Vittime di Cosa nostra in Italia

I giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, entrambi vittime di Cosa nostra in Italia.
Voce principale: Cosa nostra.

Le vittime di Cosa nostra in Italia, accertate fino ai primi anni sessanta del '900, risultano essere circa 519, che superano il valore di 5 000 se compresi anche gli stessi mafiosi uccisi[1]. Cosa nostra è attestata esistente fin dal 3 agosto 1838 in Sicilia, sulla base di una relazione del procuratore borbonico Pietro Calà Ulloa[2][3]. Che la sua esistenza possa essere antecedente lo testimonia però la relazione di un altro procuratore generale, quello di Agrigento, che già dieci anni prima, il 16 ottobre 1828, segnalò nel proprio territorio la presenza di una associazione fuorilegge settaria con le medesime caratteristiche protomafiose[4]. Sebbene le vittime di Cosa nostra cominciarono ad essere documentate solo a partire dal 17 dicembre 1860, data dell'annessione della Sicilia al costituendo Regno d'Italia[5], che il potenziale delittuoso raggiunto da questa organizzazione criminale fosse elevato già in fase preunitaria è dimostrato dall'attentato mafioso subito il 27 novembre 1859 da Salvatore Maniscalco, comandante della gendarmeria borbonica.[6][7]

XIX secolo[modifica | modifica wikitesto]

Anni 1860[modifica | modifica wikitesto]

  • Giuseppe Montalbano (3 marzo 1861). Medico ed ex Garibaldino guidò i contadini di Santa Margherita Belice nella rivendicazione di feudi usurpati, nonostante avesse ricevuto avvertimenti e minacce. Fu ucciso sotto casa con tre colpi di fucile alle spalle.[8]
  • Pietro Sampolo (17 maggio 1861). Giurista, docente di diritto, avvocato e in seguito giudice. Fu ucciso in un agguato.[8]
  • Giambattista Guccione (27 agosto 1861). Magistrato, giudice consigliere di Corte d'Appello di Palermo. Fu assassinato sotto casa.[9][10]
  • Giovanni Corrao (3 agosto 1863). Combatté con i mille di Garibaldi che lo nominò Generale. Nelle indagini sul suo omicidio comparve, per la prima volta in Italia, la parola mafia.[8][11]

Anni 1870[modifica | modifica wikitesto]

  • Mario Pancari (12 marzo 1871). Fu ucciso con un colpo di fucile. Un processo condannò come mandante il sindaco di Vittoria stabilendo la natura mafiosa del delitto.[12][13][14]
  • Giuseppe Pace Turrisi (26 novembre 1872). Avvocato, Sindaco di San Mauro Castelverde. Fu ucciso con tre colpi di rivoltella perché collaborava alla cattura di latitanti.[8]
  • Giuseppe Lipari (4 aprile 1873). Guardia campestre. Fu ucciso a Monreale perché collaborante con le autorità.[13]
  • Salvatore Caputo (13 luglio 1874). Contribuì alla cattura di un latitante, boss di una cosca mafiosa. Fu ucciso con un colpo di pistola.[13]
  • Felice Marchese (22 ottobre 1874). Custode dell'acqua della Mensa Arcivescovile. Fu ucciso nel corso di una guerra tra cosche con cinque colpi di fucile a pallettoni.[15][16]
  • Emanuele Attardi (8 novembre 1874). Bambino undicenne di Bagheria. Fu raggiunto da un colpo di fucile sparato contro il padre, cancelliere della Pretura, per avere fatto arrestare un mafioso.[8][17]
  • Giuseppe Aguglia (15 giugno 1876). Caporale delle guardie campestri. Fu ucciso a Bagheria per la sua opera di contrasto alla mafia.[8]
  • Anna Nocera (10 marzo 1878). Domestica di 17 anni. Fu uccisa per nascondere la sua gravidanza conseguenza di una relazione con il figlio di un mafioso.[13]
  • Damiano Seidita (19 giugno 1878). Guardiano di un fondo presso Monreale. Fu ucciso a colpi di lupara perché si era opposto a delle estorsioni.[13]
  • Gaspare Amoroso (15 settembre 1878). Carabiniere di leva. Fu ucciso a coltellate da alcuni suoi parenti mafiosi per la violazione del codice della criminalità organizzata.[8][18]
  • Giorgio Verdura (7 maggio 1879), Ex sindaco di Bolognetta. Fu ferito a colpi di fucile e morì in ospedale dopo aver fatto rivelazioni agli inquirenti.[19]

