Viking 2 Orbiter

Viking 2 Orbiter
Immagine del veicolo
Dati della missione
OperatoreNASA
DestinazioneMarte
Esito
  • Missione compiuta con successo
  • Sebbene non più funzionante, è tuttora in orbita attorno a Marte
VettoreLanciatore Titan 3E-Centaur
Lancio9 settembre 1975, 18:39 UTC
Launch Pad 41, Cape Canaveral, Florida
Inizio operatività7 agosto 1976
Fine operatività25 luglio 1978
Proprietà del veicolo spaziale
Massa883 kg (in orbita)
Strumentazione

Il Viking 2 Orbiter, lanciato dalla NASA negli anni settanta del Novecento come parte della sonda Viking 2 (costituita da un orbiter e da un lander) ed entrato in orbita attorno a Marte il 7 agosto 1976, è stato parte di una delle missioni più significative nella storia dell'esplorazione di Marte. L'orbiter era equipaggiato con strumenti d'avanguardia e, oltre ad inviare a Terra immagini uniche della superficie marziana, ha condotto un gran numero di esperimenti scientifici.[1]

Strumentazione di bordo[modifica | modifica wikitesto]

Costruito sul modello del precursore Mariner 9, l'orbiter aveva la forma di un ottagono dall'estensione pari a circa 2,5 metri; le otto pareti misuravano 0,4572 metri in altezza, e alternativamente 1,397 e 0,508 metri di larghezza. L'altezza complessiva dell'orbiter era pari a 3,29 metri, dal collegamento con il lander, all'estremità inferiore, a quello con il lanciatore, all'estremità superiore. Quattro ali di pannelli solari si estendevano in direzione perpendicolare le une alle altre, con un'apertura alare complessiva (da un'estremità all'altra delle due ali opposte) di 9,75 metri. Ogni ala era composta da due pannelli solari di 1,57×1,23 metri, per un totale di 34800 celle solari, in grado di produrre fino a 620 W di potenza in prossimità di Marte. L'energia in eccesso veniva immagazzinata in due batterie in nichel-cadmio da 30 ampère-ora.[2]

La propulsione era assicurata da un propulsore a doppio propellente (monometilidrazina e tetrossido di diazoto) che poteva essere inclinato fino a 9 gradi e fornire una spinta massima pari a 1.323 N. Il controllo dell'orientazione spaziale era reso possibile dalla presenza di dodici propulsori minori ad azoto compresso; la stabilizzazione era assicurata da un sensore di acquisizione di solare, un sensore di crociera rivolto verso il Sole, un puntatore stellare rivolto verso Canopo e sei giroscopi, oltre a due accelerometri. Le comunicazioni avvenivano attraverso una trasmittente a banda S da 20 W (a 2,3 GHz) e due TWTA da 20 W. Per permettere esperimenti aggiuntivi legati alle telecomunicazioni fu installata anche una trasmittente nella banda X (8,4 GHz). Ad un'estremità della base dell'orbiter era collegata un'antenna parabolica ad alto guadagno orientabile su due assi, mentre alla parte superiore era ancorata un'antenna fissa a basso guadagno. La quantità massima di dati archiviabili dalla sonda in attesa della ritrasmissione a Terra era di 1.280 megabit. La temperatura era tenuta sotto controllo grazie a strati protettivi, feritoie termicamente attivate e riscaldatori elettrici.[2]

Strumenti scientifici[modifica | modifica wikitesto]

La strumentazione scientifica dell'orbiter, dalla massa complessiva pari a circa 72 kg, mirava essenzialmente alla mappatura del suolo marziano e alla misurazione del vapor d'acqua presente in atmosfera e delle emissioni nel campo dell'infrarosso; gli strumenti erano collocati su di una piattaforma isolata termicamente ed orientabile che si estendeva dalla base dell'orbiter. Esperimenti aggiuntivi legati all'utilizzo di onde radio potevano essere condotti tramite la trasmittente di bordo. Le funzioni di bordo erano regolate da due processori indipendenti, dalla memoria di 4.096 word ciascuno per archiviare i comandi ricevuti e i dati acquisiti.

