Teatro Fraschini

Teatro Fraschini
La facciata.
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàPavia
IndirizzoCorso Strada Nuova 138, Pavia
Dati tecnici
TipoSala a campana con tre file di palchi, una tribuna e un loggione
Realizzazione
Costruzione1771-1773
Inaugurazione1773
ArchitettoAntonio Galli da Bibbiena
ProprietarioComune di Pavia
Sito ufficiale
La vista della platea dal palcoscenico

Il Teatro Fraschini è il teatro lirico cittadino di Pavia. Inaugurato nel 1773, è in uso per diversi spettacoli teatrali[1].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il Teatro dei Quattro Nobili Cavalieri - nome originario del Fraschini - venne pensato per contrastare i capricci del nobile Giacomo Omodei, unico proprietario a Pavia di un teatro, signore abituato a imporre i propri privilegi anche al pubblico, costretto a sottostare a inutili imposizioni, come l'attesa dell'inizio dello spettacolo fino al suo arrivo.

Nel 1772 si unirono a formare la Società dei Cavalieri quattro nobili signori pavesi rappresentati dell'illuminato decurionato pavese: il Conte Francesco Gambarana Beccaria, il Marchese Pio Bellisomi, il Marchese Luigi Bellingeri Provera e il Conte Giuseppe de' Giorgi Vistarino[2]. Essi condividevano l'amministrazione e la direzione del teatro e avevano affidato il progetto per realizzarlo ad Antonio Galli da Bibbiena, rappresentante di un'antica e prestigiosa famiglia di scenografi-architetti. I lavori per la costruzione del Teatro dei Quattro Nobili Cavalieri cominciarono nel 1771 e il teatro inaugurò la sua prima stagione nel 1773, alla presenza dell'Arciduca Ferdinando d'Austria[3]. Il teatro fu inaugurato il 24 maggio 1773 con l'opera Il Demetrio, composta dal compositore ceco Josef Mysliveček su versi di Pietro Metastasio[4]. Il 7 maggio 1805, poco prima dell'incoronazione, Napoleone Bonaparte e la sua consorte Giuseppina de Beauharnais giunsero a Pavia, e al Teatro si organizzò una festa da ballo in loro onore.

Dopo un secolo dalla fondazione, tuttavia, a causa di spese troppo ingenti ed esigui ricavi, la Società rischiò il fallimento e conseguentemente la chiusura del teatro. Per evitare ciò, nel 1869, il Comune di Pavia entrò in proprietà materiale dell'edificio, che di lì a poco sarebbe stato rinominato Teatro Fraschini, in onore del tenore pavese Gaetano Fraschini. Simbolo della cultura e dell'aggregazione sociale pavese, il Teatro Fraschini è dal 1869 lo spazio comunale deputato alla produzione e fruizione di arte drammatica e musicale della città. Il Teatro, per il suo valore architettonico e artistico, è uno dei monumenti cittadini più prestigiosi[4].

dettaglio dei palchi.

Il teatro Fraschini ha ottenuto il riconoscimento di Teatro di Tradizione nel novembre 2003 con decreto del Ministero per i beni e le attività culturali[5].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il Fraschini è un teatro all'italiana; la grande sala del teatro è quasi a forma di ferro di cavallo e accoglie 409 posti, secondo il gusto imperante nel Settecento; è l'esempio artistico della ricerca prospettica del barocco. La pianta della sala è a campana con cassa armonica (soluzione ottimale per l'acustica) ricavata da una galleria non praticabile sotto la platea. Sopra un porticato terreno a bugnato di tipo toscano, si sviluppano tre ordini di palchi (con capitelli dorico, ionico composito corinzio e attico) e in aggiunta due ordini superiori (il quarto ordine è a tribuna e il quinto a loggione). Il grande soffitto ligneo recava un pregevole affresco del pittore pavese Achille Savoia, rifatto nel 1909 da Osvaldo Bignami. Le due grandi statue ai lati del proscenio, opera di Michele Forabosco, rappresentano rispettivamente la Musica e la Poesia. Al second'ordine è presente un forno ancora ben visibile e conservato[2] (la vita teatrale dei nobili valicava il limite di assistere agli spettacoli, e si estendeva all'intrattenimento con cene e giochi di società nei palchi di proprietà e nei salottini dei retropalchi)[6]. Ogni palco è dotato di camerino e gran parte di essi conservano stucchi e affreschi settecenteschi, diversi tra loro in base al gusto personale degli originali proprietari. Va infatti evidenziato che, fin dalla fondazione, i palchi furono venduti a privati che erano tenuti a provvedere all'arredo con tapezzerie, mobili, affreschi, stucchi, porte e tende, purché essi non rompessero l'aspetto e l'architettura complessiva della sala[7][8]. La facciata, che si apre su Strada Nuova, è dotata di atrio porticato aperto in tre portici e due piani superiori scanditi in orizzontale da cornicioni e in verticale da lesene sovrapposte, d'ordine dorico, ionico e corinzio, tra le quali si aprono finestre con cappello a timpano[3].