Anni 1880[modifica | modifica wikitesto]

  • Stanislao Rampolla (23 febbraio 1889). Delegato di pubblica sicurezza. Morto suicida dopo essere stato trasferito dal Prefetto a seguito delle sue denunce di collusione con la mafia da parte del sindaco di Marineo. La vedova riuscì a far arrivare quelle denunce in tribunale, ma il processo stabilì che la mafia non esisteva e si concluse con l'assoluzione degli imputati.[8][13]
Emanuele Notarbartolo

Anni 1890[modifica | modifica wikitesto]

  • Baldassarre La Mantia (26 agosto 1890). Custode dell’acqua del manicomio di Palermo. Fu ucciso per essersi rifiutato di cedere il controllo dell'acqua a malavitosi.[8]
  • Francesco Gebbia (10 ottobre 1892). Consulente legale e consigliere comunale. Fu ucciso a colpi di fucile a Mezzojuso.[13]
  • Emanuele Notarbartolo (1 febbraio 1893). Ex sindaco di Palermo ed ex direttore generale del Banco di Sicilia. Fu ucciso a coltellate mentre viaggiava in treno.[8][13]
  • Emanuela Sansone (27 dicembre 1896). Ragazza diciassettenne. Fu uccisa da un colpo di fucile in un attentato contro la madre sospettata di avere denunciato alle autorità lo spaccio di banconote false.[8][13]
  • Mauro Gherghi (29 settembre 1897). Delegato di pubblica sicurezza. Fu ucciso a Partinico in un agguato avvenuto di sera sotto casa.[20][21]
  • Antonino D'Alba (1897), membro della cosca di Falde.
  • Vincenzo Lo Porto e Giuseppe Caruso (24 ottobre 1897), due cocchieri affiliati alla cosca dell'Olivuzza.

XX secolo[modifica | modifica wikitesto]

Anni 1900[modifica | modifica wikitesto]

Joe Petrosino
  • Luciano Nicoletti (14 ottobre 1905), contadino socialista, impegnato nelle affittanze collettive per ottenere la gestione delle terre da parte dei contadini. Ucciso a Corleone (PA).
  • Andrea Orlando (13 gennaio 1906), medico chirurgo nonché consigliere comunale socialista di Corleone, sosteneva anch'egli le affittanze collettive. Ucciso a Corleone (PA).[22]
  • Giuseppe (Joe) Petrosino (12 marzo 1909), figlio di emigranti, divenne ben presto tenente della polizia di New York (NYPD), in particolare dell'Italian Legion, cioè gruppi di agenti italiani, a suo giudizio indispensabili per combattere la mafia americana. Stimato da Roosevelt per il suo impegno costante nel cercare di sconfiggere la mafia, allora chiamata Mano Nera, assicurò alla giustizia boss di alto calibro. Capì che la mafia, a New York, aveva le sue radici in Sicilia, tant'è che intraprese un viaggio in Sicilia per infliggerle il colpo mortale.
  • Pietro Vasta (5 agosto 1909), medico, fu ucciso a Favara per la sua lotta contro l'usura.

Anni 1910[modifica | modifica wikitesto]

Anni 1920[modifica | modifica wikitesto]

