Teofilo Patini

Autoritratto, Pinacoteca Patiniana (Castel di Sangro)

Teofilo Patini (Castel di Sangro, 5 maggio 1840Napoli, 16 novembre 1906) è stato un pittore italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Buon samaritano, 1859

Nativo di Castel di Sangro, in provincia dell'Aquila, studiò inizialmente filosofia all'Università di Napoli, prima di iscriversi nel luglio del 1856 ai corsi di pittura dell'Accademia di belle arti della stessa città. Ebbe come maestri Giuseppe Mancinelli, Giovanni Salomone e Biagio Molinari e si legò presto al gruppo di pittori che faceva capo a Filippo Palizzi, di cui fu fervente allievo.

Fece viaggi di studio a Firenze (1868) e a Roma (1870), per poi tornare a Castel di Sangro nel 1873. Si trasferì quindi all'Aquila dove nel 1882 fondò la "Scuola di Arti e Mestieri", nella quale studiarono, tra gli altri, Domenico Cifani, Giovanni Feneziani e Tito Pellicciotti. Nel capoluogo abruzzese Patini ebbe dimora e stabilì il suo atelier nel monumentale palazzo Ardinghelli, nel quarto di Santa Maria, di proprietà della famiglia Cappelli.[1] Nel 1898 partecipò all'Esposizione generale italiana a Torino.

Nel 1896 fu iniziato in massoneria nella loggia aquilana, intitolata a Fabio Cannella, e nei primi anni del Novecento fu membro della loggia Cosmogenesi, nella stessa città.[2] Una delle ultime opere fu l'affresco dell'aula magna dell'Università di Napoli.

Dimorò all'Aquila per lungo tempo prima di rientrare, poco prima della morte, nella sua città natale. Nel 1873 da Teresa Tamposchi ebbe Giuseppina[3]. È stato sepolto nel cimitero monumentale di Poggioreale a Napoli, nel settore dedicato agli artisti.

Genere e finalità delle sue opere[modifica | modifica wikitesto]

Da profondo e puro socialista qual era, dipinse quadri ritraenti la civiltà contadina abruzzese di fine Ottocento e primi del Novecento, mettendo in rilievo la «condizione di povertà della regione» e la «capacità di resistenza e di sacrificio della popolazione»; oltre che la sua profonda passione, la pittura fu il megafono con il quale urlava al mondo le misere condizioni del suo popolo, megafono che idealmente consegnerà a Ignazio Silone, lo scrittore di Fontamara.

In particolare, tre sue opere ebbero una forte connotazione politica e per questo vengono considerate come facenti parte di una "trilogia sociale": Vanga e latte, L'erede e Bestie da soma. Si dedicò anche a rappresentare immagini sacre, in dipinti e affreschi.

A proposito del dipinto L'erede, così scrisse Giovanni Fattori a Primo Levi, a febbraio 1903: «Io debolmente manderò i miei soldati che combatterono p. l'indipendenza ricompensati con il pro patria [4] da lei conosciuto, di più ho frugato nelle piaghe sociali e ho trovato un povero birrociaio che li more il vecchio cavallo[5] - Miseria - il verismo li ha dato L'erede che è nella galleria M. - e mi dica un poco confronti questo capo d'opera di vero e di sentimento con le belle figure del Sartorio nude - più grandi del vero sconcie senza nulla dire, e nulla fare - qua si piange là si sbadiglia.»[6]

Pinacoteca Patiniana e altri musei[modifica | modifica wikitesto]

L'erede, 1880
Vanga e latte, 1884
Bestie da soma, 1886

All'interno di Palazzo De Petra a Castel di Sangro c'è la pinacoteca Patiniana, una mostra permanente interamente dedicata alle opere del Patini e dei suoi allievi. Tra le opere di grande importanza storico-artistica spicca il maestoso Bestie da soma, conservato fino al 2009 presso il palazzo del Governo in L'Aquila e ivi traslato temporaneamente a seguito del terremoto del 6 aprile dello stesso anno. Nei locali della pinacoteca Patiniana si tengono anche mostre temporanee.

