Cesare, c'erano 37 legioni romane.[66] Di queste due erano dislocate nella Spagna Ulteriore e due in quella Citeriore (tra cui la XXVIII[67] e forse la XXI[68]).

In seguito Augusto si dedicò, con l'aiuto di Agrippa, a portare a compimento una volta per tutte la sottomissione di quelle "aree interne" all'impero non ancora conquistate completamente. La parte nord-ovest della penisola iberica, che ormai creava problemi da decenni, fu condotta sotto il dominio romano, dopo una serie di pesanti campagne militari in Cantabria durate 10 anni (dal 29 al 19 a.C.), l'impiego di numerose legioni (ben sette/otto:[69] I Germanica, II Augusta, IIII Macedonica, V Alaudae, VI Victrix, VIIII Hispana, X Gemina e XX Valeria Victrix) insieme a un numero altrettanto elevato di ausiliari, oltre alla presenza dello stesso Ottaviano sul teatro delle operazioni (nel 26 e 25 a.C.).

Sappiamo che all'epoca dell'imperatore Augusto, poco dopo la fine della rivolta dalmato-pannonica del 6-9 e poco prima della disfatta di Teutoburgo, c'erano 28 legioni lungo i confini imperiali romani, così come è evidenziato qui sotto nella tabella riassuntiva sulla loro dislocazione:[70]

N. fortezze legionarie
unità legionaria località antica località moderna provincia romana
25
Legio II Augusta Petavonium o
Iuliobriga
Rosinos de Vidriales o
Retortillo
Hispania Citerior
26
Legio IIII Macedonica Pisoraca Herrera de Pisuerga Hispania Citerior
27
Legio VI Victrix Legio León Hispania Citerior
28
Legio X Gemina Asturica Augusta Astorga Hispania Citerior

Qui di seguito l'elenco di tutte le fortezze legionarie di epoca imperiale:

Geografia politica ed economica[modifica | modifica wikitesto]

Maggiori centri provinciali[modifica | modifica wikitesto]

Quando la Hispania fu divisa in Citerior ed Ulterior, ebbe come capitali: per la Spagna citeriore Carthago Nova (attuale Cartagena), sostituita nel corso del I secolo a.C., sotto Gaio Giulio Cesare o Ottaviano Augusto, da Tarraco (l'attuale Tarragona) ed era costituita da un territorio comprendente buona parte del Levante centrale ispanico e la totalità di quello settentrionale incentrati sulla colonia focese di Emporion (Empúries) e sulla città di Tarraco (Tarragona), fondata da Publio Cornelio Scipione su un precedente centro indigeno. Il territorio presentava lungo la costa alcune colonie dedotte da Massilia (Marsiglia). La successiva espansione romana nell'interno (furono sconfitte le tribù iberiche degli Jacetani e degli Ilergeti) giunse a Osca (Huesca) e a Salduba (Saragozza).

La Spagna ulteriore ebbe, invece, come capitale Hispalis (Siviglia), sostituita nell'ultimo periodo da Corduba (Cordova) e occupava inizialmente il bacino inferiore del fiume Guadalquivir, con la città alleata (civitas foederata) di Gades (Cadice) e la colonia romana di Italica, fondata sempre da Scipione. Il territorio era stato interessato dalla penetrazione fenicia e punica.

Ancor prima che terminassero le guerre celtibere, le organizzazioni territoriali indigene, spesso appoggiate su centri fortificati (oppida) e fortemente frammentate, vennero rapidamente sostituite da un'organizzazione municipale. Vennero fondate poche colonie, dovute alle necessità militari, fra cui Carteia, Colonia Libertinorum nel 176 a.C., Corduba, oggi Cordova, fondata da Marco Claudio Marcello, nel 152 a.C., Valentia, oggi Valencia, nel 138 a.C. e, nel secolo successivo, Caesar Augusta (l'attuale Saragozza).

Principali vie di comunicazione provinciali[modifica | modifica wikitesto]

Vie romane della penisola iberica.
Lo stesso argomento in dettaglio: Strade romane.