  • Nicola Alongi (29 febbraio 1920), dirigente socialista e anima del movimento contadino, viene ucciso a Prizzi (PA).
  • Paolo Li Puma e Croce Di Gangi (30 settembre 1920), contadini nonché consiglieri comunali socialisti di Petralia Soprana, vengono uccisi a Petralia Soprana (PA).
  • Paolo Mirmina (3 ottobre 1920), combattivo sindacalista socialista, viene ucciso a Noto (SR).
  • Antonino Scuderi (9 ottobre 1920), segretario della cooperativa agricola nonché consigliere comunale socialista di Paceco, viene ucciso a Paceco (TP).
  • Giovanni Orcel (14 ottobre 1920), segretario dei metalmeccanici di Palermo nonché promotore (assieme ad Alongi) del collegamento tra movimento operaio e movimento contadino nel palermitano. Era il candidato socialista alla provincia di Palermo quando viene ucciso a Palermo.
  • Giuseppe Monticciolo (27 ottobre 1920), presidente socialista della Lega per il miglioramento agricolo, viene ucciso a Trapani.
  • Stefano Caronia (17 novembre 1920), arciprete di Gibellina.
  • Giuseppe Zaffuto (morto il 26 dicembre 1920), Gaetano Circo (morto a Palermo il 4 febbraio 1921), Calogero Faldetta (morto a Palermo il 31 dicembre 1920), Carmelo Minardi (morto a Palermo il 26 dicembre 1920), Salvatore Varsalona (morto il 27 dicembre 1920): il 26 dicembre 1920, quattro persone incappucciate, rimaste sconosciute, lanciarono una bomba all'interno della sezione socialista di Casteltermini (sita in via Nazario Sauro), in quel momento piena di militanti. L'esplosione provocò, oltre a numerosi feriti, la morte del prof. Zaffuto, segretario locale, insieme a quattro contadini iscritti al partito. Dall'accertamento compiuto dai carabinieri, incaricati di indagare sul grave attentato, risultò che l'atto criminale venne compiuto dalla mafia della Valle del Platani, «perché le cooperative agricole socialiste avrebbero provocato la fine dei campieri della mafia che indisturbati imperavano su tutte le campagne e su tutti i proprietari».
  • Giuseppe Compagna (29 gennaio 1921), contadino nonché consigliere comunale socialista di Vittoria.
  • Pietro Ponzo (19 febbraio 1921), contadino nonché presidente della Cooperativa agricola di Salemi, fu ucciso a Salemi.
  • Mariano De Caro (7 aprile 1921), dirigente locale del Fascio, fu ucciso in piazza a Misilmeri (PA).[26]
  • Vito Stassi (28 aprile 1921), dirigente del movimento dei contadini, viene ucciso a Piana degli Albanesi (PA).
  • Giuseppe Cassarà e Vito Cassarà (5 maggio 1921), dirigenti socialisti nella Piana degli Albanesi (PA), uccisi dalla criminalità locale.
  • Domenico Spatola, Mario Spatola, Pietro Spatola e Paolo Spatola (16 gennaio 1922), parenti di Giacomo Spatola (presidente della locale società agricola cooperativa). Tutti uccisi a Paceco.[27][28]
  • Sebastiano Bonfiglio (11 giugno 1922), sindaco di Erice nonché membro della direzione del Partito Socialista, viene ucciso a Erice (TP).
  • Antonino Ciolino (30 aprile 1924), dirigente delle lotte contadine, ucciso a Piana degli Albanesi (PA).
  • Domenico Perricone (30 gennaio 1929), sindaco e podestà di Vita (TP).

Anni 1930[modifica | modifica wikitesto]

Anni 1940[modifica | modifica wikitesto]

Accursio Miraglia.

Anni 1950[modifica | modifica wikitesto]

Anni 1960[modifica | modifica wikitesto]

Anni 1970[modifica | modifica wikitesto]

Mauro De Mauro
Boris Giuliano

Anni 1980[modifica | modifica wikitesto]

