Testa colossale di Amenofi III in quarzite

Testa colossale di Amenofi III in quarzite
Autoresconosciuto
Dataprima metà del XIV secolo a.C. (regno di Amenofi III)[1]
Materialequarzite
Dimensioni117×81×66 cm
UbicazioneBritish Museum, Londra

La Testa colossale di Amenofi III in quarzite è l'enorme frammento della testa proveniente da un colosso dell'antico faraone egizio Amenofi III (regno: 1386 - 1349 a.C.), della XVIII dinastia egizia. Fu rinvenuta nel monumentale Tempio funerario del faraone, sulla riva occidentale del Nilo, presso Tebe (Luxor)[2]. La testa è l'unico elemento conservatosi del colosso originario. È conservata al British Museum, a Londra, nel Dipartimento della Collezione di Antico Egitto e Nubia.

Questa statua in quarzite bruna faceva parte di una serie di colossi quasi identici che fiancheggiavano il lato occidentale di un cortile ipostilo. Intatto, tale colosso doveva essere alto più di 8 metri, senza contare la base, e il corpo doveva essere nella classica posa del dio Osiride (dio dei morti, adatto a un tempio funerario), con le gambe unite, le braccia incrociate sul petto, i due scettri pastorale (hekat) e flagello (nekhekh), il solito gonnellino stretto intorno ai fianchi e la corona rossa (deshret) del Basso Egitto, con l'ureo regale, in capo. La scoperta, nel 1964, della testa e di numerosi frammenti di un altro colosso di tale set ha permesso una ricostruzione piuttosto puntuale del loro aspetto originario. Le statue sul lato opposto del cortile e del colonnato erano simili, ma in granito rosso e recanti la corona bianca (hedjet) dell'Alto Egitto[2]. La posa è stata interpretata come riferimento alla celebrazione della prima Festa Sed di Amenofi III, durante la quale si credeva che il faraone adempisse a un rito di ringiovanimento e diventasse a tutti gli effetti un dio vivente. Questo avveniva in occasione del 30º anniversario di regno[3]: come un dio, Amenofi era quindi celebrato da questo colosso e dagli altri simili.

La testa è alta 1,17 metri, larga 81 centimetri e profonda 66 centimetri. Fu acquistata da Henry Salt nel 1823 e reca la sigla d'inventario EA 7; è esposta nella Queen Elizabeth II Great Court, inaugurata da Elisabetta II nel 2000.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Beckerath, Jürgen von, Chronologie des Pharaonischen Ägypten. Philipp von Zabern, Mainz, (1997) p.190.
  2. ^ a b statue, su British Museum. URL consultato il 1º febbraio 2017 (archiviato dall'url originale il 28 febbraio 2018).
  3. ^ William Murnane, The Sed Festival: A Problem in Historical Method, MDAIK 37, pp. 369-76.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • B. Porter & R. Moss, Topographical Bibliography of Ancient Egyptian Hieroglyphic Texts, Reliefs and Paintings II (Oxford, 1972), p. 453.
  • T. G. H. James & W. V. Davies, Egyptian Sculpture (London, 1983), p. 38, fig.45.
  • P. Kozloff, B. Bryan & M. Berman, Egypt's Dazzling Sun (Cleveland Museum of Art, 1992), pp. 156–158 = Le Pharaon-Soleil (Paris, 1993), pp. 126-8.
  • G. Robins, The Art of Ancient Egypt (London, 1997), p. 122, fig.135.
  • Art and Afterlife in Ancient Egypt (Giappone 1999-2000), p. 32.
  • Temples and Tombs [catalogo della mostra] (American Federation of Arts, 2006) 52, cat n°10.
  • P. Nicholson & I. Shaw, Ancient Egyptian Materials and Technology (Cambridge 2000), p. 54.
  • E.R. Russmann, Eternal Egypt: Masterworks of Art from the British Museum (University of California Press, 2001).
  • N. Strudwick, Masterpieces of Ancient Egypt, London: British Museum Publications, 2006, pp. 154-5.