Svolgimento della missione[modifica | modifica wikitesto]

Dopo un viaggio interplanetario di 333 giorni, la sonda si è immessa con successo in orbita marziana il 7 agosto 1976; l'orbita è stata regolarizzata nei due giorni successivi, e le prime immagini sono arrivate a Terra entro il 9 agosto. In base alle immagini ricevute dall'orbiter e da quello della Viking 1, che stava orbitando attorno al pianeta rosso dal 19 giugno, il centro di controllo NASA ha scelto il luogo più opportuno per l'atterraggio del lander; la scelta è caduta su una pianura a circa 200 km a ovest del cratere Mie, denominata Utopia Planitia, a circa 6.000 km di distanza dal sito di atterraggio del lander della Viking 1. Il distacco dalla sonda e il conseguente l'atterraggio del lander sono avvenuti il 3 settembre luglio dello stesso anno.[3]

La missione primaria dell'orbiter è cessata l'8 novembre 1976, all'avvicinarsi della fase di opposizione di Marte (quando, cioè, l'interposizione del Sole fra Marte e la Terra rende impossibili, in mancanza di satelliti di comunicazione opportunamente collocati in altri punti del sistema solare, ogni comunicazione fra i due pianeti). Le comunicazioni con la sonda sono state riprese il 14 dicembre dello stesso anno, dando avvio alla seconda fase della missione Viking 2; nell'ottobre 1977 sono stati compiuti sorvoli ravvicinati di Deimos, e nello stesso mese, dopo una graduale discesa iniziata mesi prima, il periastro dell'orbita è stato ridotto alla quota minima di 300 km per consentire una migliore mappatura della superficie marziana. Sono seguiti numerosi cambiamenti orbitali minori, principalmente per facilitare la mappatura variando il tasso di spostamento della superficie rispetto all'orbiter fra due sorvoli consecutivi.[4]

Il 25 luglio 1978, l'orbiter della Viking 2 è stato collocato su un'orbita particolarmente ellittica, la cui quota è compresa fra 302 e 33.176 km, per evitare di contaminare il suolo di Marte in seguito a un eventuale impatto; l'orbita si manterrà stabile almeno fino al 2019. Le operazioni della sonda hanno avuto termine lo stesso giorno, dopo 706 orbite attorno al pianeta e dopo aver inviato quasi 16.000 immagini della superficie marziana. Benché la missione dell'orbiter della Viking 2 sia da considerarsi un successo, essa è durata quasi la metà di quella dell'orbiter della Viking 1, che si è spento il 7 agosto 1980 dopo 1.485 orbite. Ciò è stato dovuto ad una perdita nel sistema propulsivo dell'orbiter della Viking 2 che ha scaricato molto prima del dovuto il serbatoio di gas necessario agli aggiustamenti dell'orbita.[2]

Obiettivi scientifici[modifica | modifica wikitesto]

La piattaforma degli strumenti dei Viking Orbiter 1 e 2.
La valle denominata Ma'adim Vallis ripresa dal Viking Orbiter 2.

Mappatura della superficie[modifica | modifica wikitesto]

Il Viking 2 Orbiter, analogamente al Viking 1 Orbiter, era equipaggiato con due fotocamere gemelle ad alta risoluzione e a bassa velocità di scansione montate sulla piattaforma degli strumenti, dalla massa di 40 kg ciascuna e dalle dimensioni di 21,8 × 21,8 × 94,0 cm.

Le fotocamere erano equipaggiate con diaframmi meccanici, un telescopio dalla lunghezza focale di 475 mm e vidicon dal diametro di 37 mm. Sei filtri cromatici erano collocati su una ruota girevole posta fra la lente e il diaframma: un filtro blu (0,35-0,53 micrometri), un filtro azzurro (0,48-0,70), un filtro violetto (0,35-0,47), un filtro verde (0,50-0,60), un filtro rosso (0,55-0,70) e un filtro trasparente. Il campo visuale delle camere misurava 1,54 × 1,69 gradi, con ogni pixel pari a 25 microradianti. Da un'altitudine di 1.500 km sulla superficie era possibile, con gli strumenti disponibili, mappare un'area pari ad approssimativamente 40×44 km; la leggera divergenza fra le due camere permetteva di coprire la parte centrale della porzione di territorio osservata con entrambi gli strumenti. Il tempo di esposizione era variabile da 0,003 a 2,66 secondi. I singoli pixel erano digitalizzati sotto forma di un numero a 7 bit (da 0 a 127) ed immagazzinati dalla memoria di bordo della sonda in attesa della trasmissione a Terra. Le due fotocamere erano completamente identiche e indipendenti l'una dall'altra, anche per quanto riguarda l'alimentazione.

Le quattro funzioni essenziali del Viking visual imaging subsystem (VIS), composto dalle due fotocamere, erano le seguenti:

  • La selezione di un luogo d'atterraggio opportuno per il lander, che combinasse sicurezza ed interesse scientifico;
  • L'osservazione delle principali formazioni geologiche presenti nei luoghi d'atterraggio prescelti, da confrontare con le immagini registrate dal lander;
  • La mappatura del pianeta per successivi studi geologici;
  • Lo studio dell'atmosfera marziana.

Ad ogni immagine catturata dai Viking Orbiter fu assegnato un codice alfanumerico di cinque cifre ed una lettera, composto dal numero della rivoluzione (prime tre cifre), dalla lettera identificativa del Viking (A o B) e da un numero progressivo di due cifre. L'utilizzo delle fotocamere è terminato il 25 luglio 1978.