Gaetano Costa, assassinato il 6 agosto 1980
Carlo Alberto dalla Chiesa
La strage della circonvallazione
Pippo Fava
  • Rosalia Pipitone (23 settembre 1983), uccisa per ordine del padre Antonino, boss mafioso dell'Arenella, perché voleva separarsi dal marito[83].
  • Simone Di Trapani (24 settembre 1983), lontano cugino e amico di Rosalia Pipitone[84].
  • Salvatore Zangara (8 ottobre 1983), titolare di un laboratorio di analisi, ucciso per errore in uno scontro a fuoco tra mafiosi[85].
  • Giuseppe Fava (5 gennaio 1984), giornalista ucciso con cinque colpi di pistola per ordine del boss catanese Benedetto Santapaola.
  • Salvatore Anselmo (12 novembre 1984), delinquente mafioso pentito assassinato. Nel processo del 5 luglio 1994 è stato condannato all'ergastolo Salvatore Riina.[86]
  • Mario Coniglio (14 novembre 1984), macellaio, Coniglio aveva 55 anni quando fu massacrato dentro la sua bottega di via degli Emiri alla Zisa, a sparare contro l'ambulante furono due sicari con il volto coperto, a bordo di un vespone. Testimone uno dei figli che si trovava accanto a lui mentre veniva ucciso. La sentenza ha riconosciuto la colpevolezza del padre di Ganci, Raffaele, boss del quartiere della Noce, e di Domenico Guglielmini, entrambi condannati a 30 anni di reclusione; confermata anche la condanna a 10 anni per il pentito Antonio Galliano, che aveva sempre negato il proprio coinvolgimento. Nel processo del 5 luglio 1994 è stato condannato all'ergastolo Salvatore Riina.[86]
  • Leonardo Vitale (2 dicembre 1984), delinquente mafioso pentito. Vitale venne assassinato una domenica mattina con due colpi di lupara alla testa sparati da un uomo non identificato che lo raggiunse all'uscita dalla chiesa dei Cappuccini di Palermo mentre era in compagnia della madre[87]. Nel processo del 5 luglio 1994 è stato condannato all'ergastolo Salvatore Riina.[86]
  • Pietro Busetta (7 dicembre 1984), imprenditore e maestro decoratore. Vittima innocente, ucciso solo per essere cognato di Buscetta[88], il cognome simile è solo un gioco del destino. Nel processo del 5 luglio 1994 è stato condannato all'ergastolo Salvatore Riina.[86]
  • Strage del Rapido 904 (23 dicembre 1984): 16 persone rimangono uccise a causa di un attentato dinamitardo avvenuto nella galleria dell'Appennino[89].
  • Roberto Parisi (23 febbraio 1985), imprenditore e presidente del Palermo calcio, assieme al suo autista Giuseppe Mangano[90].
  • Pietro Patti (28 febbraio 1985), imprenditore. Rimase ferita anche la figlia Gaia di nove anni[91].
  • Giovanni Carbone (13 marzo 1985), imprenditore edile, ucciso per essersi ribellato al racket[92].
  • Strage di Pizzolungo (2 aprile 1985): Barbara Rizzo in Asta, signora morta nell'attentato con autobomba contro il sostituto procuratore Carlo Palermo, salvatosi miracolosamente; morti anche Giuseppe e Salvatore Asta, i due figli gemelli di 6 anni della donna[93].
  • Giuseppe Spada (14 giugno 1985), imprenditore[94].
  • Beppe Montana (28 luglio 1985), capo della Catturandi della Questura di Palermo. Di ritorno da una gita in mare quando mette piede a terra, viene assassinato a colpi di rivoltella, dritto in faccia, da Giuseppe Lucchese[95]. Il 17 febbraio 1995 la Corte di Assise di Palermo ha condannato i mandanti dell'assassinio Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Francesco Madonia e Bernardo Provenzano, vengono condannati all'ergastolo.
  • Ninni Cassarà (6 agosto 1985), dirigente della squadra mobile di Palermo, e il suo collega Roberto Antiochia, agente di polizia. Nel primo pomeriggio il vicequestore Cassarà stava rientrando a casa, insieme a tre collaboratori. Quando l'Alfetta blindata con i quattro poliziotti entrò nel cortile del palazzo, dall’ammezzato di un edificio di fronte, una decina di delinquenti mafiosi armati di Kalashnikov fecero fuoco. Il vicequestore Cassarà e l’agente Antiochia morirono sul colpo, falciati da decine di proiettili. Un terzo agente venne gravemente ferito. Il quarto agente, l’assistente Natale Mondo, si salvò per miracolo riparandosi sotto alla vettura[96]. Il 17 febbraio 1995, i mandanti dell'assassinio Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Francesco Madonia e Bernardo Provenzano, furono condannati all'ergastolo.
