Vaso Portland

Vaso Portland, lato I. Secondo l'interpretazione sostenuta da Κ. Painter e D. Whitehouse (per i quali i due lati mostrano scene differenti) questo lato rappresenterebbe la nascita di Ottaviano e l'età d'oro da lui inaugurata, mostrando l'unione di Azia e Apollo con Ottaviano a sinistra e Nettuno, nume tutelare della vittoria di Azio.
Il lato II rappresenterebbe la nascita di Paride e la distruzione di Troia, mito fondativo della civiltà romana.

Il Vaso Portland (detto anche Vaso Barberini) è un vaso vitreo del I secolo d.C., custodito al British Museum a Londra.

Origine[modifica | modifica wikitesto]

Il Vaso Portland è il più famoso esempio di vetro a cammeo dell'antichità. L'origine è probabilmente romana e risale a un periodo tra la metà del I secolo a.C. (quando il vetro soffiato fu scoperto) e il tardo I secolo (quando i prodotti di vetro colorato cessarono di essere di moda). Secondo una datazione più esatta, apparterrebbe al periodo augusteo (31 a.C.- 14 d.C.) o comunque al I secolo a.C. in base allo stile delle rappresentazioni, più vicine al secondo stile: analogie con la Gemma augustea fanno pensare a una datazione al periodo augusteo precedente la morte di Augusto (30 - 10 a.C.).

Il ritrovamento cinquecentesco potrebbe essere connesso con il luogo in cui fu scoperto il sarcofago di Alessandro Severo[1]: ma lo Haynes contesta tale provenienza, affermando che la connessione con i Severi potrebbe spiegarsi diversamente dalla teoria secondo cui ne avrebbe contenuto le ceneri[2].

Le dimensioni sono 24 x 7,7 cm (altezza x diametro). Le figure sono composte di un vetro di colore blu cobalto: esso, nel suo decoro a figura su entrambi i lati, mostrerebbe - nell'opinione comune, risalente al Winckelmann - la rappresentazione delle mistiche nozze di Peleo e Teti[3] con intagli da un rivestimento bianco, mentre E. Simon sostiene che il lato I mostri l'unione tra Azia maggiore e Apollo (l'attribuzione al dio del concepimento di Ottaviano rientrava nella propaganda di Giulio Cesare) e il II rappresenti il primo incontro tra i due. Secondo un'altra interpretazione il vaso contrappone l'amore felice (Eros) tra Apollo e Azia che si incontrano, a quello infelice di Enea e Didone, che si lasciano, per cui lei si suicida dando fuoco al rogo dove è posta, osservata dalla sorella Anna. Si pensa inoltre che sia stato creato come regalo di matrimonio e che sia di fabbricazione italica[4].

Nel 2003 Jerome Eisenberg avanzò l'ipotesi che potesse trattarsi di un falso rinascimentale, basandosi principalmente sulla supposta incoerenza dell'iconografia.[5]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La prima attestazione del vaso risale al XVII secolo, fornita da Nicolas-Claude Fabri de Peiresc, che lo vide nella collezione del cardinale Del Monte a Roma nell'inverno del 1600-1601.[6]

Dal 1626 divenne "il pezzo d’eccellenza nella collezione Barberini", che "era noto a Poussin (che ne aveva fatto una copia ad olio, perduta), tanto che è stato con plausibile ragione suggerito di riconoscere nella testa del giovane con berretto frigio su un foglio all’Ermitage, di mano dell’artista, uno schizzo dal vero del fondo del vaso"[7]. I viaggiatori stranieri in visita alla biblioteca dei Barberini ne riproducevano il disegno[8].

Nel 1782 o subito dopo, lo scozzese James Byres vendette a Sir William Hamilton per mille sterline il vaso che, dal 1783, fu a Londra.[6] Dopo diversi passaggi di mano, nel 1810 esso fu depositato presso il British Museum dal quarto Duca di Portland dove risiede tuttora dopo essere stato regolarmente acquistato dal Museo nel 1945.