Le principali vie di comunicazioni provinciali erano:

Religione[modifica | modifica wikitesto]

Il Cristianesimo fu introdotto in Spagna nel I secolo e divenne popolare, nelle città, nel II secolo. Invece le campagne furono toccate di meno dalla nuova religione, almeno fino al IV secolo. In Spagna si formarono alcune sette eretiche, come il Priscillianesimo, ma la maggior parte dei vescovi rimase subordinata al papa. I vescovi, nel V secolo quando il potere di Roma iniziava a deteriorarsi, esercitavano sia l'autorità ecclesiastica come pure quella civile. Il Concilio dei vescovi divenne uno strumento di stabilità, mentre iniziava l'ascesa dei visigoti nell'area.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Piganiol 1989, p. 235.
  2. ^ Polibio, Storie, 3,30.
  3. ^ Tony Bath, Hannibal's Campaigns (Barnes & Noble Books, 1995) ISBN 0880298170
  4. ^ Adrian Goldsworthy, The Punic Wars (Cassel, 2000), 144
  5. ^ a b c d e f g h Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XXI.
  6. ^ Polibio, Storia, III.3
  7. ^ a b Tito Livio, Ab Urbe condita libri XXII.
  8. ^ a b c d e Nigel Bagnall, The Punic Wars (Thomas Dunne Books, 2005), ISBN 0-312-34214-4
  9. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XXIV.
  10. ^ a b c Tito Livio, Ab Urbe condita, XXVI.
  11. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XXXI.
  12. ^ a b c d e f g h i Appiano di Alessandria, Guerre iberiche, 41-45.
  13. ^ Appiano di Alessandria, Guerre iberiche, 56-60.
  14. ^ a b c d Appiano di Alessandria, Guerre iberiche, 46-50.
  15. ^ Appiano di Alessandria, Guerre iberiche, 61-65.
  16. ^ a b c d e f Appiano di Alessandria, Guerre iberiche, 66-70.
  17. ^ a b c d Appiano di Alessandria, Guerre iberiche, 76-80.
  18. ^ a b Appiano di Alessandria, Guerre iberiche, 71-75.
  19. ^ Appiano di Alessandria, Guerre iberiche, 81-85.
  20. ^ Appiano di Alessandria, Guerre iberiche, 86-90.
  21. ^ Appiano di Alessandria, Guerre iberiche, 91-95.
  22. ^ Appiano di Alessandria, Guerre iberiche, 96-102.
  23. ^ Appiano di Alessandria, Guerre spagnole, 96-102.
  24. ^ a b c d e f g h i Philip O. Spann, Quintus Sertorius and the legacy of Sulla (University of Arkansas Press, 1987), ISBN 0938626647
  25. ^ a b Strabone, Geografia, III, 4.
  26. ^ a b Plutarch, Caesar
  27. ^ a b c Svetonio, vita di Cesare.
  28. ^ Caesar, Commentarii de Bello Civili
  29. ^ Mariano Linares Argüelles, Jesús Pindado Uslé, Carlos Aedo Pérez, Gran Enciclopedia de Cantabria (Editorial Cantabria, S.A., 1985), IV, ISBN 84-86420-04-0
  30. ^ Floro, Epitome de Tito Livio Bellorum omnium annorum DCC Libri duo, XXXIII.
  31. ^ Julian Bennett, Trajan: Optimus Princeps, 2nd Edition (Routledge, 2000), 12
  32. ^ Alicia M. Canto, Itálica, patria y ciudad natal de Adriano (31 textos históricos y argumentos contra Vita Hadr. (Athenaeum vol. 92.2, 2004), 367–408
  33. ^ Timothy D. Barnes, Constantine and Eusebius (Harvard University Press, 1981), pp. 9-10. ISBN 9780674165311.
  34. ^ Heather 2005, pp. 251-255.
  35. ^ a b c d e f g h Zosimo, Libro VI.
  36. ^ a b c d Orosio, VII,40.
  37. ^ a b c Sozomeno, IX,12.
  38. ^ Kulikowsky, p. 159.
  39. ^ Kulikowsky, pp. 163-164.
  40. ^ Kulikowsky, p. 166.
  41. ^ Heather 2005, p. 259
  42. ^ Kulikowsky, pp. 166-167.
  43. ^ Heather 2005, p. 324.
  44. ^ Kulikowsky, p. 171.
  45. ^ Heather 2005, pp. 298-299.
  46. ^ Franco Cardini e Marina Montesano, Storia medievale, Firenze, Le Monnier Università, 2006. ISBN 8800204740
  47. ^ Kulikowsky, p. 173.
  48. ^ Kulikowsky, pp. 173-174.
  49. ^ Secondo Idazio, la sconfitta fu dovuta a un presunto tradimento dei Visigoti, ma bisogna ricordare che Idazio odiava profondamente i Visigoti, cosicché la sua testimonianza è ritenuta poco attendibile da Heather, che attribuisce le cause della sconfitta al valore della coalizione vandalo-alana. V. Heather 2005, p. 326.