Altri esperimenti[modifica | modifica wikitesto]

Parametri orbitali[modifica | modifica wikitesto]

Segue un prospetto dei parametri orbitali dell'orbiter.[5][6]

Tipo di orbita Centro Inizio/fine Periastro Afastro Periodo Inclinazione Eccentricità
Orbita areocentrica Marte dall'8 agosto 1976 1.496 km 35.800 km 27,32 ore 55,2° 0,7777
Orbita areocentrica Marte dal 26 agosto 1976 1.486 km - 24,62 ore 55,4° 0
Orbita areocentrica Marte dal 29 settembre 1976 1.515 km - 24,78 ore 75,1° 0
Orbita areocentrica Marte dal 19 dicembre 1976 775 km - 26,48 ore 80,1° 0
Orbita areocentrica Marte dal 1º marzo 1977 748 km - 24,73 ore 80,2° 0
Orbita areocentrica Marte dal 17 aprile 1977 720 km - 24,73 ore 80,5° 0
Orbita areocentrica Marte dal 22 ottobre 1977
al 24 luglio 1978
300 km - 24 ore 0
Orbita areocentrica Marte dal 23 luglio 1980 302 km 33.176 km 24,08 ore 0,8163

Risultati[modifica | modifica wikitesto]

Le immagini della superficie marziana inviate sulla Terra dagli orbiter delle due Viking hanno completamente rivoluzionato le precedenti ipotesi circa l'esistenza di acqua su Marte. In molte aree del pianeta sono infatti state ritrovate enormi valli scavate da fiumi che hanno dimostrato come enormi flussi di acqua avessero rotto dighe, creato scanalature nella roccia e viaggiato per migliaia di chilometri. Grandi aree con una fitta presenza di canali situate nell'emisfero australe del pianeta hanno poi suggerito il fatto che in tempi remoti su Marte piovesse.[7][8] Molti crateri da impatto sembrano poi essere stati causati da un corpo che ha impattato su terreno fango. Forse, nel momento della loro formazione, il suolo ghiacciato circostante si è sciolto trasformandosi in fango e creando ondate come quelle che si vedono sulla superficie attorno ad alcuni crateri marziani.[9] Alcune regioni, chiamate "Terreni caotici marziani", solcate da enormi canali, sembrano aver subito una velocissima perdita di grandissimi volumi di acqua, con una portata stimata in circa diecimila volte quella del fiume Mississippi. Si pensa che ciò sia stato dovuto ad una qualche attività vulcanica sotterranea che potrebbe aver portato allo scioglimento di una grande quantità di ghiaccio, che, una volta passato allo stato liquido, è fluito via facendo collassare il terreno soprastante.[10][11]

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Le immagini sottostanti, alcune delle quali sono mosaici di immagini più piccole, mostrano alcune delle migliori fotografie ad alta risoluzione inviateci dagli orbiter delle Viking.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ G. A. Soffen, The Viking project, in J. Geophys. Res., vol. 82, n. 28, 30 settembre 1977, pp. 3959-3970. URL consultato il 13 settembre 2017.
  2. ^ a b c Viking 2 Orbiter, su nssdc.gsfc.nasa.gov, NASA. URL consultato il 13 settembre 2017.
  3. ^ H. Masursky e N. L. Crabill, Viking landing sites: Selection and certification, in Science, n. 193, 27 agosto 1976, pp. 809-812. URL consultato il 13 settembre 2017.
  4. ^ C. W. Snyder, The missions of the Viking Orbiters, in J. Geophys. Res., vol. 82, n. 28, 30 settembre 1977, pp. 3971-3983. URL consultato il 13 settembre 2017.
  5. ^ Viking 2 Orbiter - Trajectory Details, su nssdc.gsfc.nasa.gov, NASA. URL consultato il 13 settembre 2017 (archiviato dall'url originale l'8 marzo 2016).
  6. ^ R. H. Tolson et al., Orbit and position determination for Mars Orbiters and Landers [collegamento interrotto], in J. Spacecr. Rockets, vol. 7, n. 9, 2 settembre 1970, pp. 1095-1100. URL consultato il 13 settembre 2017.
  7. ^ P. Raeburn, Uncovering the Secrets of the Red Planet Mars, National Geographic Societ, 1998.
  8. ^ P. Moore et al., The Atlas of the Solar System, Mitchell Beazley Publishers, 1990.
  9. ^ Hugh H. Kieffer, Mars, University of Arizona Press, 1992, ISBN 978-0-8165-1257-7. URL consultato il 14 settembre 2017.
  10. ^ O. Morton, Mapping Mars, Picador, 2002.
  11. ^ G. A. Soffen, Scientific results of the Viking mission, in Science, vol. 194, n. 4271, 2 dicembre 1976, pp. 1274-1276. URL consultato il 13 settembre 2017.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]