Nel febbraio 1845 il vaso fu rotto in circa 200 pezzi[9] da un individuo di nome William Lloyd che, ritenuto insano di mente, fu arrestato; esso venne in seguito restaurato da John Doubleday.[6]

Tecnica[modifica | modifica wikitesto]

L'analisi del corpo blu e della parte bianca in rilievo indica per entrambi una tipica composizione soda-calce; lo strato bianco contiene in più l'opacizzante a base di antimonio.

La tecnica del cammeo prevedeva l'immersione del corpo colorato in un bagno di vetro bianco fuso. Dopo cottura e raffreddamento, la parte esterna bianca veniva modellata a seconda del disegno desiderato, probabilmente da un intagliatore di pietre preziose.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Bernard Ashmole, A New Interpretation of the Portland Vase, The Journal of Hellenic Studies, Vol. 87 (1967), p. 10.
  2. ^ D. E. L. Haynes, The Portland Vase: A Reply, The Journal of Hellenic Studies, Vol. 115 (1995), pp. 146-152.
  3. ^ D. E. L. Haynes, The Portland Vase, The British Museum, London, 1964.
  4. ^ Christoph Clairmont, A Note on the Portland Vase, American Journal of Archaeology, Vol. 72, No. 3 (Jul., 1968), p. 281.
  5. ^ Entertainment | Age puzzle over 'Roman' treasure, BBC News, 21 agosto 2003. URL consultato l'11 gennaio 2014.
  6. ^ a b c D. Whitehouse, PORTLAND, Vaso, in Enciclopedia dell'Arte Antica, v. vol. VI, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1996, p. 386. URL consultato il 12 ottobre 2015.
  7. ^ Micheli Maria Elisa, In numismatibus omnia genuinae Antiquitatis esse... tum etiam in gemmis (Laurentius Begerus 1696), Pisa : Fabrizio Serra, Symbolae antiqvariae : 6, 2013, p. 10.
  8. ^ Misson, Maximilien, Nouveau voyage d'Italie, fait en l'année 1688, avec un mémoire contenant des avis utiles à ceux qui voudront faire le mesme voyage, Tome 2, Troisième édition (beaucoup augmentée, & enrichie de nouvelles figures), Éditeur H. Van Bulderen (La Haye), 1698, p. 288.
  9. ^ Mantz, Correspondence, The Crayon, Vol. 1, No. 25 (Jun. 21, 1855), p. 392.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Mary W. Hudson, The Portland Vase, Fine Arts Journal, Vol. 30, No. 1 (Jan., 1914), pp. 48-49
  • J. D. Smart, The Portland Vase again, The Journal of Hellenic Studies, Vol. 104 (1984), p. 186
  • S. J. Harrison, The Portland Vase Revisited, The Journal of Hellenic Studies, Vol. 112 (1992), pp. 150-153
  • EVELYN M. VERNON MONTGOMERY, JOSIAH WEDGWOOD, JAMES TASSIE, AND THE PORTLAND VASE, The American Magazine of Art, Vol. 21, No. 10 (OCTOBER, 1930), pp. 557-559
  • Maude Haywood, The Portland Vase, The Decorator and Furnisher, Vol. 14, No. 1 (Apr., 1889), pp. 24-25
  • Debora Greger, The Portland Vase, Poetry, Vol. 166, No. 1 (Apr., 1995), pp. 21-22
  • Denys Haynes, The Portland Vase: A Reply, The Journal of Hellenic Studies, Vol. 115 (1995), pp. 146-152
  • A WEDGWOOD COPY OF THE PORTLAND VASE IN TOLEDO, The American Magazine of Art, Vol. 15, No. 6 (JUNE, 1924), p. 322
  • Erasmus Darwin, The Mysteries of the Portland Vase, New England Review, Vol. 30, No. 2 (2009), pp. 196-203
  • Milo Keynes, The Portland Vase: Sir William Hamilton, Josiah Wedgwood and the Darwins, Notes and Records of the Royal Society of London, Vol. 52, No. 2 (Jul., 1998), pp. 237-259
  • John Hind, Greek and Roman Epic Scenes on the Portland Vase, The Journal of Hellenic Studies, Vol. 99 (1979), pp. 20-25

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