Restauri[modifica | modifica wikitesto]

Nonostante già pochi decenni dopo la sua inaugurazione fosse ritenuto grandioso, ma lontano dai dettami stilistici imposti dal neoclassicismo, il teatro è rimasto miracolosamente intatto nella struttura originarie. Successivamente, il Fraschini rischiò una serie di modifiche sostanziali che ne avrebbero snaturato l'armonia e lo stile, come il progetto dell'ingegner Coliva di Bologna (1904), non attuato, che prevedeva la realizzazione di due gallerie, oltre all'innalzamento di una copertura per ampliarne la capienza. Nel Novecento gli interventi hanno contemplato una risistemazione dell'atrio principale e della sala del ridotto, un ampliamento del palcoscenico e il rifacimento degli impianti elettrici. Il restauro più sostanziale (che ha interessato l'intero l'edificio) è stato attuato dal 1985 al 1994, periodo in cui il teatro fu chiuso per poi essere riaperto una volta completati i lavori, eseguiti su progetto e direzione dello studio Pica Ciamarra Associati[2]. Gli ultimi restauri (2020) hanno valorizzato la struttura architettonica settecentesca armonizzandola alle tonalità ottocentesche e al soffitto del '900, e hanno riportato il teatro ai suoi massimi splendori[9].

Eventi da ricordare[modifica | modifica wikitesto]

Nell'ottobre del 1903 Antonino Palminteri dirige al Teatro Fraschini l'opera Germania di Alberto Franchetti. Nell'ottobre del 1906 il M° Antonino Palminteri torna al Fraschini di Pavia per dirigere Il trovatore e La forza del destino di Giuseppe Verdi, Faust di Gounod e La Wally di Alfredo Catalani. Il successo fu così strepitoso che la Stampa così si espresse: "[..] Quando si sappia che il M.° Palminteri fu l'amico intimo e caro dell'infelice Catalani crediamo di essere dispensati dal tessere le lodi parlando dell'esecuzione di Wally. Ogni più minuta finezza non è trascurata dalla sua direzione, la forza, la commozione a volte, e diciamolo pure, l'espressione con la quale dirige dimostrano come egli abbia trasfusa in sé l'anima dell'amico mentre fa eseguire le migliore sue pagine. In tutta l'opera, ma specialmente nel preludio dell'atto terzo, la sua direzione è grande, straordinariamente grande ".[10]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Stagione 2014/2015 Archiviato il 29 ottobre 2014 in Internet Archive.
  2. ^ a b c Storia, su teatrofraschini.it.
  3. ^ a b Teatro Fraschini Pavia (PV), su lombardiabeniculturali.it.
  4. ^ a b Contesto storico e vicende costruttive, su palchi.teatrofraschini.it.
  5. ^ FONDAZIONE TEATRO FRASCHINI Pavia, su artbonus.gov.it.
  6. ^ Architettura del teatro, su palchi.teatrofraschini.it.
  7. ^ I palchi del teatro Fraschini, su palchi.teatrofraschini.it.
  8. ^ Elenco dei palchi, su palchi.teatrofraschini.it.
  9. ^ Indagini preliminari al progetto di conservazione e restauro dei palchi: Analisi delle fasi decorative e dei materiali, su palchi.teatrofraschini.it.
  10. ^ Angela Balistreri, Antonino Palminteri, un artista gentiluomo nel panorama operistico dell'800, Partanna, Produzioni Edivideo, 2010, pp. 118,171,173.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • I Galli Bibiena: una dinastia di architetti e scenografi: atti del convegno, Bibbiena, 26-27 maggio 1995, a cura di Deanna Lenzi, Wanda Bergamini, Bibbiena, Accademia Galli Bibbiena, 1997.
  • Giovanni Zaffignani, Un teatro per la città: riflessioni sulle origini, gestione privata e comunale del Fraschini – Il fondo teatrale e musicale presso l’Archivio Storico di Pavia, in “Bollettino della Società Pavese di Storia Patria”, XCV (1996).
  • Luisa Erba, Il neoclassicismo a Pavia dal 1770 al 1792, in Banca Regionale Europea (a cura di), Storia di Pavia. L'età spagnola e austriaca, IV (tomo II), Milano, Industrie Grafiche P. M., 1995.
  • Susanna Zatti, Teatri e scenografi nel XVIII secolo: l’Homodei e la nascita del Nobile Condominio, in “Bollettino della Società Pavese di Storia Patria”, XCIV (1995).
  • Susanna Zatti (a cura di), Pavia neoclassica. La riforma urbana 1770- 1840, Vigevano, Diakronia, 1994.
  • Marica Forni, Cultura e residenza aristocratica a Pavia tra '600 e '700, Milano, Franco Angeli, 1989.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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