A Napoli, alla Galleria dell'Accademia di belle arti, si conservano tre opere di Teofilo Patiniː Edoardo III e i prigionieri di Calais, 1868, olio su tela, 60x35 cm, saggio di scuola e primo posto per il Pensionato di pittura a Firenze; Zingara, olio su tela, 1870, 53x88 cm, bozzetto del saggio per il Pensionato di Roma; L'erede, 1875, olio su tela, 300x206 cm., acquistato nel 1906[7]

Opere principali[modifica | modifica wikitesto]

Duomo di L'Aquila, altare con il San Carlo Borromeo tra gli appestati, perduto nel terremoto del 2009
  • Gesù orante nell'orto degli ulivi, Castel Frentano, cappella della scuola materna A. R. Caporali
  • La prima lezione di equitazione (2 versioni), pinacoteca Patiniana, Castel di Sangro
  • La catena
  • Le tre orfanelle
  • La guardiana delle oche (1873)
  • Morte di Jacopo Ortis (1873 ca.), collezione Buzzelli, Novara
  • Il ciabattino (1873), collezione d'arte del Banco di Napoli
  • Case di campagna (1874), conservato nella Pinacoteca, mostra il borgo vecchio di Castel di Sangro
  • I notabili del mio paese (1878)
  • L'erede (2 versioni, 1880), Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea, Roma
  • Vanga e latte (2 versioni, 1884), Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Roma
  • L'Aquila (affresco), ispirato al ratto di Ganimede, presso la volta dell'aula di lettura della biblioteca provinciale Salvatore Tommasi (L'Aquila) nel palazzo del Convitto (1883 ca.)
  • Contadina abruzzese e sfondo di paesaggio (1884), collezione privata, L'Aquila
  • Bestie da soma (1886), Castel di Sangro, Pinacoteca, proveniente dall'ex palazzo della Prefettura dell'Aquila
  • Pulsazioni e palpiti (1891-99), pinacoteca Patiniana, Castel di Sangro
  • Pancia e cuore (1890 ca.), Pinacoteca, Castel di Sangro
  • L'Angelo Custode (1892 ca.), chiesa di San Demetrio martire, San Demetrio ne' Vestini (AQ)
  • Angolo di Castel di Sangro, o Via Paradiso (1890 ca.) L'Aquila, collezione privata
  • Cristo Crocifisso (1896), cappella della Basilica di San Pelino, Corfinio
  • Decorazioni delle sale dell'hotel Baiocco (1895), L'Aquila, corso Vittorio Emanuele
  • Nudo patriottismo (1895), Museo provinciale di Bari
  • Sant'Antonio di Padova incoronato da Gesù Bambino (1898), cappella di Sant'Antonio, santuario della Madonna della Libera, Pratola Peligna
  • Visione di Sant'Antonio di Padova - I Quattro Evangelisti (1898), santuario della Madonna della Libera
  • I Bravi
  • Il Volto Santo (1894 ca.), convento dei Cappuccini di Manoppello, ossia santuario del Volto Santo
  • Il pifferaio (1880?), collezione privata, L'Aquila, esposto nella pinacoteca Patiniana
  • San Carlo Borromeo tra gli appestati, tela del transetto sinistro del Duomo dell'Aquila (1900), distrutto dal terremoto del 2009
  • Allegoria della Redenzione (1901-1903), collezione privata, L'Aquila
  • Testa di frate, Galleria Ricci Oddi, Piacenza
  • Pastore abruzzese, collezione privata
  • Vari ritratti femminili abruzzesi, collezione privata
  • Ritratto di vecchia popolana abruzzese, collezione privata
  • Paesaggio sul Sangro, con contadine, collezione privata
  • Strada di paese con persone, collezione privata

Omaggi[modifica | modifica wikitesto]