  • Graziella Campagna (12 dicembre 1985), diciassettenne di Saponara (ME) che aveva riconosciuto due latitanti[97].
  • Giovanni Giordano (15 gennaio 1986), ucciso perché conosceva il nascondiglio di un boss latitante[98].
  • Giuseppe Pillari (31 gennaio 1986), bracciante di 50 anni, ucciso perché era il testimone di un omicidio commesso da esponenti di Cosa nostra[99].
  • Claudio Domino (7 ottobre 1986), bambino di 11 anni che stava passeggiando davanti al negozio dei suoi genitori in via Fattori, nel quartiere di San Lorenzo a Palermo. Un giovane a bordo di una motocicletta lo chiamò per nome. Claudio si avvicinò, l'uomo premette il grilletto ed un proiettile lo raggiunse in fronte, tra gli occhi. Morì all'istante. Cosa Nostra attraverso le gabbie del bunker del carcere de L'Ucciardone, avendolo concordato prima, fece leggere a Giovanni Bontate, fratello di Stefano Bontate (anche lui poi ucciso) un comunicato che condannava tale omicidio e che non attribuiva origini mafiose (Per tale comunicato pentiti quali Francesco Marino Mannoia e Giovanni Brusca hanno riferito che Giovanni Bontate fu ucciso l'anno seguente, avendo indirettamente ammesso l'esistenza di Cosa Nostra con quel "Noi ...")[100]. Polizia e Carabinieri per mesi brancolarono nel buio. Dopo vari possibili motivi, una recente sentenza in primo grado ha attestato che il piccolo sarebbe stato ucciso perché scomodo testimone di una relazione tra sua madre e Salvatore Graffagnino, titolare di un esercizio commerciale accanto alla cartoleria dei Domino. La mamma di Claudio Domino ha respinto tali accuse. Precedentemente a tale sentenza, fonti confidenziali riferirono alla Squadra mobile che uno dei responsabili era Salvatore Graffagnino, che fu sequestrato il 26 dicembre dell'86, torturato e poi assassinato. Durante gli interrogatori, il padre di Claudio ha sempre smentito quelle voci secondo le quali sarebbe stato avvicinato da esponenti di Cosa Nostra e invitato a non indagare perché: «Claudio era stato vendicato».
  • Giuseppe Insalaco (12 gennaio 1988), ex sindaco di Palermo[101].
  • Natale Mondo, (14 gennaio 1988), agente di polizia scampato all'attentato in cui persero la vita Ninni Cassarà e Roberto Antiochia, venne ucciso perché si era infiltrato nelle cosche mafiose[102].
  • Alberto Giacomelli (14 settembre 1988), ex magistrato in pensione[103].
  • Antonino Saetta (25 settembre 1988), giudice ucciso con il figlio Stefano Saetta[104].
  • Mauro Rostagno (26 settembre 1988), leader della comunità Saman per il recupero dei tossicodipendenti e giornalista, dai microfoni di una televisione locale faceva i nomi di capi mafia e di politici corrotti. Venne assassinato a Valderice (TP)[105].
  • Giuseppe Montalbano (18 novembre 1988), medico, Camporeale, provincia di Palermo; ucciso perché il suo comportamento corretto dava "fastidio" ad un gregario di Giovanni Brusca che lavorava presso il comune di Camporeale[106].
  • Carmelo Giallombardo (11 dicembre 1988), appuntato dei Carabinieri[107].
  • Luigi Ranieri (14 dicembre 1988), imprenditore di 60 anni, ucciso perché non voleva assoggettarsi al sistema degli appalti controllato da Cosa nostra[108].
  • Pietro Polara (27 febbraio 1989), commerciante di macchine agricole. Venne assassinato a Gela (CL)[109].
  • Antonio D'Onufrio (16 marzo 1989), proprietario terriero a Ciaculli, allenatore di pallacanestro, marito e padre[110].
  • Gianluigi Barletta (21 aprile 1989), bambino di 10 anni. Venne ferito alla gola durante una sparatoria[111] da un appartenente al clan Cappello[112].
  • Giacomo Palazzolo (20 maggio 1989), strangolato da Giovanni Brusca, Antonino Madonia e Salvatore Biondino perché stava dando la caccia ai mafiosi latitanti.
  • Paolo Vinci e Calogero Loria (11 luglio 1989), due ragazzi di 17 e 26 anni, uccisi per errore in un agguato mafioso[113].
  • Antonino Agostino (5 agosto 1989), agente di polizia, e la moglie Ida Castelluccio, incinta di due mesi[114].
  • Leonarda Cosentino, Vincenza Marino Mannoia e Lucia Cosentino (23 novembre 1989), rispettivamente madre, sorella e zia del pentito Francesco Marino Mannoia[115].

