Tuia in granito (inv. 22678)

Voce principale: Tuia (regina).
Tuia in granito (inv. 22678)
Autoresconosciuto
Datametà XIII secolo a.C.
Materialegranito
Dimensioni227×56×85 cm
UbicazioneMuseo gregoriano egizio (Musei Vaticani), Città del Vaticano

Il colosso di Tuia (inv. 22678) è un'antica statua egizia in granito raffigurante Tuia, "grande sposa reale" del faraone Seti I (12901279 a.C.) della XIX dinastia egizia e madre di Ramses II il Grande (1279–1213 a.C.), scoperta nel 1714 nel sito degli Horti Sallustiani, a Roma, e conservata al Museo gregoriano egizio (Musei Vaticani)[1][2].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Ramses II[modifica | modifica wikitesto]

Ramses II ottenne questo monumento alla propria madre "riciclando" una statua fatta realizzare da re Amenofi III (1388–1350 a.C.) della XVIII dinastia per la propria "grande sposa reale" Tiy[1][2]. Simili usurpazioni di opere del passato furono molto comuni durante il lungo regno di Ramses II[3]. Ramses II fece posizionare il colosso nel complesso monumentale del Ramesseum, il proprio tempio funerario ("Tempio di Milioni di Anni"), presso Tebe[1][2].

Tuia morì sessantenne intorno al 22º anno di regno del figlio (1258/1257 a.C.) e fu deificata: il colosso è testimonianza dei grandi onori tributati da Ramses II alla madre. Nota in vita come Mut-Tuia, post mortem fu nota semplicemente come Tuia, forse a suggerire che la sua morte avrebbe posto fine a una status di divinità già in vita (Mut era la dea-madre, regina di tutti gli dei)[4]. Un mito voleva, infatti, che il supremo dio Amon avesse generato Ramses II unendosi con Tuia (Miti di nascite divine nelle dinastie egizie).

Caligola[modifica | modifica wikitesto]

I colossi furono verosimilmente traslati a Roma per ordine dell'imperatore Caligola (3741 d.C.), che volle posizionarli negli Horti Sallustiani per decorare un "padiglione faraonico"[5] in onore della propria regalità e famiglia. Caligola nutriva un particolare interesse nei confronti dei culti egizi e pare che talvolta indossasse la barba posticcia tipica dei faraoni[5]. Insieme al colosso di Tuia, l'imperatore trasferì a Roma anche i due colossi di Tolomeo II e Arsinoe II, prelevati da Eliopoli, anch'essi al Museo Gregoriano Egizio[6][5][7]. A questo "gruppo di famiglia" composto da una madre, Tuia, e da due fratelli-sposi, Caligola fece aggiungere una nuova statua della propria sorella Giulia Drusilla nelle vesti di Arsinoe II: morta nel 38, era stata immediatamente divinizzata dal fratello, sospettato di aver intrattenuto con lei relazioni incestuose (il gruppo statuario del fratelli-sposi Tolomeo II e Arsinoe II rafforzerebbe i sospetti in tal senso)[6][5].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Statua della regina Tuia - Musei Vaticani. URL consultato il 13 luglio 2017.
  2. ^ a b c Gamba 2006, pp. 40-1.
  3. ^ Rameses the Great., su digital.library.upenn.edu. URL consultato il 13 luglio 2017 (archiviato dall'url originale il 13 maggio 2008).
  4. ^ Tyldesley 2001, p. 122.
  5. ^ a b c d Aa.Vv, Caligola. La trasgressione al potere, Gangemi Editore, 23 ottobre 2015, ISBN 9788849297652. URL consultato il 21 giugno 2017.
  6. ^ a b Gruppo con Tolomeo II - Musei Vaticani. URL consultato il 21 giugno 2017.
  7. ^ Gamba 2006, p. 40.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]