  50. ^ Kulikowsky, p. 176.
  51. ^ Idazio, s.a. 425.
  52. ^ Idazio, s.a. 428.
  53. ^ Heather 2005, p. 352.
  54. ^ Heather 2005, p. 417.
  55. ^ Kulikowsky, p. 181.
  56. ^ Kulikowsky, pp. 183-184.
  57. ^ Kulikowsky, p. 184.
  58. ^ Kulikowsky, p. 186.
  59. ^ Heather, p. 456.
  60. ^ Sidonio Apollinare, Carmina, v.385-440 e A. Loyen, Recherches historiques sur les panégiriques de Sidonine Apollinaire, Parigi 1942, pp. 76-77 e nota 5, citati in Savino, Eliodoro, Campania tardoantica (284-604 d.C.), Edipuglia, 2005, ISBN 88-7228-257-8, p. 84.
  61. ^ Sidonio Apollinare, Carmina, v.474-477.
  62. ^ Idazio, Cronaca, 197, s.a. 459; Gregorio di Tours, Storia dei Franchi, ii.11.
  63. ^ Roger Collins, Visigothic Spain, 409-711, Blackwell Publishing, 2004, ISBN 0-631-18185-7, p. 32.
  64. ^ Chronica gallica anno 511, 634; Mario di Avenches, s.a. 460; Idazio, Cronaca, 200, s.a. 460.
  65. ^ Kulikowsky, p. 192.
  66. ^ L.Keppie, The making of the roman army, from Republic to Empire, Oklahoma 1998, p.201.
  67. ^ L.Keppie, The making of the roman army, from Republic to Empire, Oklahoma 1998, p.200.
  68. ^ H.Parker, Roman legions, p.68.
  69. ^ R. Syme, "Some notes on the legions under Augustus", su Journal of Roman Studies 1933, p. 22.
  70. ^ J. R. González, Historia de las legiones Romanas, pp.695; G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. II - Da Augusto ai Severi, Rimini 2008, p. 15.
  71. ^ a b c d e Morillo&Garcia Marcos, pp.779-789; Atlante Storico De Agostini, 1979, p.25.
  72. ^ a b J.R.González, Historia de las legiones Romanas, pp.695; G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. II - Da Augusto ai Severi, Rimini 2008, p.15.
  73. ^ D.B. Campbell, pp. 23 e 30.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti antiche
Fonti storiografiche moderne
  • AAVV., Atlante Storico De Agostini, Novara 1979.
  • Julian Bennett, Trajan: Optimus Princeps, Routledge, 2000.
  • Thomas S.Burns, Rome and the Barbarians: 100 BC - AD 400, Baltimore 2003.
  • Alicia M. Canto, Itálica, patria y ciudad natal de Adriano, 31 textos históricos y argumentos contra Vita Hadr., Athenaeum vol. 92.2, 2004.
  • G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. II - Da Augusto ai Severi, Rimini 2008.
  • D.B. Campbell, Roman legionary fortresses 27 BC - AD 378, Oxford 2006.
  • T. Cornell e J. Matthews, Atlante del Mondo romano, Novara 1984.
  • H.Delbruck, The barbarian invasion, Londra e Lincoln (Nebraska) 1990.
  • J.R.González, Historia de las legiones Romanas, Madrid 2003.
  • Peter Heather, La caduta dell'Impero romano: una nuova storia, 2005.
  • Peter Heather, L'Impero e i barbari: le grandi migrazioni e la nascita dell'Europa, 2010.
  • D.Kennedy, Il mondo di Roma imperiale: la formazione, a cura di J.Wacher, Parte IV: Le frontiere, L'Oriente, Ed. Laterza, Bari 1989.
  • Giuseppe Ignazio Luzzatto, Roma e le province. I. Organizzazione, economia, società (Storia di Roma, 17.1), Istituto nazionale di studi romani, Bologna 1985, pp. 58 ss. e 219 ss.
  • Angel Morillo & Victorino Garcia-Marcos, Twenty years of Roman military archeology in Spain, in 18th International Congress of Roman Frontier Studies, a cura di P. Freeman, J. Bennett, Z.T. Fiema e B. Hoffmann, Oxford 2002.
  • (IT) André Piganiol, Le conquiste dei romani, Milano, Il Saggiatore, 1989.
  • Roger Remondon, La crisi dell'impero romano da Marco Aurelio ad Anastasio, Milano 1975.
  • Kulikowsky, Late Roman Spain and its cities, Cambridge Press, 2004.

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