Anni 1990[modifica | modifica wikitesto]

XXI secolo[modifica | modifica wikitesto]

Anni 2000[modifica | modifica wikitesto]

Anni 2010[modifica | modifica wikitesto]

  • Enzo Fragalà (26 febbraio 2010), avvocato e politico, ucciso perché indirizzava i suoi clienti all'apertura verso la magistratura.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ VITTIME DI COSA NOSTRA (PDF), su osserbari.files.wordpress.com, Centro Studi dell'Osservatorio per la Legalità e la Sicurezza. URL consultato il 10 maggio 2018 (archiviato il 10 maggio 2018).
    «a partire dagli albori del fenomeno, fino ai primi anni '60»
  2. ^ Enciclopedia Treccani, definizione di Mafia, cit:"Le origini. - C'è oggi, in singolare coincidenza con le origini e la cronologia della camorra, largo consenso su un'origine ottocentesca della m. in Sicilia. E se ne assume, primo documento del fatto senza ancora il nome, la lettera (3 agosto 1838) al ministro Parisi del procuratore generale di Trapani, P. Calà Ulloa", su treccani.it.
  3. ^ Centro Impastato, Squadre e controsquadre..., cit:"Il documento più noto e citato è il rapporto del 3 agosto 1838 del procuratore generale della Gran Corte criminale di Trapani, Pietro Calà Ulloa, che parla di “unioni o fratellanze, specie di sette...", su centroimpastato.com.
  4. ^ Centro Siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, cit:"Un rapporto del procuratore generale di Girgenti del 16 ottobre 1828 documenta l’esistenza a Cattolica di una “organizzazione di oltre 100 membri, di diverso rango, i quali erano riuniti in fermo giuramento di non rivelare mai la menoma circostanza delle loro operazioni, a costo della vita, e che conservano a difesa comune una somma considerevole di denaro in cassa”", su centroimpastato.com.
  5. ^ Camera dei deputati - Portale storico, cit:"Parlamento e istituzioni lunedì, 17 dicembre 1860 La Camera è sciolta (r.d. n. 5404). È decretata l'annessione del Regno delle due Sicilie.", su storia.camera.it.
  6. ^ Salvatore Maniscalco, pioniere dell’antimafia, cit:"...il 27 novembre 1859, mentre di domenica mattina si recava a messa al Duomo, un piccolo mafioso, Vito Farina detto Farinella, lo colpì con due pugnalate ai reni.", su altaterradilavoro.com.
  7. ^ L’attentato a Salvatore Maniscalco, capo della polizia borbonica, ferito a Palermo da un camorrista, cit:"...L’attentatore, diversamente da come forse ci si aspettava, non era uno dei tanti idealisti o degli esaltati dalla fede antiborbonica ma uno dei tanti camorristi che vivevano a Palermo e che si prestavano ad essere longa manus del potere baronale.", su ilsicilia.it.
  8. ^ a b c d e f g h i j k Centro Impastato, elenco vittime della mafia, su centroimpastato.com. URL consultato il 21 settembre 2020 (archiviato dall'url originale il 25 ottobre 2020).
  9. ^ Atlante delle mafie, Storia, economia, società, cultura, a cura di Enzo Ciconte, Francesco Forgione, Isaia Sales, Volume I, Rubbettino
  10. ^ Le Radici Del Potere Criminale Mafioso: cit."un deputato nazionale fu il mandante di chi sparò contro il consigliere di Corte d'appello Guccione, che era stato garibaldino, e il cui assassino si rifugiò nella villetta di un avvocato di Palermo...", su brigantaggio.net.
  11. ^ 3 Agosto 1863 Palermo. Ucciso Giovanni Corrao, generale garibaldino: un delitto politico-mafioso., su vittimemafia.it, 3 agosto 1863. URL consultato il 9 ottobre 2022 (archiviato il 9 ottobre 2022).
    «[…] negli atti di indagine venne usato per la prima volta nella storia del Regno d'Italia il termine mafia»
  12. ^ Pubblicazione dell'On. Paolo Monello edita nel 2002 in una collana di microstoria della sezione "Storia patria".
  13. ^ a b c d e f g h i Osservatorio per la Legalità e la Sicurezza - Vittime di Cosa nostra, per non dimenticarle (PDF), su osserbari.files.wordpress.com. URL consultato il 10 maggio 2018 (archiviato dall'url originale il 10 maggio 2018).
  14. ^ Scomunicando la mafia - Cosa c'è in un nome?, Cit.: "L'omicidio di Mario Pancari è stato un omicidio di mafia", su scomunicando.it. URL consultato il 29 dicembre 2020 (archiviato dall'url originale il 25 dicembre 2016).
  15. ^ Acqua, su centroimpastato.com. URL consultato il 29 dicembre 2020 (archiviato dall'url originale il 1º ottobre 2020).