  • A Patini è intitolato lo stadio di Castel di Sangro e dedicato un monumento in bronzo, realizzato dall'artista Antonio D'Acchille, situato all'incrocio di via XX Settembre e il corso Vittorio Emanuele con piazza Caduti del 1943, in cui il pittore è mostrato nell'atto di dipingere. Dalla tavolozza si dipanano intrecci e festoni, e una musa dall'aspetto muliebre abruzzese.
  • Nella sua provincia sono inoltre numerose scuole a portare il suo nome, tra cui l'istituto Comprensivo T. Patini dell'Aquila e il liceo scientifico di Castel di Sangro.
  • La massoneria locale gli ha intitolato le logge dell'Aquila e di Avezzano.
  • A L'Aquila era dedicata a Patini una monumentale statua di bronzo, costruita nel 1925 e posta nel piazzale antistante il teatro comunale, opera di Sebastiano Tarquini, allievo del Patini. Nel 1940 fu fusa per armi belliche.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Amedeo Esposito, L'Aquila, il ritorno alla "grande memoria": palazzo Ardinghelli era l'atelier di Teofilo Patini, 4 giugno 2017. URL consultato il 4 giugno 2017 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2018).
  2. ^ Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Roma, Erasmo ed., 2005, p. 7212.
  3. ^ 1927, atto di morte: Ministero per i beni e le attività culturali, Gli Archivi per la Ricerca Anagrafica, su dl.antenati.san.beniculturali.it.
  4. ^ Pro Patria mori, dipinto di Fattori, perduto.
  5. ^ Il cavallo morto, dipinto di Fattori del 1903.
  6. ^ Lamberto Vitali (a cura di), Lettere dei macchiaioli, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1978, p. 91.
  7. ^ Galleria dell'Accademia,  p. 120, tav. LXXXV e LXXXVI.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Augusto Antonino Vicentini, Il quadro di S. Carlo Borromeo dipinto dal Cavalier Teofilo Patini, inaugurato il 4 novembre 1888 nel Duomo di Aquila, Discorso pubblicato dalla congregazione dei Milanesi, Aquila, Off. graf. Vecchioni, 1888, SBN IT\ICCU\AQ1\0071153.
  • Orazio D'Angelo, L'arte nuova di Teofilo Patini, in Le Notizie, vol. 25, Aquila, Tip. di A. Perfilia, 1905, SBN IT\ICCU\AQ1\0055304.
  • Beniamino Costantini, L'arte nuova di Teofilo Patini, in Rivista abruzzese di scienze, lettere ed arti, vol. 25,fasc. 1-2, Teramo, A. De Carolis, 1910, SBN IT\ICCU\SBL\0110461.
  • Vincenzo Marchesani, Il dolore nell'arte di Teofilo Patini, Aquila, Tip. F. Cellamare, 1927, SBN IT\ICCU\CUB\0398470.
  • Ettore Moschino, Teofilo Patini nella Mostra aquilana, Aquila, Off. graf. Vecchioni, 1935, SBN IT\ICCU\CUB\0471945.
  • Virgilio Serafini, Il pittore dei poveri, Teofilo Patini, Teramo, Ars et labor, 1949, SBN IT\ICCU\NAP\0105501.
  • Raffaele Aurini, Dizionario bibliografico della Gente d'Abruzzo, vol. I, Teramo, Ars et Labor, 1952, ad vocem; e anche in Nuova edizione, a cura di Fausto Eugeni, Luigi Ponziani, Marcello Sgattoni, Colledara, Andromeda editrice, 2002, vol. IV, ad vocem;
  • Mostra retrospettiva delle opere di Teofilo Patini, Municipio dell'Aquila-Fondazione premio nazionale di pittura "F. P. Michetti"; a cura della Sopraintendenza ai Monumenti e Gallerie dell'Abruzzo e Molise, L'Aquila, Municipio dell'Aquila, 1954;
  • Cosimo Savastano, L'arte di Teofilo Patini, Sulmona, Rotary Club, 1971, SBN IT\ICCU\SBL\0361746.
  • Cosimo Savastano, La Galleria dell'Accademia di Belle Arti in Napoli, a cura di Anna Caputi, Raffaello Causa, Raffaele Mormone, Napoli, Banco di Napoli, 1971, SBN IT\ICCU\NAP\0178087.
  • Cosimo Savastano, Teofilo Patini e la sua gente, L'Aquila, Japadre, 1982, SBN IT\ICCU\SBL\0394238.
  • Cosimo Savastano, Teofilo Patini e Rocca Pia: Bestie da soma, Castel di Sangro, Alfa, 1983, SBN IT\ICCU\AQ1\0055784.[1]
  • Cosimo Savastano, Tre orfani di Teofilo Patini, Castel di Sangro, s. e., 1986, SBN IT\ICCU\AQ1\0056329.
  • Ferdinando Bologna (a cura di), Mostra di Teofilo Patini, L'Aquila-Napoli 1989-1990, L'Aquila, Comitato per le celebrazioni patiniane, 1989, SBN IT\ICCU\IEI\0025438.
  • Cosimo Savastano (a cura di), Patini, momenti d'arte e di vita, mostra omaggio a Teofilo Patini, Centro studi G. Salvemini, Centro studi Patini, Isernia-Castel di Sangro, Comitato per le celebrazioni patiniane, 1991, SBN IT\ICCU\AQ1\0062200.
  • Enrichetta Santilli, Il Santuario della Madonna della Libera in Pratola Peligna. Guida storico artistica, Pratola P., Pratola Peligna, E.Santilli, 1995, SBN IT\ICCU\AQ1\0018547.
  • Enrichetta Santilli, Calendario d'Arte della Madonna della Libera-Anno 2004, Pratola Peligna, Comitato della Madonna della Libera, 2003, pp. 1–12.
  • Achille della Ragione - Un grande pittore della realtà: Teofilo Patini - Napoli 2014

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  1. ^ Bestie da soma, su teofilopatini.org. Con commenti, anche video, di Cosimo Savastano