  16. ^ Universita degli studi di Palermo Facoltà di Lettere e Filosofia - Corso di Laurea in Lettere Moderne, Cit.:"Con una geniale trovata il Fiscale delle acque mantiene come fontaniere provvisorio il Marchese stesso, ma questo gesto costa carissimo al fontaniere e la sua morte è ormai decisa. Il 22 ottobre del 1874 alle 17.30 viene ucciso, all’età di 48 anni, con cinque colpi di fucile a pallettoni", su digilander.libero.it. URL consultato il 30 dicembre 2020 (archiviato dall'url originale il 29 marzo 2008).
  17. ^ 8 novembre 1874 Bagheria (PA). Resta ucciso Emanuele Attardi, 11 anni, in un agguato verso il padre, Gaspare, Cancelliere della Pretura., su vittimemafia.it, 8 novembre 1874. URL consultato il 9 ottobre 2022 (archiviato il 9 ottobre 2022).
  18. ^ Umberto Santino, Le associazioni e i primi pentiti nella guerra ai clan dell'800, su la Repubblica, 3 luglio 2015. URL consultato il 9 ottobre 2022 (archiviato il 22 aprile 2022).
    «Dal 29 agosto al 18 ottobre del 1883 si svolge a Palermo, nell'aula della Corte d'assise in via Parlamento, il processo ai fratelli Amoroso accusati come componenti di un'associazione e di nove omicidi. Gli Amoroso erano in guerra con i Badalamenti e per anni si succedono in città omicidi e attentati. Tra le vittime, il giovane Gaspare Amoroso, che aveva svolto il servizio di leva come carabiniere: una violazione del codice mafioso che i suoi congiunti puniscono con un'esecuzione collettiva a coltellate ...»
  19. ^ 7 maggio 1879 Bolognetta (PA). Assassinato Giorgio Verdura, ex sindaco del paese, su vittimemafia.it, 7 maggio 1879. URL consultato il 9 ottobre 2022 (archiviato il 16 maggio 2022).
    «... all'improvviso, da un campo coltivato a frumento, vengono sparati innumerevoli proiettili di fucile ...»
  20. ^ Caduti Polizia di Stato - Gherghi Mauro, Cit.: "Il Funzionario fu aggredito, mentre usciva da casa per recarsi in ufficio, da due sconosciuti che gli vibrarono, a tradimento, un colpo di roncola, fratturandogli il cranio, quindi lo finirono con quattro colpi di rivoltella, tre alle spalle ed uno all’orecchio destro.", su cadutipoliziadistato.it. URL consultato il 29 dicembre 2020 (archiviato dall'url originale il 30 ottobre 2020).
  21. ^ La lotta alla mafia del delegato Gherghi, su cosenzaantichidelitti.blogspot.com, 31 agosto 2017. URL consultato il 9 ottobre 2022 (archiviato il 9 ottobre 2022).
    «Sono le 19,30 del 29 settembre 1897 ed è una bella serata a Partinico. Mauro Gherghi esce per andare in ufficio a sbrigare alcune faccende. […] L’altro uomo ha una rivoltella in mano e spara tre colpi alle spalle di Gherghi, poi gli avvicina l’arma all’orecchio destro, fa fuoco di nuovo e, insieme all’altro sicario si allontana indisturbato.»
  22. ^ Vittime Mafia >> Andrea Orlando, su vittimemafia.it. URL consultato il 23 ottobre 2017 (archiviato il 24 ottobre 2017).
  23. ^ a b non uccidiamoli una seconda volta: mario barbato, giorgio pecoraro, su amicidilibera.blogspot.it. URL consultato il 5 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 24 ottobre 2017).
  24. ^ Giorgio Gennaro Prete - Memoria e impegno con Libera, su memoriaeimpegno.it (archiviato dall'url originale il 24 ottobre 2017).
  25. ^ Giovanni Zangàra Politico - Memoria e impegno con Libera, su memoriaeimpegno.it (archiviato dall'url originale il 24 ottobre 2017).
  26. ^ sicilia.admaioramedia.it. URL consultato l'8 aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2020).
  27. ^ Domenico, Mario e Pietro Paolo Spatola, su Memoria e impegno con Libera, 16 gennaio 2017. URL consultato il 9 maggio 2018 (archiviato dall'url originale il 10 maggio 2018).
  28. ^ Alessandro Gilleri, Dopo Monti: Liberalsocialismo: L’alternativa ai populismi per uscire dal pantano della Seconda Repubblica, Youcanprint, 2013, ISBN 88-911-0400-0.
    Visualizzazione limitata su Google Libri: Dopo Monti: Liberalsocialismo: L'alternativa ai populismi per uscire dal pantano della Seconda Repubblica, su books.google.it. URL consultato il 10 maggio 2018 (archiviato l'11 maggio 2018).
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Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]